sabato 31 ottobre 2015

Legambiente: la città con l’eco-performance peggiore è Messina

Negli ultimi tre posti della classifica stilata da Legambiente sulla vivibilità ambientale dei principali capoluoghi italiani ci sono tre città siciliane: Palermo, Catania e Messina

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Messina
La Legambiente ha pubblicato la XXII edizione di Ecosistema Urbano, ricerca realizzata in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Ambiente Italia ed Il Sole 24 Ore sulla vivibilità ambientale nei capoluoghi di provincia italiani. Per quanto riguarda la raccolta differenziata e le energie rinnovabili i miglioramenti rilevati dall’indagine sono scarsi, mentre è peggiorata la situazione per quanto concerne il trasporto urbano. A guidare la classifica sono soprattutto i piccoli capoluoghi, quelli cioè al di sotto degli 80mila abitanti. Tra questi ci sono Verbania, Belluno, Sondrio, Mantova, Pordenone, Trento e Bolzano. Tra le grandi città c’è Venezia. Nella maggior parte dei casi si tratta di capoluoghi del Nord Italia, due soltanto sono del Centro e cioè Macerata ed Oristano.
Messina
Le performance peggiori sono al Sud. In particolare in Calabria con Vibo Valentia, Reggio Calabria e Catanzaro ed in tre capoluoghi di provincia siciliani: Palermo, Agrigento e Messina, che si trovano negli ultimi posti della classifica. “Per sperare che le nostre città migliorino c’è una sola strada: fare la scelta strategica, con i ministeri interessati coordinati da una vera cabina di regia, di fare dell’innovazione urbana e del miglioramento della vita in città la vera opera pubblica”, ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente ed ha aggiunto: “Una scelta politica che andrebbe nella direzione dell’interesse generale: si crea lavoro migliorando il benessere e mettendo al sicuro le nostre città”. 

venerdì 30 ottobre 2015

In arrivo l’Estate di San Martino

Ancora due giorni di tempo instabile, poi con l’inizio della nuova settimana tornerà il bel tempo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Foto da meteoam.it del 30 ottobre 2015
Il ciclone che in questi ultimi due giorni ha causato maltempo nel Nordest e nel Centro Italia si sposterà sulle regioni del Sud e provocherà tempo instabile soprattutto sulle coste ioniche di Basilicata, Puglia e Calabria.
Sabato maltempo intenso con forti temporali e con probabili alluvioni sulla Sicilia orientale e sulla Calabria ionica, accompagnati da forti venti di Levante che sulle coste raggiungeranno anche gli 80 km/h. Bel tempo sulle regioni dell’Italia centrale e settentrionale.
Domenica pericolo di alluvione e di bombe d’acqua sul Catanese e sul Siracusano, ma le piogge saranno intense in tutta la Sicilia orientale.
Da lunedì l’Estate di san Martino si estenderà su quasi tutto il territorio nazionale, con cielo sereno e temperature oltre i 20 gradi al Sud.
Martedì continuerà il bel tempo su quasi tutte le regioni, probabilità di piogge soltanto in Sardegna e nella giornata di mercoledì su Liguria, Toscana e Lazio, altrove sarà bel tempo con cielo sereno e temperature che si manterranno intorno ai 20 gradi.  

mercoledì 28 ottobre 2015

Svimez: Italia ancora più divisa e diseguale

Negli ultimi sette anni il Sud è stato penalizzato dalla crisi ed ora rischia di esserlo anche nella fase di ripresa dell’economica 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La lunghezza della recessione, la forte riduzione degli investimenti e delle risorse per le infrastrutture pubbliche e la caduta della domanda interna sono fattori che hanno indebolito l’apparato produttivo del Paese ed in particolare quello delle regioni meridionali. Ora il rischio è che il Sud non riesca ad agganciare la ripresa e che la fine della crisi si trasformi in una nuova fase di crescita delle disparità economiche e sociali tra le varie aree del Paese.
Secondo il preconsuntivo elaborato dalla Svimez nel 2014 il Pil è calato nel Mezzogiorno dell’1,3%, di oltre un punto superiore rispetto al resto del Paese (-0,2%). Per il Sud è stato il settimo anno di crisi ininterrotta, dal 2007 in quest’area il prodotto interno lordo si è ridotto del 13%, quasi il doppio della flessione rilevata nel Centro-Nord, cioè il -7,4%.
Nel 2015 il Pil crescerà dell’1% al Nord ed appena dello 0,1% al Sud. La fine della crisi lascia un Paese ancora più diviso e diseguale. Il divario del reddito tra Nord e Sud è tornato a crescere, anche se la popolazione meridionale è diminuita. Nel Mezzogiorno il reddito pro capite nel 2014 è stato di 16.975 euro, mentre nel Centro-Nord è stato di 31.586 euro, con una differenza di 14.611 euro. Il differenziale è salito a 46,3 punti percentuali. Tra il 2008 ed il 2014 i consumi sono calati nel Mezzogiorno del 13,2%, più del doppio di quanto registrato nel resto del Paese, dove la diminuzione è stata del 5,5%. Durante la crisi la flessione della spesa per investimenti è stata rilevante in tutto il Paese, ma molto più ampia al Sud, dove è diminuita del 38,1%, mentre nel resto dell'Italia è calata del 27,1%.
Negli ultimi sette anni il Mezzogiorno è stato penalizzato dalla crisi ed ora rischia di esserlo anche nella fase di ripresa dell’economica. Scrive la Svimez nel suo rapporto: ‘Dopo il fallimento delle politiche di austerità che hanno aumentato le differenze tra aree sviluppate ed aree deboli dell’Ue, è giunto il momento di mettere in campo, con una forte discontinuità rispetto al passato, una strategia nazionale di sviluppo, all’altezza delle grandi sfide economiche e sociali che abbiamo di fronte, che ponga al centro il Mezzogiorno’.

lunedì 26 ottobre 2015

I dipendenti pubblici licenziati nel 2013 per motivi disciplinari sono stati 220 cioè lo 0,0063%

In proporzione i dipendenti licenziati nel settore privato sono dieci volte di più di quello pubblico. Le principali cause di questa discrepanza sono nella mancanza di controlli, nella ‘collusione’ tra dirigenti ed impiegati e nell’inefficienza del sistema giudiziario

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

I dipendenti della Pubblica amministrazione sono circa 3,5 milioni, di questi lo 0,2%, cioè 6900, hanno subito contestazioni disciplinari nel 2013, ultimo dato disponibile, e solo 220, cioè lo 0,0063% sono stati licenziati. Le motivazioni sono state: novantanove per assenze ingiustificate, settantotto per reati, trentacinque per comportamenti non corretti, negligenza o inosservanza dell’ordine di servizio e sette per doppio lavoro.
Sono aumentati notevolmente rispetto alle trentacinque destituzioni di dieci anni fa, ma molti meno rispetto al settore privato, dove gli allontanamenti sono stati dieci volte di più e, a differenza di quanto avviene nel pubblico, se un dipendente timbra il cartellino al posto di un altro il licenziamento è certo ed immediato.
Marianna Madia, ministro della Semplificazione e
della Pubblica Amministrazione
Nel 2009 è entrata in vigore la riforma della Pubblica amministrazione che consente di intervenire con celerità, ma nella pratica poco è cambiato, anzi i sindaci spesso preferiscono rivolgersi alla Procura anziché al capoufficio.
Secondo Pietro Ichino, docente di diritto del lavoro e senatore del Pd, questo avviene perché ‘i dirigenti pubblici non si assumo le proprie responsabilità: né sul piano disciplinare né su quello organizzativo’.
Inoltre, la maggior parte dei procedimenti disciplinari si concludono con archiviazioni o sanzioni lievi. Le indagini ed i processi durano troppo ed i verdetti spesso arrivano quando non servono più ed il giudice civile reintegra il lavoratore perché il giudice penale non ha chiuso il processo.
Il problema ovviamente non dipende solo dall’inefficienza del sistema giudiziario e dalla ‘collusione’ che c’è tra i dirigenti e gli impiegati, ma è anche e soprattutto un fatto culturale ed affrontarlo richiederà tanto tempo e tanta pazienza.

sabato 24 ottobre 2015

Dopo il ‘dimissionamento’ di Ignazio Marino sarà la volta di Rosario Crocetta?

La vicenda politica di Rosario Crocetta è per molti aspetti simile a quella di Ignazio Marino e non è escluso che alle dimissioni del sindaco di Roma possano seguire anche quelle del governatore siciliano 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi, Rosario Crocetta e Ignazio Marino
Le analogie tra il percorso politico del governatore della Sicilia, Rosario Crocetta e quello del sindaco di Roma, Ignazio Marino, sono tante. La prima è che entrambi i politici non fanno parte dell’entourage renziano, sembrano essere cioè corpi estranei rispetto alla maggioranza del partito a cui appartengono.
In effetti, Marino fin dal suo insediamento è sembrato un ‘marziano’ rispetto alle logiche politiche della Capitale. Da subito, mettendo in discussione tanti piccoli e grandi interessi, ha agito in contrasto con l’apparato politico-istituzionale della città. Dalla discarica di Malagrotta, alle municipalizzate, al salario accessorio dei vigili e dei dipendenti comunali, ai venditori ambulanti cacciati dal Centro, fino alle unioni gay celebrate in Campidoglio.
Seduta all'Ars
Il responsabile del Pd capitolino, Matteo Orfini, ha sostenuto pubblicamente più volte l’operato del suo Sindaco: “Credo che abbia fatto molte cose buone. Che abbia rotto meccanismi discutibili e incrostazioni corporative che indebolivano la città”. Tuttavia, di fronte all’apertura dell’indagine da parte della Procura di Roma sulla vicenda degli ‘scontrini’ e soprattutto di fronte alle parole severe di Papa Francesco: “Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro? Ho chiesto agli organizzatori e neanche loro lo hanno invitato”, il Pd non poteva non ‘dimissionare’ il suo Sindaco.
Insomma, l’ex chirurgo dell’Ismett se da un lato ha dato avvio ad una dura battaglia contro le mafie, gli apparati e le corporazioni della Capitale, dall’altro ha dimostrato una certa ‘leggerezza’ nell’uso dei benefit che gli sono stati attribuiti come Sindaco, in particolare dall’uso ‘privatistico’ della carta di credito del Comune. Inoltre, ha dimostrato ‘inadeguatezza’ nelle relazioni politiche, soprattutto nei rapporti con il Vaticano.
Anche Rosario Crocetta sta conducendo una dura battaglia contro gli apparati e le corporazioni che sono consolidati nella struttura amministrativa dell’isola. Basti pensare alla vicenda dei corsi professionali o alle difficoltà ad approvare la legge sull’istituzione dei Liberi consorzi. 
La vicenda di Matteo Tutino aveva messo in serie difficoltà il Governatore, ma dopo un primo drammatico momento in cui le sue dimissioni sembravano imminenti, l’ex sindaco di Gela ha ripreso il suo percorso politico con più vigore e l'ultimo azzeramento della Giunta per formarne una nuova ne è la conferma.
Rimangono i problemi strutturali della macchina amministrativa regionale ed in particolare quelli derivanti dal debito di bilancio accumulato negli ultimi decenni. Le difficoltà della giunta Crocetta a far quadrare i conti dipendono anche dai limiti imposti dal Governo nazionale e soprattutto dalla necessità di mantenere coesa la maggioranza all’Ars. 
Insomma, i problemi della Sicilia sono tanti e molto seri, ma attribuirne le responsabilità all'attuale Governatore sarebbe fuorviante ed un suo ‘dimissionamento’ da parte del Pd sarebbe incomprensibile per molti siciliani.

martedì 20 ottobre 2015

Expo: vendite record del cioccolato di Modica

Il cioccolato di Modica è il più venduto ad Expo Milano 2015, a comunicarlo è stato Eurochocolate gestore del cluster del Cioccolato e del Cacao 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il cluster del distretto del cioccolato ad Expo Milano 2015
Tra il primo maggio ed il quattordici ottobre, a pochi giorni dalla chiusura di Expo, Eurochocolate, gestore del cluster del Cioccolato e del Cacao, ha reso noti i numeri e le percentuali di vendita dei tre distretti del cioccolato: Modica, Perugia e Torino. Il totale venduto è stato di 587.077 euro.
Le ventidue aziende modicane presenti ad Expo hanno venduto cioccolato per 271.546 euro che corrisponde ad una percentuale del 46%, la città di Perugia per 170.862 euro, cioè il 29,10% e Torino, con la sua ampia varietà di prodotti, per 44.699 euro, che corrisponde al 24,64%. Nell’ultimo week-end il distretto di Modica ha contrattato 10.666 euro di prodotto. 
Il cioccolato di Modica
“Sono vendite assai interessanti, che gratificano non solo la città e il suo prodotto più riconosciuto, ma le aziende che lo producono che rafforzano un brand ormai inscindibile e sinonimo della città”. Così ha commentato i dati comunicati da Eurochocolate il sindaco di Modica, Ignazio Abbate, ed ha aggiunto: “Questo dimostra serenamente che le risorse finanziarie ed umane che abbiamo impiegato a Expo Milano 2015 hanno prodotto un investimento in termini immagine e di valore prodotto consolidati. ChocoModica 2015, ormai alle porte, avrà una ricaduta sicuramente benefica dagli effetti dall’esposizione universale”. 

domenica 18 ottobre 2015

Ecco chi ci guadagna e chi ci rimette con la legge di stabilità

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sulla manovra finanziaria, ecco chi ne trarrà benefici e chi invece ci rimetterà

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Giuliano Poletti, Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan
26,9 miliardi di euro è l’importo complessivo previsto dal disegno di legge sulla manovra finanziaria approvata pochi giorni fa dal Consiglio dei ministri. La legge di stabilità è il principale strumento di politica economica a disposizione del Governo e della sua maggioranza parlamentare. Come ogni anno gli interventi previsti favoriscono questa o quella categoria sociale. Vediamo, in sintesi, chi ci guadagna e chi invece ci rimette. 
Con l’abolizione della Tasi e dell’Imu sulla prima casa a trarre profitto saranno innanzitutto i proprietari degli immobili di lusso e di maggior pregio. Il taglio sarà di 3,7 miliardi di euro ed i benefici maggiori andranno a chi ha redditi alti ed immobili di maggior valore, il risparmio medio per questa categoria di cittadini sarà di 2.200 euro, mentre 18 milioni di famiglie, proprietarie di immobili ‘normali’, beneficeranno in media tra i 180 ed i 200 euro. 
Dall’innalzamento del limite sugli acquisti da mille a tremila euro a guadagnarci saranno i commercianti, che vedranno aumentare il loro giro di affari, in particolare gli esercizi che vendono beni di maggior valore.
Gli agricoltori trarranno vantaggio dall’abolizione dell’Imu, ma anche con un aumento della detrazione dell’Iva e dei fondi a favore delle assicurazioni contro le calamità naturali.
Potranno usufruire di un regime fiscale di vantaggio i professionisti con ricavi fino a 30mila euro, mentre per le altre categorie la soglia massima è di 10mila euro. 
Per i giovani sono previste seimila borse di studio che saranno assegnate agli specializzandi in medicina ed è stato confermato il bonus anche se ridotto al 40%. Sbloccate anche le assunzioni alla carriera diplomatica e prefettizia. 
Varato un piano di contrasto contro la povertà. Il Governo prevede di stanziare 600 milioni di euro nel 2016, l’importo salirà ad un miliardo dal 2017. Le aziende, specie quelle di medie e grandi dimensioni, auspicano che il taglio dell’Ires sia anticipato al 2016. Intanto potranno usufruire del ‘maxiammortamento’ del 140% sui nuovi beni strumentali. 
Il ceto medio, oltre a continuare ad usufruire del bonus degli 80 euro e dell’abolizione della Tasi e dell’Imu sulla prima casa, beneficerà del blocco degli aumenti di Iva e accise. 
Nulla cambierà per gli enti locali visto che il Governo si è impegnato a rimborsare i minori introiti con la cancellazione della Tasi e dell’Imu sulla prima casa. 
A rimetterci saranno i dipendenti pubblici. Per il rinnovo del contratto il Governo prevede di stanziare 200 milioni di euro, che corrisponderà ad un aumento medio di 5 euro al mese. 
Per i pensionati è in forse l’innalzamento della no tax area, mentre la flessibilità in uscita è stata rinviata al prossimo anno. 
Ad essere penalizzati saranno gli evasori del canone Rai. Gli inadempienti rischieranno fino a 500 euro di multa.
Insomma, con la legge di stabilità predisposta dal Governo a trarre i maggiori benefici saranno i proprietari delle case, soprattutto quelle di maggior valore, gli agricoltori, i commercianti e le imprese. Altri provvedimenti avvantaggeranno i giovani e le famiglie povere, mentre ad essere penalizzati saranno i dipendenti pubblici, i pensionati e soprattutto chi finora non ha pagato il canone della Rai.


sabato 17 ottobre 2015

Agenas: nei nostri ospedali mancano medici ed infermieri, ma abbondano gli 'amministrativi'

L’analisi sui bilanci degli ospedali italiani fatta dall’Agenas ha evidenziato un deficit di 915 milioni di euro, la maggior parte delle perdite è stata registrata nei nosocomi del Lazio, del Piemonte, della Toscana, della Sardegna e della Calabria

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Azienda ospedaliera Cannizzaro - Catania
L’Agenzia per i servizi sanitari regionali ha analizzato i bilancio degli ospedali di 14 regioni, tutte le più importanti tranne Veneto ed Emilia Romagna. Le strutture con i deficit di bilancio più consistenti sono 29 e tutti insieme totalizzano una perdita di 915 milioni di euro. Di questi nove grandi ospedali si trovano nel Lazio, quattro in Toscana, altrettanti in Piemonte e Calabria, due in Liguria, uno ciascuno nelle Marche, in Sardegna e in Campania.
In questa classifica gli ospedali delle regioni meridionali sono tra i più virtuosi, fanno eccezione la Calabria e la Sardegna che registrano rispettivamente una perdita di 40,537 milioni di euro e di 55,790 milioni di euro. Il deficit più alto si registra invece negli ospedali del Lazio, che da soli hanno generato una perdita di 707 milioni di euro.
Azienda ospadaliera S. Camillo - Roma
Per capire le ragioni del disavanzo l’Agenzia ha messo a confronto quattro ospedali. Il San Camillo di Roma che ha subito una perdita di 158 milioni di euro e gli Ospedali Riuniti di Ancona che invece hanno chiuso in leggero attivo. Le due strutture hanno un numero di posti letto simili, circa mille, ma mentre gli addetti nel primo sono 4.148, nel secondo sono 3.461. Inoltre gli 'amministrativi' nell’ospedale laziale sono il doppio della media e le spese correnti che ha dovuto sostenere nel corso dell’ultimo esercizio raggiungono gli 80 milioni di euro, mentre in quello di Ancona sono state ‘appena’ 45 milioni di euro. Secondo l’Agenas la ragione principale di questa differenza è che a Roma la maggior parte dei contratti per i servizi ospedalieri sono stati stipulati senza fare gare d’appalto e questo ha determinato un notevole ed ingiustificato incremento dei costi.
L’Agenzia ha poi messo a confronto gli ospedali di Cosenza ed il Cannizzaro di Catania. Il primo ha fatto registrare un deficit di 8,5 milioni di euro, mentre il secondo è in leggero attivo. Anche in questo caso il numero di dipendenti 'amministrativi' del nosocomio cosentino è nettamente superiore rispetto a quello catanese.
Insomma, nei nostri ospedali se da un lato mancano infermieri e medici, dall’altro abbondano gli ‘amministrativi’ e nello stesso tempo si ‘esagera’ con le spese correnti, specie quando queste sono affidate ai terzi senza fare gare d’appalto. 
Ora, il governo intende porre rimedio a queste ‘incongruenze’ e nella legge di stabilità interviene imponendo ai direttori generali dei nosocomi l’obbligo di presentare un piano di rientro in tre anni, che sarà successivamente monitorato dallo stesso ministero della Salute e se il risanamento non si verificherà decadranno.

giovedì 15 ottobre 2015

Varata la legge di stabilità, ma nessun provvedimento è stato previsto per sostenere l’economia del Sud

Il consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sulla manovra finanziaria, ma nessun provvedimento è stato previsto per sostenere l’economia del Mezzogiorno

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Tutti gli istituti di ricerca nazionali ed internazionali certificano periodicamente la debolezza strutturale dell’economia del Mezzogiorno. Nelle regioni meridionali ci sono il tasso di occupazione più basso d’Europa, la più alta percentuale di famiglie povere o sulla soglia di povertà, infrastrutture fatiscenti, livelli d’istruzione inferiori alla media nazionale, diffusa criminalità organizzata e non, corruzione e malaffare nella Pubblica amministrazione, eppure le istituzioni nazionali continuano ad ignorare quella che una volta si chiamava ‘Questione meridionale’.
La manovra finanziaria appena varata dal Governo non prevede nessun intervento specifico per invertire il trend economico del Sud Italia. La legge di stabilità è stata pensata come se il Paese si fermasse ad Eboli. Il resto dello 'stivale' e le due isole maggiori sono abbandonati a se stessi, anzi sembrano d’impaccio ad un’Italia che sta ‘cambiando verso’. Durante la conferenza stampa di presentazione della legge di stabilità il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha detto: “Si scrive legge di stabilità e si legge fiducia”.  Ed ha aggiunto: “Non sappiamo cosa accadrà nei prossimi mesi, ma il punto è che va sottolineato con forza è che l’Italia è tornata alla crescita. Lo slogan di questa legge di stabilità è: l’Italia con segno più”. Ma al Sud  questa svolta ancora non si vede ed il Governo non ha ipotizzato nessun piano speciale per favorire condizioni di crescita e sviluppo anche per il Mezzogiorno.
Gli interventi sono stati divisi in quattro capitoli: “Italia forte, Italia semplice, Italia giusta e Italia orgogliosa”.  Innanzitutto c’è, l’eliminazione delle tasse, Tasi e Imu, sulla prima casa, sugli immobili agricoli e sugli imbullonati. I risparmi per i cittadini vanno da 180 euro per le abitazioni ‘normali’ ad oltre i 2.700 euro per le abitazioni di lusso. Le imprese potranno utilizzare da subito il ‘maxiammortamento’ sugli investimenti, cioè potranno ammortizzare i beni strumentali fino al 140%, ed usufruiranno dal 2017 del calo dell’Ires al 24% e se l’Unione europea ci riconoscerà il margine di flessibilità sui migranti la riduzione sarà anticipata al 2016. Il canone Rai si pagherà in bolletta, ma scenderà a 100 euro e nel 2017 calerà a 95 euro. La spesa sanitaria crescerà di un miliardo di euro, ma saranno introdotti i costi standard. Aumenterà la no tax area per i pensionati e ci sarà un ulteriore taglio del 10% alle spese ministeriali. Azzerate le clausole di salvaguardia, cioè non ci sarà nessun aumento dell’Iva e delle accise.
Il piano per il Sud prevede finanziamenti per 450 milioni di euro nella regione Campania per interventi nella ‘Terra dei Fuochi’, il completamento della Salerno - Reggio Calabria ed un fondo di garanzia per l'Ilva di Taranto. Tutto qui. Evidentemente, la ‘Questione meridionale’ non è una priorità per il Governo di Matteo Renzi ed Angelino Alfano, il Sud dovrà fare da solo, ma questa non è una novità.

mercoledì 14 ottobre 2015

Regione Lombardia: Sanità criminale o attacco politico?

Matteo Salvini difende la Giunta della regione Lombardia e definisce come ‘attacco politico’ le accuse di corruzione nei confronti del vice di Roberto Maroni e dell’assessore leghista Garavaglia  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Mario Mantovani, Roberto Maroni e Massimo Garavaglia
“La giunta Maroni rischia? Ma figurati, perché qualche giudice si è alzato male?”. Così, stamane, ha risposto ad una domanda postagli durante la trasmissione ‘La telefonata’ su Canale 5 il leader leghista Matteo Salvino. Ed ha definito l’indagine della magistratura milanese come: “un attacco politico alla Regione meglio governata d’Italia magari per nascondere i problemi del Pd e le cene di Marino e Renzi. Sapete perché è stato indagato anche un assessore della Lega? Perché ha ascoltato, ha girato una lettera di protesta arrivata da un’associazione di volontariato che gestisce il servizio di ambulanze per i malati dializzati. Mi autodenuncio: anche io giro lettere e telefonate di decine di associazioni di volontariato”.
Matteo Salvini
Il leader leghista tenta di minimizzare le accuse di corruzione, concussione e turbativa d’asta nei confronti di Mario Mantovani, vicepresidente della Giunta Regionale lombarda ed ex senatore, ex sottosegretario alle Infrastrutture, ex sindaco di Arcorate ed ex coordinatore regionale del Pdl. Il vice di Roberto Maroni, definito da Silvio Berlusconi ‘una persona corretta’, per il magistrato “ha una spiccata capacità criminale” ed “ una propensione alla violazione delle regole”.
Coinvolto nell’indagine anche l’assessore leghista all’Economia, Massimo Garavaglia. Secondo il gip Stefania Pepe, Mantovani avrebbe truccato insieme all’esponente leghista la gara bandita da un pool di tre Asl “per l’affidamento del servizio di trasporto di soggetti nefropatici sottoposti a un trattamento dialitico”. L’obiettivo degli indagati sarebbe stato quello di voler mantenere la gestione alle associazioni di sempre.

martedì 13 ottobre 2015

Ecco cosa cambia con la riforma costituzionale

Approvata in terza lettura la riforma costituzionale. Il ddl Boschi prevede, tra l’altro, il superamento del bicameralismo perfetto

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Palazzo Madama
Scopo principale della riforma costituzionale, voluta soprattutto dal Pd del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è quello di accrescere il potere dell’Esecutivo superando il cosiddetto bicameralismo perfetto. Questo avverrà non abolendo una delle due Camere, ma cambiando le funzioni del Senato. Palazzo Madama farà da raccordo tra lo Stato, gli enti territoriali e l’Unione europea, mentre sarà solo la Camera dei deputati ad approvare le leggi e votare la fiducia al Governo. 
Per superare gli ultimi ostacoli ed in particolare le divisioni interne al Pd, l’Aula di Palazzo Madama ha approvato con 161 si, 83 no, e 3 astenuti, l’emendamento del Governo che stabilisce i tempi per varare la legge ordinaria sull’elezione dei nuovi senatori. La modifica dell’articolo 39 del ddl Boschi prevede che entro sei mesi dall’entrata in vigore venga predisposta la legge nazionale per l’elezione dei senatori, successivamente, entro novanta giorni, le regioni dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni.
I senatori non saranno più 315 ma si ridurranno a 100 e non percepiranno nessuna indennità. Settantaquattro saranno scelti tra i consiglieri regionali, 21 tra i sindaci, cinque saranno nominati dal Presidente della Repubblica. Resteranno in carica per tutta la durata dell’istituzione territoriale di cui fanno parte e saranno eletti ”in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità della legge”. Ma ancora non si comprende come si potrà conciliare la carica di senatore con il voto dei cittadini se l’elezione è formalmente affidata al Consiglio Regionale. Il problema sarà affidato ad una legge elettorale ancora da approvare.
Il ruolo del Senato non sarà più legislativo ma consultivo e di controllo, cioè di verifica delle norme, delle politiche pubbliche, dell’attività delle pubbliche amministrazioni e delle nomine spettanti al Governo. Il bicameralismo perfetto rimarrà solo per le leggi costituzionali, tutela delle minoranze linguistiche, referendum popolari, normativa di Comuni e città metropolitane ed europee. Eleggerà due dei quindici giudici della Corte Costituzionale e partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica.  Cambierà il quorum per eleggere il Capo dello Stato, dalla settima votazione basteranno i tre quinti dei votanti. I delegati delle regioni saranno sostituiti dai senatori.
Sarà modificato radicalmente l’articolo 117 della Costituzione. Verrà introdotto il cosiddetto ‘federalismo differenziato’. L’obiettivo è premiare le Regioni ‘virtuose’ devolvendogli ulteriori poteri. A tale scopo il ddl Boschi prevede l’abolizione delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, ed attribuisce in modo esclusivo al Parlamento nazionale la politica estera, l’immigrazione, la difesa, l’ordine pubblico, le infrastrutture, la tutela dell’ambiente e l’istruzione. L’articolo 33 della riforma istituisce anche i ‘costi standard’ da applicare in tutte le Regioni.
La riforma prevede anche l’abolizione degli ‘enti inutili’. Innanzitutto il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Entro trenta giorni dall’approvazione della legge l’ente costituzionale sarà commissariato ed il personale sarà ricollocato in altre enti pubblici. Anche le Province, già trasformate in enti territoriali di secondo grado con la legge Delrio, saranno abolite.
Sarà istituito il referendum ‘propositivo’. Per richiederlo saranno necessarie 500mila firme, ma il quorum sarà abbassato al 50% più uno dei votanti anziché agli aventi diritto se le firme raccolte saranno oltre 800mila. Per le leggi d’iniziative popolari le firme necessarie saliranno a 150mila. 

L’occupazione cresce, ma a due velocità: Sicilia, Calabria e Puglia fanno meno della media nazionale

Pochi giorni fa l’Eurostat ha attestato che la Sicilia è la regione europea con il più basso tasso di occupazione, ieri l’Osservatorio sul precariato dell’Inps ha comunicato che è aumentata l’occupazione stabile, ma al Sud le percentuali di crescita sono più basse della media nazionale

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Nei primi otto mesi del 2015 è aumentato di 299.375 unità il numero di nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato rispetto allo stesso periodo del 2014. Nello stesso periodo sono cresciuti di 29.377 unità i contratti a termine, mentre si riducono di 11.744 unità quelli in apprendistato. I rapporti stabili sul totale dei contratti di lavoro sono passati dal 32,3% dei primi otto mesi del 2014 al 38,1% dello stesso periodo del 2015.
Le variazioni rilevate dall’osservatorio dell’Inps evidenziano notevoli differenze tra le varie aree geografiche del Paese. L’incremento delle assunzioni a tempo indeterminato è superiore alla media nazionale del 34,6% in tutte le regioni del Centro-Nord e solo in parte in quelle meridionali. In Friuli-Venezia Giulia è stato dell’84,5%, in Umbria del 61,6%, nelle Marche del 53,1%, in Piemonte del 52.7%, in Trentino-Alto Adige del 50,5%, in Emilia-Romagna del 49,4%, in Liguria del 47,7%, in Veneto del 46,3%, in Basilicata del 40,9%, nel Lazio del 40,8%, in Lombardia del 39,3%, in Toscana del 36,4% ed in Sardegna del 36,2%.
I risultati peggiori sono stati rilevati nelle regioni del Sud. In particolare in Calabria dove è stato registrato un aumento del 17,3%, in Puglia del 16,3% e in Sicilia dell’11%. Inoltre, le assunzioni a tempo indeterminato instaurate con l’esonero contributivo risultano concentrati nel Mezzogiorno, dove i contratti con la decontribuzione sono stati 160.112.

lunedì 12 ottobre 2015

Presi i presunti killer di Cocò Campolongo, ennesima vittima innocente della criminalità organizzata

Il bambino di appena tre anni è stato ucciso e bruciato in un’auto insieme al nonno e alla sua compagna

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Cocò Campolongo
Era il 16 gennaio del 2014 quando i due presunti assassini hanno ucciso e bruciato in un'auto a Cassano allo Ionio Cocò Campolongo. Il piccolo era insieme al nonno, il vero obiettivo dei killer, e alla sua compagna, entrambi uccisi nell’agguato.  
Stamane i carabinieri del Ros e del comando provinciale di Cosenza hanno eseguito gli arresti su richiesta della procura distrettuale antimafia di Catanzaro. I due indagati, di cui ancora non si conosce il nome, sono accusati del triplice omicidio di Giuseppe Iannelli, 52 anni, della sua compagna Ibtissam Touss, 27 anni e del piccolo Cocò Campolongo di appena tre anni. I loro cadaveri sono stati trovati carbonizzati all’interno di un’autovettura. Evidentemente i killer, dopo averli uccisi a colpi di pistola, tentarono di cancellare ogni traccia del loro reato bruciando i corpi delle vittime.
Papa Francesco, in occasione dell’Angelus pregò per Cocò e si rivolse agli assassini con queste parole: “Chi ha ucciso un bambino così piccolo con accanimento senza precedenti nella storia della criminalità, si penta e si converta”.
I carabinieri del Comando di Cosenza, illustrando la dinamica dell’agguato, hanno riferito che il nonno di Cocò portava il nipote sempre con sé, lo scopo era di dissuadere i suoi nemici dal compiere agguati nei suoi confronti.
Insomma, il piccolo Campolongo è stato usato come ‘scudo protettivo’ dal nonno, ora è l’ennesima vittima innocente di una criminalità che non si ferma neanche davanti ad un bimbo di tre anni. Al Sud si muore anche così, e non bastano le parole di cordoglio e di rammarico delle Istituzioni, la lotta alle Mafie deve essere una priorità sempre e non solo nelle occasioni più eclatanti.

sabato 10 ottobre 2015

In Sicilia il tasso di occupazione è al 42,4%, mentre a Bolzano è al 76,1%

La Sicilia è la regione dell’Unione europea con il più basso tasso di occupazione, a certificarlo è l’Eurostat Regional Yearbook 2015

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

L’annuario regionale, pubblicato ogni anno da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, fornisce una panoramica delle statistiche regionali europee che coprono una vasta gamma di settori. E’ quindi uno strumento utile per comprendere la diversità regionale esistente all’interno dell’UE e spesso dimostra come il dato nazionale non rivela sempre il quadro completo e talvolta complesso di quanto sta accadendo in tutta l’UE. Secondo l’Eurostat Regional Yearbook 2015 ci sono in Europa sei regioni dove il tasso di occupazione tra i 20 ed i 64 anni è inferiore al 50%. Quattro sono nel nostro Paese, la Puglia con il 45,7%, la Campania con il 42,7%, la Calabria con il 42,6% e la Sicilia con il 42,4%, una è in Spagna, Ceuta e l’altra in Grecia, Dytiki Ellada.
Il dato più eclatante dell’indagine è il divario che c’è la Sicilia e la città di Bolzano, dove nel 2014 è stato rilevato il tasso di occupazione più alto, il 76,1%, vale a dire quasi trentaquattro punti percentuali più alto di quello registrato nell’isola governata da Rosario Crocetta. Il dato è condizionato soprattutto dal basso tasso di occupazione femminile che nell’isola è del 29,6%. Calabria e Sicilia sono anche le regioni italiane con il più alto numero di Neet.  Secondo l’Eurostat i giovani tra i 18 ed i 24 anni che non studiano, non lavorano e non seguono un corso di formazione si trovano soprattutto in due regioni della Bulgaria con il 45,7%, in una della Romania, nelle isole Azzorre in Portogallo e in Italia, ovviamente nel Mezzogiorno, in particolare in Calabria e Sicilia, dove superano il 40%, mentre la media europea è del 16,3%.

mercoledì 7 ottobre 2015

Giro ‘d’Italia’, ancora una volta escluse dal percorso Sicilia e Sardegna

La 99esima edizione del Giro ‘d’Italia’ si svolgerà dal sei al ventinove maggio del 2016. Il via sarà dato ad Apeldoom nei Paesi Bassi e l’arrivo a Torino, ma anche quest’anno gli organizzatori non hanno previsto tappe nelle due isole maggiori

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro d'Italia 2016 - (da gazzetta.it)
Ancora una volta il Giro ‘d’Italia’ esclude dal suo percorso la Sicilia e la Sardegna e gran parte delle regioni del Sud Italia. Gli organizzatori della seconda corsa ciclistica a tappe più importante al mondo hanno deciso di far partire la competizione dall’Olanda, dove si svolgeranno tre tappe, e di ridurre al minimo la presenza nelle strade delle città meridionali.  Delle ventuno tappe previste solo la quarta, quella da Catanzaro a Praia a Mare, la quinta con arrivo a Benevento e la sesta con partenza dal Comune di Ponte ed arrivo a Roccaraso in Abruzzo, percorreranno le strade del Sud. Dieci si svolgeranno nelle regioni del Nord e le rimanenti cinque nell’Italia centrale. L’arrivo è previsto a Torino il 29 di maggio. Nulla nelle due isole maggiori.
Il Giro in tutta la sua storia solo tre volte ha percorso le strade della Sardegna, l’ultima nel 2007 in occasione del bicentenario della nascita di Garibaldi e tredici quelle della Sicilia, l’ultima nel 2011. La presenza di due campioni come Fabio Aru, sardo, e Vincenzo Nibali, siciliano, non è sufficiente per convincere gli organizzatori ad includere nell’itinerario della Corsa ‘rosa’ le strade delle due isole.
Vincenzo Nibali e Fabio Aru
Il Giro, come tutti i grandi eventi, non è solo un’importante competizione sportiva, ma è anche e soprattutto un eccezionale strumento di promozione del territorio e della sua economia. Ed è evidente che l’esclusione delle regioni del Mezzogiorno non è casuale ma è una precisa scelta 'politica', si ritiene cioè che realizzare eventi di rilievo internazionale ed investire risorse al Sud sia inutile.
Non solo, prevedere l’arrivo nelle strade delle regioni del Mezzogiorno di una o due tappe, per altro poco significative dal punto di vista agonistico, è un modo per ‘lavarsi’ la cattiva coscienza, è un concedere le briciole, è come fare l‘elemosina, ma il Meridione ha bisogno di ben altro ed ora è giunto il tempo, anche per gli organizzatori del Giro, di ‘cambiare verso’.

domenica 4 ottobre 2015

Quanti sprechi con la Brebemi e la Teem

Due autostrade costate miliardi e sostanzialmente inutilizzate, succede in Lombardia, nel profondo Nord 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

L'inaugurazione della Brebemi
L’autostrada che collega Brescia con Bergamo e Milano, la cosiddetta Brebemi, è costata circa 2,4 miliardi di euro, vale a dire tre volte l’importo preventivato di 800 milioni di euro. Il nuovo collegamento è stato realizzato per decongestionare il traffico sull’autostrada ‘Serenissima’ A4, ma dopo quasi un anno di apertura si sta trasformando in un flop finanziario di proporzioni gigantesche. Secondo i dati forniti dall’Aiscat, l’Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori, nel mese di giugno sono transitate 13.205 mezzi al giorno. Il break even previsto dagli investitori della Brebemi è invece di 60 mila transiti giornalieri. Il pareggio di bilancio doveva essere garantito dai pedaggi, ma ad oggi il raggiungimento di questo risultato è assai lontano perché gli introiti sono nettamente inferiori alle attese.
Un tratto dell'autostrada
Lo stesso vale per la Teem, Tangenziale est esterna di Milano, costata oltre 2,2 miliardi di euro. In quest’autostrada nel mese di giugno sono transitate 16.667 mezzi giornalieri, al di sotto di quanto preventivato.
Il problema principale, in entrambi i casi, è il costo elevato del pedaggio. Percorrere la Brebemi e la Teem, volute fortemente dal Governo e dalla Regione Lombardia, costa troppo.
Un tratto della Brebemi
Non solo, inizialmente doveva trattarsi di un affare solo privato, senza cioè costi per le casse pubbliche. Ma così non è stato. Con la legge finanziaria del 2014 sono stati stanziati 260 milioni di euro, mentre altri 60 sono stati concessi dalla Regione guidata da Roberto Maroni. In aggiunta, per consentite ai privati di rientrare dei capitali investiti, è stata prorogata la concessione fino a 25 anni e mezzo ed alla scadenza passerà allo Stato in cambio di 1.205 milioni di euro. Altri 330 milioni di contributi pubblici sono stati concessi per la Teem.
I vertici della società hanno risposto alle critiche fornendo cifre diverse sul traffico e sui contributi pubblici erogati e si dichiarino ottimisti sulla sostenibilità finanziaria ed economica del progetto.
Insomma, un’opera realizzata dai privati ma con concessioni, garanzie e soprattutto fondi pubblici e la cui utilità e sostenibilità economica e finanziaria è ancora tutta da dimostrare e raggiungere. E dire che non siamo nel profondo Sud, ma nel cuore dell’economia italiana.

sabato 3 ottobre 2015

Nato bombarda per errore ospedale di Kunduz, uccisi 12 operatori di MSF

Bombardato per errore dalle forze armate Usa l’ospedale di MSF a Kunduz. I morti sono 12 ed i feriti sono 39, ma ci sono ancora diverse persone sotto le macerie

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

L'ufficio delle riunioni dell'ospedale di Kunduz utilizzato come sala operatoria
“L’attacco aereo potrebbe aver causato danni collaterali a una struttura medica della città”. Con questo comunicato le forze armate Usa in Afghanistan hanno ammesso di aver bombardato l’ospedale di Medici Senza Frontiere di Kunduz. Dodici operatori sanitari sarebbero morti, mentre i feriti sarebbero almeno trentanove, ma vi sono anche numerosi dispersi. Nell’ospedale c’erano 105 pazienti con i loro familiari e 80 membri dello staff nazionale e internazionale di MSF.
In un comunicato firmato dal direttore delle operazioni della Ong, Bart Janssens, si legge: “Alle 2,10 locali il Centro traumi di Kunduz è stato ripetutamente colpito durante un intenso bombardamento ed è rimasto gravemente danneggiato. Siamo profondamente scioccati da questo attacco, dall’uccisione di membri del nostro staff e di pazienti e dei gravi danni inflitti alla sanità di Kunduz”. Ed ancora: “Il bombardamento è continuato per oltre 30 minuti dopo che le truppe Usa ed afghane sono state allertate per la prima volta. Tutte le parti in conflitto, comprese Kabul e Washington, erano perfettamente informate della posizione esatta delle strutture MSF. Come in tutti i contesti di guerra, MSF ha comunicato le coordinate GPS a tutte le parti del conflitto in diverse occasioni negli ultimi mesi, la più recente il 29 settembre”.
Stefano Zannini, responsabile del Dipartimento supporto alle operazioni di MSF ha dichiarato: “Temiamo che il bilancio delle vittime del bombardamento possa salire ancora. I feriti sono 39 e tra di loro ci sono 19 operatori di MSF”, ed ha aggiunto: “ci sono ancora diverse persone sotto le macerie dell’ospedale bersagliato”.
“Molti feriti li stanno trasferendo al nostro ospedale di Kabul” riferisce all’Agi Gino Strada, fondatore di Emergency.
Intanto, all’ospedale di Kunduz la sala operatoria è distrutta ed ora gli interventi chirurgici si fanno nella sala riunioni.