domenica 30 aprile 2017

Matteo Renzi e la vittoria di Pirro

L’ex sindaco di Firenze ‘trionfa’ nelle primarie del Partito democratico, ma la sua leadership ne esce notevolmente indebolita 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da tuttoggi.info
La rapida ascesa politica di Matteo Renzi aveva suscitato, nel 2013, molte aspettative sulla possibilità di rinnovare la classe dirigente italiana. Dopo i disastri del ventennio berlusconiano un cambiamento era inevitabile. Inoltre, il parziale risanamento del bilancio pubblico operato con ‘rigore’ dal governo di unità nazionale di Mario Monti esigeva un cambio di marcia. Renzi ha rappresentato questa speranza di cambiamento.
Pier Luigi Bersani - (foto da il sussidiario.net)
Il successivo processo di ‘rottamazione’ non ha prodotto i frutti che gli elettori del Centrosinistra si aspettavano, anzi esso è risultato parziale e, per certi aspetti, controproducente. Per i ‘renziani’ il principale problema dell’Italia non era la Destra berlusconiana, leghista o grillina, ma la Sinistra radicale rappresentata da Massimo D’Alema, Enrico Letta, Pier Luigi Bersani, Stefano Fassina, Roberto Speranza, Pippo Civati, oltre che da milioni di cittadini che hanno creduto nel cambiamento. La confusione tra la naturale e legittima esigenza di rinnovamento della leadership con il ribaltamento delle politiche economiche e sociali è stato un errore grave. Il Pd sta realizzando il programma elettorale di Forza Italia. Le leggi sul mercato del lavoro, sulla buona scuola e la sconfitta al referendum costituzionale, hanno disilluso molti elettori progressisti.  Da qui il calo di consensi e le continue defezioni alla sinistra del partito.
Matteo Renzi 
Le primarie ‘azzoppate’ sono un altro segnale del calo di popolarità dell’ex premier. Il maldestro tentativo di apparire diverso dagli ‘altri’ politici (‘quelli che restano attaccati alla poltrona’) fatto con le dimissioni da segretario e successivamente da premier è apparso strumentale. La ‘trionfale’ affermazione nelle primarie del Pd potrebbe trasformasi in una rivincita estemporanea, la classica vittoria di Pirro. La Democrazia cristiana 2.0 di Matteo Renzi deve, infatti, fare i conti con le elezioni politiche del prossimo anno. Molto dipenderà dalla legge elettorale che, per inciso, ancora non è stata discussa dal Parlamento. Gli impedimenti ad un ritorno a Palazzo Chigi sono sostanzialmente due. Una ‘consistente’ vittoria del M5s o un ricompattamento del Centrodestra. Matteo Renzi opererà affinché queste ipotesi non si realizzino. L’obiettivo finale è un accordo post elettorale con Forza Italia o di quello che ne rimarrà. Le ambizioni politiche del neo segretario passano, quindi, per una sconfitta elettorale della Sinistra con la concomitante mantenuta del Pd e dei centristi. A quel punto un ritorno al patto del Nazareno sarebbe inevitabile, anche se, stavolta, il prezzo da pagare sarebbe più alto, almeno per gli italiani. 



venerdì 28 aprile 2017

Il dottor Stranamore ed il suo gemello coreano

Donald Trump, presidente degli Usa e Kim Jong-un, leader della Corea del Nord, minacciano guerre e bombardamenti con armi atomiche come i bizzarri personaggi del film ‘Il dottor Stranamore’ 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il dottor Stranamore interpretato da Peter Sellers
(foto da wikipedia.org)
I più anziani ricorderanno con piacere il film cult di Stanley Kubrick uscito nel 1964. La pellicola, il cui titolo completo è ‘Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba’, narra la storia del generale dell’esercito americano Jack D. Ripper comandante della base militare di Burpelson e della sua folle idea di dare esecuzione al piano ‘R’, cioè di bombardare con ordigni atomici una base dell’Unione Sovietica. Quando il presunto attacco russo si rivelerà un falso e il presidente degli Stati Uniti revocherà l’ordine di ritorsione, il comandante del bombardiere, il maggiore T. J. ’King Kong’, che inizialmente aveva accolto la disposizione con scetticismo, si rifiuterà di interrompere l’attacco e deciderà, sostenuto dal generale Ripper, di proseguire con l’attacco atomico.
Donald Trump e Kim Jong-un
(foto da liberoquotidiano.it)
Il presidente americano, vista l’impossibilità ad interrompere l’operazione, ordinerà, inutilmente, di abbattere l’aereo. Intanto, a causa di un guasto al portellone, il maggiore ‘King Kong’ pur di portare a termine il bombardamento deciderà di azionare manualmente l’apertura bloccata, ma rimarrà a cavalcioni della bomba e cadrà ‘insieme all’ordigno urlando di gioia, agitando il suo cappello da cowboy come se stesse a cavallo di uno stallone ad un rodeo’. Nella scena finale del film il dottor Stranamore, di fronte al disastro atomico, proporrà di mantenere viva la nazione nelle viscere di una miniera in attesa della cessazione dell’effetto delle radiazioni nucleari, ovviamente con l’obiettivo di riorganizzarsi per preparare la guerra futura.
Il neo-presidente degli Usa, Donald Trump, non ha il cappello da cowboy del maggiore T. J. 'King Kong' e non porta gli occhiali neri del dottor Stranamore, ma la sua decisione di bombardare una base dell’Isis con la bomba non atomica più grande al mondo e le ripetute minacce di un intervento militare in Corea del Nord, ricordano le paradossali vicende narrate nel film di Kubrick.
Portaerei cinese (foto da adnkronos.com)
Non è da meno il leader coreano Kim Jong-un, che, in risposta alle iniziative politiche e militari della nuova amministrazione Usa, ha minacciato una guerra nucleare. Il dittatore ‘bambino’ ha già dimostrato di essere uno spietato assassino, tanto da rendere quasi incredibili alcune sue decisioni. Ha imposto, ad esempio, a tutti i suoi cittadini l’obbligo di portare il suo stesso taglio di capelli, ha indetto le elezioni presidenziali anche se era lui l’unico candidato. Ed ancora, è stato eletto miglior uomo vestito della Corea del Nord, ha fatto sbranare da 120 cani affamati suo zio Jang Song-Thaek perché ritenuto colpevole di un tentativo di colpo di Stato, ha vietato il consumo di merendine al cioccolato perché prodotte in Corea del Sud, ha bacchettato i meteorologi perché hanno sbagliato le previsioni, ha giustiziato il suo ministro della difesa Hyon Yong-chol perché si era addormentato durante un evento militare.
La minaccia di un conflitto atomico reiterata dai due ‘gemelli’ Stranamore non è solo un rifacimento, talaltro poco serio, del film cult degli anni Sessanta. La possibilità che scoppi una guerra nucleare è oggi più probabile che in passato. Agli uomini di buona volontà non rimane che incrociare le dita e sperare di non vivere in diretta le insensate vicende narrate nel film di Kubrick.


venerdì 14 aprile 2017

Reddito di inclusione sociale per metà dei poveri e gli altri?

Firmato a Palazzo Chigi il Memorandum d’intesa sul Reddito di inclusione. I decreti attuativi saranno approvati entro aprile e riguarderanno circa due milioni di persone, ma gli italiani che vivono in condizioni di povertà assoluta sono molti di più

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da secondowelfare.it
‘Oggi è un primo risultato ma è la prima volta che l'Italia si dota di uno strumento universale’, ha dichiarato il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. ‘La crisi – ha sottolineato il Premier - che abbiamo attraversato, la più grave dal dopo-guerra, ci ha lasciato un incremento della povertà, ci sono 1,5 milioni di famiglie povere. Chi governa deve riconoscere il problema e tra i meriti dell'Alleanza c'è il merito di aver alimentato un atteggiamento esigente verso questo problema’.
Per Susanna Camusso, segretaria della Cgil, il reddito di inclusione è ‘un passo importante anche sul piano del metodo: quello di riconoscere l’Alleanza contro la povertà che da anni sta proponendo una scelta sul tema inclusione e non solo sussidi. Si tratta di una scelta per uscire davvero dalla trappola della povertà, per costruire processi di inclusione e di lavoro che sono poi quelli fondamentali per avere una prospettiva di vita. Certo, le risorse sono ancora insufficienti (2 miliardi di euro) a determinare che questo sia un processo universale, ma intanto pensiamo di aver messo la prima pietra’. 
Mensa dei poveri (Foto da cislbrescia.it)
Secondo l’Istat gli italiani poveri sono oltre 4 milioni e 598 mila individui. La misura prevista dal Governo riguarderà meno della metà delle famiglie indigenti. Pertanto, se non ci sarà un incremento delle risorse finanziarie una parte consistente di bisognosi continuerà a vivere in condizioni di povertà assoluta.  Il risultato sarà paradossale: anche tra gli ‘ultimi’ si creerà una condizione di disuguaglianza. Poveri che beneficeranno del Reis (Reddito d’inclusione sociale) e poveri che, invece, continueranno a vivere in una condizione d’indigenza economica e sociale.
Per accedere al beneficio monetario bisognerà non avere un reddito ISEE (Indicatore di situazione economica equivalente) superiore ai 6 mila euro, maggiore a quello previsto per il Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) stabilito a 3 mila euro. L’importo del Reis sarà calcolato sulla differenza tra il reddito disponibile e la soglia di riferimento ISR (indicatore della situazione reddituale) che è la parte reddituale dell’Isee. Ad esso verranno sottratte le somme delle altre misure assistenziali percepite dal nucleo familiare, ad eccezione dell’indennità di accompagnamento. Nel decreto legislativo sarà prevista una struttura nazionale permanente di affiancamento alle amministrazioni territoriali per garantire un’applicazione uniforme del Reis.

sabato 8 aprile 2017

L’insopportabile demagogia della Corte dei Conti sul cuneo fiscale

Ridurre il cuneo fiscale ed il debito pubblico, a sostenerlo è la magistrature contabile, ma non spiega come questo debba avvenire ed a spesa di chi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da ansa.it
Nel Rapporto 2017 sulla finanza pubblica la Corte dei Conti afferma che il cuneo fiscale in Italia è ‘di ben 10 punti’ superiore a quello che si registra mediamente in Europa. Il 49% della busta paga viene trattenuto ‘a titolo di contributi e di imposte’. I magistrati della Corte denunciano l’esigenza di ridurre la pressione fiscale in quanto ‘un’esposizione tributaria tanto marcata non aiuta il contrasto all’economia sommersa e alla lotta all’evasione’.
‘L’andamento dell’economia italiana – sottolinea la Corte – sembra aver segnato un’inversione di marcia verso un’espansione meno fragile e più qualitativa’. Nello stesso tempo si ribadisce che il risanamento finanziario è, per il nostro Paese, ‘più faticoso anche se necessario considerato il maggior livello del debito. Occorre quindi – secondo il Rapporto – porre il debito su un sentiero discendente, non troppo ripido ma costante, procedendo speditamente alle azioni di riforme strutturali per sostenere la crescita e migliorare, anche sotto questo profilo, le condizioni di sostenibilità della finanza pubblica’.
L'incipit de 'Il Gattopardo'
(foto da wikipedia.org)
Sono decenni che si discute del cuneo fiscale e della necessità di ridurlo, ma si evita di dire con quali risorse finanziarie questo debba avvenire. La Corte dei Conti sottolinea anche la necessità di ridurre il debito pubblico, ma non dice come, perché? Le misure da prendere sarebbero impopolari e di conseguenza nessuno ne parla, nessuno ne indica i relativi provvedimenti. Per diminuire il cuneo fiscale ed il debito pubblico occorre ridistribuire la ricchezza oppure tagliare la spesa pubblica, vale a dire meno pensioni, meno scuola pubblica, meno assistenza sanitaria, meno sprechi e regalie a cominciare dai privilegi e dagli stipendi d’oro degli stessi magistrati della Corte dei Conti.
Quello che si legge nel Rapporto è, quindi, l’ennesima enunciazione demagogica di chi afferma cosa è opportuno fare, ma non spiega i sacrifici che sono necessari per realizzare quell’obiettivo. Allora è meglio non dirlo oppure far finta di ‘cambiare tutto per non cambiare niente’ come scriveva nel 1958 Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne ‘Il Gattopardo’.

mercoledì 5 aprile 2017

L’antidumping di Donad Trump

La nuova amministrazione americana di Donald Trump si accinge ad adottare politiche economiche protezionistiche. E’ una svolta storica o sono solo annunci?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Donald Trump
(foto da ilsole24ore.com)
L’economia capitalistica americana, la più grande al mondo, si fonda sul liberalismo e sul libero commercio. Il nuovo presidente, Donald Trump, invece intende adottare politiche economiche stataliste che limitano la libera concorrenza e la libera circolazione di persone e merci. Al di là degli annunci quello che il leader americano intende realizzare è un cambio radicale delle politiche economiche rispetto a quelle adottate dalla precedente amministrazione di Barak Obama.
Foto da corriere.it
Il dumping è una tipica tecnica di marketing utilizzata dalle imprese per entrare in un nuovo mercato. Nel breve periodo esse praticano prezzi concorrenziali, vendono cioè i loro prodotti sottocosto. I guadagni sono rinviati al medio - lungo periodo, quando cioè le aziende saranno entrate stabilmente nel nuovo mercato. Questa strategia di vendita è utilizzata dalle imprese americane che operano in Europa, in Cina, ecc. Lo stesso stanno facendo le aziende del Vecchio continente negli Stati Uniti d’America. Spesso si tratta di merci di grande qualità, difficili da riprodurre, come i prodotti alimentari italiani, della grande moda francese o delle auto tedesche.
Nello stesso tempo non c’è un paese al mondo dove non si vendono i prodotti americani, la Coca Cola, le Jeep, gli hardware o i software ideati da Microsoft o da Google, Amazon, per non citare le produzioni cinematografiche o la vendita di armi da guerra, ecc… Il mondo è invaso dai prodotti Usa e la libera circolazione di persone e merci ha creato sviluppo e ricchezza in tutto il mondo eppure questo non basta, la nuova amministrazione vuole ridurre le importazioni negli Usa con i dazi doganali. Una limitazione alla libera concorrenza e ai principi fondamentali del sistema economico capitalistico, perché?
Beppe Grillo
(foto da politica.diariodelweb.it)
Le politiche populiste hanno la loro ragion d’essere sulla difesa dei localismi. La Brexit in Gran Bretagna, l’elezione alla Casa Bianca del magnate americano, l’ascesa di Marine Le Pen in Francia o della Lega e del M5s in Italia, ecc… si fondano sulla difesa di privilegi nazionalistici acquisiti anche con le politiche economiche liberiste. Si dimentica che questi principi hanno portato, nel secolo scorso, a conflitti e crisi economiche ed hanno causato miseria e guerre.
L’antidumping di Donald Trump è quindi uno strumento che potrà portare nel breve periodo benefici limitati, ma che nel medio termine determinerà conflitti ed incertezze tali da provocare gravi crisi economiche.
Inoltre, la globalizzazione propugnata dalle stesse multinazionali americane è un fenomeno così dirompente che non potrà essere fermata dai dazi doganali o da altri limiti alle importazioni che il presidente Usa vuole imporre, l’unica conseguenza sarà l’isolamento e di conseguenza il relativo impoverimento dell’economia più potente del mondo. Tutto questo per appagare le ambizioni politiche di un solo uomo: Donald Trump.