sabato 2 settembre 2017

Il 'Sismabonus' non è accessibile a tutti, ecco un esempio concreto

La legge di Stabilità 2017 ha previsto il bonus per la messa in sicurezza degli edifici, ma c’è chi può usufruirne e chi invece, più bisognoso, è escluso   

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da cngeologi.it
Secondo i dati Istat relativi al 2015 in Italia vivono in uno stato di povertà assoluta 1 milione 582 mila famiglie, vale a dire 4,6 milioni di individui, il numero più alto dal 2005 ad oggi. Si tratta di disoccupati, precari, pensionati al minimo e lavoratori con nuclei famigliari numerosi che fanno fatica ad arrivare a fine mese. Nella maggior parte dei casi sono persone che vivono nel Sud dell’Italia, dove si registrano il maggior numero di costruzioni abusive. I costi che si devono sostenere per effettuare i lavori per la messa in sicurezza dell’abitazione di proprietà non sono una cosa da poco, almeno per alcune categorie di cittadini. La spesa oscilla tra i 300 ed i 700 euro al metro quadrato. Ed è evidente che gli edifici che hanno bisogno di questi lavori sono quelli più fatiscenti e/o costruiti nel secolo scorso. Chi è benestante di certo non vive in questi immobili. Le case da mettere a ‘posto’ sono soprattutto quelle della povera gente, che, probabilmente, ha ereditato la struttura o ha costruito in condizioni di necessità e che, per cultura o per furbizia, è stata 'poco attenta' al rispetto delle regole.
Foto da ancecatania.it
Per capire le difficoltà in cui si possono venire a trovare queste famiglie facciano un esempio concreto. Se ipotizziamo una spesa di 50mila euro la detrazione sarà di 35mila euro. Il credito si potrà detrarre dalle imposte con cinque rate annuali di pari importo. Nel nostro caso 7mila euro ciascuna. Chi vive con una pensione minima è un incapiente, cioè percepisce un reddito così basso che è esentato dal pagamento delle imposte dirette come l’Irpef per cui non potrà detrarre nulla. Per questi soggetti l’agevolazione non è fruibile a meno che non vivano in un condominio. In questi casi se l’assemblea dei proprietari decide di eseguire i lavori essi saranno obbligati a contribuire per la quota spettante indipendentemente dal fatto di disporre o meno delle risorse finanziare. Essi, tuttavia, potranno utilizzare la detrazione cedendola all’impresa che esegue i lavori. La procedura su come questo possa avvenire non è ancora chiara, sarà l’Agenzia delle entrate a dare le relative indicazioni.
Foto da avantionline.it
In tutte le ipotesi il nostro pensionato, ma potrebbe essere un disoccupato, un precario o un padre di famiglia con un reddito incapiente o medio basso, è comunque obbligato a far fronte al 30% o al 20% della spesa. Nel nostro esempio corrisponde a 15 mila euro, ma se il costruttore e l’ingegnere non sono disposti ad aspettare cinque anni per essere pagati dovrà affrontare l’intera spesa (50mila euro). Solo successivamente essa sarà restituita per il 70 o l’80% (35mila euro) dallo Stato come credito d’imposta, sempreché il contribuente disponga di un reddito adeguato. Nella nostra ipotesi il reddito annuo deve essere di almeno 36mila euro lordi, che corrispondono a circa 29mila euro netti l’anno. Secondo le ultime statistiche il reddito medio pro-capite nel Sud dell’Italia è di 17.984 euro, più basso di quello che abbiamo ipotizzato. Ora, se un padre di famiglia deve scegliere tra il garantire un’esistenza dignitosa ai suoi figli o investire le poche risorse di cui dispone per ristrutturare la propria casa, non c’è alcun dubbio su quale sarà la sua scelta. Insomma, il credito d’imposta per la messa in sicurezza degli edifici assomiglia molto al bonus degli 80 euro, c’è chi può usufruirne e chi invece, più bisognoso, è escluso. Ancora una volta quella che a prima vista può apparire come una buona legge in realtà realizza un’altra ingiustizia e, pertanto, finirà per allargare il divario economico tra le classi sociali benestanti e quelle più povere.



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