domenica 6 agosto 2017

Dovrebbe andare in pensione invece sarà assunta dal Miur, in Italia succede anche questo

La speranza è proprio l’ultima a morire avrà pensato Bernarda Di Miceli quando ha ricevuto la notizia che sarebbe stata immessa in ruolo con l’inizio del nuovo anno scolastico

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Bernarda Di Miceli - (foto da repubblica.it)
La docente palermitana è una dei pochi precari della Sicilia (5% del totale) sui cinquantuno mila previsti dal ministero che quest’anno saranno immessi in ruolo. L’insegnante di scuola primaria firmerà la prossima settimana presso la sede dell’Ufficio scolastico provinciale il contratto a tempo indeterminato come docente dell’istituto Pio la Torre di Palermo. La particolarità della notizia sta nel fatto che Bernarda Di Miceli pur avendo l’età (69 anni e sei mesi) per andare in pensione (l’età minima è 66 anni e 7 mesi) non può farlo in quanto non ha ancora maturato i requisiti minimi previsti dalla legge, cioè non ha ancora versato 20 anni di contributi previdenziali. Nella sua carriera lavorativa iniziata negli anni Settanta la neo assunta a tempo indeterminato, come tanti altri suoi colleghi, ha sempre lavorato con incarichi annuali o supplenze brevi. Nel 2014 depennata per limiti di età dalla graduatoria provinciale, ha vinto il ricorso fatto su insistenza della figlia che svolge la professione di avvocato, ora reinserita ha diritto all’assunzione. Tuttavia, Bernarda Di Miceli per raggiungere i requisiti minimi contributivi per la pensione di vecchiaia sarà costretta a lavorare fino all’età di 70 anni e 7 mesi, cioè fino al febbraio del 2018.
Foto da palermo.repubblica.it
La vicenda dimostra, oltre alle ‘astrusità’ delle modalità di reclutamento della scuola italiana, l’inadeguatezza del sistema economico e produttivo del nostro Paese. Nelle regioni meridionali il lavoro è una chimera per molti e spesso ci si accontenta anche di occupazioni precarie e superflessibili come sono diventate quelle dei docenti e dei collaboratori Ata della scuola. In particolare i laureati, non potendo sfruttare le competenze acquisite, sono costretti ad emigrare, al Sud restano i meno istruiti, in particolare i cosiddetti Neet, cioè coloro che non lavorano e non studiano. A segnalare questa ‘novità sociale’ sono quasi tutte le indagine statistiche pubblicate negli ultimi anni. Il Mezzogiorno è entrato in un circolo vizioso, nel senso che con le risorse umane migliori costrette ad emigrare le inefficienze nell’apparato politico ed istituzionale inevitabilmente si accentueranno e di conseguenza aumenteranno i ritardi nello sviluppo della struttura economica e produttiva. Il sistema Italia continuerà così a creare ingiustizie e privilegi, soprattutto territoriali tra il Nord e il Sud del paese. Cosa aspettano i responsabili della classe dirigente e politica nazionale ad affrontare la questione occupazionale ed in particolare la Questione meridionale? 

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