venerdì 30 dicembre 2016

6,5 milioni d’italiani ‘sognano’ un lavoro, ma intanto Almaviva licenzia 1.666 dipendenti

Mentre milioni di lavoratori vorrebbero un posto di lavoro, i dipendenti di Almaviva della sede di Roma riceveranno, nei prossimi giorni, le lettere di licenziamento

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da tg24.sky.it
‘Sommando ai disoccupati le forze di lavoro potenziali, ammontano a 6,5 milioni le persone che vorrebbero lavorare’. Questo è quanto sostiene l’Istat nell’Annuario 2016 che riporta i dati sul mercato del lavoro nel 2015. La forza lavoro disponibile è, quindi, molto più numerosa dei disoccupati iscritti nelle liste di collocamento e comprende tutti coloro che ‘sognano’ un'occupazione ma vi rinunciano perché sanno che non riusciranno ad ottenerla.
Foto da tgcom24.mediaset.it
E’ di ieri la notizia che conferma la chiusura del call center Almaviva Contact di Roma. L’ultimo tentativo di riapertura della trattativa presso il Ministero dello Sviluppo Economico è fallito. 1.666 dipendenti riceveranno, nei prossimi giorni, le lettere di licenziamento. L’accordo siglato dai lavoratori della sede di Napoli è stato rifiutato da quelli di Roma. I dipendenti campani di Almaviva hanno ottenuto altri tre mesi di cassa integrazione, tempo utile, si spera almeno, per raggiungere un accordo che ha come primo obiettivo quello di evitare altri licenziamenti.
Resta il fatto che le aziende italiane, nonostante le agevolazioni fiscali garantite negli ultimi due decenni dal Governo, continuano a delocalizzare ed il caso di Almaviva è solo l’ultimo di una lunga serie. Milioni di lavoratori attendono con ansia il 2017 ed altri 1.666 si aggiungeranno ai tanti che un lavoro lo ‘sognano’. Fino a quando prevarrà il principio del profitto su quello del lavoro e non si adotteranno politiche economiche di redistribuzione della ricchezza, sarà impossibile  superare il dramma della disoccupazione. Questa regola purtroppo non è una novità del 2016, ecco cosa scrisse, a proposito dei senza lavoro, John Lennon nel 1969:  ‘Il lavoro è vita e senza quello esiste solo paura e insicurezza’.

venerdì 16 dicembre 2016

Il caos nella giunta grillina di Roma continua, ma la sindaca Virginia Raggi minimizza

Salvatore Romeo, Paola Muraro, Alessandra Manzin ed ora Raffaele Marra non sono esempi di buon governo, ma nonostante ciò la sindaca, Virginia Raggi, sdrammatizza 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Virginia Raggi
(foto da ilcorrieredelgiorno.it)
La storia del capostaff Salvatore Romeo è emblematica per capire come sta amministrando la giunta di Roma. Entrato in Campidoglio nel 1999, Romeo è un esperto di aziende partecipate. Appena eletta Prima cittadina, la Sindaca gli affida il ruolo di Capo della sua segreteria. Lo stipendio del dirigente comunale passa così da 37mila euro a 120mila euro l’anno. Inoltre, per poter accettare il nuovo incarico Romeo deve mettersi in aspettativa. A tale proposito ecco cosa ha dichiarato Carla Raineri magistrato ed ex assessore della giunta Raggi: ‘Romeo era già dipendente del Campidoglio e non poteva essere posto in aspettativa e nel contempo assunto dal medesimo ente locale. La sindaca non si è data pace ed ha reclutato una task force per trovare soluzioni in senso favorevole’. Dopo le polemiche, seguite  alla sua nomina, Salvatore Romeo ha detto: ‘Il mio compenso verrà ridotto’, ed ancora: ’Ci sono stati degli errori nelle delibere di nomina, anche sulla mia. Ma era agosto, faceva caldo…’ 
Raffaele Marra
(foto da roma.corriere.it)
Un'altra vicenda che conferma la ‘faciloneria’ con cui sta operando la giunta grillina è quella di Alessandra Manzin, assunta lo scorso 9 dicembre negli uffici dell’assessora alla Città in movimento Linda Meleo per le sue ‘doti nel campo del diritto amministrativo. Senonchè la Manzin, oltre ad affiancare il senatore grillino Andrea Cioffi, è anche la fidanzata di Dario Adamo, assistente di Rocco Casalino (M5s) in Senato, dove è responsabile dell’area web e social media. Di stamane la notizia dell’arresto per corruzione di Raffaele Marra. Dirigente del Comune, è diventato da subito Capo di gabinetto dell’amministrazione Raggi. La polemica suila sua nomina è nata perché Marra proviene da ambienti del centrodestra alemanniano, ma era già stato in varie amministrazioni pubbliche compresa la Regione Lazio guidata da Renata Polverini.
Paola Muraro
(foto da lifestar.it)
Ed ancora: Daniele Frongia diventato vicesindaco dopo il ritiro della sua nomina a Capo di gabinetto; Carla Raineri, magistrato della Corte di Appello di Milano, diventata Capo di gabinetto, viene allontanata dopo il parere negativo dell’Anac sulle modalità della sua nomina; Marcello Minenna, economista e professore alla Bocconi, si è dimesso da assessore al bilancio per solidarietà con Carla Raineri; Raffaele De Domincis, magistarto in pensione, nominato al posto di Minenna deve abbandonare (prima ancora di insediarsi) perché indagato per abuso d’ufficio; Stefano Ferrante, ragioniere generale del Comune, si è dimesso perché ‘C’è troppa confusione, sono completamente isolato, lavoro senza un indirizzo politico’; Paola Muraro, difesa strenuamente da Virginia Raggi, si è dimessa pochi giorni fa perché ha ricevuto un avviso di garanzia per reati ambientali riferiti all’epoca in cui era consulente di Ama; Paolo Berdini assessore all’Urbanistica è in procinto di lasciare per i dissensi sulla realizzazione del nuovo stadio della Roma (a differenza del vicesindaco Frongia è per un progetto che escluda la costruzione di tre grattacieli).
I grillini non fanno altro che denunciare la mala politica che sarebbe caratterizzata da episodi di nepotismo o da scambi di favori, ma quello che sta avvenendo nella Giunta capitolina non è tanto dissimile da quello che avviene nei partiti tradizionali. Il buon governo non dipende solo dalla capacità di imporre norme etiche da parte dei partiti o dei movimenti, ma esso deriva soprattutto dall’onesta, dalla serietà e dalle capacità amministrative delle singole persone. Si rassegnino, quindi, i sostenitori grillini perché questo è un principio a cui non fa eccezione il M5s.


PFM Impressioni di settembre

lunedì 12 dicembre 2016

Renzi: 'Torno a casa davvero'

Spopolano in rete i ‘Renzi chi?’ e ‘#staiserenomatteo’, ma s’illudono coloro che pensano che la carriera politica dell’ex sindaco di Firenze si finita 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi con la moglie Agnese
(foro da giornalettismo.com)
Il presidente del Consiglio dimissionario è per carattere un ‘piacione’, il suo primo obiettivo è quello di essere gradito a tutti. Per conquistare il consenso dell’elettorato moderato ha emarginato la Sinistra, anche quella del suo partito. Sta facendo, cioè, lo stesso errore che fece Walter Veltroni alle elezioni politiche del 2008, quando si presentò con una coalizione che escludeva le forze politiche alla sinistra del Pd. Gli attacchi a Massimo D’Alema, il #staiserenoenrico presidente del Consiglio del suo partito, al Fassina chi?, ed ancora, l’uscita dal Pd di tanti esponenti dell’area radicale, il No di Bersani al referendum costituzionale ed il continuo malessere della minoranza del partito sono emblematici di una convivenza ideologica mal sopportata dall’attuale segretario dei Democratici.
Enrico Letta e Matteo Renzi
(foto da tg24.sky.it)
Secondo il suo pensiero politico è la Sinistra (non solo quella radicale) il principale ostacolo al rinnovamento. Il limite di questo ragionamento è evidente: un partito progressista che adotta politiche di Destra come il Job act, gli incentivi fiscali alle imprese, la cosiddetta ‘meritocrazia’ nella scuola, la riforma costituzionale e l’Italicum, ma che, nello stesso tempo, non è capace di realizzare politiche di redistribuzione della ricchezza e di riduzione dei privilegi, è destinato alla sconfitta.
Stefano Fassino
(foto da news.leonardo.it)
Da rottamatore a rottamato? 'Torno a casa davvero' ha scritto su facebook il presidente del Consiglio dimissionario. Le politiche populiste, prima o poi, devono fare i conti con la realtà e quella italiana è particolarmente complicata. E’ sufficiente ricordare l’alto tasso di disoccupazione al Sud o l’enorme debito pubblico creato proprio con le politiche assistenziali ed elettoralistiche adottate anche dallo stesso Matteo Renzi. Perfino il provvedimento dell’assunzione dei precari della scuola si è trasformato in un boomerang per la troppa ‘faciloneria’ con cui la procedura è stata realizzata e per l’introduzione della cosiddetta ‘chiamata diretta’ adottata solo per i neoassunti storici. L’errore più grande è stato quello di aver trasformato il referendum costituzionale in un plebiscito sulla sua persona e sulla sua carriera politica. Renzi contro tutti, come un novello ‘Don Chisciotte’ che combatte la partitocrazia di cui egli stesso fa parte. L’obiettivo non si è realizzato, ma non è finita. In perfetto stile berlusconiano l’ex sindaco di Firenze tornerà all’attacco della Sinistra del Pd, ma otterrà solo di perdere ulteriore consenso nei ceti meno abbienti, finendo così per trasformare il Partito democratico nel Partito di Renzi o peggio ancora nel partito della Nazione.

martedì 6 dicembre 2016

Istat: nel 2015 sono aumentate la povertà e la distanza reddituale tra ricchi e poveri

Le stime pubblicate dall’Istat sulla povertà nel 2015 ed i livelli di reddito delle famiglie italiane nel 2014, evidenziano il crescente divario tra ricchi e poveri e tra Nord e Sud del Paese

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da dazabeonews.it
Secondo le stime dell’Istat gli italiani che sono a rischio di povertà (19,9%), grave deprivazione materiale (11,5%) o bassa intensità di lavoro (11,7%) sono il 28,7%. Il dato è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (28,3%), anche se è aumentato il rischio povertà, passato dal 19,4% al 19,9%. A livello territoriale la situazione più grave è nel Mezzogiorno. Le persone coinvolte nel Sud sono salite dal 45,6% al 46,4%. La quota è in aumento anche al Centro (dal 22,1% al 24%), mentre al Nord si registra un calo sia pure minimo (dal 17,9% al 17,4%).
da avantionline.it
Le persone più a rischio (43,7%) sono nelle famiglie con cinque o più componenti. Nel 2014 il reddito medio annuo per nucleo famigliare è rimasto sostanzialmente stabile rispetto al 2013 (29.472 euro ossia 2.546 euro mensili). Metà delle famiglie ha percepito un reddito netto non superiore a 24.190 euro (2.016 euro mensili), la media scende a 20.000 euro (circa 1.667 euro mensili) al Sud. Secondo le stime dell’Istat il 20% delle famiglie ha percepito il 37,3% del reddito totale, mentre il 20% più povero solo il 7,7%. Inoltre dal 2009 al 2014 il reddito in termini reali è calato di più per le famiglie meno abbienti, ampliando così la distanza tra le famiglie più ricche, il cui reddito è passato dal 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere.

sabato 26 novembre 2016

Riforma costituzionale: l’astrusità dell’articolo 70

La modifica dell’articolo 70 della Costituzione è emblematica di come in nostri parlamentari hanno proceduto nella rielaborazione del testo costituzionale 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

(foto da unita.it)
Così come è avvenuto nel 2001 con la modifica dell’articolo 117 della Costituzione anche per le nuove funzioni del Senato la lettura delle disposizioni risulta astrusa e di difficile comprensione. Approvare leggi complicate e di ardua interpretazione è da evitare per quelle ordinarie, ma lo è ancora di più per la legge fondamentale del nostro ordinamento. Il nuovo articolo 70 della riforma costituzionale evidenzia la grande differenza culturale e di competenza istituzionale che c’è tra i politici di ‘una volta’ e quelli di adesso. Per capire basta leggere com’è e come sarà l’articolo 70. In neretto il testo aggiunto. Ogni altro commento è superfluo.
Il Capo dello Stato, Enrico De Nicola, firma la
Costituzione italiana. 27 dicembre 1947
(foto da wikipedia.it)
Costituzione testo vigente art.70: ‘La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere’.
Costituzione testo modificato art.70: ‘La funzione legislativa è esercitata col­lettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle dispo­sizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamen­to, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolita­ne e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazio­ne dell’Italia alla formazione e all’at­tuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di in­compatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi appro­vate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Ca­mera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dal­la Camera dei deputati è immedia­tamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi compo­nenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronun­ciata in via definitiva, la legge può es­sere promulgata. L’esame del Senato della Repubbli­ca per le leggi che danno attuazione all’articolo 117, quarto comma, è di­sposto nel termine di dieci giorni dal­la data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modifica­zioni proposte dal Senato della Re­pubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Sena­to della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quin­dici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questio­ni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secon­do quanto previsto dal proprio rego­lamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati’. 

martedì 22 novembre 2016

SPID necessario anche per il bonus dei docenti, ecco come funziona

Per usufruire del bonus di 500 euro i docenti dovranno accedere all’applicazione web cartadeldocente.istruzione.it, ma prima dovranno ottenere l’identità digitale SPID

di Giovanni Pulvino (PulvinoGiovanni)

Foto da bloglavoro.com
Lo scorso anno oltre 740.000 docenti di ruolo hanno usufruito per l’aggiornamento professionale del bonus di 500 euro. L’importo è stato accreditato direttamente nello stipendio. L’incentivo è stato rinnovato anche per quest’anno, ma è cambiato il sistema di erogazione.
Per spendere l’incentivo i docenti dovranno accedere all’applicazione web cartadeldocente.istruzione.it che sarà disponibile entro il 30 novembre. I buoni spesa generati daranno il diritto ad ottenere il bene o il servizio presso gli esercenti autorizzati.
Foto da blastingnews.com
I docenti potranno acquistare riviste e pubblicazioni per l’aggiornamento professionale, hardware e software da utilizzare per la formazione, iscriversi a corsi di laurea o di specializzazione, acquistare biglietti per rappresentazioni teatrali, cinematografiche, per visitare musei e mostre, per partecipare ad eventi culturali e spettacoli, nonché usufruire delle attività individuate dal piano triennale dell’offerta formativa  della scuola o del Piano nazionale di formazione.
Presupposto indispensabile per accedere all’applicazione è ottenere lo SPID. La procedura è uguale a quella prevista per il bonus cultura di 500 euro dei giovani nati nel 1998. Per ottenere la carta di identità digitale è necessario registrarsi ad uno dei provider (Poste italiane, Tim, Sielte o Infocert) indicati sul sito: http://www.spid.gov.it/richiedi-spid. Con le credenziali ottenute ci si potrà registrare su http://www.cartadeldocente.istruzione.it/ ed iniziare con gli acquisti. Il nuovo sistema ha lo scopo di alleggerire le procedure di rendicontazione e, nello stesso tempo, è uno strumento elettronico per tenere sotto controllo tutti i pagamenti effettuati con il bonus.
I docenti che hanno iniziato a spendere il bonus all’inizio dell’anno scolastico (1° settembre) saranno rimborsati. Gli insegnanti che per qualunque motivo non hanno utilizzato l’incentivo 2015/2016 potranno spenderlo entro il 31 agosto 2017, in questo caso la rendicontazione dovrà avvenire secondo le ‘vecchie modalità’.
Inoltre, lo SPID è un codice unico che consente, oltre ad usufruire del bonus, di accedere con un’unica username e un’unica password a tutti i servizi della Pubblica Amministrazione (http://www.spid.gov.it/servizi).

venerdì 18 novembre 2016

La decontribuzione per le imprese del Sud non creerà nuovi posti di lavoro

Il presidente del Consiglio ha annunciato la decontribuzione di 8.060 euro per le imprese meridionali, ma per creare nuovi posti di lavoro le agevolazioni non bastano, occorrono gli investimenti

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi - (foto da lettera43.it)
La decontribuzione fiscale di 8.060 euro per le imprese del Sud annunciata dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, non sarà sufficiente ad aumentare in modo significativo l’occupazione nelle regione meridionali.
Le agevolazioni fiscali favoriscono l’emersione del ‘sommerso’, ma incidono in modo limitato sulla creazione di nuovi posti di lavoro. L’occupazione aumenta solo con gli investimenti pubblici o privati. Il problema della ‘crescita’ del Pil è determinato innanzitutto da questa ‘scarsità economico - finanziaria’. Lo Stato, non potendo fare politiche di deficit spending, può accrescere gli investimenti pubblici solo con la redistribuzione del reddito, ma questo non sta avvenendo. Nello stesso tempo, le imprese private delocalizzano o non dispongono delle risorse finanziarie necessarie per investire o ristrutturare le loro aziende.
L’iniziativa del Governo di Matteo Renzi, quindi, non è sufficiente a cambiare il trend di sottosviluppo del MeridioneAnzi, le politiche economiche adottate negli ultimi decenni hanno accresciuto le ingiustizie e le disuguaglianze territoriali e sociali tra le diverse aree del Paese.



mercoledì 16 novembre 2016

Matteo Renzi: ‘Nel 2017 decontribuzione totale per le imprese del Sud’

Il premier, Matteo Renzi, riconoscendo la difficile situazione economica e sociale del Mezzogiorno annuncia incentivi per 730milioni di euro per le imprese del Sud 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi
‘Tra poco Del Conte dell’Anpal firmerà un atto molto importante da 730milioni di euro, che sono quelli della decontribuzione per il 2017. Gli incentivi del Jobs act solo per il Mezzogiorno saranno confermati integralmente. Le aziende che scelgono di assumere al Sud hanno la decontribuzione totale come il primo anno del Jobs act. E’ un’importantissima scelta che abbiamo fatto per il 2017’. Questo è quanto ha dichiarato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel corso della sua visita ad Agrigento.
La decontribuzione sarà totale e riguarderà solo i giovani ed i disoccupati. Lo sgravio sarà di 8.060 euro e durerà dodici mesi. Ad usufruirne saranno gli imprenditori delle regioni meridionali che, nel 2017, assumeranno a tempo indeterminato o in apprendistato giovani tra i 15 ed i 24 anni ed i disoccupati privi di impiego da almeno 6 mesi. 
Di certo questa è buona notizia per i lavoratori e le imprese del Sud. Tuttavia è bene precisare che si tratta solo di un annuncio, nelle prossime settimane vedremo se alle parole seguiranno i fatti.

sabato 12 novembre 2016

Baby-Senatori e stop alle spese pazze delle Regioni, ecco alcune ‘particolarità’ della riforma costituzionale

Un’attenta lettura della riforma costituzionale evidenzia alcuni aspetti che non suscitano l’interesse degli opinionisti, ma che destano dubbi, consensi o perplessità, vediamone alcuni

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da unità.it
Tra le modifiche costituzionali approvate dal Parlamento il 7 aprile scorso c’è l’abolizione dell’articolo 57, quello che stabilisce per i senatori l’età minima per essere candidati (40 anni) e per essere elettori (25 anni). La cancellazione di questa norma potrebbe consentire ai diciottenni consiglieri regionali o sindaci di essere eletti senatori della Repubblica. Il limite di età per essere candidati (25 anni) rimarrà solo per la Camera dei deputati.
Un’altra particolarità è che, ad oggi, non si conoscono le modalità di elezione dei senatori, il sistema sarà definito da una legge ordinaria ancora da scrivere.
Foto da ansa.it
Certamente positivo è il fatto che i nuovi senatori, non percepiranno (oltre a quella di Sindaco o di Consigliere regionale) nessuna indennità. Fanno eccezione a questa regola gli attuali senatori a vita, mentre per coloro che in futuro saranno nominati per alti meriti dal Presidente della repubblica non è previsto alcuno stipendio (questa regola non vale per gli ex Presidenti della repubblica). Essi rimarranno in carica solo per sette anni. Nel complesso i senatori a vita e quelli nominati dal Presidente non potranno essere più di cinque.
I parlamentari continueranno a godere dell’immunità. Pertanto per arrestare, perquisire e intercettare un senatore o un deputato servirà il sì dell’Aula. Questa regola è una delle maggiori obiezioni dei sostenitori del No, ma si tratta di una tutela sancita dai padri costituenti per garantire i legislatori dagli altri poteri dello Stato, in particolare da quello giudiziario.
Saranno vietate le cosiddette ‘spese pazze’ ed i consiglieri regionali e gli assessori non potranno guadagnare più di un sindaco di un comune capoluogo. Questa regola come quella che modifica l’articolo 117 varrà solo per le Regioni a statuto ordinario.
Saranno cancellate le Province, già sostituite dai Liberi consorzi (legge Delrio), mentre continueranno ad esistere le città metropolitane.
Foto da sassuolo2000.it
La riforma sancisce la parità di genere per l’elezione dei parlamentari e dei consiglieri regionali. Ecco cosa dispone all’articolo 122: ‘Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini’.
Il presidente della Repubblica potrà sciogliere solo la Camera dei deputati, l’unica che voterà la fiducia al Governo.
L’amnistia e l’indulto saranno votate solo dalla Camera dei deputati con una maggioranza dei due terzi, anche lo stato di guerra sarà votato dalla Camera e basterà la maggioranza assoluta.
I due rami del Parlamento si riuniranno in seduta comune solo per l’elezione, il giuramento o lo stato d’accusa del presidente della Repubblica e per la scelta dei membri ‘laici’ del Csm.
La seconda carica dello Stato sarà quella del presidente della Camera.
L’assenteismo dei parlamentari diventerà incostituzionale, lo stabilisce l’articolo 64: ‘I membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute dell’assemblea ed ai lavori delle commissioni’. Una norma sacrosanta, ma i deputati ed i senatori la rispetteranno?

giovedì 3 novembre 2016

Elezioni Usa, la grande paura è Trump presidente

Nonostante l’appoggio di una parte del partito repubblicano la democratica Hillary Clinton potrebbe non farcela a diventare la prima donna presidente degli Usa 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Foto da today.uconn.edu
L’ultimo sondaggio pubblicato da ABCNews/Washington Post e riportatato da laspampa.it dà Donald Trump in vantaggio con il 46% contro il 45% di Hillary Clinton. Le intenzioni di voto sono state rilevate tra il 27 ed il 30 dello scorso mese, ossia dopo le ultime rivelazioni sulle mail dell’ex first lady. Il sorpasso si era già verificato il 13 ottobre, quando il magnate americano era avanti di due punti.
Altre ricerche danno ancora in vantaggio Hillary Clinton, anche se negli ultimi giorni la distanza tra i due candidati si è ridotta, la media delle diverse rilevazioni dà la Clinton al 47,5% contro il 45,3% dell’avversario.
Hillary Clinton
(foto da Biography.com)
E’ bene ricordare che il sistema elettorale americano è su base regionale, conta cioè il risultato nei singoli Stati, per cui un candidato potrebbe raggiungere la maggioranza dei voti ma potrebbe non essere eletto. Questa situazione si è già verificata il 7 novembre del 2000, quando George W. Bush prevalse su Al Gore solo grazie al risultato contestato della Florida.
I grandi elettori sono 538, distribuiti in proporzione al numero di abitanti dei 50 Stati che fanno parte della federazione, alcuni di questi sono in bilico e potrebbero essere decisivi nell’elezione del 45esimo presidente degli Usa. La candidata democratica disporrebbe di 263 preferenze (la maggioranza è 270), ma, se consideriamo i sondaggi, avrebbe grandi probabilità di conquistare quelli necessari tra i 111 grandi elettori in bilico. La Clinton potrebbe così arrivare a 304 contro i 234 di Trump.
Donald Trump
(foto da plus.google.com)
L’8 di novembre sapremo se gli Stati Uniti d’America avranno eletto, dopo il primo presidente nero, anche la prima presidente donna. A pochi giorni dalle elezioni quello che stupisce è che, nonostante la figura di Trump si particolarmente ‘discussa’ e la Clinton abbia il sostegno della maggior parte delle elite e della classe dirigente americana (persino una parte del partito repubblicano la sostiene), rimanga ancora tanta incertezza sull’esito del voto. Le democrazie occidentali soffrono di un deficit di rappresentanza e quella americana non fa eccezione.  In fondo i candidati sono due milionari esponenti dell’etablissement politico ed economico, leader dei rispettivi schieramenti ma lontani dai problemi quotidiani di milioni di americani. Probabilmente molti elettori non andranno a votare e tanti lo faranno solo per esprimere dissenso verso l’uno o l’altro candidato nella convinzione che per loro poco o nulla cambierà, sia che prevalga Trump o la Clinton.

venerdì 28 ottobre 2016

Terremoto: in Umbria e Marche la ricostruzione del ’97 è stata fatta senza ‘furbizie’

Il terremoto di Ussita e Castelsantangelo del Nera non ha causato i morti ed i crolli di edifici che invece abbiamo visto ad Amatrice e Pescara del Tronto, questa è la dimostrazione che esiste anche un’Italia che agisce con consapevolezza e serietà  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Mappa da picenotime.it
‘Vedete, qui grazie a Dio non abbiamo avuto un morto né un ferito. E sa perché? Perché con i soldi del terremoto del ’97 abbiamo fatto il miglioramento antisismico. Così le case hanno retto alla botta. Non nascondo che è un disastro: l’80% delle abitazioni è inagibile. Il centro storico ormai è tutta una zona rossa. Però le lesioni non sono la stessa cosa che il collasso’. A dirlo è il sindaco di Ussita, Marco Rinaldi.
Marco Rinaldi
(foto da cronachemaceratesi.it)
Ed ancora: ‘Ci ha aiutato la prima scossa, che ha fatto uscire tutti in strada. Così quando la seconda è arrivata, nelle case non c’era quasi più nessuno’. Tuttavia gli edifici non sono crollati. ‘Ovvio che dove vedete il cemento armato – continua il sindaco  - i danni sono contenuti. Ma può essere un’impressione fuorviante. Il discorso cambia se si va nelle frazioni di Sasso, o di Casali, o di Vallazza. Lì i danni sono forti. Comunque, pur se ferite, le nostre case stanno ancora in piedi’.
Gli edifici hanno ugualmente resistito a Visso, Castelsantangelo sul Nera, Preci, Norcia. In questi centri di Umbria e Marche la ricostruzione è stata fatta con serietà e rigore. Anche se ci sono tanti edifici inagibili o pericolanti ed i danni sono enormi, non c’è un palazzo che è collassato.
Mauro Falcucci
(foto da cronachemaceratesi.it)
Mauro Falcucci, primo cittadino di Castelsantangelo del Nera, ha dichiarato: ‘Poteva andare peggio. Anche noi dopo il ’97 abbiamo ricostruito bene e ora raccogliamo i frutti di quella scelta. Certo, non vorrei che siccome non abbiamo avuto i lutti, allora calerà presto l’attenzione per i nostri danni... Beh, sarebbe un paradosso. Siccome siamo stati bravi prima, ora dobbiamo pagarne un prezzo?’Ed ha aggiunto: ‘Qui il Comune è proprietario di cinque seggiovie, di un palaghiaccio, di una bella piscina. Ma con quale spirito possiamo pensare di aprire gli impianti di risalita l’8 dicembre? Pensate che qualcuno verrebbe a sciare da noi? Di contro, non aprire gli impianti significa mandare a spasso 40 precari, tutti giovani del paese, per non parlare di alberghi, bar, seconde case. Qui si rischia la desertificazione’.  

martedì 25 ottobre 2016

Terroni, migranti o profughi, per i razzisti del Nord Italia non c’è differenza

Negli anni Sessanta e Settanta ad essere trattati con intolleranza erano i ‘terroni’, ora sono i migranti. Mentre nelle coste del Sud Italia gli arrivi sono continui, a Gorino, nel ferrarese, fanno le barricate per respingere 12 donne e otto bambini

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Gorino - (foto da lanuovaferrara.gelocal.it)
‘L'ipotesi di ospitare dei profughi a Gorino non è più in agenda’. A dirlo è stato Michele Tortora, prefetto di Ferrara, dopo le barricate antiprofughi, fatte dai residenti, che ieri hanno impedito l'arrivo di 12 donne profughe nel piccolo centro del ferrarese. ‘Ha prevalso la tranquillità dell'ordine pubblico – ha aggiunto il prefetto - non potevamo certo manganellare le persone. Questo fenomeno o si gestisce insieme con buonsenso oppure non si gestisce. Il mio primo pensiero dopo quello che è successo va alle 12 donne oggetto di contestazione. 
Milano anni Settanta
(foto da mentecritica.net)
Non oso pensare a quello che hanno passato nella traversata del Mediterraneo, al viaggio in pullman fino a Bologna e poi fino a Gorino e posso immaginare cosa possono aver provato quando si sono trovate davanti quelle barricate. E' stato un episodio tristissimo. Mi avrebbe fatto piacere che i cittadini di Gorino avessero visto di cosa si trattava, se avessero avuto cognizione dei termini del problema forse le cose sarebbero andare diversamente’. 
Ecco come i napoletani accolgono i migranti
(foto da repubblica.it)
Durissimo il commento del ministro dell'Interno Angelino Alfano: ‘Di fronte a 12 donne, delle quali una incinta, organizzare blocchi stradali non fa onore al nostro Paese. Poi certo tutto può essere gestito meglio, possiamo trovare tutte le scuse che vogliamo, ma quella non è Italia. Quel che è accaduto non è lo specchio dell'Italia. Non m’interessa se la protesta sia stata organizzata o meno io sto a quello che vedo e quello che vedo è qualcosa che amareggia e che non è lo specchio dell'Italia’.
Ed ancora: ‘Il nostro Paese sono i ragazzi di Napoli che aiutano i soccorritori sul molo quando arrivano i migranti, o il medico di Lampedusa Pietro Bartolo che non guarda a orari’. Dopo la strage di Lampedusa ‘l'Italia poteva scegliere se girarsi dall'altra parte o essere un paese coraggioso. E noi - ha concluso Alfano - abbiamo scelto di essere l'Italia della fatica e del coraggio. anche sapendo che così facendo si sarebbero persi voti’.


mercoledì 19 ottobre 2016

I lavoratori di Almaviva occupano il call center di Palermo

La protesta è iniziata quando la trattativa al ministero dello Sviluppo economico tra i rappresentanti dei lavoratori ed i vertici dell’azienda è stata sospesa con un nulla di fatto 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da gazzettadelsud.it
La dismissione della commessa Enel in scadenza a dicembre ha costretto Almaviva Contact ad elaborare una riorganizzazione delle attività del call center di Palermo. Il piano prevede il trasferimento, dal 24 ottobre, di 150 operatori dalla Sicilia a Rende, in Calabria.
Finora il confronto tra le parti, che si è tenuto al ministero dello Sviluppo economico, è stato infruttuoso. I sindacati, in attesa della ripresa della trattativa, hanno proclamato due giornate di sciopero.
Foto da drfreenews.com
Stamane i lavoratori di Almaviva Contact hanno occupato il call center di via Marcellini a Palermo, dove si trova una delle sedi della società. 
L’azienda, dopo l’iniziativa dei lavoratori, ha diffuso una nota in cui giudica come inammissibili le forme di protesta al di fuori della legalità. La società assumerà tutte le iniziative necessarie per tutelare la legalità, la continuità e la sicurezza delle persone che lavorano nelle sedi di Palermo.

lunedì 17 ottobre 2016

In Italia 4,6 milioni di poveri, al Sud gli italiani indigenti superano gli stranieri

Nel Mezzogiorno gli italiani che, nel 2015, si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas sono stati il 66,6 %, il doppio degli stranieri. Si è invertito anche il vecchio modello di povertà, oggi i più indigenti non sono gli anziani ma i giovani

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Foto da tuttosu.virgilio.it
Le persone costrette a lasciare le proprie case a cause di guerre, conflitti e persecuzioni sono state, nel 2015, oltre 65 milioni. In Europa il numero di profughi giunti via mare è stato quattro volte superiore a quello dell’anno precedente. I migranti sbarcati nelle nostre coste lo scorso anno sono stati 153.842. Le persone che hanno fatto domanda di asilo sono state 83.970. Di fronte a questa situazione la politica europea risulta ‘frammentata’ ed ‘inadeguata’. A sostenerlo è la Caritas nel suo ‘Rapporto 2016 su povertà ed esclusione sociale in Italia e alle porte dell’Europa’.
Foto da caritas.it
Secondo i dati Istat in Italia vivono in uno stato di povertà assoluta 1 milione 582 mila famiglie, vale a dire 4,6 milioni di individui, il numero più alto dal 2005 ad oggi. La condizione di povertà assoluta è quella di chi non riesce ad accedere ai beni e servizi necessari per una vita dignitosa. In questa situazione si trovano soprattutto le famiglie che vivono nel Mezzogiorno e quelle con due o più figli minori o nuclei familiari stranieri e quelli in cui il capofamiglia è in cerca di un’occupazione. Inoltre, oggi la povertà assoluta è inversamente proporzionale all’età, aumenta cioè al diminuire di quest’ultima. Penalizza soprattutto i giovani in cerca di prima occupazione. Il Rapporto cita anche i dati raccolti presso i Centri di Ascolto della Caritas o collegate con esse. Il peso degli stranieri continua ad essere maggioritario (57,2%), ma nel Mezzogiorno la percentuale di italiani è stata, nel 2015, del 66,6%. Al Nord la media delle persone ascoltate è stata del 34,8%, al Centro del 36,2%. L’indagine della Caritas si conclude con una serie di proposte. Tra queste un piano pluriennale di contrasto alla povertà e di politiche tese a contrastare la disoccupazione, soprattutto giovanile, ed ancora, l'attivazione di politiche inclusive e di accoglienza dei migranti e l'apertura di canali legali di ingresso nell’UE. 
‘La cifra totale di 4,6 milioni di poveri, più che raddoppiata rispetto all’inizio della crisi, 8 anni fa, non è compatibile con i doveri di un Paese tra i più sviluppati al mondo’. Così la presidente della Camera Laura Boldrini, nel messaggio per la Giornata contro la povertà. ‘La povertà è come una macchia scura che si allarga nella società italiana e resta ancora senza risposta la diffusa domanda di un reddito di dignità’, malgrado varie proposte di legge. ‘Mi auguro – conclude Laura Boldrini - che Governo e Parlamento trovino la strada’.

venerdì 14 ottobre 2016

Non ci può essere crescita economica senza ridurre le disuguaglianze

Eugenio Scalfari in un editoriale su repubblica.it sostiene la necessità della ‘patrimoniale’ perché essa ‘attenua le diseguaglianze ed incita occupazione e consumi’  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Eugenio Scalfari - (Foto da huffintonpost.it)
La crescita economica è determinata dall’incremento dei consumi e degli investimenti. I primi crescono aumentando le retribuzioni più basse o creando nuovi posti di lavoro. Questi ultimi dipendono dagli investimenti sia pubblici che privati. Lo Stato e gli enti locali possono farlo solo incrementando le entrate tributarie oppure il debito pubblico. Ovviamente il presupposto indispensabile per attuare politiche di ‘deficit spending’ è un debito sovrano sostenibile, eccessivi ed ulteriori disavanzi del bilancio sarebbero pericolosi e potrebbero provocare il default com’è avvenuto in Grecia, in Argentina, ecc.. 
Foto da wallstreetitalia.com
Dal 2011 in Italia l’unica alternativa ‘pubblica’ praticabile per favorire la crescita economica è la redistribuzione della ricchezza. L’ipotesi, non nuova, è stata formulata da Eugenio Scalfari in un suo editoriale su repubblica.it. Il ragionamento del giornalista romano è semplice ed è il seguente: sulle buste paga dei lavoratori gravano contributi previdenziali per il 9,19% e sui datori di lavoro per il 23,81%. L’ammontare totale del cosiddetto cuneo fiscale è di circa 300 miliardi di euro l’anno. Secondo Scalfari occorre ridurre questo prelievo di almeno il 30%, vale a dire di circa 80 miliardi che lo Stato dovrebbe fiscalizzare sui redditi superiori a 120 mila euro annui. Una sorta di patrimoniale che ‘attenua le diseguaglianze e incita occupazioni e consumi’.
Vignetta da documentazione.info
Poichè lo Stato italiano è obbligato a limitare la spesa pubblica (sia perché non può incrementare il suo debito sovrano, sia perché le sue politiche economiche spesso sono inefficienti o di natura assistenziale) non resta che incentivare gli investimenti dei privati. Con la globalizzazione molte imprese hanno delocalizzato all’estero, hanno cioè trasferito la produzione nei Paesi dove la pressione fiscale è minore e il costo del lavoro è più conveniente. Secondo Scalfari per indurre le aziende private ad investire, creare lavoro ed incrementare i consumi è indispensabile ridurre le tasse sul lavoro. L’argomentazione è logica, ma resta un dubbio: basterà la riduzione del cuneo fiscale per indurre le imprese italiane e straniere ad incrementare gli investimenti nel nostro Paese?
Inoltre, in questo ragionamento non c’è nessun riferimento alla Questione meridionale. La disoccupazione ed il sottosviluppo non sono in tutto il Paese, ma solo nelle regioni del Sud. Tornare ad investire nel Meridione non sarebbe proprio una cattiva idea. E’ solo una questione di scelte politiche e pertanto, se si vuole una ‘vera’ crescita Pil, è necessario che l’annosa questione delle disuguaglianze economiche tra le diverse aree del Paese torni al centro del dibattito politico.

sabato 8 ottobre 2016

AAA docenti cercasi

I docenti assunti con il piano straordinario previsto dalla Buona scuola e con il concorso non saranno sufficienti a coprire le cattedre disponibili. Eliminare il precariato è una missione impossibile

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da professionistiscuola.it
La riforma voluta dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, non ha risolto i problemi della scuola italiana. L’obiettivo principale della Legge 107/2015 era quello di eliminare il precariato. I 48mila insegnanti (precari storici) immessi in ruolo con il piano di assunzione straordinaria e quelli assunti  con il concorso (previsti 60mila ma saranno molti di meno) che, ancora oggi, non è stato espletato, non saranno sufficienti a coprire le cattedre disponibili. Le scuole saranno costrette a nominare, con contratti a tempo determinato, decine di migliaia di docenti dalle graduatorie ad esaurimento (quelle che si volevano cancellare). 
Foto da linkedin.com
Aver ipotizzare una scuola senza docenti precari è stato un errore, perché ci sarà sempre la necessità di sostituire un insegnante che si ammala, che chiede il part-time o l’aspettativa, che ottiene l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione, ecc.. Queste esigenze, tipiche della scuola, diventano un problema solo quando la condizione di incertezza e precarietà dei docenti supplenti diviene stabile e definitiva. Negli ultimi due decenni oltre 150mila insegnanti si sono trovati in questa situazione.
Negli anni Settanta ed Ottanta i ‘precari’ che avevano maturato un certo numero di anni di servizio venivano immessi in ruolo. Era il cosiddetto ‘doppio canale’. A richiamare questa semplice regola è stata una sentenza della Corte di giustizia europea, ma in Italia si continuano a creare aspettative che regolarmente vengono disattese.