giovedì 29 marzo 2018

Il Rei è elemosina di Stato

Il 20% degli indigenti usufruisce di un sostegno reddituale medio di 297 euro al mese. ‘Sono strumenti da difendere’, sostiene Paolo Gentiloni, ma questa non è lotta alla povertà è elemosina di Stato

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da numeripari.org
Il Reddito di inclusione è una misura di contrasto alla povertà condizionata alla valutazione della condizione economica del nucleo familiare. Dall’inizio di quest’anno esso ha sostituito il Sia (Sostegno per l’inclusione attiva). Il Rei fornisce un sostegno economico e la predisposizione di un progetto personalizzato per l’inclusione sociale e lavorativa elaborato dai servizi sociali del Comune. I requisiti del Reddito di inclusione, oltre a quelli di cittadinanza, residenze e compatibilità (cioè nessun membro familiare deve essere percettore d’indennità di disoccupazione), sono: un valore Isee non superiore a 6mila euro; un valore Isre (l’indicatore reddituale dell’Isee, cioè l’Isr diviso la scala equivalente, al netto delle maggiorazioni) non superiore a 3mila euro; un valore del patrimonio immobiliare, esclusa la casa di abitazione, non superiore a 20mila euro; un valore del patrimonio mobiliare non superiore a 10mila euro (ridotto a 8mila euro per la coppia e a 6mila euro per la persona sola). Inoltre il nucleo familiare deve trovarsi in una delle seguenti condizioni: presenza di un minore; presenza di una persona con disabilità; presenza di una donna in stato di gravidanza; presenza di una persona pari o superiore a 55 anni che si trovi in stato di disoccupazione. Dal primo gennaio 2018 la misura assume carattere di ‘universalità’, cioè è venuto meno il requisito familiare.
Foto da informagiovaniagropoli.it
L’Inps e il Ministero del Lavoro hanno presentato i dati dell’Osservatorio statistico sul reddito di inclusione. Le persone che hanno beneficiato della misura sono quasi 900 mila. Di queste sette su dieci risiedono nel Mezzogiorno. Nel primo trimestre del 2018 i soggetti interessati sono stati nel Sud 572.293 (72,72%), nel Centro 88.895 (11,24%), nel Nord 132.373 (16,05%). In particolare in Campania le persone che hanno usufruito dell’indennità sono state 223.369 (28,78%), in Sicilia sono state 192.602 (24,22%). 'Sono sostegni a persone in carne e ossa, e sono strumenti da difendere’, ha commentato il presidente del Consiglio dimissionario Paolo Gentiloni. Mentre il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha sottolineato che è stata ‘raggiunta la metà della platea potenziale’. Ed ancora: ‘Chi ha a cuore questo problema si impegni a trovare nuove risorse’.
In Italia ci sono circa 4,5 milioni di persone che vivono in povertà assoluta, altri 3 milioni che sopravvivono con lavori precari e malpagati, e l’unica cosa che lo Stato italiano è in grado di proporre al 20% degli indigenti è un assegno medio mensile di circa 245 euro con il Sia ed ora di 297 euro con il Rei. E agli altri 3 milioni e 600 mila poveri? Nulla. Non è con le briciole raggranellate nel bilancio statale che si affronta il problema della lotta alla povertà, occorre ben altro. Milioni di italiani, e non solo, aspettano un lavoro ed un reddito adeguato per poter vivere una vita dignitosa, il resto è solo elemosina di Stato.

Fonti: Inps e Ministero del Lavoro

lunedì 26 marzo 2018

Inciucio doveva essere ed inciucio sarà

L’approvazione del ‘Rosatellum’ aveva come scopo quello di favorire un governo di ‘larghe intese’, ma l’accordo che si prospetta è completamente diverso da quello auspicato da Matteo Renzi e da Silvio Berlusconi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Luigi Di Maio, Matteo Salvini
(foto da lindro.it)
L’introduzione di una quota maggioritaria nella legge elettorale voluta dal Partito democratico e da Forza Italia avrebbe dovuto favorire la formazione di un governo ‘centrista’. Così non sarà. Gli elettori hanno penalizzato i due leader ‘moderati’ e premiato i cosiddetti populisti, vale a dire i grillini ed i leghisti.
L’inciucio ‘auspicato’, ma mai indicato apertamente prima delle elezioni del 4 marzo, non è realizzabile, almeno nella forma desiderata. L’ipotesi fatta da Silvio Berlusconi di un governo di Centrodestra con l’appoggio dei ‘renziani’ non è ancora del tutto esclusa. Essa potrebbe assumere la forma di un esecutivo del Presidente, cioè di un governo di ‘larghissime intese’ che abbia lo scopo di garantire la governabilità e la stabilità economica e finanziaria del Paese.
Ma le vicende dell’elezione dei presidenti delle Camere suggeriscono un percorso diverso. Un accordo tra il M5s e il Centrodestra a guida leghista è, oggi, l’ipotesi più plausibile. Inciucio doveva essere ed inciucio sarà, ma le forze politiche protagoniste dell’accordo non saranno il Pd e Fi, bensì il M5s e la Lega. Si sta per realizzare l’ennesimo capolavoro politico di Matteo Renzi e di quanti in questi anni l’hanno sostenuto alla guida del Partito democratico e del Centrosinistra. 
Intanto, mentre i nuovi deputati e senatori occupano gli scranni di Palazzo Madama e di Montecitorio e discutono di incarichi istituzionali, i disoccupati, i pensionati al minimo ed i poveri continuano ad aspettare che qualcuno si adoperi affinché anche loro possano vivere in modo dignitoso.


martedì 20 marzo 2018

#21marzosocialday per ricordare le vittime innocenti della mafia

La Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie organizzata dall’associazione Libera quest’anno si terrà sul tema ‘Terra, solchi di verità e giustizia’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da libera.it
L’iniziativa si terrà a Foggia ma, com'è già avvenuto nel 2016 a Messina e lo scorso anno a Locri, sarà replicata simultaneamente in migliaia di luoghi d’Italia, dell’Europa e dell’America Latina. Durante la manifestazione saranno letti gli oltre 900 nomi di vittime innocenti delle mafie. ‘Per contrastare la criminalità organizzata e la corruzione – si sottolinea nel comunicato dell’associazione - occorre sì il grande impegno delle forze di polizia e di molti magistrati, ma prima ancora occorre diventare una comunità solidale e corresponsabile, che faccia del noi non solo una parola, ma un crocevia di bisogni, desideri e speranze. Volti di un Paese magari imperfetto, ma pulito e operoso, che non si limita a constatare ciò che non va, ma si mette in gioco per farlo andare’.
Nel 2016 oltre 350.000 persone si ritrovarono nelle piazze, nelle scuole, nelle parrocchie ed associazioni per partecipare alla Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che l'associazione Libera di Don Ciotti celebra dal 1996, ogni 21 marzo, primo giorno di primavera ‘simbolo di rinascita’.
Il #21marzosocialday è un'occasione per ‘costruire nel Paese una memoria responsabile e condivisa che dal ricordo può generare impegno e giustizia sociale’.

Fonte: libera.it 

FOTONOTIZIE


Passeggiando per Tejeda, Gran Canaria - Spagna - (foto di Lorena S.)

sabato 17 marzo 2018

Il 30% più ricco detiene circa il 75% del patrimonio netto

L’indagine pubblicata da Banca d’Italia sui bilanci 2016 delle famiglie italiane conferma la crescita delle disuguaglianze e del divario economico e sociale tra le diverse regioni del Paese

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da bancaditalia.it
‘Il reddito equivalente medio - a prezzi costanti e corretto per confrontare tra loro nuclei familiari di diversa composizione - è cresciuto del 3,5%; si è interrotta la caduta, pressoché continua, avviatasi nel 2006 ma il reddito equivalente è ancora inferiore di 11 punti percentuali a quello registrato in quell'anno’. Questo è quanto si legge nel rapporto pubblicato dalla Banca d’Italia. Secondo l'indagine, l’indice Gini, che misura la disuguaglianza, è salito al 33,5% dal 33% del 2014 e 32% del 2006. La quota di persone che hanno un reddito equivalente inferiore del 60% rispetto a quello medio, cioè circa 830 euro, è salita al 23%, nel 2006 era del 19,6%. La novità è che la crescita percentuale più alta è stata registrata nel Nord del Paese. Dall’8,35% del 2006 essa è passata al 15% del 2016. Su questo incremento incidono per il 55% (nel 2006 era del 33,9%) i lavoratori di origine straniera. Nelle regioni del Centro la percentuale è salita al 12,3%, era al 9,7% nel 2006. Il maggior numero di persone che sono a rischio povertà vive soprattutto nel Mezzogiorno, qui la percentuale del 39,4% registrata nel 2016 è simile a quella del 2006, quando era del 39,5%. Le disuguaglianze sono evidenziate anche dal confronto della ricchezza posseduta tra le diverse categorie sociali. Secondo l’indagine il 30% più povero delle famiglie detiene in media 6.500 euro, cioè l’1% della ricchezza totale. Mentre il 30% più ricco detiene circa il 75% del patrimonio netto rilevato, in media essa è di 510.000 euro. Il 5% ha mediamente un patrimonio di 1,3 milioni di euro. In questi giorni opinionisti ed esperti delle vicende politiche italiane si stanno affannando a dare una spiegazione plausibile al risultato elettorale del 4 marzo scorso, ma basterebbe leggere questo rapporto per comprenderne il significato. Un Paese diviso in due, sia dal punto di vista geografico che da quello sociale. Ed è per questo che molti italiani, stanchi delle tante e ripetute promesse non mantenute, soprattutto da parte di chi dovrebbe difendere e tutelare la parte più debole della società italiana, hanno deciso di votare contro l’etablissement e le forze politiche tradizionali che li sostengono e rappresentano. 

Fonte: bancaditalia.it

sabato 10 marzo 2018

La Sicilia sospesa tra terra e cielo

                        10 marzo 2018, Madonie, la valle di Castellana Sicula (foto di Giovanni Pulvino)

   Dal verde delle valli sicule sale verso il cielo un candido vapore, è l'acqua della 'Madre terra' di Epifanio Li Puma, un luogo magico, dove nello spazio di un mattino nasce e muore un mondo incantato, è solo un'illusione, una tenue speranza che tra poco svanirà, come sempre ...   

La Sicilia sospesa tra terra e cielo


10 marzo 2018, Madonie, la valle di Tremonzelli (foto di Giovanni Pulvino)

  Dal verde delle valli sicule sale verso il cielo un candido vapore, è l'acqua della 'Madre terra' di Epifanio Li Puma, un luogo magico, dove nello spazio di un mattino nasce e muore un mondo incantato, è solo un'illusione, una tenue speranza che tra poco svanirà, come sempre ...   

martedì 6 marzo 2018

Elezioni: non hanno vinto il M5s e la Lega, ha perso la Sinistra

L’exploit elettorale dei grillini e dei leghisti è avvenuto perché la classe dirigente progressista non sa più rappresentare gli interessi dei ceti  medio - bassi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da comune.lesignano.debagni.pr.it
La Sinistra italiana non ha mai governato da sola, ma più volte ha sostenuto governi di Centrosinistra o di ‘larghe intese’. Quasi sempre lo ha fatto ponendosi come ‘salvatore della patria’, anteponendo, cioè, gli interessi del Paese a quelli delle classi medio – basse che dovrebbe rappresentare e tutelare. Così è stato nel 1945, alla fine degli anni Settanta, all’inizio degli anni Novanta e nel 2011 con i governi Letta, Renzi e Gentiloni. Ed ha sempre pagato la partecipazione a queste maggioranze di ‘necessità’ con clamorose sconfitte elettorali. Anche questa volta è stato così. Perché?
Innanzitutto ci sono motivazioni culturali. Gli italiani sono un popolo cattolico ed individualista, sono cioè restii ad assumersi le proprie responsabilità (nella religione cattolica la remissione dei peccati è sempre possibile, quindi perché essere responsabili?) e non hanno il senso della comunità e difficilmente perseguono il ‘bene comune’. Da qui le difficoltà della Sinistra a conquistare la fiducia degli elettori. Ed è per questo che i progressisti per tentare di rendere più giusta ed equa la società sono disponibili al compromesso ed a sostenere maggioranze ‘allargate’ di Centrosinistra.
Foto da repubblica.it
Il secondo motivo è il declino delle ideologie e della politica fatta porta a porta. Fino alla fine degli anni Ottanta i partiti avevano una base territoriale solida e le classi dirigenti provenivano dalla periferia, avevano quindi una buona conoscenza delle condizioni di vita delle classi meno abbienti. Essi erano portatori dei bisogni e dei valori che scaturivano dal ‘popolo’. Oggi non è più così. Nella cosiddetta seconda repubblica la politica non ha più basi ideologiche solide. E’ diventata ‘mediatica’ ed il confronto si svolge, prevalentemente, nei ‘salotti televisivi’. Questa prassi ha finito per ‘oscurare’ i temi che riguardano i bisogni sociali della maggioranza dei cittadini, soprattutto di quelli che vivono nelle periferie o in provincia. Le élite sono diventate autoreferenziali, pensano ed agiscono come se il ‘mondo’ iniziasse e finisse nei luoghi di potere. In particolare le classi dirigenti del Centrosinistra e di parte della Sinistra non solo si sono affidate alla cultura della leadership, ma, vivendo in un contesto sociale privilegiato, non sono più in grado di comprendere e difendere gli interessi economici e sociali delle classi lavoratrici. Cosa ne sanno Maria Elena Boschi o Pietro Grasso di come si vive senza lavoro o con una pensione di 500 euro al mese? Come fanno Massimo D’Alema o Matteo Renzi a comprendere i disagi sociali di chi vive nelle periferie? La conseguenza di questo distacco ideologico è ovvia: le categorie a rischio esclusione sociale (disoccupati, precari, pensionati, poveri), soprattutto nel Sud, ma non solo, non si sentono più rappresentate dall’élite politica di Sinistra e finiscono per sostenere i movimenti antisistema come la Lega di Salvini e soprattutto il M5s. 
Viola Carofalo (foto da ancorafischiailvento.org)
Porre rimedio a questo declino politico non è impossibile, ma occorre ripartire dal basso e soprattutto mettere da parte gli individualismi, ci sono troppi presunti leader e troppe sigle che fanno riferimento agli stessi principi progressisti. I valori messi in campo da Potere al popolo, formazione politica nata dal territorio, potrebbero essere una buona base di partenza, ma ovviamente non bastano, essi vanno integrati e condivisi con tutte le altre formazioni che si richiamano agli stessi principi di Sinistra. E’ complicato e difficile ma è l’unico modo per dare una speranza a chi oggi si affida alla destra legista o al populismo grillino.

giovedì 1 marzo 2018

'La Madre terra’ di Epifanio Li Puma

Era il due marzo del 1948 quando nei terreni di Alburchia, feudo del marchese Pottino, tra Petralia Soprana e Gangi, due sicari della mafia agraria delle Madonie uccisero Epifanio Li Puma 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Portella della Ginestra - (foto da repubblica.it)
Dirigente del movimento per l’occupazione delle terre, Epifanio Li Puma, è stato assassinato davanti al figlio undicenne mentre lavorava il suo pezzo di terra. Allora i contadini siciliani lavoravano da ‘suli a suli’, dall’alba al tramonto per guadagnarsi un pezzo di pane e garantire la sopravvivenza alla loro famiglia. I mandanti, nonostante fossero stati denunciati, non pagarono mai per la sua morte. 
Mezzadro d’idee antifasciste, Li Puma, è stato uno dei promotori della cooperativa ‘La Madre terra’, costituita per rendere operativi i decreti Gullo. Quella normativa regolava la concessione  delle terre incolte ai contadini. Avrebbe dovuto costituire una tappa importante nella storia del Mezzogiorno e della lotta per l’abolizione del latifondo. L’obiettivo era eliminare una delle principali cause di sottosviluppo del Sud e delle condizioni di povertà del popolo siciliano.
Petralia Soprana - (foto da typicalsicily.it)
Ma, di fronte alle legittime pretese dei contadini, la reazione dei latifondisti e della criminalità agraria, assecondata dai politici collusi e da membri infedeli delle istituzioni, è stata feroce. In quegli anni decine di sindacalisti o di semplici contadini che presero parte all'occupazione delle terre e che lottarono per l'emancipazione del popolo siciliano furono assassinati. Omicidi spietati come quello di Epifanio Li Puma a Petralia Soprana, Salvatore Carnevale a Sciara, Placido Rizzotto e Giuseppe Letizia a Corleone o stragi di civili innocenti come i contadini ed i loro familiari mentre festeggiavano il Primo maggio a Portella della Ginestra.
Epifanio Li Puma - (foto da wikipedia.org)
Il 17 marzo 1948, una settimana dopo il rapimento di Placido Rizzotto (quando ancora non si sapeva della sua morte), ecco cosa scriveva Girolamo Li Causi sulle colonne dell’Unità. Il delitto per ammissione stessa delle autorità, è politico: tutti sanno chi lo ha premeditato, organizzato ed eseguito. Anche la polizia lo sa. Li Puma veniva freddamente atterrato da due briganti della banda di Dino, banda che vive grazie alla complicità dei baroni che le assicurano ospitalità, sussistenza, protezione. Niente giustifica l’efferato delitto. Li Puma, padre di nove figli, contadino poverissimo aveva trascorso tutta la sua esistenza lavorando la terra, dirigendo la lega contadina di Petralia, organizzando la cooperativa “La Madre terra” che da tre anni è in lotta con i signori feudali per il possesso meno precario della terra, per più umane condizioni di esistenza. Dal Marchese proprietario, al campiere che indica ai banditi la vittima perché non sbaglino, ai sicari rotti ad ogni delitto la catena è limpida. Ma la polizia come già per altre decine di contadini capilega trucidati in questi ultimi mesi non vuole scoprire i mandanti e archivia le pratiche.
Quella Sicilia in chiaroscuro, della sopraffazione e dell’egoismo, dell’orgoglio e dall’altruismo, esiste ancora oggi e non solo nelle campagne delle Madonie o dei Nebrodi. Ma come disse Giovanni Falcone: 'La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà anche una fine'. Solo e soltanto allora la terra del sole e del profumo di zagara, del mare e dei monti, dei poveri e degli onesti potrà emanciparsi è diventare quella ‘Madre terra’ che sognava e per cui ha dato la vita Epifanio Li Puma.

Fonti: rassegna.it e agrariadotme.worpress.com