sabato 26 marzo 2016

Almaviva licenzia, ma a pagare è sempre il Sud

Almaviva delocalizza in Romania e mette in mobilità i suoi dipendenti in Italia, ma, come hanno già fatto la Fiat nel 2011 e l’Eni nel 2015, ad essere licenziati sono soprattutto i lavoratori meridionali 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto rassegna.it
La crisi occupazionale in Sicilia sembra non avere fine. Almaviva, azienda che opera nel settore dei servizi, ha inviato 2988 lettere di licenziamento, di queste 1670 sono dirette ai lavoratori del call center di Palermo, 918 a quelli di Roma e 400 a quelli di Napoli.
La motivazione addotta dalla multinazionale è economica. I ribassi praticati da altre imprese del settore avrebbero fatto calare i profitti dei due centri del Sud Italia. Secondo l’azienda il 'margine diretto di contribuzione' minimo (vale a dire i ricavi superiori ai costi del lavoro) dovrebbe essere del 21%, mentre a Palermo è del 9,65%. L’inefficienza sarebbe l’effetto delle aste al ribasso e della mancanza di regole certe nel settore dell'outsourcing.
Foto sudpress.it
Almaviva è l'ultima multinazionale che per ragioni di ‘profitto’ delocalizza. Sono le conseguenze della globalizzazione, ma anche delle politiche economiche attuate negli ultimi decenni nel nostro Paese. La Fiat ha chiuso lo stabilimento a Termini Imerese, l'Eni quello di Gela, Almaviva il call center a Palermo e decine di piccole e medie imprese artigianali e commerciali, spesso a conduzione familiare, vessate da tasse ed imposizioni locali (Imu e Tasi), stanno ristrutturando o chiudendo l'attività produttiva lasciando senza occupazione decine di migliaia di lavoratori, ma tutto questo non basta per porre al centro dell'attenzione politica nazionale la 'Questione meridionale'
Il Sud è stato abbandonato a se stesso e con esso i lavoratori meridionali. I politici e gli imprenditori italiani dovrebbero ricordare che senza la ripresa dell’economia del Mezzogiorno non potrà esserci sviluppo e soprattutto, come scriveva John Lennon nel 1969, il ‘Lavoro è vita e senza quello esiste solo paura e insicurezza’. Ed è questa la difficile situazione in cui si trovano, oggi, i disoccupati in Sicilia e nel Sud Italia. 

sabato 19 marzo 2016

Don Pino si voltò, sorrise ai suoi assassini e disse: ‘Me l’aspettavo’

La XXI edizione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie quest'anno si svolgerà a Messina sul tema ‘Punti di memoria, luoghi di impegno’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Don Pino Puglisi
Lunedì prossimo, in diverse città saranno letti i nomi delle vittime innocenti delle mafie. Il primo nome dell’elenco, che comprende oltre novecento vittime, è quello di Emanuele Notarbartolo, ucciso a Termini Imerese il 1° febbraio del 1893 e termina con Domenico Martimucci, calciatore dell’Acd Castellaneta, morto, dopo cinque mesi di agonia, a seguito di un attentato dinamitardo alla sala giochi Green Table di Altamura, in provincia di Bari.
Giuseppe Di Matteo in una foto scatta durante la prigionia
(ansa.it)
Tra le tante vittime innocenti c’è Giuseppe Di Matteo, ucciso per ‘tappare’ la bocca al padre Santino che aveva fatto i nomi degli autori della strage di Capaci. Il piccolo Giuseppe fu rapito il 23 novembre del 1993 mentre si trovava al maneggio di Altofonte. Secondo le deposizioni fatte da Gaspare  Spatuzza, che prese parte al rapimento, i sequestratori travestiti da carabinieri convinsero il piccolo Giuseppe a seguirli con la promessa che avrebbe rivisto il padre che, per la sua collaborazione, era sotto protezione. ‘Agli occhi del bambino – ha dichiarato il pentito - siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi’. 
Logo Giornata in ricordo delle vittime della mafia
Libera - 21 marzo 2016
Il rapimento, durato 779 giorni, era finalizzato a spingere Santino Di Matteo a ritrattare le sue dichiarazioni sulla strage di Capaci e sull’uccisione di Ignazio Salvo. Il pentito non si piegò al ricatto e continuò la sua collaborazione con le autorità giudiziarie. L’11 gennaio del 1996, su ordine di Giovanni Brusca, il piccolo Di Matteo, che allora aveva appena 15 anni, fu ucciso e poi sciolto nell’acido
Il 15 settembre del 1993, giorno del suo 56° compleanno, don Pino Puglisi intorno alle 22,45 era appena sceso dalla sua Fiat Uno bianca e si stava avvicinando al portone di casa quando qualcuno lo chiamò, lui si voltò, sorrise ai suoi assassini e disse: ‘Me l’aspettavo’, subito dopo Salvatore Grigoli, killer della mafia gli sparò un colpo alla nuca. 
Un uomo di fede se ne andato così, senza nessun timore verso chi, accecato dall’odio, ha sparato senza esitazione. Don Pino era un uomo mite, ed è morto per la sua testardaggine a credere che un’altra Sicilia sia possibile e che l’amore e la giustizia prima o poi trionferanno. Un ‘Santo’ che forse i siciliani non meritano di avere.

sabato 12 marzo 2016

Istat: crollo delle esportazioni in Sicilia

Secondo l’Istat le esportazioni sono cresciute nel 2015 del 3,8% con un incremento diffuso su tutto il territorio nazionale ad eccezione delle isole che hanno fatto registrare un calo del 7,3%

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Le esportazioni, nel 2015, sono diminuite verso la Russia, ma sono in forte espansione quelle verso gli Stati Uniti. L’Italia meridionale ha evidenziato la crescita più rilevante con il +10,2%, seguita dalle regioni del Nord–Est con il +4,7%, da quelle Centrali con il +4,0% e del Nord-Ovest con il +2,7%. 
La regione che ha contribuito maggiormente all’espansione del commercio con l'estero è la Basilicata (+145,7%), seguita dal Lazio (+9,2%), dal Piemonte (+7,0%), dal Veneto (+5,3%), dall’Emilia-Romagna (+4,4%) e dalla Lombardia (+1,5%). All’ultimo posto della classifica c’è la Sicilia che ha fatto registrare un calo del -12,4%, seguita dalla Liguria con -4,2% e dalle Marche con -2,3%.
L’aumento delle esportazioni della Basilicata e del Piemonte è dovuto principalmente alla vendita di autoveicoli, e di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici per il Lazio. Invece, il calo registrato in Sicilia è stato determinato soprattutto dalla contrazione della vendita di prodotti petroliferi.
Le province che hanno sostenuto maggiormente le vendite sono state Torino, Potenza, Latina, Vicenza, Firenze e Bologna, mentre hanno fatto registrare un calo Siracusa, Pavia, Genova e Livorno.
Il trend è migliorato nell’ultimo trimestre dello scorso anno con una crescita del 2,1% nelle regioni meridionali ed insulari, del 2,0% in quelle del Nord-Est, dell’1,0% nel Nord-Ovest e del 0,9% al Centro.

sabato 5 marzo 2016

L’Ars approva la finanziaria, ma è un'altra occasione persa

La manovra finanziaria prevede tagli di spesa per 400 milioni di euro e ne congela altri 500 milioni che saranno svincolati solo a conclusione della trattativa con lo Stato in materia di entrate fiscali

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il primo obiettivo della legge di Stabilità 2016, approvata dall’Ars il 2 marzo scorso dopo oltre due mesi di esercizio provvisorio, doveva essere quello di affrontare la grave situazione finanziaria del bilancio della Regione. L’equilibrio tra entrate ed uscite è stato garantito solo grazie al contributo nazionale una tantum di 1,4 miliardi di euro, dei quali 900 milioni sono previsti nella legge di Stabilità ed altri 500 milioni sono stati promessi ed arriveranno soltanto a certe condizioni, come il taglio della spesa improduttiva.
Rimane, quindi, irrisolta la questione del rapporto tra Stato e Regione in materia finanziaria e tributaria. La soluzione di questo contenzioso è dirimente per porre in essere le strategie necessarie per mettere la Regione al sicuro dal rischio del default.
La finanziaria approvata dall’Ars con 49 voti a favore, 21 contrari e 3 astenuti non realizza gli obiettivi prefissati. Il problema principale del bilancio della regione Sicilia è che l’84% della risorse, che complessivamente ammontano a 22 miliardi di euro, sono destinate alla spesa corrente. Mancano invece finanziamenti adeguati ed una strategia coerente per favorire la ripresa economica. Essi potevano essere attivati con la riorganizzazione della macchina amministrativa regionale e con i tagli alla spesa improduttiva. Ma così non è stato. La legge di Stabilità deliberata dall’Assemblea regionale siciliana è, nella sostanza, un’altra occasione persa.
Tra le novità positive, oltre all’abolizione della famigerata tabella H che prevedeva i contributi a pioggia per enti ed associazioni, l’assunzione nella pubblica amministrazione di nove testimoni di giustizia e lo stanziamento di 80 milioni di euro che saranno utilizzati per i Cantieri di lavoro nei Comuni ed Enti di culto. I fondi potranno essere utilizzati per avviare al lavoro disoccupati anche nel settore della raccolta differenziata porta a porta.
Per finanziare politiche di sviluppo ai siciliani non resta che sperare nel buon utilizzo dei fondi strutturali europei, nel fondo di sviluppo e coesione nazionale e nei PAC 2014-2020. 

giovedì 3 marzo 2016

Renzi: ‘Il Ponte sullo Stretto si farà’

Il presidente Consiglio, Matteo Renzi, promette, come fece Silvio Berlusconi nel 2001, la costruzione del Ponte sullo Stretto, ma sarà #lavoltabuona?

Silvio Berlusconi
‘Sicuramente il Ponte sullo Stretto verrà fatto prima o poi. L’importante è che portiamo a casa i risultati di opere incompiute perché qui ci sono solo quelli che pensano di arrivare e portare a casa progetti faraonici’, a dirlo ad Isoradio è il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ed ancora: ‘bisognerà capire costi e tempi’, ma ‘prima devono finire i lavori sulle strade in Sicilia e Calabria’.
Lo Stretto di Messina
Il presidente del Consiglio promette, quindi, il completamento delle opere incompiute e, in futuro non troppo lontano, la costruzione del Ponte. Sono gli stessi impegni che prese nel 2001 l’allora premier Silvio Berlusconi, ma, ora, sarà #lavoltabuna?
‘In Sicilia vanno rimesse a posto strade e ferrovie. Se non uniamo Palermo, Catania e Messina di che parliamo?’ sottolinea Renzi ed aggiunge: ‘In alcuni momenti è stata impercorribile al suo interno ed è indecente per una regione così bella. In prospettiva personalmente non ho niente contro il Ponte, anzi lo ritengo utile, l’importante è capire tempistica, costi, collegamento e quando ci sarà dovrà essere per i treni. Dovrà essere un pezzo della struttura di Alta velocità del Paese. Perché abbiamo la struttura ad Alta velocità migliore al mondo’ e, conclude il Premier, ‘ora bisogna andare da Napoli a Bari e da Napoli a Reggio Calabria e, in prospettiva, anche a Palermo’.