lunedì 30 novembre 2015

Fibra ottica: le regioni più virtuose saranno quelle meridionali

Solo l’1% delle case della Puglia, il 3% della Calabria, il 20% della Sicilia e il 24% di quelle della Basilicata rimarranno, alla fine del 2018, senza fibra ottica, a sostenerlo è Infratel, società pubblica per le infrastrutture e le telecomunicazioni  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La consultazione avviata nel maggio scorso da Infratel (Infrastrutture e Telecomunicazioni per l’Italia), società costituita su iniziativa del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) e da Invitalia (l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa), ha delineato un quadro accurato della situazione della rete in fibra ottica nel nostro Paese ed esso, ora, rappresenta un punto di partenza per la sua realizzazione.
Il piano del Governo prevede la suddivisione del Paese in circa 95mila aree. Lo scopo principale della ricerca di Infratel è stato quello di capire a quali di esse sono interessati gli operatori privati ed in quali invece sarà necessario l’intervento pubblico. Per quanto riguarda le unità immobiliari residenziale le zone che, nel 2018, rimarranno scoperte e su cui dovrà intervenire il Governo sono il 36,3%. Dalla consultazione è emerso che, nella costruzione delle rete a banda ultralarga, oltre una casa su tre non interessa agli operatori telefonici. Essi, infatti, si concentreranno nelle aree più redditizie, tra queste c’è il Lazio, mentre tra quelle da ‘evitare’ c’è il Molise. Le zone grigie o nere, cioè quelle coperte dai privati, sono circa 1100, mentre quelle bianche, cioè quelle snobbate dagli operatori telefonici, sono circa 83mila. Per coprire tali aree il Cipe ha stanziato 2,2 miliardi di euro.
Alla fine del 2018 le regioni più virtuose saranno quelle meridionali, in particolare rimarranno senza fibra ottica solo l’1% delle unità abitative della Puglia, il 3% della Calabria, il 20% della Sicilia e il 24% della Basilicata. 

mercoledì 25 novembre 2015

Un lavoratore su tre si ammala di lunedì, record in Lombardia

L’Inps ha diffuso i dati sui permessi per malattia emessi nel 2014, rilevando una ‘frequenza massima il lunedì’ e più certificati nel privato in Lombardia e nel Lazio per la Pubblica amministrazione

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Secondo i dati diffusi dall’Inps i certificati medici emessi nel 2014 sono stati 11.494.805 nel settore privato con una diminuzione rispetto all’anno precedente del 3,2%, mentre in quello pubblico sono stati 6.031.362, con un lieve incremento dello 0,8%. ‘La distribuzione del numero degli eventi malattia del 2014 è simile per entrambi i comparti, con frequenza massima il lunedì: 2.576.808 eventi per il settore privato e 1.325.187 per la Pubblica amministrazione, pari rispettivamente al 30,2% e al 27,2% del totale’, a sostenerlo, in una nota, è l’Istituto di previdenza. E’ assai probabile che il lavoratore che si ammala sabato o domenica attenda il lunedì per far partire il primo giorno di malattia. 
Nel primo trimestre di ogni anno il numero dei certificati trasmessi è di poco superiore al 30% del totale, mentre questa percentuale scende nel terzo trimestre quando, ad esempio nel 2014, è stata del 18,5% per il settore privato e del 14,8% per la Pubblica amministrazione. Più frequenti nel settore pubblico le malattie delle donne (69%), nel privato sono invece quelle dei maschi (56,1%). La durata media è di 2-3 giorni. A guidare la classifica regionale delle assenze sul lavoro è la Lombardia, con il 22% del totale, seguita dal Veneto, dall’Emilia Romagna e dal Lazio con poco più del 10%. Per la sola Pubblica amministrazione al primo posto c’è il Lazio con il 14,4%. Insomma, ci si ammala di più il lunedì, nella prima parte dell’anno e nelle regioni del Nord-ovest.


lunedì 23 novembre 2015

Istat: nel Mezzogiorno bassi livelli di reddito e maggiore disuguaglianza

Il 28,3% degli italiani residenti soffre ‘una grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Nel 2014 le persone residenti in Italia a rischio di povertà sono il 28,3%, a sostenerlo è l’Istat. Si tratta di quella parte di popolazione che soffre di una ‘grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro’.
Le persone che vivono in famiglie ‘gravemente deprivate’ sono l’11,6%, mentre quelle appartenenti ai nuclei familiari con ‘bassa intensità lavorativa’ sono il 12,1%. Grave la condizione delle famiglie con almeno tre minori e quella dei genitori soli. Nel Mezzogiorno la 'bassa intensità lavorativa' è passata dal 18,9% al 20,9%.
Il 20% delle famiglie residenti in Italia percepisce il 37,5% del reddito totale, mentre al 20% della popolazione spetta il 7,75%. Nel 2013, l’Istat stima che metà delle famiglie abbia percepito un reddito netto annuo non superiore a 24.310 euro, circa 2.026 euro al mese, nel Mezzogiorno questa cifra scende a 20.188 euro, circa 1.682 euro al mese. Inoltre, nel Sud, secondo la stima dell’indice di Gini, si registra anche una maggiore disuguaglianza, essa si attesta a livello nazionale al 0,296, mentre nel Meridione sale a 0,305.

Antoine Leiris scrive ai terroristi: ‘Vous n’aurez pas ma haine’

Giornalista, papà di un bimbo di 17 mesi, compagno di Hélène, morta negli attentati di Parigi, Antoine Leiris ha scritto su facebook una lettera aperta ai terroristi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Antoine Leiris e Hélène Muyal
Il messaggio postato su facebook da Antoine Leiris per ricordare la sua compagna uccisa dai terroristi dell’Isis andrebbe letto in tutte le scuole del mondo per il modo semplice e chiaro con cui quest’uomo di 34 anni ha respinto ogni spirito di vendetta ed ogni sentimento di odio verso coloro che hanno fatto della morte l’unica ragione della loro vita.  
Ecco il testo integrale. “Venerdì sera avete rubato la vita di un essere eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, ma non avrete il mio odio. Non so chi voi siate e non lo voglio sapere, siete delle anime morte. Se questo Dio per il quale uccidete ciecamente ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore.
Il post di Leiris sul suo profilo facebook
Non vi farò il regalo di odiarvi. Voi l’avete cercato certamente, ma rispondere all’odio con l’odio sarebbe cedere alla stessa ignoranza che vi fa essere quello che siete. Voi volete che io abbia paura, che guardi con sospetto i miei concittadini, che sacrifichi la mia libertà per la sicurezza. Avete perso. Io sono ancora in gioco. L'ho vista questa mattina. Finalmente, dopo giorni di attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi sono innamorato di lei 12 anni fa. Ovviamente sono devastato per il dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di breve durata. So che lei ci accompagnerà ogni giorno e che la ritroveremo nel paradiso delle anime libere, al quale voi non avrete mai accesso.
Siamo in due, io e mio figlio, ma siamo più forti di tutte le armate del mondo. Non ho più tempo da dedicarvi, devo raggiungere Melvil che si è svegliato dal suo sonnellino. Ha appena 17 mesi, mangerà la sua pappa come ogni giorno, giocheremo come ogni giorno e per tutta la sua vita questo bambino vi farà l’affronto di essere felice e libero. Perché no, non avrete nemmeno il suo odio».  

sabato 21 novembre 2015

Gela: 'baratto amministrativo' per chi non può pagare le tasse

L’amministrazione comunale di Gela ha deciso di dare la possibilità a chi non ha un lavoro di adempiere agli obblighi tributari con prestazioni lavorative di pubblica utilità

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il sindaco di Gela, Domenico Messinese
Il sindaco del M5s di Gela, Domenico Messinese, e la sua giunta hanno deliberato un provvedimento, denominato ‘baratto amministrativo’, che consente ai cittadini che non hanno un lavoro e che quindi non sono in grado di pagare le bollette dell’acqua, della luce e del gas o dei tributi locali, di adempiere ai loro obblighi svolgendo prestazioni lavorative volontarie di pubblica utilità.
E’ una fattispecie prevista dalla legge ‘sblocca Italia’ del 2014, il cui scopo è quello di offrire la possibilità a chi non ha disponibilità economiche di saldare i debiti contratti con la pubblica amministrazione con prestazioni lavorative come la manutenzione di immobili e la cura del verde pubblico.
L’obiettivo è quello di “migliorare la vita dei nostri cittadini e di agevolare, quanti, liberamente ed autonomamente, sceglieranno di prestare la loro opera al servizio della comunità” ha dichiarato il sindaco Domenico Messinese ed ha aggiunto: “Metteremo in bilancio una determinata somma che sarà divisa per il numero dei partecipanti aventi diritto grazie alla quale questi cittadini in difficoltà potranno coprire anche parzialmente il debito tributario verso il Comune, che altrimenti non avrebbero mai pagato”.
L’amministrazione comunale ha già predisposto una bozza di regolamento che tiene conto di quanto stabilito dalla legge n. 164 del 2014. In particolare esso dovrà stabilire i criteri per redigere la graduatoria dei richiedenti che, ovviamente, terrà conto delle condizioni reddituali e della composizione del singolo nucleo familiare. Inoltre, l’amministrazione dovrà stabilire l’importo del salario che sarà corrisposto e che sarà compensato per l’adempimento degli obblighi tributari e tariffari non pagati all’Ente. 

martedì 17 novembre 2015

Avviato all’Assemblea regionale siciliana l’iter parlamentare del ddl sulla povertà

Il comitato ‘No Povertà’ ha presentato all’Ars il disegno di legge di iniziativa popolare sul contrasto alla povertà, ora l’Assemblea potrà discuterlo e approvarlo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

I promotori di 'No Povertà' depositano il ddl di iniziativa popolare
L’iter è stato avviato dopo la convalida da parte della Commissione Referendum della Regione delle oltre quindicimila firme raccolte nei mesi scorsi sul ddl proposto dal comitato ‘No Povertà’ composto dal Centro Studi Pio La Torre, Anci Sicilia, Cgil, Uil, Libera, Confindustria Sicilia, Caritas, Comunità di S. Egidio, Erripa, Comitato lotta per la casa ’12 luglio’ e Forum Terzo settore Sicilia.
“Finalmente il ddl è a disposizione dell’Ars che può calendarizzarlo, discuterlo e trasformarlo in legge della Regione”, ha dichiarato Vito Lo Monaco presidente del Centro Pio La Torre ed ha aggiunto: ”Rimane grave il problema della povertà e del disagio sociale soprattutto in Sicilia dove i timidi segnali di ripresa economica del Paese non riversano ancora alcun effetto come convalidato dall’Istat, dalla Banca d’Italia e dal recente rapporto Svimez sulle condizioni del Meridione. Non a caso un’altra regione meridionale come la Puglia, attenta alla questione sociale, ha deliberato un intervento parziale contro la povertà”.
Il disegno di legge prevede che ai beneficiari sia rilasciata una carta acquisti per comprare beni di prima necessità. L’intervento riguarderà le famiglie in condizioni di povertà assoluta che secondo l’Istat sono 250mila, cioè il 12,3% delle 1.963.577 famiglie siciliane.
“Il ddl di iniziativa popolare indica uno sforzo di lotta alla povertà” sottolinea Lo Monaco ed ancora: “e per l’inclusione sociale nell’ambito di una ricrescita della Sicilia e del Meridione. Infatti senza questa l’Italia non crescerà”.

domenica 15 novembre 2015

Jobs act, ecco i primi licenziamenti

Tre operai assunti con il nuovo contratto a tutele crescenti sono stati licenziati dopo solo otto mesi di lavoro

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Nel mese di marzo, a seguito di un aumento degli ordini, tre lavoratori erano stati assunti dalla cartiera Pigna Envelopes che opera a Tolmezzo in provincia di Udine sfruttando gli sgravi contributivi previsti dal Jobs act. L’azienda negli ultimi mesi ha subito ‘un calo di produzione’ e, per questo motivo, ha dovuto procedere al licenziamento dei tre lavoratori assunti appena otto mesi prima con la nuova forma contrattuale voluta fortemente del presidente del Consiglio, Matteo Renzi.
Sono i primi lavoratori ‘stabilizzati’ con il contratto a tutele crescenti ad essere stati licenziati. La società ha potuto beneficiare degli sgravi contributivi previsti dalla legge di Stabilità, ma nonostante ciò ha deciso di ridurre il personale al primo calo della produzione. Per i lavoratori assunti con il nuovo contratto non è prevista la tutela sancita dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, pertanto l’azienda ha potuto procedere alla risoluzione del contratto senza rischiare il reintegro. Ora i lavoratori avranno diritto ‘solo’ ad un indennizzo commisurato al periodo di lavoro svolto nell’azienda.
“Oltre agli operai assunti con il Jobs act, c’erano apprendisti e lavoratori a termine. Questi ultimi non si possono mandare via a meno che non abbiano fatto qualcosa di grave. Per licenziare i lavoratori a tempo determinato, bisogna pagarli fino al termine del contratto. Hanno lasciato a casa i nuovi assunti perché la legge lo permette ed è più conveniente”, ha dichiarato Paolo Morocutti, segretario Slc Cgil di Udine.
Il Jobs act è un contratto precario a tempo solo ‘formalmente’ indeterminato, nella pratica il lavoratore ha meno diritti di un lavoratore assunto a tempo determinato ed il rapporto di lavoro può sciogliersi in qualunque momento senza peraltro avere la possibilità del reintegro quando il licenziamento è senza un giustificato motivo.
Insomma, le aziende con la nuova normativa godono degli sgravi contributivi per tre anni, 8.000 euro a dipendente, e nello stesso tempo possono licenziare quando lo ritengono necessario, lasciando senza occupazione chi invece ritiene di aver firmato un contratto stabile.

giovedì 12 novembre 2015

Renzi scrive ai prof neo-assunti per augurargli buon lavoro, ecco il testo dell’email

Con la conclusione della cosiddetta fase C del piano di assunzione dei precari storici è stato sanato un ‘vulnus’ giuridico che si protraeva dal 1993, ora migliaia di docenti potranno lavorare con più serenità

Matteo Renzi
Completato il piano di assunzioni dei docenti previsto dalla legge sulla ‘Buona Scuola’. Circa 48mila insegnanti precari sono stati immessi in ruolo con la cosiddetta fase C, questi docenti si aggiungono agli altri (circa 40mila) che sono stati assunti nei mesi precedenti, i restanti 15mila posti vacanti previsti dal Piano saranno coperti con il concorso che sarà indetto nei prossimi mesi. Si chiude così un periodo difficile della scuola pubblica italiana, dopo decenni di precariato decine di migliaia di professori ora potranno lavorare con maggiore serenità. A tutti i docenti assunti con l’ultima fase il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha inviato un’email di auguri. Nella lettera il Capo del governo riassume fedelmente le vicissitudini professionali dei precari storici ed il ruolo decisivo degli insegnanti sul futuro dei nostri ragazzi e, quindi, del nostro Paese. Ecco il testo integrale.
“Gentile Professoressa, gentile Professore,
La ringrazio per aver accettato la proposta che il Ministero Le ha formulato ieri.
Benvenuta nella comunità delle donne e degli uomini che lavorano a tempo indeterminato per lo Stato.
Le faccio i migliori auguri, a nome mio personale e a nome di tutto il Governo.
Per anni le Istituzioni hanno permesso che si creasse un ingiustificato e odioso precariato tra i docenti. Conosco bene la rabbia e la frustrazione che tutto ciò ha provocato in molti suoi colleghi. Non poter assicurare continuità educativa ai ragazzi, dover cambiare istituto ogni anno senza una progettualità, ricevere la lettera di licenziamento alla fine dell'anno scolastico anziché gli auguri di buone vacanze. Essere considerati pacchi postali da spedire in varie zone della provincia e attendere le convocazioni di fine agosto come un rito umiliante e angoscioso. So quanto per molti di voi tutto ciò sia stato vissuto come una profonda ingiustizia: impossibile del resto apprezzare uno Stato che rende precario il lavoro più importante, quello di insegnante.
Le cose sono cambiate. Con la Buona Scuola abbiamo innanzitutto messo più soldi nell'educazione, più soldi per i professori, più professori per i nostri figli contro l'insopportabile filosofia delle classi pollaio. E con la Buona Scuola abbiamo anche messo la parola fine al modo scandaloso con cui vi hanno trattato in questi anni. Vorrei essere chiaro: abbiamo solo fatto il nostro dovere, niente di più. Lo Stato, infatti, aveva formato Lei e i suoi colleghi per diventare professori. Vi aveva attribuito il diritto di diventarlo. E poi vi ha lasciato per anni nel limbo. Non abbiamo fatto niente di speciale, solo il nostro dovere. Ma ci abbiamo messo passione, impegno, determinazione. Senza la Buona Scuola gli insegnanti sarebbero restati per anni, qualcuno per più di un decennio, precari, ostaggi di convocazioni, graduatorie, punti da conquistare con discutibili procedure.
Ci siamo presi critiche, insulti, offese, ma adesso ci siamo. Ci hanno chiesto di fermarci, raccontando tante falsità come quella di chi diceva che le assunzioni ci sarebbero state comunque in nome di una presunta sentenza europea. Non è così, naturalmente. Se avessimo bloccato il cammino della Buona Scuola oggi saremmo tornati all'anno zero. Abbiamo fatto tesoro delle tante critiche ricevute, ma abbiamo mantenuto la parola data: Lei adesso è a tutti gli effetti un insegnante a tempo indeterminato. È finalmente “entrato di ruolo”. Auguri!
Spero che possa festeggiare con la Sua famiglia, con i Suoi cari, con i Suoi amici. Brindo metaforicamente al Suo lavoro. E mi permetto di chiederLe una cosa.
Il Suo lavoro è persino più importante del mio. Lei si occupa di educazione e non c'è priorità più grande per l'Italia dei prossimi anni. Lei lavorerà nella scuola più tempo di quanto io starò al Governo. Lei ha la possibilità di tutti i giorni di valorizzare i sogni e le passioni dei nostri ragazzi che sono il bene più prezioso che abbiamo. La prego, dal profondo del cuore: non ceda mai al vittimismo, alla rassegnazione, alla stanchezza. Sia sempre capace di affascinare i suoi studenti, di spronarli a dare il meglio, di invitarli a non cedere al cinismo e alla meschinità.
Lei ha studiato, ha sicuramente un'ottima preparazione, conosce bene la materia che insegna. E noi siamo orgogliosi della scuola italiana che con tutti i suoi limiti ha punti di forza straordinari. Abbiamo bisogno che indipendentemente dalle differenze religiose, politiche, culturali, civili, economiche la scuola dia ai nostri ragazzi l'opportunità di credere nei loro mezzi. Di valorizzare i propri talenti. La scuola è la più grande opportunità per dare a tutti – nessuno escluso – la possibilità di trovare la propria strada per la felicità. Lei ha una responsabilità meravigliosa e difficilissima, non si stanchi mai di crederci, anche quando Le sembrerà difficilissimo. L'Italia di domani sarà come la faranno i professori di oggi.
Noi faremo di tutto per aiutare questo lavoro, cercando di fare sempre di più per la scuola di questo affascinante e struggente Paese.
Il mio saluto più cordiale, congratulazioni e buon lavoro.   
Matteo Renzi”

martedì 10 novembre 2015

‘Mucca pazza’: deceduta ex infermiera di Acquedolci

Dopo un’estenuante battaglia contro la malattia è deceduta la 48enne di Acquedolci, Benedetta Carroccio

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Benedetta Carroccio
L’ex infermiera dell’ospedale di Sant’Agata Militello ha lottato contro il ‘morbo della mucca pazza’ per 18 mesi. La malattia si era palesata nel maggio del 2014. Benedetta Carroccio, le cui condizioni si erano aggravate rapidamente, aveva bisogno di assistenza continua.
Il marito della donna, di fronte al mancato riconoscimento dell’indennizzo che il ministero della Salute prevede per i soggetti colpiti da questa patologia, aveva intrapreso contro l’Asp 5 di Messina un’azione legale presso il tribunale di Patti.
Il rifiuto dell’Asp sarebbe stato determinato dalla diagnosi fatta dall’Istituto Superiore della Sanità che ha classificato il caso come malattia di ‘Creutzfeldt – Jakob sporadica probabile’ e non come ‘variante acclarata del morbo della mucca pazza’, non rientrante, quindi, tra quelle suscettibili d’indennizzo. La sindrome, secondo l’Istituto Superiore della Sanità, è rilevabile in modo certo solo con un esame autoptico.
La morte di Benedetta Carroccio ha suscitato dolore e cordoglio in tutta la comunità di Acquedolci e tra i colleghi dell’ospedale di Sant’Agata Militello.

sabato 7 novembre 2015

‘Vitti ‘na crozza’ non è una canzone allegra

Sara Favarò nel suo libro ‘La messa negata, storia di Vitti ‘na crozza’ sostiene che la popolare canzone siciliana sia legata al mondo delle zolfatare e all’insensibilità della Chiesa cattolica 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

‘Vitti ‘na crozza supra nu cannuni, fui curiusu e ci vosi spiari, idda m’arrispunnìu cu gran duluri, murivi senza toccu ri campani’.
Non c’è siciliano che non abbia intonato questa strofa almeno una volta ritenendola un canto d’amore, invece non è così. 'Vitti ‘na crozza' non è una canzone allegra, a sostenerlo nel suo libro ‘La messa negata, storia di Vitti ‘na crozza’ è Sara Favarò. La più celebre delle canzoni popolari siciliane narrerebbe una storia triste, legata al mondo delle zolfatare e alla scarsa ‘sensibilità’ mostrata dalla Chiesa cattolica per quanti perdevano la vita nelle miniere. 
Protagonista della canzone è ‘na crozza’, ossia un teschio che invoca degna sepoltura senza ottenerla e ‘u cannuni’ su cui sarebbe poggiato non è un pezzo di artiglieria bensì l’alterazione di ‘cantuni’, ossia l’ingresso della zolfatara.
Sara Favarò
“Pochi sanno che sono strofe drammatiche, che riportano al mondo delle zolfatare e ai minatori che morendo dentro le viscere della terra non erano degni di ricevere l’ultima benedizione in Chiesa”, sostiene la scrittrice siciliana. Fino agli anni Quaranta, la Chiesa cattolica negava la messa da morto per quanti perdevano la vita nelle miniere.
Tutto cambiò nel 1944 per opera di un sacerdote di Lercara Friddi, monsignore Aglialoro, che, a seguito della morte di undici minatori, decise di interrompere la tradizione e di dire messa scendendo giù nella cava per dare degna sepoltura a quanti non potevano essere esumati.
Al di là delle interpretazioni sul testo 'Vitti ’na crozza' racconta la ‘sicilianità’ che si manifesta nella rassegnazione di chi sa di non potersi riscattare e nello stesso tempo sa di essere legato ad una terra che opprime ma da cui è impossibile staccarsi, un cordone ombelicale che ti affama e ti inorgoglisce, che insieme è vita e morte come per i minatori sepolti vivi senza neanche un ‘tocco di campane’. 

giovedì 5 novembre 2015

Varato il Crocetta quater, ma sarà l’ultimo?

Con il via libero del Partito democratico nasce il quarto governo Crocetta, quello che dovrebbe concludere la legislatura, ma sarà così?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Con l’accordo raggiunto tra il Governatore della Sicilia ed il suo partito, il Partito democratico, nasce il quarto governo Crocetta, anzi il quater bis, infatti, a trenta ore dalla nomina, ma senza ancora la firma sul decreto, escono di scena due assessori, Cleo Li Calzi e Antonio Fiumefreddo. L’accordo raggiunto ieri sera prevede l’inserimento in Giunta di un esponente dell’area di Giuseppe Lupo, Anthony Barbagallo che avrà la delega al Turismo.
Questi gli altri assessori: Mariella Lo Bello (sindacalista della Cgil) Vicepresidente e Assessore per le Attività produttive, Antonello Cracolici (Pd) all’Agricoltura, sviluppo rurale e della pesca mediterranea, Giovanni Pistorio (Udc) alle Infrastrutture e mobilità, Maurizio Croce (Sicilia futura) al Territorio ed ambiente, Baldo Guicciardini (Pd) alla Salute, Gianluca Miccichè (Udc) alla Famiglia, politiche sociali e lavoro, Alessandro Baccei (Pd) all’Economia, Carlo Vermiglio (tecnico dell’area Ap) ai Beni culturali ed identità siciliana, Vania Contrafatto (Pd) all’Energia ed ai servizi di pubblica utilità, Bruno Marziano (Pd) all’Istruzione e formazione professionale, al Presidente  l’interim per le Autonomie locali e funzione pubblica.
“Ringrazio i partiti e il segretario Raciti per il grande lavoro svolto per assicurare alla Sicilia un governo politico”, ha dichiarato all'Ansa Rosario Crocetta ed ancora: “Non ho mai temuto le elezioni anticipate. Il nuovo governo politico di fine legislatura che abbiamo definito con la coalizione mi sembra di livello. Ora tutti al lavoro”.

domenica 1 novembre 2015

Boeri: ‘tagliare del 50% i vitalizi dei politici’

Per il presidente dell’Inps sulla previdenza c’è un problema d’iniquità che va affrontato e sugli esodati non è escluso che sia necessario un ottavo intervento 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Sugli esodati “ci sono forti pressioni per un’ottava salvaguardia”, a dirlo, durante la trasmissione ‘In mezz’ora’ su Rai 3, è il presidente dell’Inps Tito Boeri ed ha aggiunto: “Le misure varate fin qui sono state molto costose, già 12 miliardi di euro ed 1 miliardo e mezzo servirà ora per la settima salvaguardia, ma la platea si continua ad allargare”.
La soluzione per il presidente dell’Inps sarebbe “la flessibilità in uscita equiparando chi va a 63 e chi va a 67 anni, ma per farlo bisogna dobbiamo dare una pensione più bassa”.
Per Boeri il problema principale è quello dei “veri esodati, soprattutto i lavoratori di piccole imprese, che semplicemente sono stati licenziati e non sono mai stati coperti, che si trovano tra i 55 e i 65 anni e che si sono ridotti in povertà. Li bisognerebbe trovare strumenti di sostegno al reddito”.
Tra le proposte avanzate al governo nel mese di giugno c’è anche quella che riguarda “i vitalizi dei politici di oltre 80-85mila euro all’anno per i quali abbiamo proposto una riduzione che arriva fino al 50%”.
“C’è un problema d’iniquità che va affrontato”, ha detto Boeri, “sull’assistenza sono stati fatti passi in avanti con la legge di Stabilità ma nulla è stato previsto sulle pensioni”.