martedì 31 ottobre 2017

Elezioni in Sicilia, vademecum per gli elettori indecisi

Il 5 novembre si terranno in Sicilia le elezioni per eleggere il nuovo Governatore e per rinnovare il Consiglio regionale, i candidati alla presidenza sono cinque ed il loro primo compito è quello di riportare i siciliani al voto

di Giovanni Pulvino (@PulvinioGiovanni)

Foto da elezionisicilia.net
Cinque anni fa vinse Rosario Crocetta che ottenne il 30,50%, cioè il 14,46% degli aventi diritto al voto. L’esponente del Pd ha governato senza avere una maggioranza certa e coesa nell’Assemblea regionale. Oggi ha il consenso di oltre il 70% dei siciliani, ma nonostante cioè il suo partito ha deciso di non ricandidarlo. Nel 2012 gli astenuti furono il 52,58%. La prima sfida che devono affrontare i candidati ed i partiti è pertanto quella di riportare i siciliani al voto. Con la nuova legge elettorale i deputati che saranno eletti si ridurranno da 90 a 70. Il sistema è misto a turno unico. Da 62 a 68 deputati saranno eletti con il sistema proporzionale su base provinciale con voto disgiunto e con sbarramento al 5% per ogni singola lista. Da 1 a 7 (tra cui il nuovo presidente) verranno eletti con una lista regionale come premio al candidato presidente più votato (listino del presidente), un seggio sarà attribuito al candidato governatore secondo classificato. E’ eletto presidente della Regione chi ottiene più voti. Per avere la maggioranza nell’Assemblea regionale occorreranno 36 deputati, cioè il 46% dei voti se consideriamo anche i seggi del listino. Gli ultimi sondaggi confermano che con questo sistema elettorale nessuna lista potrà raggiungere la maggioranza all’Ars, pertanto, com’è già avvenuto nella passata legislatura, un accordo post elezioni sarà inevitabile.
I candidati alla presidenza inizialmente erano otto, ma la Corte d’appello di Palermo ne ha esclusi tre: Pierluigi Reale (CasaPund Italia), Franco Busalacchi (Noi Siciliani) e Piera Maria Loicano (Lista civica per il lavoro). A contendersi la carica di governatore rimangono in cinque, ecco chi sono.
Giancarlo Cancelleri - (foto da giancarlocancelleri.it)
Cancelleri Giancarlo che è sostenuto dal Movimento 5 stelle. E' già stato candidato presidente nell’elezione del 2012, in quell’occasione ottenne il 18,17% dei consensi. Attualmente è deputato all’Ars. Ha iniziato la carriera politica nel 2007 contribuendo alla nascita dei ‘Grillini nisseni’. L’8 settembre di quell’anno è stato tra gli organizzatori del V-Day svoltisi nella sua città, Caltanissetta. I punti principali del suo programma sono: ’Lavoro, sanità e infrastrutture. Rimetteremo la Sicilia al lavoro investendo 1 miliardo di euro in 5 anni per il lavoro e le imprese, un impegno per l'occupazione ed il futuro dei nostri figli. Ho parlato con imprenditori e lavoratori che apprezzano il nostro progetto. Ma la cosa più importante è la sanità che va riformata completamente perché è allo sfascio assoluto. Non è umano attendere mesi o anni per una visita o un esame. I tempi certi saranno garantiti, altrimenti la Regione pagherà ai cittadini la visita o l'esame dai privati. Non esiste indebitarsi per la propria salute, o quella dei propri familiari. È un impegno’. I sondaggi lo danno intorno al 30% dei voti ed è il principale avversario di Nello Musumeci.
Claudio Fava - (foto da gds.it)
Fava Claudio è il candidato della Sinistra ed è sostenuto dalla lista ‘Cento passi per la Sicilia’, nome che richiama il film sulla vita di Peppino Impastato di cui Fava è stato sceneggiatore insieme a Monica Zappelli e Marco Tullio Giordana. Giornalista dal 1982 ha iniziato la sua professione collaborando con il giornale ‘I Siciliani’ fondato dal padre Giuseppe, assassinato dalla mafia catanese il 5 gennaio del 1984. Successivamente ha lavorato con diverse testate giornalistiche nazionali e con la Rai. E’ stato eletto al Parlamento europeo nel 1999 e nel 2004 con la lista dei Democratici di Sinistra. Nel 2013 ha ottenuto il seggio di deputato al Parlamento nazionale con la lista Sinistra Ecologia e Libertà. Il 28 febbraio ha aderito al gruppo parlamentare di Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista. La sua candidatura è sostenuta oltreché dal suo partito da Rifondazione Comunista, Possibile e Verdi. ‘Metteremo in campo tutta la nostra capacità e determinazione nell’abbattere le disuguaglianze sociali che ancora oggi affliggono tante, troppo famiglie siciliane. Vogliamo scardinare l'idea del votare il 'meno peggio', che è l'idea che ha massacrato la Sicilia. Siamo qui per competere fino all'ultimo giorno della campagna elettorale e non per un piazzamento d'onore. A chi continua a cercare i voti a casa degli altri, rispondiamo che l'unico voto utile in Sicilia è il voto libero, il vostro voto libero’. I sondaggi lo danno tra l’8 ed il 12 per cento dei voti.
Roberto La Rosa - (foto da gds.it)
La Rosa Roberto è sostenuto dalla lista ‘Siciliani Liberi’. Ecco cosa ha detto ospite in un forum organizzato dall’Ansa: ‘Fa male che i giornalisti considerino l'autonomia anacronistica per la Sicilia ma attuale per il Veneto e Lombardia. L'autonomia è stata una ricchezza per il Trentino, per il Friuli, ma quale partito a Sala d'Ercole ha difeso il popolo siciliano e attuato lo Statuto?. I partiti in 70 anni di autonomia hanno attuato lo Statuto per le indennità parlamentari che sono equiparate a quelle del Senato. Il nostro interesse è il popolo siciliano. Noi ci rivolgiamo al partito del non voto. Non vogliamo un referendum per l'indipendenza della Sicilia dall'Italia, ma rivendichiamo l'indipendenza economica della Sicilia chiedendo l'attuazione degli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto siciliano. Siamo per la regionalizzazione dell'Agenzia delle entrate e per chiedere l'attuazione dello Statuto ci incateneremo davanti alle filiali siciliane dell'Agenzia per chiedere che non vada più un euro di tasse fuori dal Canale di Sicilia. Puntiamo alla realizzazione in Sicilia di una Zona economica speciale all'interno della quale la benzina dovrà costare, facendo leva sulla defiscalizzazione delle accise, 50 centesimi di euro. Questa misura darebbe fiato ai cittadini e alle imprese’. I sondaggi lo danno tra l’1 e il 2 per cento dei consensi
Fabrizio Micari - (foto da micaripresidente.it)
Micari Fabrizio è sostenuto dal Partito Democratico, Alternativa Popolare – Centristi per Micari, Partito dei Democratici per le Riforme – Sicilia Futura – PSI, Arcipelago Sicilia. Movimento dei Territori e dalla sua lista Micari Presidente. La sfida gentile. Rettore dell’Università di Palermo è un tecnico voluto fortemente dal sindaco del capoluogo siciliano Leoluca Orlando e dal ministro degli Esteri Angelino Alfano. ‘Il nostro essere persone perbene, capaci di presentare progetti e idee ci rende diversi e siamo orgogliosi di questo. Noi abbiamo le liste migliori fatte di persone con le carte in regola e non piene d’impresentabili come altrove. Noi vogliamo costruire una squadra, una regione, un governo con le carte in regola. Qui c'è onestà, competenza, progetti e una visione internazionale. Noi vogliamo un rapporto solido e forte con il governo nazionale molto attento alla Sicilia e al Sud’. Il candidato governatore del centrosinistra sì è detto anche ‘terrorizzato all'idea di un esecutivo di destra con Salvini, ma sono sicuro che, qui come a Roma, scongiureremo questo pericolo’. I sondaggi lo danno tra il 15 ed il 20 per cento dei consensi. 
Nello Musumeci - (foto da suspress.it)
Musumeci Nello è sostenuto da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Noi con Salvino – Alleanza per la Sicilia, Unione di Centro – Rete Democratica – Sicilia Vera, Popolari e Autonomisti e dalla sua lista #DiventeràBellissima – per la Sicilia. E' entrato in politica a 15 anni nelle file della ‘Giovane Italia’, organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano. E’ stato eletto consigliere comunale a venti anni e successivamente è diventato vicesindaco in una coalizione di centrodestra. E’ stato consigliere provinciale di Catania dal 1990 ed è stato eletto presidente della stessa provincia nel 1994. E' stato anche sottosegretario al Lavoro nel 2011, nell’ultimo governo di Silvio Berlusconi. Nelle elezioni regionali del 2012  ha ottenuto il 25,7% dei consensi e, nonostante la sconfitta, è stato eletto deputato all’Assemblea regionale. ‘Solo i siciliani possono cambiare la Sicilia. Il mio compito è di tirare fuori dal pantano questa terra dove vogliono continuare a vivere i miei figli e i miei nipoti. Se sarò eletto presidente vorrò solo fare il lavoro sporco, vorrò bonificare questa Regione’. I sondaggi lo danno tra il 35 ed il 38 per cento dei consensi.

Fonti: profili facebook dei candidati, wikipedia.org e ansa.it





martedì 24 ottobre 2017

I leghisti veneti e lombardi vogliono ‘affamare’ il Sud

Il tasso di disoccupazione nelle regioni del Nord è tornato ai livelli pre-crisi, il reddito pro-capite è il più alto del Paese, ma tutto questo non basta, i leghisti vogliono anche le 'briciole', quelle che finora hanno garantito un minimo di sviluppo economico anche al Sud  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Luca Zaia - (foto da wikipedia.org)
Il risultato del referendum consultivo che si è svolto domenica in Lombardia ed in Veneto era scontato. La richiesta di maggiore autonomia da parte delle regioni è prevista dall’articolo 116 della Costituzione, pertanto la consultazione voluta dalla Lega aveva solo finalità politiche ed è stata uno spreco di denaro pubblico. Il principale obiettivo dei veneti e dei lombardi erano e sono i soldi, sono le risorse tributarie che essi versano allo Stato. Il mezzo per raggiungere tale scopo è la riduzione della cosiddetta sperequazione fiscale, vale a dire della redistribuzione delle risorse che è alla base del principio di solidarietà sancito negli articoli 2 (‘dovere di solidarietà politica, economica e sociale’) e 53 (principio della capacità contributiva) della Costituzione. Chi vive nel benessere, dopo essersi arricchito utilizzando il Meridione come mercato di sbocco per i prodotti delle proprie imprese, ora vuole tutto, vuole ‘affamare’ il Sud.
Bandiera del Veneto - (foto da wikipedia.org)
Una terra dove le condizioni di povertà ed esclusione sociale di gran parte della popolazione non consentono di avere risorse finanziarie sufficienti per garantire i servizi pubblici essenziali. L’accusa di sprechi e di cattivo governo degli amministratori meridionali ripetuta con enfasi dai leghisti non sono sufficienti a spiegare il ritardo economico in cui versa da sempre il Mezzogiorno. Tante volte nel corso dei secoli i tentativi di emancipazione delle classi sociali più povere sono state represse nel sangue, basta ricordare la repressione fatta in Sicilia da Garibaldi nel 1860 e la strage di Portella della Ginestra nel 1947 o il controllo del territorio operato dalla mafia con il consenso implicito delle istituzioni pubbliche nazionali e locali. Inoltre, per il governatore Luca Zaia e soprattutto per tanti veneti e lombardi la richiesta di maggiore autonomia è solo un primo passaggio verso la secessione. L’Italia è ‘una e indivisibile’, sancisce l’articolo 5 della Costituzione. E’ quindi giuridicamente impossibile che l’eventuale ‘scissione’ possa avvenire pacificamente. Chi pensa diversamente si sbaglia. Di certo se dovesse venir meno il principio di solidarietà fiscale tra le regioni a chiedere la separazione dovrebbero essere i meridionali e non i leghisti veneti o lombardi.  

sabato 21 ottobre 2017

Ius soli, Delrio e lo #scioperodellafame

Lo Ius soli è una legge necessaria e di civiltà, ma rischia di diventare un’altra occasione per produrre ingiustizie e disuguaglianze

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da rischiocalcolato.it
Il ministro delle Infrastrutture ed altri esponenti del Partito democratico hanno aderito allo sciopero della fame per sensibilizzare i parlamentari sulla necessità di approvare la nuova legge sulla cittadinanza. L’iniziativa della ‘staffetta’ è partita nelle settimane scorse a seguito delle difficoltà che sta incontrando l’iter legislativo del disegno di legge sullo Ius soli. Attualmente in Italia vige il principio del diritto di sangue, la cittadinanza si acquisisce cioè solo se si è figli di cittadini italiani ovunque essi siano nati, mentre non la si ottiene per diritto di suolo. Questo significa che i figli d’immigrati che nascono in Italia sono stranieri anche se i loro genitori vivono e lavorano regolarmente nel nostro Paese. Questi ‘non italiani’ che sono cresciuti ed hanno studiato o studiano nelle nostre scuole e sono a tutti gli effetti emiliani, veneti, siciliani, ecc.. possono ottenere lo status di cittadini solo al compimento del diciottesimo anno di età. La nuova legge, che difficilmente sarà approvata dal Parlamento in questa legislatura, ridurrebbe i tempi per acquisire il diritto (Ius soli temperato) e consentirebbe ai bambini sotto i 12 anni giunti in Italia di ottenerlo anche se non sono nati nel nostro Paese (Ius soli culturae). La prima disposizione prevede, infatti, l’acquisizione della cittadinanza per diritto di suolo, ma solo dopo che i nati nel nostro Paese hanno compiuto un ciclo completo di studi e su richiesta del genitore o del tutore e con la possibilità di rinunciarvi al compimento della maggiore età. Nella seconda ipotesi invece è sufficiente che i bambini con età inferiore ai dodici anni svolgano un ciclo di studi completo, anche se essi non sono nati nel nostro Paese. Questa parte del disegno di legge è per certi aspetti incomprensibile. La cittadinanza potrà essere richiesta solo dopo un ciclo di studi completo, in pratica ad un’età vicina ai diciotto anni o poco prima, in sostanza è una procedura simile alla legge già in vigore. Allora non se ne comprende l’utilità, serve solo a complicare la normativa, a renderla facinorosa ed a dare una motivazione a coloro che sono contrari al disegno di legge.
Graziano Delrio (foto da liberoquotidiano.it)
I legislatori italiani hanno la cattiva abitudine di complicare le regole con distinguo e mediazioni che, spesso, rendono l’ordinamento giuridico astruso e di difficile interpretazione. Il risultato è una normativa ‘manipolabile’ che favorisce le ingiustizie e le disuguaglianze. Chi fa parte del Governo anziché fare scioperi di un giorno potrebbe impegnarsi di più e proporre una legge che introduca lo Ius soli (diritto di suolo) senza se e senza ma. Invece no, si preferisce compattare  la maggioranza parlamentare con irragionevoli mediazioni politiche, il cui risultato finale è quello di complicare le regole con contorte elaborazioni giuridiche e linguistiche. Il rischio, in questo caso, è di mettere nelle mani di persone senza scrupoli decine di migliaia di disperati disposti a tutto pur di ottenere un diploma o una certificazione professionale. Chi non ha la memoria corta ricorderà le inchieste sui ‘diplomifici’ e sulle malefatte di tante scuole private e regionali, forse è il caso di non ripeterci.  

sabato 14 ottobre 2017

‘Nel mondo 6 milioni di bambini muoiono ogni anno per cause facilmente curabili o prevedibili’

Ogni trentotto secondi un bambino sotto i cinque anni muore per malnutrizione, a sostenerlo è Save The Children 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da savethechildren.it
Nel mondo ogni anno muoiono di fame circa tre milioni di bambini, uno ogni trentotto secondi, ad affermarlo è l'associazione Save The Children. Circa cinquantadue milioni di minori soffrono della carenza di cibo, mentre 155 milioni sono ‘malnutriti cronici’ e rischiano gravi conseguenze fisiche e cognitive. Due minori su cinque vivono in stato di ‘povertà multidimensionale’, cioè sono esclusi dall’accesso al cibo, ai servizi igienico-sanitari e all’educazione. Nel Corno d’Africa e in Kenya sette milioni di bambini soffrono per la carenza d’acqua e di sostanze nutritive. Le principali cause della malnutrizione sono i conflitti ed i cambiamenti climatici. Nel 2016 le guerre e la fame hanno determinato la fuga di 65,6 milioni di persone e 122 milioni di bambini, che soffrono di denutrizione, vivono in zone di conflitti. Dal 1990 sono stati fatti importanti passi in avanti riducendo il numero di bambini che soffrono di malnutrizione cronica a 155 milioni, erano 254 milioni. Ma - sottolinea il comunicato dell’Onlus - l’obiettivo di eliminare il fenomeno entro il 2030 difficilmente potrà essere raggiunto. Ed è per questo che Save the Children ha lanciato, tramite i principali operatori telefonici, una campagna di raccolta fondi per sostenere i progetti dell’Associazione in Egitto, Etiopia, India, Malawi, Mozambico, Nepal e Somalia. Dal 12 ottobre al 5 novembre chiunque potrà contribuire inviando dai cellulari un SMS al numero 45544 dal valore di 2 euro o da 2 a 5 euro da rete fissa.

Fonte: savethecildren.it

giovedì 5 ottobre 2017

Donald Trump vuole abbassare le tasse ai ricchi, ma Destra e Sinistra non erano la stessa cosa?

‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’, Sofocle IV secolo a.C.

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Donald Trump (foto da wikipedia.org)
Negli anni Settanta coloro che affermavano che Destra e Sinistra fossero la stessa cosa venivano considerati dei ‘qualunquisti’ che al momento delle elezione votavano per la Democrazia cristiana o per un altro partito moderato. Oggi essi sostengono che non esistono più le ideologie, i partiti e gli interessi di classe, l’unico obiettivo da perseguire è per loro il bene dei ‘cittadini’, che è come dire che non ci sono più distinzioni economiche e sociali tra i lavoratori ed i dirigenti, i disoccupati e gli eredi di immense ricchezze, i proprietari dei mezzi di produzione ed i dipendenti. Insomma, si nega l’esistenza delle diverse categorie sociali e del conflitto che scaturisce dalle disuguaglianze.
Sofocle (foto da wikipedia.org)
Queste affermazioni sono frutto di scarsa cultura politica o, peggio, di studiati atteggiamenti propagandistici che hanno un solo scopo: ottenere maggiori consensi tra gli elettori meno attenti alle tematiche politiche e sociali. Gli operai dell’Ohio o dell’Alabama che hanno sostenuto e votato Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali di certo non lo hanno fatto perché volevano togliere le tutele sanitarie ai poveri o per attuare il taglio delle tasse ai ceti benestanti. La volontà di abolire o quantomeno limitare l’Obamacare, la proposta di ridurre le imposte ai ‘ricchi’, la difesa senza se e senza ma nella vendita di armi (senza ipotizzare cioè alcuna restrizione) e la politica estera aggressiva, sono ‘opzioni’ di Destra. Non è un caso che esse si contrappongano a quelle adottate da Barak Obama, un presidente ‘attento’ alle tematiche sociali. Le politiche che sta perseguendo Donald Trump dimostrano che essere dalla parte dei cittadini (nel nostro caso di quelli statunitensi) non facendo nessuna differenza tra chi vive nel benessere e chi invece fa fatica ad arrivare alla fine del mese o come, avviene in molte parti del mondo, muore di fame, è strumentale agli interessi di una precisa categoria sociale: i ricchi. Il populismo è l'ennesimo strumento che essi utilizzano per mantenere il potere e consolidare le differenze sociali.
La lotta di classe, quindi, è necessaria se si vogliono ridurre le disuguaglianze. Fino a quando ci saranno privilegi e divari nelle opportunità e nelle condizioni di vita dei diversi ceti sociali la distinzione tra chi agisce nell’esclusivo interesse personale e chi invece opera anche per quello altrui è destinata a durare nel tempo. Del resto, di fronte a chi muore di fame o semplicemente fugge dalla miseria e dai conflitti, come si fa a non condividere quello che nel IV secolo a.C. scrisse il poeta e drammaturgo greco Sofocle: ‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’.