sabato 29 dicembre 2018

A Motta d’Affermo la politica è al servizio dei cittadini

L'Assegno civico posto in essere dagli amministratori comunali di Motta d'Affermo con l'indennità di carica è una modalità di sostegno al reddito da imitare per il Reddito di cittadinanza

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Torremuzza, frazione del comune di Motta d'Affermo
In Italia, come ha certificato l’Istat, i poveri, quelli ‘veri’, sono tanti, soprattutto al Sud. Anche se essi dispongono di un reddito ‘insufficiente’ vivono, nella maggioranza dei casi, con dignità e quando svolgono un'attività lo fanno con serietà e senso del dovere.
Nella passata legislatura il governo di Paolo Gentiloni ha introdotto il Rei stanziando circa 2,9 miliardi di euro. Il provvedimento si è dimostrato insufficiente per risolvere il problema della povertà e dell’esclusione sociale, ma esso è comunque l’inizio di un percorso che potrà essere continuato ed integrato proficuamente con il Reddito di cittadinanza. Molto dipenderà dalle modalità di applicazione della nuova legge e se essa avrà come obiettivo la dignità del lavoro. A tale scopo può aiutare l’azione di sostegno al reddito avviata in un piccolo comune del profondo Sud: Motta d’Affermo.
Torremuzza, frazione di Motta d'Affermo
In questo paese dei Nebrodi gli amministratori hanno rinunciato all’indennità di carica, ripetendo quanto avevano già fatto in altre due precedenti legislature. Le risorse risparmiate dalle casse comunali sono ora utilizzate per coprire alcuni servizi erogati dall’Ente, tra questi la spesa relativa all’Assegno civico. All’inizio dell’anno l’Amministrazione comunale ha elaborato un piano di lavoro da affidare ai disoccupati. I lavoratori individuati con un’apposita graduatoria sono stati assegnati alla pulizia delle strade e alla sistemazione del verde. In tutto sono stati impiegati quattordici addetti. Ebbene da quando questi ‘precari’ sono stati assegnati a questo compito le strade sono pulite ed il verde pubblico è curato come non mai. La cifra che essi percepiscono non è nemmeno un quinto di quanto incassa un dipendente a tempo indeterminato ed il contratto che hanno sottoscritto è di breve durata, eppure svolgono il loro lavoro con serietà.
Qui, in questa piccola comunità (al Sud è assai più frequente di quanto si pensi), la politica è al servizio dei cittadini e questa storia è la migliore risposta a coloro che in modo superficiale ritengono che i meridionali non vogliono lavorare. I disoccupati, gli esclusi ed i precari del Sud non hanno bisogno di ‘assistenzialismo’, ma della dignità del lavoro e l’azione di politica sociale posta in essere a Motta d’Affermo ne è un esempio. Il governo Conte ed i due vice premier, Di Maio e Salvini, sapranno fare altrettanto con il Reddito di cittadinanza?

Fonte: comune.mottadaffermo.me.it


sabato 22 dicembre 2018

Vittorio Sgarbi, pensionato a sua insaputa

‘I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria’, art. 38 della Costituzione italiana 


di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Vittorio Sgarbi - (Foto dal profilo facebook)

‘La pensione è un’obbligazione che consiste in una rendita vitalizia o temporanea corrisposta ad una persona in base ad un rapporto giuridico con l’ente o la società che è obbligata a corrispondere per la tutela del rischio di longevità o di altri rischi (invalidità, inabilità, superstiti, ecc.)’. Essa è stata istituita verso la fine dell’Ottocento per garantire una vita dignitosa a chi non era più in grado di lavorare. Ma, negli ultimi cinquant’anni, è diventata un coacervo di ingiustizie e, in alcuni casi, è un modo per accrescere l’arricchimento personale.

Il primo intervento legislativo che in Europa ha introdotto il sistema pensionistico è del 1889 su iniziativa del cancelliere tedesco Otto Von Bismarck. Negli Usa il ‘primo assegno‘ per quiescenza è stato pagato solo ‘il 1 giugno del 1940 a Ida May Fuller’. Nel 1898, nasce in Italia la ‘fondazione della Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai’. L’iscrizione diventerà obbligatoria solo nel 1919. Nel 1933 l’Istituto prenderà il nome di Inps. La prima pensione sociale è stata erogata nel 1969.

Da allora è stato un susseguirsi di norme emanate per favorire l’accesso alla pensione. La legge più eclatante è stata quella relativa alle cosiddette pensioni baby che consentivano di andare in quiescenza dopo solo 14 anni, sei mesi ed un giorno di lavoro. Le riforme introdotte a partire dagli anni ’90 sono state approvate, invece, per ridurre la spesa pensionistica e per eliminare le storture esistenti, ma esse hanno finito per crearne di nuove. 

Oggi, la spesa complessiva per garantire le pensioni agli italiani ammonta a circa 270 miliardi di euro l’anno, vale a dire il 15% del Pil. Per gli uomini l’età minima per andare in quiescenza è di 66 anni e sette mesi. La pensione sociale è di circa 448 euro al mese che sale a circa 542 euro per coloro che hanno versato almeno 25 anni di contributi. Poi ci sono coloro che, invece, godono di un’indennità previdenziale ‘d’oro’, che va dai 5.000 ai 90.000 euro al mese.

E’ un sistema iniquo che nessuno riesce a riequilibrare. Di pochi giorni fa la notizia, passata quasi sotto silenzio, del pensionamento di Vittorio Sgarbi (66 anni). L’assurdità sta nel fatto che il deputato di Forza Italia e Sindaco di Sutri è in aspettativa dal 1985. La maggior parte dei suoi contributi previdenziali sono ‘figurativi’, cioè non versati, anche se valgono ai fini pensionistici. Ora percepirà un’indennità di quiescenza tra i 2.500 ed i 3.500 euro al mese. Sgarbi, che è stato condannato per assenteismo dal suo ufficio alla Sovrintendenza di Venezia, ha dichiarato al ilfattoquotidiano.it: ‘Ero sempre in aspettativa gratuita, non mi pagavano’. Ed ancora: ‘In effetti è incredibile. Primo: non l’ho chiesto, me l’hanno comunicato. Secondo: vado in pensione con la legge Fornero, ovvero le regole più severe per limite anagrafico’.

Il nostro è il Paese dove chi fa il furbo è premiato ed il sistema previdenziale è l’emblema delle ingiustizie. Con l'introduzione del calcolo contributivo e la prossima reintroduzione  delle pensioni di anzianità (quota 100), che consentiranno a tanti ma non a tutti di anticipare l’età pensionabile, le differenze e le iniquità tra i pensionati cresceranno.

Continueremo così ad avere pensionati con un’indennità di mezzo milione di euro lordi l’anno, pensionati baby (sono circa 800 mila coloro che percepiscono l’indennità da oltre 40 anni), pensionati con circa 448 euro al mese, pensioni di reversibilità anche a chi non ne ha bisogno, pensionati con due o più assegni previdenziali al mese, pensionati d’oro e pensionati che la pensione non la vedranno mai perché l’aspettativa di vita è una media ed è una probabilità statistica, e che, pertanto, questo è certo, non tutti arriveranno a 66 anni e sette mesi e comunque godranno dell’assegno di quiescenza per un periodo di anni inferiore rispetto a coloro che oggi sono in pensione.  

 

Fonte wikipedia.org

venerdì 14 dicembre 2018

Parco delle Madonie, ‘U Pagghiaru’ di Piano dei Cervi

Lungo il cammino di Piano dei Cervi, nel cuore delle Madonie, è possibile visitare ‘U Pagghiaru’, modesto ricovero utilizzato dai contadini e dai pastori ed ancora oggi da escursionisti ed amanti della natura

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Foto di Salvina Farinella
Il lavoro dei contadini e dei pastori inizia all’alba e termina al tramonto, vale a dire da ‘suli a suli’. Fino a pochi decenni fa per recarsi sul posto di lavoro spesso essi dovevano percorrere diversi chilometri, pertanto erano costretti a mettersi in cammino prima dell’alba e rientrare con il buio. 
Per evitare quei lunghi tragitti i madoniti si sono ingegnati. Nelle valli e nei boschi delle Madonie furono edificati i ‘pagghiari’, modesti ricoveri per la notte eretti con una struttura semplice. Quattro mura in pietra coperti con del pagliericcio. Essi erano utilizzati per brevi soggiorni dai contadini e dai pastori. Oggi sono adoperati dagli escursionisti che visitano il Parco e le valli delle Madonie.
Queste costruzioni ricordano le capanne costruite dai nostri antenati del paleolitico. A Piano dei Cervi è possibile vedere come esse venivano costruite. La memoria qui, tra questi monti, è ancora rievocabile, è ancora presente.
Ecco come descrive questo luogo incantato Matilde Caruso in palermoprime.it: ‘Nel cuore del Parco delle Madonie si nasconde, da una fitta vegetazione boschiva, Piano Cervi, un ambiente selvaggio, incontaminato, la foresta dell’ Abies Nebrodensis, abete in via d’estinzione e presente solo nelle Madonie. Di notte un tappeto di lucciole illumina la vegetazione, le volpi bussano alla porta della tenda degli escursionisti per rubare qualcosa da magiare e i cinghiali – suino nero siciliano – vagano per i boschi in cerca di ghiande prelibate. I cervi, animali che diedero origine al toponimo, si sono estinti, ma per fortuna il loro posto è stato occupato dai daini, che sono stati reintrodotti nella foresta negli anni ’80.  Per provare ad avvistare i daini è consigliato seguire il tragitto che va da  Portella Colla – vicino Piano Battaglia –  verso Piano dei Cervi’.

martedì 11 dicembre 2018

Tutto ebbe inizio il 12 dicembre 1969 con ‘la madre di tutte le stragi’

Il Sessantotto, l’Autunno caldo, poi l’attentato di Piazza Fontana, ’la madre di tutte le stragi’. Tra il 1968 ed il 1974 in Italia furono compiuti oltre 140 attentati, lo scopo fu quello di impedire al Pci l’accesso al governo del Paese

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

L'interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura, luogo della 
strage di piazza Fontana, dopo l'esplosione della bomba 
(12 dicembre 1969) – (Foto da wikipedia.org)
Il 12 dicembre 1969 l’attentato di piazza Fontana a Milano è considerato la ‘madre di tutte le stragi’. Quel giorno all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura esplose una bomba ad alto potenziale che provocò 17 morti e 88 feriti. Nel giugno del 2005 la Corte di Cassazione ha stabilito che l’atto terroristico fu opera di ‘un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine  Nuovo e capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura’, non più perseguibili in quanto in precedenza assolti con giudizio definitivo dalla Corte d’Assise d’Appello di Bari. Gli esecutori materiali sono rimasti ignoti.  
Il 22 luglio 1970 la strage di Gioia Tauro provocò 6 morti e 66 feriti. L’atto terroristico determinò il deragliamento del treno direttissimo Palermo –Torino. Le cause non vennero accertate, ma secondo il giudice istruttore del tribunale di Palmi l’attentato dinamitardo fu l’ipotesi più plausibile.
Il 31 maggio 1972 la strage di Peteano a Gorizia causò 3 morti e 52 feriti. I tre carabinieri, vittime dell’attentato, furono chiamati a fare un sopralluogo a Sagrado, frazione di Peteano, dove c’era un auto sospetta che invece si rivelò un’autobomba che espose quando gli agenti tentarono di aprire lo sportello a cui era collegato l’innesco esplosivo. I responsabili Vicenzo Vinciguerra, Carlo Cicuttini (latitante fino al 1998) e Ivano Boccaccio, tutti e tre appartenenti al gruppo neofascista di Ordine Nuovo, furono identificati e condannati nonostante i tentativi di depistaggio compiuti da esponenti delle forze armate e dell’ordine.
Il 17 maggio 1973 la strage della Questura di Milano provocò 4 morti e 52 feriti. Mentre era in corso la cerimonia in memoria del commissario Luigi Calabresi alla presenza del ministro degli Interni Mariano Rumor un ordigno esplose in mezzo alla folla riunita per la celebrazione. L’attentatore, Gianfranco Bertoli, venne fermato ed arrestato. Nel 2002 il generale Nicolò Pollari (ex direttore del SISME) sentito dai giudici della terza Corte d’appello di Milano ha confermato che 'Bertoli è stato un informatore del SIFAR prima e del SID in seguito (servizi segreti italiani)
Il 28 maggio 1974 la strage di piazza della Loggia a Brescia provocò 8 morti e 102 feriti. Una bomba nascosta in un cestino portarifiuti fu fatta esplodere mentre si stava svolgendo una manifestazione antifascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista. Dopo decenni di depistaggi e processi sono stati condannati i membri del gruppo neofascista di Ordine Nuovo Ermanno Buzzi, Maurizio Tramonte, Carlo Digilio e Marcello Soffiati. Come mandante fu condannato il dirigente fascista Carlo Maria Maggi. Altri furono assolti, tra di loro Pino Rauti ex segretario del Msi e fondatore del centro studi Ordine Nuovo.
Il 4 agosto 1974 la strage dell’Italicus (sull’espresso Roma – Brennero) provocò 12 morti e 105 feriti. Alle ore 1:23, quando il treno si trovava presso San Benedetto Val di Sambro, una bomba ad alto potenziale esplose nella quinta vettura del treno espresso 1486, proveniente da Roma e diretto a Monaco di Baviera. Secondo quanto affermato dalla figlia Maria Fida, su quel treno doveva esserci l’allora ministro degli Esteri Aldo Moro. Ma ‘pochi minuti prima della partenza del treno venne raggiunto da alcuni funzionari che lo fecero scendere per firmare alcuni documenti’
La strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 provocò 85 morti e 200 feriti. Gli esecutori materiali, appartenenti al gruppo neofascista dei Nuclei Armati Rivoluzionari, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini sono stati individuati e condannati (1995), mentre i mandanti sono ancora sconosciuti.
Gli anni Settanta sono stati un’occasione mancata. La spinta al cambiamento che venne dagli studenti (1968), dalla classe operaia (autunno caldo 1969) e dal movimento femminista produsse numerose riforme che ancora oggi costituiscono i pilastri della nostra società. Lo Statuto dei lavoratori, il Diritto di famiglia, la legge sul Divorzio, la riforma della scuola e dell’università, l’introduzione dell’Iva, la modernizzazione del sistema televisivo, l’introduzione delle regioni a statuto ordinario e numerosi altri provvedimenti hanno determinato un profondo cambiamento nella società italiana. Tuttavia, le forze ‘oscure’ dei servizi segreti deviati ed i gruppuscoli di neofascisti riuscirono, con la strategia della tensione, a limitare il fervore ideologico e programmatico che caratterizzò un'intera generazione. Ed è per questo che quella fu una ‘rivoluzione incompiuta. Oggi è il tempo di riprendere e completare quel percorso.

giovedì 6 dicembre 2018

Nel Mezzogiorno una persona su due è a rischio povertà o esclusione sociale

Il 44,4% delle persone residenti nel Sud Italia è a rischio povertà o esclusione sociale. A sostenerlo è l’indagine condotta dall’Istat sulle ‘condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie’ relative al 2017

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da virgilio.it
Secondo l’indagine condotta dall’Istat nel Mezzogiorno quasi una persona su due è a rischio povertà o esclusione sociale. Più del doppio rispetto alle altre aree geografiche del Paese. Il rischio nel Nord-est è del 16,1%, in diminuzione rispetto al 2016, quando era al 17,1%, nel Nord- ovest è del 20,7% (nel 2016 era al 21,0%), mentre nel Centro è stabile al 25,3%. Tra i nuclei famigliari quelli con un maggior numero di componenti si confermano come i più esposti (42,7%, era 43,7% nel 2016). La media nazionale del 28,9% è, comunque, in miglioramento rispetto al 30,4% del 2016.
Il reddito netto medio per famiglia è di 30.590 euro l’anno, circa 2.550 euro al mese, con un incremento del potere di acquisto rispetto al 2015 del +2,1%. Il rapporto tra il reddito equivalente totale del 20% più ricco, a cui va il 39,3% del reddito totale, e quello del 20% più povero, a cui va solo il 6,7% del reddito totale, si è ridotto dal 6,3 a 5,9, ma rimane superiore rispetto ai livelli pre-crisi, nel 2007 era al 5,2. Per metà delle famiglie residenti in Italia il reddito netto non supera 25.091 euro l’anno. Circa 2.090 euro al mese.
Il costo del lavoro dipendente è in media di 32.154 euro annui, con un cuneo fiscale e contributivo del 45,7%, in lieve calo rispetto al 2015 (-0,3%) e al 2014 (-0,5%).
La fonte di reddito più elevata nel 2016 è quella dipendente con 17.370 euro circa, contro una media di 15.460 per il lavoro autonomo e 14.665 euro per i redditi di natura pensionistica. Insomma, non c’è una grande differenza tra chi lavora e chi è in quiescenza. Sarà questo il motivo per cui tutti vogliono andare in pensione?

Fonte istat.it

sabato 1 dicembre 2018

Spread, Btp e debito pubblico, ma chi pagherà il conto?

Gli italiani, come si sa, hanno la memoria corta, pertanto è necessario, di tanto in tanto, ricordare quanto è avvenuto nel recente passato. Ecco alcuni dati sul debito pubblico italiano e sul suo andamento negli ultimi 10 anni

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da vigevano24.it
Il 4 maggio l’indice principale della borsa italiana ha toccato i massimi degli ultimi 10 anni, cioè 24.335 punti. Il 20 novembre scorso è sceso fino a 18.471 punti, il 24,10% in meno. E’ tornato così ai livelli del 9 dicembre 2016, quando era a 18.292 punti. Per le principali aziende italiane questo ha comportato una perdita di circa 140 miliardi di capitalizzazione. 
L’ultima asta dei Btp Italia, i titoli di Stato destinati ai piccoli risparmiatori, ha fatto registrare 2,16 miliardi di euro di richieste. Di questi solo 863,34 milioni sono andati ad investitori retail (privati o investitori non qualificati), il resto è stato sottoscritto da operatori istituzionali. E’ il secondo peggior risultato della storia per questo tipo  titoli. Nel 2012, infatti, si attestò a 1,73 miliardi di euro. L’emissione del maggio scorso aveva raggiunto richiese per 7,7 miliardi di euro, cioè il 71,95% in più. Il record positivo è stato nel novembre del 2013 quando la richiesta ha toccato 22,2 miliardi. La sfiducia manifestata dai risparmiatori dimostra che i primi a diffidare sulla capacità dello Stato ad essere solvibile siamo noi italiani.
La repentina caduta di credibilità del Governo ‘pentaleghista’ è ancora più evidente se guardiamo l’andamento dello spread. L’indice esprime la differenza di rendimento tra i Btp italiani e quelli tedeschi, cioè i Bund, vale a dire quanti interessi deve corrispondere lo Stato italiano per il debito pubblico e quanti ne paga per lo stesso motivo lo Stato tedesco. L’indice, dai massimi raggiunti alla fine del 2011, quando il tasso d’interesse superò il 7% e lo spread i 500 punti, fino ai minimi di fine 2016, quando il tasso era sceso intorno all’1%, si è attestato, successivamente e fino al marzo del 2018, intorno all’1,50%. Dopo sette mesi di ‘governo del cambiamento’ è risalito ad oltre il 3,50% (oggi è 3,19%), cioè è raddoppiato, con uno spread superiore a 330 punti (oggi è a 289 punti), cioè ai massimi degli ultimi cinque anni. Il rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato rischia di vanificare la crescita del Pil prevista dall’Esecutivo con la manovra finanziaria. Se i tassi rimarranno a questi livelli lo Stato sarà costretto ad un maggiore esborso per interessi, gli esperti calcolano circa 5 miliardi di euro l’anno.
Nel 2017 il ministero del Tesoro ha pagato 65,6 miliardi di euro d’interessi. Ora questo costo per le casse pubbliche rischia di aumentare. A settembre il debito sovrano era di 2.331 miliardi di euro. Con il deficit di bilancio del 2,4% previsto nella legge di Stabilità che sta per essere approvata dal Parlamento esso è destinato a crescere sia in termini assoluti (circa 45 miliardi di euro) che in rapporto al Pil.
Il paradosso di questa situazione è che la fibrillazione dei mercati è dovuta in massima parte ad annunci. Ad oggi, infatti, non c’è nessun provvedimento concreto tra quelli prospettati con enfasi dai leghisti e dai grillini. 
Ne vale la pena? Per gli italiani sicuramente no, ma per i sovranisti, soprattutto per la Lega, è tutto ‘oro che cola’ in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo che si terranno nella primavera del 2019.

sabato 24 novembre 2018

Ponzia Postumina assassinata dopo una notte ‘d’amore e collera’

Maltrattamenti, sopraffazioni, violenze e uccisioni delle donne non sono un’esclusiva della società moderna, ma si sono sempre verificati nel corso della storia, ecco un esempio avvenuto nel 58 d.C., al tempo di Nerone 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da libertaegiustizia.it
Lo storico Tacito in un capitolo degli Annales ci racconta la vicenda d’amore tra Ponzia Postumina e Ottavio Sagitta, senatore e tribuno della plebe. Un rapporto inteso ed ‘ossessivo ‘ al limite di una ‘pulsione distruttiva’.
La donna stanca di quell’uomo violento, cercò di chiudere la relazione. Ma Ottavio dopo una ‘notte che passo in litigi, preghiere, rimproveri, scuse e, in parte effusioni, ad un tratto, quasi fuori di sé, infiammato dalla passione, trafisse col ferro la donna che nulla sospettava’. Il tribuno fu arrestato e condannato per il vile assassinio. Ma gli fu risparmiata la vita e finì in esilio nell’isola di Ponza.
Questa tragica vicenda è simile a tante altre ed ancora oggi essa si ripete con crudele continuità. Dall’inizio dell’anno le vittime di femminicidio sono già state novantaquattro, mentre gli atti di violenza denunciate dalle donne sono state quasi cinquantamila.  
Troppo spesso mariti o compagni considerano la loro donna come ‘cosa propria’ ed in alcuni casi essi arrivano al punto di attribuirsi il ‘diritto’ di deciderne la vita o la morte. Questi ‘ominicchi’ confondono l’amore con il possesso e considerano l’affetto ricevuto non come un atto che deve essere riconosciuto e ribadito ogni giorno, ma come un sentimento esclusivo dato per sempre. E’ un atteggiamento infantile, che denota insicurezza ed immaturità e che, a volte, sfocia nella violenza e nel crimine.
E’ un fatto culturale. E non può essere una giustificazione l’indissolubilità del matrimonio sancita dal cristianesimo. L’amore può non essere per sempre. Ed in ogni caso la donna ha, come l’uomo, il diritto di innamorarsi di nuovo o, semplicemente, di chiudere una relazione. E’ nella natura umana dare e ricevere amore e nessuno può decidere quando e dove questo può avvenire.
Ma, purtroppo, fino a quando tutti gli uomini non accetteranno il carattere di reciprocità di questo diritto, i femminicidi continueranno.

mercoledì 21 novembre 2018

La lunga marcia dei migranti honduregni è arrivata davanti al ‘Muro della vergogna’

I profughi honduregni hanno dovuto attraversare il confine meridionale messicano e dopo aver percorso centinaia di chilometri sono giunti a quello con la California, ma, ora, devono affrontare un ostacolo quasi insuperabile: il ‘Muro della vergogna’ 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Tijuana, il 'Muro della vergogna' - (foto da wikipedia.org)
Quando hanno iniziato la marcia verso gli Stati Uniti d’America erano poche centinaia di persone, ora, che sono arrivate sul confine americano, sono migliaia. E’ la lunga marcia dei migranti honduregni. Partiti oltre un mese fa dalla città di San Pedro Sula, in Honduras, ora sono arrivati a Tijuana con l’obiettivo di attraversare il confine con gli Usa. Alcune migliaia sono ancora in marcia e presto arriveranno al campo allestito dai volontari per accogliere i profughi centroamericani. In tutto si tratta di oltre cinquemila persone che si aggiungono a quelli che sono già presenti nel campo. Nella maggior parte dei casi sono disperati che fuggono dalla guerra e dalla miseria.
Giunti a Tijuana i rifugiati devono iniziare il processo di richiesta di asilo politico. La pratica potrebbe richiedere diversi mesi di attesa, anche perché le autorità americane ne espletano solo poche decine al giorno.
Il campo si trova a pochi metri dalla barriera di separazione che si snoda lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego. Alto dai due ai sei metri il ‘Muro della vergogna’, così lo definiscono i messicani, è fatto di lamiera metallica sagomata. La sua edificazione ha avuto inizio nel 1990 durante la presidenza di George H. W. Bush ed è stata continuata nel 1994 da Bill Clinton. Oggi, il nuovo presidente Donald Trump vuole estendere la struttura su tutto il confine meridionale americano, ma vuole farlo a spese del Messico.
Da quando è stata costruita la barriera un numero crescente di persone è entrata illegalmente negli Usa attraverso il deserto di Sonora. I clandestini devono percorrere oltre 80 Km di territorio inospitale e pericoloso, tanto che tra il 1998 ed il 2004 sono morte, secondo i dati ufficiali, 1.954 persone.
Il presidente Donald Trump per fermare la marcia dei migranti, oltre alle guardie di frontiera americana, ha schierato al di là del confine alcuni reparti dell’esercito, come se i nuovi arrivati fossero degli ‘invasori’. Invece, si tratta di persone e di nuclei famigliari che intendono entrare legalmente negli Usa.
I profughi honduregni in queste settimane hanno dovuto sopportare anche le proteste dei sovranisti messicani, preoccupati, questi ultimi, dal fatto che difficilmente i migranti riusciranno ad entrare negli Stati Uniti e che pertanto è assai probabile che molti di essi rimarranno nel territorio messicano.  
‘Si è sempre meridionali di qualcuno’ afferma Luciano De Crescenzo in ‘Così parlò Bellavista’. Americani contro messicani, messicani contro honduregni, europei contro africani, veneti contro campani o siciliani, è una lotta continua, tra chi è benestante e chi è povero, tra chi ha una vita dignitosa e chi vi aspira. E' tornato il nazionalismo e con esso il tempo della'intolleranza e della xenofobia. E, di certo, non si può rimanere indifferenti davanti a tanta ingiustizia.

sabato 17 novembre 2018

Petralia Soprana, il ‘balcone delle Madonie’

Tra i paesi che partecipano su Raitre all’edizione 2018 della gara il Borgo dei borghi’ c’è anche Petralia Soprana, il ‘balcone delle Madonie’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Video da youtube.com

Petralia Soprana è il più alto comune delle Madonie ed è incluso nel circuito dei borghi più belli d’Italia. Non esistono documenti storici certi, ma è assai probabile che l'antica Petra dopo essere stata fondata dai siculi sia passata sotto l’influenza greca, cartaginese e infine romana. La città fu, infatti, consegnata nel 254 a.C. ai consoli romani Aulo Attilio e Gneo Cornelio. Inserita tra ‘le civitates decumanae’ fu sottoposta al tributo annuo della decima in natura. Il borgo divenne così uno dei principali fornitori di grano di Roma.
Durante il Medioevo Petralia fu occupata dai bizantini, dagli islamici e dai normanni. Nel 1062 Ruggero di Altavilla vi edificò i castelli ed i bastioni che il borgo conserva ancora oggi. La distinzione tra Petra ‘inferior’ (Petralia Sottana) e Petra ‘superior’ (Petralia Soprana) appare per la prima volta nel 1258. La cittadina fece parte del patrimonio dei conti di Ventimiglia di Geraci Siculo e, successivamente, appartenne alla contea di Collesano, dei Cardona, dei Moncada e degli Alavrez di Toledo.
Numerosi monumenti ed opere architettoniche arricchiscono la cittadina, tra queste la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (XIV secolo), quella di Santa Maria di Loreto (1750), quella del Santissimo Salvatore e di Santa Maria di Gesù (1611). In piazza del Popolo è stato eretto un monumento di Antonio Ugo dedicato ai caduti di tutte le guerre.
La festa principale del Paese è quella dei Santi Pietro e Paolo che si svolge ogni anno alla fine di giugno. La processione religiosa è accompagnata dal suono dei tamburi suonati dal gruppo ‘tamburiani e strinnardiri supranisi’. Altro avvenimento caratteristico è quello della settimana Santa con il cosiddetto ‘U ‘ncuntru’ che si svolge la domenica di Pasqua. A Ferragosto viene rievocato il matrimonio baronale che consiste nel riproporre il matrimonio di due nobili del Settecento. Dolce tipico è lo sfoglio, anche se è accesa la disputa sulla sua origine con gli altri paesi delle Madonie, primo tra tutti Polizzi Generosa.
Il Borgo è detto il ‘balcone delle Madonie’. Dal Paese, infatti, la vista delle valli interne della Sicilia è mozzafiato. Un panorama campestre che muta con il passare delle stagioni. Una miriade di colori si alternano, dal verde delle valli in primavera, al giallo del grano dopo la mietitura, al marrone scuro della terra appena arata, al rosso dei tulipani di Blufi, al bianco della neve nel periodo invernale. Solo i supranesi possono godere della sagoma di Mugibello’ che si erge verso oriente ad oltre cento chilometri di distanza come protettore e padrone dell’isola della zagara e dei limoni.
Un luogo incantato, su cui per secoli hanno faticato da ‘suli a suli’ generazioni di contadini che solo di recente sono riusciti ad emanciparsi da una condizione di povertà imposta dai latifondisti e dai gabelloti. Ed è su queste valli che nel 1948 è stato assassinato dalla Mafia Epifanio Li Puma, supranese che ha avuto il solo torto di aver lottato per dare un’esistenza dignitosa alla sua famiglia e alla sua ‘Madre terra’: Petralia Soprana.


Fonti: yuotube.com, wikipedia.org e drepanon.org

sabato 10 novembre 2018

La Pernigotti delocalizza ed i gianduiotti diventano ‘turchi’

Il trasferimento dello stabilimento della Pernigotti in Turchia è solo l’ultimo episodio di una lunga serie di delocalizzazione avvenute nel nostro Paese negli ultimi due decenni 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Lo stabilimento di Novi Ligure della Pernigotti
(foto da pernigotti.it archivio storico)
L’azienda piemontese della Pernigotti è stata acquistata nel 2014 dal gruppo turco Toksoz che, allora, s’impegnò a rilanciare la sede di Novi Ligure e di mantenere la produzione in Italia. Ora l’annuncio del trasferimento in Turchia e il conseguente licenziamento di 100 operai e di 80 addetti interinali. I lavoratori hanno chiesto l’intervento del ministro dello sviluppo economico, Luigi Di Maio. Ma ad oggi nulla è stato fatto anche se la nuova legislazione introdotta dal governo ‘pentaleghista’ con il decreto dignità prevede, tra l’altro, sanzioni pecuniarie nei confronti delle aziende che delocalizzano. La normativa penalizza le imprese che trasferiscono gli stabilimenti fuori dall’Ue e se lo fanno entro i cinque anni dall’aver usufruito di incentivi pubblici. Nelle prossime settimane vedremo se la legge è adeguata e se sarà applicata. Intanto, un’azienda del made in Italy che ha 158 anni di storia rischia il trasferimento in Turchia.
La vicenda della Pernigotti è solo l’ultimo caso di una lunga serie di delocalizzazioni. Si tratta spesso d’imprese che producono utili e lavoro, ma nonostante ciò si trasferiscono all’estero, perché? La risposta è ovvia: tutto è fatto in funzione della produttività. E’ la logica del capitalismo, è, cioè, la logica del profitto a tutti i costi. L’obiettivo degli imprenditori non è il benessere dei lavoratori e delle comunità dove le aziende hanno la sede e gli stabilimenti, ma l’arricchimento dei proprietari.
Con la globalizzazione le opportunità di accumulazione del capitale hanno varcato i confini nazionali, per cui spesso è più conveniente produrre nei paesi dove il costo del lavoro e delle materie prime sono più bassi. La storia della Fiat è, da questo punto di vista, emblematica. Per quasi un secolo l’azienda torinese ha usufruito degli incentivi e dei finanziamenti dallo Stato italiano. Quando questi sono finiti o non erano sufficienti a garantire gli utili i proprietari hanno deciso di trasferire all’estero una parte degli stabilimenti, la sede legale e quella operativa. E se questo ha significato chiudere la fabbrica di Termini Imerese e lasciare senza lavoro oltre 1.800 operai poco importa, per i ‘padroni’ la priorità è sempre e solo il profitto.

martedì 6 novembre 2018

Il Giro d'Italia dimentica il Sud

Nel percorso del Giro d’Italia 2019 è prevista una sola tappa con arrivo nel Sud Italia, nessuna nelle isole 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro d'Italia 2019
(foto da il lametino.it)
Dopo le ultime due edizioni (2017 e 2018) il percorso della Corsa Rosa torna ad essere un Giro dimezzato, nel senso che si svolgerà quasi esclusivamente nel Centro – Nord Italia.
Nella 102esima edizione, tra arrivi e partenze, saranno interessate 42 località, di queste solo una nel Meridione. Il Giro arriverà o partirà da 21 città del Settentrione e da 20 del Centro (San Marino compresa). L’unico arrivo previsto nelle regioni del Sud è quello di San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia. Saranno toccate 6 regioni del Nord, 4 del Centro, una del Meridione e la Repubblica di San Marino.
Nell'edizione del 2019 gli organizzatori tornano alla 'normalità'. Hanno cioè,  disegnato un percorso ‘tradizionale’, che si snoderà quasi esclusivamente nelle strade delle regioni centro-settentrionali.
Il Giro d’Italia è la seconda manifestazione ciclistica più importante al mondo ed ha, quindi, una notevole risonanza internazionale. Gli interessi che muove non sono solo sportivi, ma  anche economici e sociali. Ed è un mezzo straordinario per far conoscere i nostri borghi e le nostre bellezze artistiche e paesaggistiche. Inoltre, è un'occasione per ‘costringere’ gli enti locali a sistemare strade e ponti.
Le scelte degli organizzatori sono determinate soprattutto da valutazioni di carattere politico. L’esclusione ripetuta nel tempo delle regioni meridionali e delle isole, quindi, non è casuale e non stupisce.


venerdì 2 novembre 2018

Luigi Di Maio, il leader ‘double face’

Passare dalle parole ai fatti è sempre difficile soprattutto in politica, ma quello che stanno facendo i 5 stelle è un vero e proprio capovolgimento degli impegni presi con gli elettori 

di Giovanni Pulvino (PulvinoGiovanni)


Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista
(foto da stylo24.it)
C’è una notevole differenza tra quanto il M5s si proponeva di fare quando era all’opposizione e su quanto invece sta realizzando stando al Governo. E’ un continuo ‘vorrei ma non posso’. In particolare le proposte fatte dal loro leader, Luigi Di Maio, sono ‘double face’, sono cioè continue marce indietro o distinguo rispetto a quanto enunciato fino al 4 marzo scorso. Ecco alcuni esempi.
Mai alleanza con la Lega. Nella trasmissione di Raiuno Porta a Porta del 19 giugno 2017 il leader del M5s, Luigi Di Maio, ha detto: ‘Io sono del Sud, di Napoli, quella gente diceva <<Vesuvio lavali col fuoco>>. Non ho mai avuto l’intenzione di aderire a un movimento che fa alleanze con la Lega nord’.
No Euro. Nel 2014 il M5s ha raccolto 299 mila firme per l’uscita dall’euro. ‘Su un eventuale referendum voterei per l’uscita’, a dirlo il 14 gennaio 2017 su La7 è stato Luigi Di Maio. Ed ancora il 23 marzo 2017: ‘Al governo faremo referendum per uscire dall’Euro’. Il 22 ottobre scorso la marcia indietro. Ecco cosa ha dichiarato il leader grillino: ‘Finchè sarò capo politico del M5S l'Italia non uscirà dall'Euro’.
Decreto dignità. La nuova normativa voluta dal M5s non modifica, ne cancella la precarietà, come invece ha sostenuto enfaticamente del leader grillino. Le poche modifiche apportate al Job Act si limitano a ridurre i tempi delle reiterazione dei contratti a termine, ma questo non determina automaticamente una riduzione della precarietà, anzi il rischio è quello di aumentare la disoccupazione.
Ilva. Sull’impianto metallurgico di Taranto il M5s aveva proposto la chiusura e, genericamente, una sua riconversione produttiva. Nelle ultime elezioni politiche il MoVimento ha ottenuto nella città pugliese il 48% dei voti al plurinominale e più del 45% all’uninominale. Dopo un lungo tira e molla è arrivato il dietrofront del  viceministro grillino. Ecco cosa ha detto il 23 agosto scorso: ‘Su Ilva è stato commesso un delitto perfetto’. Secondo Di Maio ‘la gara per l’aggiudicazione ad Acelor Mittal è illegittima, ma che non ci sono i presupposti per annullarla’. Insomma, rimane quello che aveva stabilito il governo Gentiloni.
Condono edilizio. Era il 23 agosto 2017 quando durante un comizio Luigi Di Maio disse: ‘Cercate una mia proposta di legge di condono che riguarda Ischia o qualche altra Regione: se la trovate mi iscrivo al Pd’. Sennonché, nel decreto per Genova è stata inserita una norma che non solo risana gli immobili costruiti abusivamente ad Ischia, ma il loro rifacimento potrebbe prevedere anche il finanziamento dello Stato.
La Tap (Trans Adriatic Pipeline) è un’opera privata nei cui cantieri sono impegnate diverse aziende italiane. Nel 2014 fu approvato il Trattato Italia – Albania - Grecia per la costruzione dell’ultimo tratto del gasdotto che dovrebbe portare il gas dall’Azerbaigian. Il M5s votò contro quell’intesa, anzi uno dei suoi leader più importanti, Alessandro Di Battista, il 3 aprile del 2017, in un comizio disse: ’Quest’opera la blocchiamo in due settimane’. Sabato scorso il dietrofront. Il ministro dello  Sviluppo economico Luigi Di Maio ha detto che interrompere i lavori costerebbe ‘penali per quasi 20 miliardi di euro’. Pertanto, il governo ‘pentaleghista’ ha deciso di non ostacolare la realizzazione dell’opera.
Reddito di cittadinanza. I 10 miliardi di euro previsti dal provvedimento sono in deficit, cioè sono a debito e comunque non sono sufficienti ad ‘abolire la povertà’. La norma posta in essere è, nella sostanza, un potenziamento del Rei introdotto dal precedente governo Gentiloni.   
Muos. Nonostante la promessa di smantellamento immediato delle parabole e della base, ad oggi nessuna iniziativa è stata presa dal partito di Luigi Di Maio. La Nato considera la struttura vitale per la sicurezza e la difesa nell’area del Mediterraneo. Inoltre, le autorizzazioni per i lavori di manutenzioni straordinarie sono già state date dal precedente governo Crocetta e nulla di diverso è stato deciso dal ministero della Difesa retto da Elisabetta Trenta, in quota M5s.
Tav.Siamo contrari alla Tav da sempre ed è nel contratto di governo. Credo che in questo momento nessuno del governo a Roma abbia intenzione di foraggiare quell'opera'. Questo è quanto ha ribadito il 27 ottobre scorso il segretario del M5s. Una decisione definitiva ancora non è stata presa, ma ora si parla di modifiche e variazioni, si prospetta una seconda Ilva?

sabato 27 ottobre 2018

Blutec e la mancata rinascita del polo industriale di Termini Imerese

Sono trascorsi sette anni dalla chiusura dell’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese e gli operai e gli addetti dell’indotto aspettano ancora di riavere un’occupazione stabile

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
 
La fabbrica di Termini Imerese - (foto da tiscali.it)
Nel gennaio del 2010 il nuovo amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, annunciò l’irrevocabile chiusura dello stabilimento siciliano. La dismissione si concretizzerà il 31 dicembre del 2011. Circa 800 operai ed oltre 1.000 addetti dell’indotto rimasero senza lavoro. Il tentativo di accordo per il salvataggio della fabbrica con il gruppo Dr Motor Company attiva nella costruzione di auto elettriche fallì e dal 2015 lo stabilimento è passato alla newco Blutec. L’azienda che si occupa di componentistica per auto è nata nel 2014 all’interno del gruppo Metec.  L’intesa, firmata quattro anni fa tra le parti sociali, il Governo e gli Enti locali, destinava 360 milioni di euro (tra fondi statali e regionali) per la riqualificazione dell’area. La società si impegnò a riassumere 50 operai entro il mese di aprile del 2016 ed altri 200 entro la fine di quell’anno. Ma ad oggi il processo di rinascita della fabbrica e del polo industriale di Termine Imerese non si è realizzato. Nello stabilimento ex Fiat ci sono un centinaio di lavoratori impiegati esclusivamente in piani di formazione.
Nei giorni scorsi si è saputo che la Procura di Termini Imerese ha avviato un’indagine sulla Blutec. L’oggetto dell’inchiesta è la prima tranche del finanziamento di 21 milioni di euro ricevuto da Invitalia (l’agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa partecipata al 100% dal ministero dell'Economia). I magistrati vogliono capire dove sono finiti i soldi e come sono stati utilizzati dalla Newco.
L’azienda, dopo l’incontro tenutosi al Mise il 4 ottobre scorso, si è impegnata a restituire il finanziamento (in sei rate trimestrali) e, nello stesso tempo, a riproporre un piano industriale alternativo. Insomma dopo sette anni di tira e molla siamo ancora al punto di partenza. Tutto ciò crea forti preoccupazioni tra i lavoratori ed i sindacati. La Fiom, che nel 2015 espresse forte perplessità sul piano di reindustrializzaziont proposto da Blutec, ha chiesto al Governo la ricerca di investitori che siano in grado di realizzare un piano di rioccupazione dei lavoratori.
Stessa preoccupazione ha espresso nei giorni scorsi il Sindaco di Termini Imerese Francesco Giunta: ‘Questa situazione fa piovere sul bagnato l’azienda deve ancora restituire 21 milioni di euro, non è stata in grado con queste somme di produrre qualcosa di concreto ed entro il 31 dicembre di quest’anno avrebbe dovuto assorbire ottocento lavoratori dell’ex Fiat’. Invece non sarà così, ma forse questo era scontato.