martedì 30 giugno 2015

Retrocessione per il Catania calcio e radiazione per Pulvirenti sono le probabili conseguenze dell’indagine denominata ‘I treni del gol’

Retrocessione in Lega Pro e radiazione per i responsabili sono le probabili conseguenze dell’inchiesta sulle partite comprate dai dirigenti del Catania calcio
Antonino Pulvirenti

“La giustizia sportiva prevede per la responsabilità diretta la radiazione per le persone e la retrocessione per la società”. Questo è quanto ha affermato il Presidente della Lega di Serie B, Andrea Abodi, sulle possibili conseguenze dell’inchiesta sulle partite comprate da alcuni dirigenti del Catania calcio. Come risulta dalle intercettazioni dell’indagine denominata ‘I treni del gol’ gli indagati per comunicare utilizzavano un linguaggio in codice. I ‘treni in arrivo’ erano i calciatori e gli ‘orari di arrivo’ il numero di maglia di quelli che sarebbero scesi in campo. Le partite sarebbero state comprate per evitare la retrocessione del Catania in Lega Pro.
L’era Pulvirenti alla guida della società etnea non poteva finire peggio. La sua storia calcistica ha avuto inizio qualche anno fa quando diventa presidente del Belpasso, squadra di calcio di una piccola cittadina in provincia di Catania che allora militava in interregionale. Nella stagione 1998/1999 l’imprenditore etneo acquista l’Acireale in Serie C1. Dopo una stagione difficile con la retrocessione in Serie C2 inizia la risalita fino agli spareggi play-off per la promozione in Serie B. L’ascesa continua nel 2004 quando, dopo la gestione fallimentare dei Gaucci, acquisisce la proprietà del Catania. Il piano di rilancio è ambizioso e per realizzarlo porta con sé la dirigenza che gli aveva consentito i fasti ad Acireale, tra questi c’è Pietro Lo Monaco che è chiamato a ricoprire la carica di Amministratore delegato. Al termine della stagione 2005/2006 il Catania conquista la Serie A, dove vi rimane fino al campionato 2013-2014.
E’ un periodo pieno di successi e di riconoscimenti. La rivista Capital lo elegge imprenditore dell’anno in Sicilia nel 2006 e il 14 maggio 2013 gli vengono consegnate le chiavi della città di Catania per i traguardi raggiunti in ambito sportivo. E’ sicuramente questo il punto più alto della parabola ascendente di Antonino Pulvirenti. La stagione successiva inizia il declino.
Il campionato di Serie B si rivela un calvario e per evitare la retrocessione in Lega Pro la dirigenza dei rossoazzurri decide di spendere 500 mila euro per ‘comprare’ cinque gare. Adesso è il tempo delle ammissioni e delle recriminazioni.
“Nel calcio i soldi non bastano: è necessario avere passione, altrimenti l’arida realtà dei numeri può vanificare il lavoro di anni.” Questo è quanto affermò Antonino Pulvirenti a La Sicilia il 22 maggio del 2000. Un impegno non mantenuto ed a pagarne le conseguenze, come al solito, saranno i tifosi. 

domenica 28 giugno 2015

Non hanno la valigia di cartone ma a dover emigrare sono sempre i giovani del Sud

I nuovi migranti sono giovani laureati o diplomati, ma provengono sempre dal Sud dell’Italia



   Negli anni Sessanta e Settanta ad emigrare furono soprattutto i contadini ed i giovani del Sud. Per fuggire dalla miseria milioni di meridionali, nella maggior parte dei casi semianalfabeti, si trasferirono dalla campagna nelle città del Nord Italia, nel cosiddetto triangolo industriale: Milano, Torino e Genova. Il boom economico di quegli anni fu opera innanzitutto di quella generazione di lavoratori fatta di povera gente che scappava da una condizione di bisogno e di privazioni. Trattati come ‘terroni’, costretti a vivere in strutture fatiscenti, abituati al sacrificio ed al duro lavoro, seppero adattarsi e con gli anni integrarsi in una realtà sociale completamente diversa da quella da cui erano partiti.
   Oggi i nuovi migranti sono giovani laureati o diplomati, ma sempre provenienti dal Sud dell’Italia. Secondo il Rapporto Giovani 2015, elaborato dall’Istituto Giuseppe Toniolo su un campione di 5000 giovani tra i diciannove ed i trentadue anni, si tratta di una vera e propria fuga di ‘cervelli’. L’84% di giovani meridionali intervistati sono disposti a trasferirsi pur di trovare un’occupazione stabile e circa il 50% di essi è pronto ad andare all’estero pur di migliorare la propria condizione di lavoro.
   Le motivazioni non sono solo occupazionali, quello che spinge tanti giovani ad emigrare è anche la scarsa fiducia nelle istituzioni e nella classe dirigente meridionale. Solo il 16% di essi non è disponibile a trasferirsi, si tratta dei cosiddetti Neet, cioè giovani che non studiano e non lavorano.
   Il nuovo flusso migratorio tende quindi ad impoverire il Mezzogiorno non solo nell’aspetto quantitativo ma anche in quello qualitativo. Vanno via i più istruiti e con maggiori ambizioni e rimangono quelli demotivati che, in attesa di un’occupazione, vivono di sussidi o in famiglia con la misera pensione dei genitori o dei nonni. Il tutto nell’indifferenza delle istituzioni, ma anche questa non è una novità.