SICILIA


















lunedì 17 luglio 2023

Rita Atria, la settima vittima di via d’Amelio

‘Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta, Rita Atria

di Giovanni Pulvino

Paolo Borsellino e Rita Atria

Nel 1985 all’età di undici anni Rita Atria perde in un agguato il padre affiliato a Cosa nostra. Da quel momento si lega ancora di più al fratello, Nicola, anche lui mafioso. Ed è in quel periodo che raccoglie le confidenze sugli affari delle famiglie malavitose di Partanna, piccolo comune della ‘provincia’ di Trapani. Nel 1991 anche Nicola viene ucciso. Ed è allora che la moglie di lui, Piera Aiello, decide di denunciare gli assassini. I due si erano sposati con un matrimonio combinato pochi giorni prima della morte di Vito Atria.

Nel novembre del 1991 anche Rita decide di rivolgersi alla magistratura per avere giustizia su quegli omicidi. Ed è allora che conosce il giudice Paolo Borsellino. Le sue deposizioni permetteranno di arrestare numerosi mafiosi e di avviare le indagini sul deputato democristiano di allora nonché per trent’anni sindaco di Partanna, Vincenzino Culicchia.

Rita, subito dopo la strage di via d’Amelio, scoraggiata e depressa per quell’evento, decide di togliersi la vita. Era il 26 luglio del 1992, aveva appena 17 anni.

Cosa nostra uccide gli innocenti

Era una giovane siciliana che aveva trovato la forza per denunciare la Mafia. Era una figlia che aveva perso l’affetto della madre che, dopo la sua morte, distrusse la sua lapide a martellate.

Rita aveva inseguito vanamente un ideale di giustizia pur non essendo una vera e propria pentita. Era, come la cognata, una testimone di giustizia.

La giovane Atria aveva una solo colpa: essere nata in una famiglia di mafiosi e di volere la giustizia per la morte del padre e del fratello. Voleva cambiare, voleva dare dignità alla sua vita, invece ha trovato la morte.

Rimasta sola, ripudiata dalla famiglia, lontana dalla sua terra, piena di dubbi e di rimorsi, si è sentita abbandonata da tutti. Il salto dal balcone dell’appartamento di Roma dove era costretta ad abitare gli deve essere apparso come l’unica soluzione possibile ad una esistenza sbagliata.

Una giovane vita spezzata dal sopruso e dal malaffare, vittima dell’odio e dell’indifferenza di quanti potrebbero agire e non lo fanno, di quanti spesso, troppo spesso si girano dall’altra parte e fanno finta di nulla.

Si, Rita Atria è, come qualcuno ha detto, la settima vittima di via d’Amelio.

Fonte it.wikipedia.org


sabato 29 ottobre 2022

Don Pino Puglisi, 'sono un rompiscatole'

'Ciò che inferno non è' racconta le ultime settimane di vita di don Pino Puglisi, ma nello stesso tempo descrive la dignità di chi vive in povertà e non si rassegna all'odio

di Giovanni Pulvino

Don Pino Puglisi - (foto da archivioantimafia.org)
Questa estate una cara amica mi ha regalato un libro che stava leggendo dicendomi 'tieni, io per finirlo ne comprerò un'altra copia'. Ed ha aggiunto: 'Si legge con leggerezza'. Conoscendola da sempre mi è bastato poco per capire cosa intendesse dire con quella frase. 'Ciò che l'infermo non è' è la storia di un giovane palermitano e dell'attaccamento alla sua martoriata ed infelice città; ma è anche la scoperta del 'Bene' là dove pensiamo ci sia solo l'inferno. 

E' l'Amore con la A maiuscola, quello che tre P, così era soprannominato Padre Pino Puglisi dai suoi studenti, ha dato al suo quartiere: Brancaccio. Un luogo dove la miseria si vive con dignità, dove emanciparsi è difficile e richiede un coraggio fuori dal comune che tanti di noi non hanno.  

Ecco come don Pino Puglisi accoglieva i suoi alunni il primo giorno di scuola.

'Si era presentato con una scatola di cartone. L'aveva messa al centro dell'aula e aveva chiesto cosa ci fosse dentro. Nessuno aveva azzeccato la risposta. Poi era saltato sulla scatola e l'aveva sfondata. <Non c'è niente. Ci sono io. Che sono un rompiscatole.> Ed era vero. Uno che rompe le scatole in cui ti nascondi, le scatole in cui ti ingabbiano, le scatole dei luoghi comuni, le scatole delle parole vuote, le scatole che separano un uomo da un altro uomo'. 

Ed ecco gli ultimi momenti della sua vita. 

La copertina del libro 'Ciò che inferno
non è' di Alessandro d'Avenia

'Maria ascoltami. Devi trovarti un lavoro. Te li do io i soldi per ora, ma tu promettimi che smetti di prostituirti. No, Maria, me lo devi promettere. Adesso, sì, adesso. Fallo per Francesco. No, non piangere. Ascoltami! Vai in quel centro che ti ho segnalato. puoi stare là, mangiare là, ti aiuteranno a trovare qualche lavoretto. Ho ricevuto una donazione per te. La prossima volta ti porto la busta, i soldi saranno sufficienti intanto che cerchi un lavoro. Ce la fai, tu sei una ragazza forte, sei una madre splendida con un figlio splendido. Ora ti saluto. Non piangere. Io ci sono sempre. Vedrai che andrà tutto bene.

Esce dalla cabina e si avvia verso casa. L'ultimo che incontra è Riccardo, gli fa gli auguri di compleanno e gli dà due baci. <Don Pino si è fatto vecchio>. Ma che dici, ancora un ragazzino sono>. <Buon Compleanno, parrì>, gli strizza l'occhio e si allontana di corsa.

Lo aspettano con due macchine, le braccia penzolano fuori a lasciar svaporare il fumo e cadere la cenere, una coppia in una e una di appoggio nell'altra. I due che non guidano scendono contemporaneamente. Ormai vicino al portone, don Pino cerca nel borsello le chiavi, ma non fa in tempo ad aprire.

Un uomo che non ha  mai visto gli sbarra la strada. Sta per chiedergli se gli serve qualcosa, ma quello lo precede.

<Parrì, questa è una rapina!>. <Me l'aspettavo.> Gli sorride, don Pino.

Il Cacciatore, che intanto si è portato al suo fianco, gli spara da venti centimetri come l'ultimo dei traditori che non ha il coraggio di guardare in faccia l'avversario. Ma quella posizione di tre quarti gli basta a vedere il sorriso.

Le ultime parole di un uomo sono ciò che conta. Sono il sigillo della sua vita. Lui dice: <Me l'aspettavo>. Lui dice che era pronto, alle 20:40 del 15 settembre 1993. E sorride. Questa è l'ultima parola. Aspettava la morte. L'aspettava come chi va a un appuntamento o riceve una visita a lungo attesa. Lui muore con un sorriso. E non vede i suoi assassini ma due figli: li aspettava, con un sorriso, come un padre che corre incontro al figlio lontano da tempo. Vede attraverso di loro, vede oltre loro. E in quello sguardo loro vedono se stessi com'erano da bambini, il Cacciatore aveva un altro soprannome: Ricciolino. Era il nomignolo con cui lo chiamava sua madre. Quel sorriso lo riporta lì, quel sorriso gli dice: non sai quel che fai, tu sei altro. Quel sorriso è il castigo peggiore che possa capitare a un assassino, e il Cacciatore non potrà più dormire la notte. Ci sono delitti che cercano i loro castighi e finiscono col trovare solo il loro perdono'. 

'Il Cacciatore sorride amaro. Ha ucciso un uomo che sorride'.

'Ci sono posti dove l'inferno non può arrivare, neanche all'inferno'. 

Fonte 'Ciò che inferno non è' di Alessandro d'Avenia



mercoledì 18 maggio 2022

Continua l’odissea dei lavoratori di Almaviva

La disoccupazione e il precariato non si combattono licenziando, ma salvaguardando i posti di lavoro o creandone di nuovi

di Giovanni Pulvino

Protesta dei lavoratori di Almaviva e Covisian 

I lavoratori dei call center di Palermo continuano a protestare ed a chiedere la riapertura del tavolo di confronto tra sindacati, Governo, Ita e Covisian. I posti di lavoro a rischio sono 543. I tentativi di scongiurare i licenziamenti degli operatori dei call center del capoluogo siciliano finora sono stati inutili.

La vertenza è per certi aspetti paradossale. Lo scorso agosto Covisian aveva vinto la gara per subentrare ad Almaviva nella gestione del servizio ex Alitalia. In quell’occasione l’azienda s’impegnò ad assorbire i lavoratori in cassa integrazione a zero ore. A febbraio Covisian ci ripensa e annuncia di non voler procedere con l’intesa sottoscritta perché ritenuta troppo onerosa per l’azienda. Non solo, ma la multinazionale avrebbe interrotto il contratto con Ita e dal 30 aprile avrebbe proceduto con 221 licenziamenti.

Intanto, la nuova compagnia aerea italiana non solo non si è presentata all’incontro al ministero ma ha proceduto ad assumere 150 lavoratori per il proprio call center interno.

Nello stesso tempo Almaviva sta procedendo con i licenziamenti dei lavoratori che erano ancora in cassa integrazione e che avrebbero dovuto essere assunti da Covisian. Se non fosse tutto vero ci sarebbe da ridere.

È vero che siamo in Sicilia dove il paradosso è diventato poesia con le opere di Pirandello e non solo, ma mettere sulla strada oltre cinquecento lavoratori rappresenta l’ennesima beffa per i lavoratori dell’isola e le loro famiglie.

La storia si ripete. Nel 2011 a chiudere fu lo stabilimento Fiat di Termine Imerese, poi fu la volta del petrolchimico di Gela ed ora i lavoratori di Pfizer di Catania e quelli di Almaviva di Palermo.

Cambiano i governi nazionali, i ministri ed gli assessori regionali, ma per i lavoratori del Meridione mantenere il posto di lavoro è come vincere un ‘terno al lotto’ a settimana. La lotta alla Mafia, al sottosviluppo e all’arretratezza tecnologica e industriale del Sud non si possono combattere solo con gli annunci e le promesse. Occorrono fatti.

Il Governo ha annunciato che il 40% dei finanziamenti del Pnrr andrà al Mezzogiorno. Vedremo.  E, comunque, l'importo stanziato è il minimo dovuto ad un’area che negli ultimi decenni è stata penalizzata nei piani di investimenti sia pubblici che privati.

Intanto, in attesa che alle parole seguano i fatti, continuano i licenziamenti e l’esodo verso il Nord Italia o all’estero di tanti meridionali che al Sud non riescono a trovare un lavoro ‘dignitoso’.

sabato 27 novembre 2021

‘Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità’

In uno dei primi capitoli del libro ‘Io posso - Due sorelle sole contro la mafia’ scritto da Pif e da Marco Lillo, gli autori raccontano come è nata a Palermo l’associazione antiracket ADDIPIZZO. Ecco il brano

di Giovanni Pulvino

Foto da addiopizzo.org

‘Tutto nasce nel 2004, quando a Ugo, Raffaele, Francesco, Daniele, Vittorio, Laura e Andrea viene l’idea di aprire una sorta  di pub/centro culturale, nella Palermo vecchia. Per capire quali spese dovranno sostenere ogni mese, un loro consulente stila una lista: luce, gas, acqua, tasse e pizzo. Alla parola pizzo tutti e sette fanno un balzo. Pizzo?Dovremo pagare il pizzo? All’improvviso la bella e spassosa città di Palermo, ideale per vivere da studente (affitti bassi, cibo buono ed economico, bel clima, ecc.), diventa molto ostica: è il momento in cui si entra nel mondo degli adulti. È possibile, quindi, che qualcuno si presenti, utilizzando all’inizio anche modi garbati, e consigli di mettersi a posto. Cosa  fare a quel punto? Qualcuno propone di invitare all’inaugurazione il fidanzato carabiniere , in modo da scoraggiare un’eventuale richiesta. Ma come strategia forse è in po' debolina. Dopo lunghe riflessioni, i ragazzi decidono di fare un gesto che è perfino un po' infantile: tappezzare un quartiere di Palermo di adesivi con la scritta Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità. La frase che a Vittorio è venuta in mente una notte. Se davvero noi non siamo nessuno, non abbiamo la possibilità di farci sentire, non ci rimane che l’attacchinaggio notturno. L’idea era di proseguire in altri quartieri nelle notti successive, ma il progetto non andrà mai in porto a causa di quello che i ragazzi scoprono la mattina seguente, accendendo la tv. Il comitato dell’ordine e sicurezza di Palermo (vale a dire questore, prefetto, comandante della finanza e dei carabinieri) si era riunito per discutere di un problema di pubblica sicurezza: la comparsa in alcuni quartieri di adesivi che parlano di pizzo. Una semplice verità aveva messo in crisi la città. Visto che i commercianti non avrebbero mai osato parlare di pizzo così pubblicamente, e men che meno di mafia, chi poteva aver osato tanto? Nessuno pensò a dei ragazzi che non riuscivano ad accettare quello che si era sempre accettato. Qualche giorno dopo ha luogo un incontro fra le istituzioni e questo impaurito gruppo di intraprendenti provocatori. È così viene l’dea di creare un’associazione antiracket che aiuti chi non ha il coraggio di denunciare perché magari si sente solo. Nasce Addiopizzo, la più significativa associazione antiracket di Palermo, che dal giorno della sua fondazione ha visto costantemente aumentare i propri iscritti. Con il passare del tempo la ricetta si rivela incredibilmente azzeccata. Lo conferma l’intercettazione di un mafioso che, qualche anno dopo la nascita dell’associazione, avverte al telefono un altro mafioso di non andare a chiedere il pizzo in quel determinato negozio, perché aderisce ad Addiopizzo’.
Tra i primi commercianti ad aderire all’associazione ci sono le sorelle Pilliu, protagoniste del libro 'Io posso - Due donne sole contro la mafia'.
‘Stavolta, oltre a intervistare i ragazzi di Addiopizzo, voglio incontrare anche qualche commerciante che ha aderito all’associazione. È così, un pomeriggio entro in un negozio di prodotti sardi in via del Bersagliere, gestito dalle sorelle Maria Rosa e Savina Pilliu. Dietro il bancone c’è l’anziana madre. A rilasciare l’intervista è Savina: Non sarei mai disposta a dividere quello che io guadagno con altri…. Da allora con le sorelle Pilliu abbiamo continuato a sentirci e, ogni volta che sono sceso a Palermo, sono passato a trovarle. L’argomento principale delle nostre conversazioni ruotava intorno alla storia del palazzo e delle due case diroccate ….

Fonte: ‘Io posso Due sorelle sole contro la mafia’

sabato 6 novembre 2021

‘Due donne solo contro la mafia’

Pierfrancesco Diliberto, detto Pif, e Marco Lillo, venuti a conoscenza delle vicende delle sorelle Pilliu, hanno deciso di raccontare la loro storia in un libro, un capitolo a testa e con l’intento di cambiare il finale

di Giovanni Pulvino

Fonte lafeltrinelli.it

Gli obiettivi degli autori che hanno scritto il libro ‘Io posso - due donne sole contro la mafia’ sono tre. Raccogliere la cifra necessaria per pagare il 3 per cento chiesto dall’Agenzia delle entrate, far riconoscere lo status di vittime di mafia alle sorelle Pilliu e far ristrutturare il palazzone semidistrutto e concederne l’uso a un’associazione antimafia.

Ecco alcuni brani del libro.

‘Immaginate di tornare un giorno a casa vostra e di trovare un costruttore legato alla mafia lì davanti. Immaginate che vi dica che quella non è casa vostra, ma sua. E che, qualche anno dopo, ve la danneggi gravemente per costruirci accanto un palazzo più grande.

È immaginate di dover aspettare trent’anni prima che un tribunale italiano vi dia ragione.

Immaginate che, dopo tutto questo tempo, vi riconoscano un compenso per i danni, che però nessuno vi pagherà mai dato che il costruttore che vi ha arrecato il danno, nel frattempo, è stato condannato perché legato alla mafia e lo Stato gli ha sequestrato tutto. Inoltre, la società del costruttore si è fatta pure pignorare il palazzo abusivo dalla banca, che a sua volta ha ceduto tutto a una società finanziaria. E ancora, di quella somma, che non riceverete mai, l’Agenzia delle entrate vi chieda il 3 per cento.

Immaginate, infine, che bussando a un comitato che gestisce un fondo per aiutare le vittime di mafia vi sentiate dire: Mi spiace, ma per noi voi non siete vittime di mafia.

Se vi capitasse tutto questo, come vi sentireste? Questo è quello che, più o meno, è successo a Maria Rosa e Savina Pilliu, e alla loro madre. E diciamo ‘più o meno’, perché in trent’anni, in realtà, è successo questo e molto altro.

Siamo a Palermo e l’appartamento dove vivevano le sorelle Pilliu si trova in una palazzina in piazza Leoni, all’ingresso del parco della Favorita. Accanto c’è un’altra palazzina che appartiene anch’essa alla famiglia della mamma delle due sorelle. Pochi metri più indietro, a sovrastare tutti, oggi svetta un moderno palazzo di nove piani tirato su da un imprenditore, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, che negli anni Ottanta decide di comprare tutte le palazzine della zona e creare lo spazio che gli serve per poter costruire il suo bell’edificio abusivo.

Ma c’è un problema: le uniche due persone con cui non riesce a trovare un accordo sono proprio Maria Rosa e Savina Pilliu. Le due sorelle non ritengono accettabili le proposte ricevute. E così un bel giorno, stanco di aspettare, il costruttore pensa bene di andare da un notaio, dichiarandosi proprietario di tutta quella zona – comprese le due palazzine di piazza Leoni – e, corrompendo le persone giuste, aprire il cantiere e cominciare a costruire.

Solo dopo trent’anni lo Stato darà ragione alle denunce delle sorelle Pilliu. Nel corso di questo lunghissimo periodo, intorno al palazzo abusivo si aggireranno vari personaggi: mafiosi eccellenti, figli di mafiosi eccellenti, assessori corrotti, killer di mafia latitanti, avvocati illustri diventati poi importanti politici, istituzioni pavide, vittime di lupare bianche, anonimi intimidatori e banchieri generosi’. 

Io posso è una sorta di mantra a Palermo. Non importa cosa dice la regola, perché tanto Io posso. Le regole valgono solo per gli stupidi. Io posso sottintende sempre: E tu no. Ecco, a noi piace molto questa frase. La gridiamo a gran voce ma con un senso opposto. Io posso e tu no perché io sono lo Stato e tu no’.

Fonte: ‘Io posso - Due sorelle sole contro la mafia’


lunedì 11 gennaio 2021

‘Agli occhi del bambino siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi’

'Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così, solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è, allora, che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare', Giovanni Falcone.

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giuseppe Di Matteo in una foto scatta durante la prigionia
(ilsicilia.it)

Tra le tante vittime innocenti della Mafia c’è quella di Giuseppe Di Matteo, ucciso per ‘tappare’ la bocca al padre Santino che aveva fatto i nomi degli autori della strage di Capaci. Il piccolo Giuseppe fu rapito il 23 novembre del 1993 mentre si trovava al maneggio di Altofonte. Secondo le deposizioni fatte da Gaspare Spatuzza, che prese parte al rapimento, i sequestratori travestiti da carabinieri convinsero il piccolo Giuseppe a seguirli con la promessa che avrebbe rivisto il padre che, per la sua collaborazione, era sotto protezione‘Agli occhi del bambino – ha dichiarato il pentito - siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi’.

Il rapimento, durato 779 giorni, era finalizzato a spingere Santino Di Matteo a ritrattare le sue dichiarazioni. Il pentito non si piegò al ricatto e continuò la sua collaborazione con le autorità giudiziarie. L’11 gennaio del 1996, su ordine di Giovanni Brusca, il piccolo Di Matteo, che allora aveva appena 15 anni, fu ucciso e poi sciolto nell’acido.

'La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione', Giovanni Falcone.

Fonte wikipedia.org


lunedì 2 novembre 2020

La meglio gioventù e non solo

Tutti quelli che c’erano ricordano quel giorno, tutti sanno i nomi di chi c’era, tutti si riconoscono come parte di quella comunità. Eppure, è un’immagine che esiste solo per puro caso. Fino ad un minuto prima nessuno avrebbe pensato ad una foto di gruppo dei Torremuzzari

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

 I Torremuzzari, fine anni Settanta - (foto di Petronio)

Era un giorno come tanti. Una domenica come un’altra. Spensierata, a giocare a bocce e, in diversi, a guardare. Si, perché allora otto bocce ed un pallino erano comunità e condivisione. Non serviva altro. Segnava le domeniche invernali dei Torremuzzari di tutte le età. Nelle piccole comunità è così: le generazioni si contaminano a vicenda, non c’è l’anziano ed il giovane, ma una ‘umanità’ senza tempo, senza età.   

Le squadre si formavano al momento, tenendo conto di chi c’era o più semplicemente di chi arrivava per primo in piazzetta. Il campo era la strada e la piazza, con le sue mattonelle un po’ sconnesse ed i marciapiedi bassi, dritti o ad angolo.

Quella mattina è stata diversa dalle altre. Nessuno di noi lo sapeva, ma è sempre così, le cose succedono senza volerlo, nel bene o nel male accadono. Durante la partita, ecco che arriva Petronio, stava semplicemente passando. Di certo non sapeva di quella piccola ‘folla’ di Torremuzzari. Un attimo ed uno di loro ha un’idea brillante. ‘Petronio perché non ci fai una foto?’. Sì, perché Petronio era un fotografo, non ho mai saputo se fosse un dilettante o un professionista e se quella foto, poi, sia stata pagata e da chi, e soprattutto non ho mai saputo chi ha l’originale. Ma che importa, c’è, questo solo conta. Anzi, tutti noi dobbiamo ringraziare chi ebbe quella brillante idea, di certo è o era qualcuno particolarmente affezionato a quel luogo ed a quella comunità.

È bastato poco per chiamare chi si trovava in quel momento in piazza Marina. Anche le ragazze si sono avvicinate. Tutti in posa sul muretto, quello dove ci sedevamo per guardare le partite di bocce. Dietro c’è la ferrovia, a sinistra i ponti che caratterizzano il piccolo borgo marinaro.

Uno scatto, uno solo ed ecco che un momento di vita vissuta resta immortalato per sempre. Rivedersi giovani, con i capelli lunghi, con espressioni spensierate è struggente, ti ricorda che il tempo passa. Non puoi fermarlo. Eppure, quella foto racchiude una comunità, un’entità precisa, unica, come, del resto, lo sono tante altre.  

Quel giorno nessuno di noi avrebbe mai pensato di vivere un momento di vita che sarebbe stato possibile ricordare e tramandare a chi verrà dopo noi. E non voglio scrivere i nomi di chi c’era, non ora, non più, adesso non potrei.

Gli sguardi dei giovani e degli anziani in posa esprimono l’animo di una comunità, meglio di come possa fare qualunque parola o pensiero. Diversi per età, spesso antagonisti e polemici, ma pur sempre appartenenti agli stessi luoghi, alle stesse strade, al rumore del mare, ai ponti della ferrovia, allo stabilimento che produceva olio di sansa, alla Torre, allo scoglio, al tabacchino, alla piazzetta, alle bocce di quel giorno, a Petronio, a quel muretto, a quel momento, triste e bello nello stesso tempo.

Tutti, anche quelli che quel giorno non c’erano, anche quelli che non ci sono più, appartenevamo ed apparteniamo allo stesso Borgo marinaro, alla stessa famiglia, a quella dei Torremuzzari.

Si, perché non siamo nient’altro. Solo pensieri ed immagini di chi ci sta di fronte, di chi abbiamo incontrato nella nostra strada, di chi anche senza volere ci tiene in un angolino della sua memoria.

martedì 12 marzo 2019

Arrestati gli amministratori della Blutec, ma a pagare sono sempre i lavoratori

Sono trascorsi oltre sette anni dalla chiusura dell’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese e, mentre gli amministratori della Blutec sono sottoposti a misure cautelari, gli operai e gli addetti dell’indotto aspettano ancora di riavere un’occupazione stabile

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Lo stabilimento di Termini Imerese - (foto da tiscali.it)
Il presidente del consiglio di amministrazione, Roberto Ginatta, e l'amministratore delegato della Blutec, Cosimo di Cursi, sono stati arrestati per malversazione ai danni dello Stato. Sull'ex stabilimento Fiat di Termini Imerese è stato emesso un decreto di sequestro preventivo. Analogo provvedimento è stato preso sulle disponibilità finanziarie, immobiliari e mobiliari riconducibili agli indagati per un importo complessivo di 16 milioni e 516 mila euro. 
La vicenda dello stabilimento siciliano ha avuto inizio nel 2010, quando il nuovo amministratore delegato della FiatSergio Marchionne, annunciò la chiusura della fabbrica. La dismissione si concretizzerà il 31 dicembre del 2011. Circa 800 operai ed oltre 1.000 addetti dell’indotto rimasero senza lavoro. Il tentativo di accordo per il salvataggio dello stabilimento con il gruppo Dr Motor Company attiva nella costruzione di auto elettriche fallì e dal 2015 la fabbrica è passata alla newco Blutec. L’azienda che si occupa di componentistica per auto è nata nel 2014 all’interno del gruppo Metec. L’intesa, firmata quattro anni fa tra le parti sociali, il Governo e gli Enti locali, destinava 360 milioni di euro (tra fondi statali e regionali) per la riqualificazione dell’area. La società si impegnò a riassumere 50 operai entro il mese di aprile del 2016 ed altri 200 entro la fine di quell’anno. Ma ad oggi il processo di rinascita della fabbrica e del polo industriale di Termine Imerese non si è realizzato. Nello stabilimento ex Fiat ci sono un centinaio di lavoratori impiegati esclusivamente in piani di formazione. 
L'inchiesta della Procura di Termini Imerese ha per oggetto la prima tranche del finanziamento di 21 milioni di euro che l'azienda ha ricevuto da Invitalia (l’agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa partecipata al 100% dal ministero dell'Economia). I magistrati ipotizzano che i soldi percepiti dalla Newco non siano stati utilizzati per il risanamento dell'azienda e per la riapertura della fabbrica. Gli amministratori della Blutec, dopo l’incontro tenutosi al Mise il 4 ottobre scorso, si erano impegnati a restituire il finanziamento (in sei rate trimestrali) e, nello stesso tempo, a riproporre un piano industriale alternativo. Propositi ritenuti non sufficienti dalla Procura e che non hanno impedito l'emissione dei provvedimenti restrittivi e del sequestro patrimoniale.
Insomma, dopo oltre sette anni di tira e molla siamo ancora al punto di partenza. Tutto ciò crea forti preoccupazioni tra i lavoratori ed i sindacati. La Fiom, che nel 2015 espresse forte perplessità sul piano di reindustrializzazione proposto da Blutec, ha chiesto al Governo la ricerca di investitori che siano in grado di realizzare un piano di rioccupazione dei lavoratori. Ma finora nulla di concreto è stato realizzato o prospettato. Al Sud, lo Stato non investe, le aziende private delocalizzano, le infrastrutture sono fatiscenti e le opportunità di iniziare un'attività economica sono pochissime. In questa situazione di degrado e di sottosviluppo ai meridionali non resta che emigrare o continuare a vivere di assistenza. 





28 dicembre 2018

A Motta d’Affermo la politica è al servizio dei cittadini


L'Assegno civico posto in essere dagli amministratori comunali di Motta d'Affermo con l'indennità di carica è una modalità di sostegno al reddito da imitare per il Reddito di cittadinanza
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Torremuzza, frazione del comune di Motta d'Affermo
In Italia, come ha certificato l’Istat, i poveri, quelli ‘veri’, sono tanti, soprattutto al Sud. Anche se essi dispongono di un reddito ‘insufficiente’ vivono, nella maggioranza dei casi, con dignità e quando svolgono un'attività lo fanno con serietà e senso del dovere.
Nella passata legislatura il governo di Paolo Gentiloni ha introdotto il Rei stanziando circa 2,9 miliardi di euro. Il provvedimento si è dimostratoinsufficiente per risolvere il problema della povertà e dell’esclusione sociale, ma esso è comunque l’inizio di un percorso che potrà essere continuato ed integrato proficuamente con il Reddito di cittadinanza. Molto dipenderà dalle modalità di applicazione della nuova legge e se essa avrà come obiettivo la dignità del lavoro. A tale scopo può aiutare l’azione di sostegno al reddito avviata in un piccolo comune del profondo Sud: Motta d’Affermo.
Torremuzza, frazione di Motta d'Affermo
In questo paese dei Nebrodi gli amministratori hanno rinunciato all’indennità di carica, ripetendo quanto avevano già fatto in altre due precedenti legislature. Le risorse risparmiate dalle casse comunali sono ora utilizzate per coprire alcuni servizi erogati dall’Ente, tra questi la spesa relativa all’Assegno civico. All’inizio dell’anno l’Amministrazione comunale ha elaborato un piano di lavoro da affidare ai disoccupati. I lavoratori individuati con un’apposita graduatoria sono stati assegnati alla pulizia delle strade e alla sistemazione del verde. In tutto sono stati impiegati quattordici addetti. Ebbene da quando questi ‘precari’ sono stati assegnati a questo compito le strade sono pulite ed il verde pubblico è curato come non mai. La cifra che essi percepiscono non è nemmeno un quinto di quanto incassa un dipendente a tempo indeterminato ed il contratto che hanno sottoscritto è di breve durata, eppure svolgono il loro lavoro con serietà.
Qui, in questa piccola comunità (al Sud è assai più frequente di quanto si pensi), la politica è al servizio dei cittadini e questa storia è la migliore risposta a coloro che in modo superficiale ritengono che i meridionali non vogliono lavorare. I disoccupati, gli esclusi ed i precari del Sud non hanno bisogno di ‘assistenzialismo’, ma della dignità del lavoro e l’azione di politica sociale posta in essere a Motta d’Affermo ne è un esempio. Il governo Conte ed i due vice premier, Di Maio e Salvini, sapranno fare altrettanto con il Reddito di cittadinanza?

Fonte: comune.mottadaffermo.me.it 

sabato 17 novembre 2018



Petralia Soprana, il ‘balcone delle Madonie’

Tra i paesi che partecipano su Raitre all’edizione 2018 della gara il Borgo dei borghi’ c’è anche Petralia Soprana, il ‘balcone delle Madonie’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Video da youtube.com

Petralia Soprana è il più alto comune delle Madonie ed è incluso nel circuito dei borghi più belli d’Italia. Non esistono documenti storici certi, ma è assai probabile che l'antica Petra dopo essere stata fondata dai siculi sia passata sotto l’influenza greca, cartaginese e infine romana. La città fu, infatti, consegnata nel 254 a.C. ai consoli romani Aulo Attilio e Gneo Cornelio. Inserita tra ‘le civitates decumanae’ fu sottoposta al tributo annuo della decima in natura. Il borgo divenne così uno dei principali fornitori di grano di Roma.
Durante il Medioevo Petralia fu occupata dai bizantini, dagli islamici e dai normanni. Nel 1062 Ruggero di Altavilla vi edificò i castelli ed i bastioni che il borgo conserva ancora oggi. La distinzione tra Petra ‘inferior’ (Petralia Sottana) e Petra ‘superior’ (Petralia Soprana) appare per la prima volta nel 1258. La cittadina fece parte del patrimonio dei conti di Ventimiglia di Geraci Siculo e, successivamente, appartenne alla contea di Collesano, dei Cardona, dei Moncada e degli Alavrez di Toledo.
Numerosi monumenti ed opere architettoniche arricchiscono la cittadina, tra queste la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (XIV secolo), quella di Santa Maria di Loreto (1750), quella del Santissimo Salvatore e di Santa Maria di Gesù (1611). In piazza del Popolo è stato eretto un monumento di Antonio Ugo dedicato ai caduti di tutte le guerre.
La festa principale del Paese è quella dei Santi Pietro e Paolo che si svolge ogni anno alla fine di giugno. La processione religiosa è accompagnata dal suono dei tamburi suonati dal gruppo ‘tamburiani e strinnardiri supranisi’. Altro avvenimento caratteristico è quello della settimana Santa con il cosiddetto ‘U ‘ncuntru’ che si svolge la domenica di Pasqua. A Ferragosto viene rievocato il matrimonio baronale che consiste nel riproporre il matrimonio di due nobili del Settecento. Dolce tipico è lo sfoglio, anche se è accesa la disputa sulla sua origine con gli altri paesi delle Madonie, primo tra tutti Polizzi Generosa.
Il Borgo è detto il ‘balcone delle Madonie’. Dal Paese, infatti, la vista delle valli interne della Sicilia è mozzafiato. Un panorama campestre che muta con il passare delle stagioni. Una miriade di colori si alternano, dal verde delle valli in primavera, al giallo del grano dopo la mietitura, al marrone scuro della terra appena arata, al rosso dei tulipani di Blufi, al bianco della neve nel periodo invernale. Solo i supranesi possono godere della sagoma di Mugibello’ che si erge verso oriente ad oltre cento chilometri di distanza come protettore e padrone dell’isola della zagara e dei limoni.
Un luogo incantato, su cui per secoli hanno faticato da ‘suli a suli’ generazioni di contadini che solo di recente sono riusciti ad emanciparsi da una condizione di povertà imposta dai latifondisti e dai gabelloti. Ed è su queste valli che nel 1948 è stato assassinato dalla Mafia Epifanio Li Puma, supranese che ha avuto il solo torto di aver lottato per dare un’esistenza dignitosa alla sua famiglia e alla sua ‘Madre terra’: Petralia Soprana.


Fonti: yuotube.com, wikipedia.org e drepanon.org



sabato 27 ottobre 2018



Blutec e la mancata rinascita del polo industriale di Termini Imerese

Sono trascorsi sette anni dalla chiusura dell’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese e gli operai e gli addetti dell’indotto aspettano ancora di riavere un’occupazione stabile

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
La fabbrica di Termini Imerese - (foto da tiscali.it)
Nel gennaio del 2010 il nuovo amministratore delegato dellaFiat, Sergio Marchionne, annunciava l’irrevocabile chiusura dello stabilimento siciliano. La dismissione si concretizzerà il 31 dicembre del 2011. Circa 800 operai ed oltre 1.000 addetti dell’indotto rimasero senza lavoro. Il tentativo di accordo per il salvataggio della fabbrica con il gruppo Dr Motor Company attiva nella costruzione di auto elettriche fallì e dal 2015 lo stabilimento è passato alla newco Blutec. L’azienda che si occupa di componentistica per auto è nata nel 2014 all’interno del gruppo Metec. La società si impegnò a riassumere 50 operai entro il mese di aprile del 2016 ed altri 200 entro la fine di quell’anno. L’intesa, firmata quattro anni fa tra le parti sociali, il Governo e gli Enti locali, destinava 360 milioni di euro (tra fondi statali e regionali) per la riqualificazione dell’area. Ad oggi il processo di rinascita della fabbrica e del polo industriale di Termine Imerese non si è realizzato. Nello stabilimento ex Fiat ci sono un centinaio di lavoratori impiegati esclusivamente in piani di formazione.
Nei giorno scorsi si è saputo che la Procura di Termini Imerese ha avviato un’indagine sulla Blutec. L’oggetto dell’inchiesta è la prima tranche del finanziamento di 21 milioni di euro ricevuto da Invitalia (l’agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa partecipata al 100% dal ministero dell'Economia). I magistrati vogliono capire dove sono finiti i soldi e come sono stati utilizzati dalla Newco.
L’azienda, dopo l’incontro tenutosi al Mise il 4 ottobre scorso, si è impegnata a restituire il finanziamento (in sei rate trimestrali) e, nello stesso tempo, a riproporre un piano industriale alternativo. Insomma dopo sette anni di tira e molla siamo ancora al punto di partenza. Tutto ciò crea forti preoccupazioni tra i lavoratori ed i sindacati. La Fiom, che nel 2015 espresse forte perplessità sul piano di reindustrializzaziont proposto da Blutec, ha chiesto al Governo la ricerca di investitori che siano in grado di realizzare un piano di rioccupazione dei lavoratori.
Stessa preoccupazione ha espresso nei giorni scorsi il Sindaco di Termini Imerese Francesco Giunta: ‘Questa situazione fa piovere sul bagnato l’azienda deve ancora restituire 21 milioni di euro, non è stata in grado con queste somme di produrre qualcosa di concreto ed entro il 31 dicembre di quest’anno avrebbe dovuto assorbire ottocento lavoratori dell’ex Fiat’. Invece non sarà così, ma forse questo era scontato.







sabato 13 ottobre 2018


I tempi per la ricostruzione del ponte Morandi saranno ‘biblici’ come per il viadotto Himera?

Il rifacimento della carreggiata del viadotto Himera dell’autostrada Palermo – Catania, ceduto nel 2015 a causa di una frana, sarà completato nel 2020. La ricostruzione del ponte crollato a Genova avverrà con gli stessi tempi ‘biblici’?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il viadotto Himera e la bretella costruita dall'Anas
Era il 10 aprile del 2015 quando cedette lungo l’autostrada A19 Palermo - Catania il viadotto Himera. Non ci furono morti, ma dal quel giorno iniziarono i disagi per gli automobilisti che da Palermo dovevano recarsi nelle città della Sicilia centro - orientale. L'interruzione, causata da una frana, divise l'isola in due. Non esiste, infatti, un'altra autostrada che attraversi la Sicilia da Nord a Sud o da Est ad Ovest e viceversa. Per diversi mesi, cioè fino al 2016 quando l’Anas finì di costruire una bretella (la trazzera finanziata dai grillini era ed è troppo pericolosa per essere considerata un’alternativa valida), gli automobilisti furono costretti a fare il giro da Polizzi Generosa. Dovevano cioè percorrere una strada statale fatiscente che allungava il tragitto di oltre mezz’ora prima di poter rientrare sull’A19 per Catania. Tra l'altro è una strada non utilizzabile da camion ed autoarticolati che, pertanto, per attraversare l'isola furono costretti a fare il giro da Messina, oltre 4 ore di autostrada in più. Ebbene, dopo quasi tre anni (febbraio 2018) l’Anas ha espletato la gara e dal giugno scorso sono iniziati i lavori per il rifacimento di 270 metri di viadotto. La carreggiata che sarà realizzata in ferro sarà completata, secondo l'Ente nazionale per le strade, in 570 giorni (apertura prevista nel 2020). Il costo complessivo sarà di 11 milioni di euro.
Insomma, altri due anni, in tutto quasi cinque salvo complicazioni (ritardi nei lavori, risorse insufficienti e ricorsi amministrativi) per ripristinare un’arteria vitale per l’isola. Senza considerare le infiltrazioni mafiose e la scarsa serietà con cui spesso vengono eseguiti i lavori. Del resto le inefficienze ed i ritardi nella realizzazione delle infrastrutture pubbliche al Sud sono la normalità. I lavori per l’autostrada Palermo - Messina iniziati nel 1969 si sono conclusi nel 2005, ci sono voluti, cioè, 36 anni. Paradossale poi il cedimento del viadotto ‘Scorciavacche2’ sulla Statale 121 della Palermo - Agrigento inaugurato nel 2015 alla vigilia di Natale è crollato la notte di Capodanno.
Il ponte Morandi, invece, si trova in una grande città del Nord, dove di solito le opere pubbliche sono realizzate con maggiore celerità e con maggior rispetto delle norme sulla sicurezza. Certo le incertezze e le contrapposizioni evidenziate nella stesura del decreto per Genova e la frettolosa esclusione di Autostrade per la ricostruzione non sono un buon segno. Ma siamo nel ricco e laborioso settentrione ed è certo che il nuovo ponte verrà ricostruito prima che a Scillato l'Anas completi i lavori del viadotto Himera dell'autostrada A19 Palermo - Catania.


martedì 18 settembre 2018


Questione meridionale e lavoro precario

I dati sull’andamento del mercato del lavoro nel secondo trimestre 2018 pubblicati dall’Istat confermano, oltre all’incremento del lavoro precario, il crescente divario economico e sociale tra il Nord ed il Sud del Paese 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da lavocedelquartiere.it
Il lavoro è sempre più precario e flessibile, a sostenerlo è l’Istat. ‘La consistente crescita dell'ultimo periodo – si legge nel comunicato dell’Istituto di statistica - ha comportato oltre 700 mila occupati  a termine in più rispetto al pre-crisi (+30,9%). A questa crescita fa da contraltare la perdita di circa 600 mila indipendenti (-10,2%) nonostante l'aumento nell'ultimo trimestre’. Cresce il lavoro part time. ‘In dieci anni gli occupati part time sono aumentati di quasi un milione, a fronte di una diminuzione di poco inferiore di quelli a tempo pieno.
L’occupazione torna ai livelli del 2008, ma solo al Nord. ‘Nel secondo trimestre 2018 si contano 205 mila occupati in più rispetto al secondo trimestre 2008. Si è raggiunto e superato il numero degli occupati del secondo trimestre 2008 e il tasso di occupazione 15-64 anni non destagionalizzato è tornato allo stesso livello (59,1% in entrambi i periodi). Nel Centro-nord la ripresa è iniziata prima e ha portato al recupero delle perdite occupazionali dovute alla crisi già nel secondo trimestre 2016 mentre nel Mezzogiorno, dove il calo degli occupati ha riguardato complessivamente 700 mila unità fino al 2014, il saldo rispetto al pre-crisi è ancora ampiamente negativo (-258 mila, -3,9%; il relativo tasso -1,6 punti)’
Quello descritto dall’Istat è un Paese che si muove a due velocità. Da un lato c’è il Nord che torna a crescere e dall’altro il Sud che invece arranca e si avvia verso la desertificazione economica e sociale. Lo evidenziano anche altri indicatori come le differenze reddituali (nel Settentrione il reddito medio pro-capite è stato nel 2016 di 32.889 euro, al Sud di 17.984 euro) e quelle sul tasso di occupazione (il divario nel 2007 era del 20,1%, nel 2016 è salito a 22,5%). Ed ancora: i flussi migratori (negli ultimi 16 anni 1 milione e 883 mila residenti hanno lasciato il Mezzogiorno) e la perdita di residenti (tra il 2012 ed il 2016 il saldo netto nelle regioni meridionali è stato negativo per 783 mila unità, di cui 220 mila laureati). 
Il divario tra il Nord ed il Sud continua a crescere e la Questione meridionale non solo è rimasta irrisolta, ma è il problema fondamentale del nostro Paese. La politica degli incentivi all’occupazione, adottata negli ultimi tre decenni, non ha ridotto le differenze economiche e sociali. Nelle regioni del Sud è indispensabile ed urgente una seria politica d’investimenti pubblici. Una specie di Piano Marshall 2.0 che preveda lo spostamento di risorse pubbliche dal Nord al Sud del Paese. Ma, anche se la Questione è nazionale, è forte il dubbio che ad occuparsi dello sviluppo del Meridione possa essere un leghista doc come Matteo Salvini.

Fonte: istat.it


 

venerdì 14 settembre 2018

Don Pino si voltò, sorrise ai suoi assassini e disse: ‘Me l’aspettavo’


‘Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto’, Papa Francesco 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Don Pino Puglisi - (foto da wikipedia.org)
Il 15 settembre del 1993, giorno del suo 56° compleanno, don Pino Puglisi intorno alle 22,45 era appena sceso dalla sua Fiat Uno bianca e si stava avvicinando al portone di casa quando qualcuno lo chiamò, lui si voltò, sorrise ai suoi assassini e disse: ‘Me l’aspettavo, subito dopo Salvatore Grigoli, killer della mafia, gli sparò un colpo alla nuca. 
Un uomo di fede se ne andato così, senza nessun timore verso chi, accecato dall’odio, ha sparato senza esitazione. Don Pino era un uomo mite ed è morto per la sua testardaggine nel credere che un’altra Sicilia è possibile e che l’amore e la giustizia prima o poi trionferanno. Un ‘Santo’ che forse i siciliani non meritano di avere.
Mandanti dell’omicidio furono i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, condannati all’ergastolo insieme agli altri componenti del commando, cioè Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone. Il 26 agosto del 2015 Don Pino è stato insignito della medaglia d’oro al valor civile alla memoria con la seguente motivazione: Per l'impegno di educatore delle coscienze, in particolare delle giovani generazioni, nell'affermare la profonda coerenza tra i valori evangelici e quelli civili di legalità e giustizia, in un percorso di testimonianza per la dignità e la promozione dell'uomo. Sacrificava la propria vita senza piegarsi alle pressioni della criminalità organizzata. Mirabile esempio di straordinaria dedizione al servizio della Chiesa e della società civile, spinta fino all'estremo sacrificio. 15 settembre 1993 – Palermo’.





lunedì 30 aprile 2018

Portella della Ginestra, ‘giustizia quanno arrivi…’


‘Noi vogliamo che i nostri figli imparino a leggere e scriv… ‘, poi gli spari e le grida di terrore dei lavoratori e dei loro famigliari che stavano festeggiando il Primo maggio a Portella della Ginestra

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Video da youtube.it

Centinaia di lavoratori provenienti da Piana degli Albanese, da San Cipirello, da San Giuseppe Jato e dalle campagne vicine si ritrovarono quel mattino del 1947 a Portella della Ginestra per festeggiare il Primo maggio. Interrotta durante il fascismo, i sindacati decisero che era giunto il momento di riprendere la tradizione di recarsi in quel luogo per la festa dei lavoratori. Dieci giorni prima, infatti, si era votato in Sicilia e c’era stata la vittoria delle Sinistre e del Blocco del Popolo sulla Democrazia cristiana, sui monarchici e sui separatisti. Era un momento politico importante per l’isola, l’occupazione delle terre, la riforma agraria e le lotte sindacali stavano mettendo in crisi la mafia dei latifondi. In attesa degli oratori ufficialiun calzolaio di San Giuseppe Jato, Giacomo Schirò, segretario della locale sezione socialista, decise di intrattenere la folla. Ecco cosa riuscì a dire: ’Compagni, amici, lavoratori ogni primo maggio, fascismo o non fascismo, noi siamo sempre venuti qui, prima eravamo pochi ma oggi siamo una forza e lo abbiamo dimostrato nelle elezioni del parlamento siciliano con la strepitosa vittoria del Blocco del popolo. Questa è stata una prima grande vittoria, ma è solo l’inizio, non basta che ci diano la terra devono darci sementi, attrezzi, aratri, devono costruirci le strade, le case, devono portarci l’acqua, la luce nelle campagne. Insomma dobbiamo portare la civiltà nelle campagne. Noi vogliamo che i nostri figli imparino a leggere e scrivere per togliere questa vergogna dell’analfabetismo, perché a causa della nostra ignoranza siamo soggetti … dei gabelloti. Noi vogliamo che i nostri figli imparino a leggere e scriv…’. Poi gli spari e le grida di terrore dei contadini e dei loro familiari. Salvatore Giuliano e la sua banda, appostati sul monte Pelavet, avevano iniziato a sparare sui manifestanti, inizialmente furono scambiati per i tradizionali mortaretti della festa, poi il terrore s’impadronì della folla.
Foto da esperonews.it
Quel Primo maggio sul prato di Portella furono assassinati Margherita Clesceri (37 anni), Giorgio Cusenza (42 anni), Giovanni Megna (18 anni), Francesco Vicari (22 anni), Vito Allotta (19 anni), Serafino Lascari (15 anni), Filippo Di Salvo (48 anni), Giuseppe Di Maggio (13 anni), Castrense Intravaia (18 anni), Giovanni Grifò (12 anni), Vincenza La Fata (8 anni). Altri 27 rimasero feriti. Serafino Pecca, sopravvissuto alla strage ricorda‘Quella mattina siamo saliti qua, nel 1947, cominciò a parlare il segretario della Camera del lavoro, ha detto poche parole e iniziarono i primi spari’. Ed ancora: ‘Cercavamo un diritto che ci apparteneva, possibile che qui quattro o cinque persone che avevano mille ettari, chi duemila, chi di più con la gente che moriva di fame. Il giorno dopo, chiamato a riferire davanti all’Assemblea costituente sui fatti avvenuti a Portella della Ginestra, il ministro dell’Interno Mario Scelba disse che dietro alla strage ‘non c’era nessuna finalità politica o terroristica’. Ci vollero mesi per individuare in Salvatore Giuliano e nella sua banda gli esecutori materiali. I nomi dei mandanti sono invece ancora un segreto di Stato. Di certo quel giorno, oltre a sopprimere con la violenza un altro tentavo di emancipazione del popolo siciliano, ebbe inizio lastrategia della tensione che, nei decenni successivi, impedirà alla Sinistra italiana di accedere al governo del paese.

Fonti: wikipedia.it, osservatoriorepressione.it e yuotube.it









 










martedì 20 marzo 2018



#21marzosocialday per ricordare le vittime innocenti della mafia

La Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie organizzata dall’associazione Libera quest’anno si terrà sul tema ‘Terra, solchi di verità e giustizia’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da libera.it
L’iniziativa si terrà a Foggiama, com'è già avvenuto nel 2016 a Messina e lo scorso anno a Locri, sarà replicata simultaneamente in migliaia di luoghi d’Italia, dell’Europa e dell’America Latina. Durante la manifestazione saranno letti gli oltre 900 nomi di vittime innocenti delle mafie. ‘Per contrastare la criminalità organizzata e la corruzione – si sottolinea nel comunicato dell’associazione - occorre sì il grande impegno delle forze di polizia e di molti magistrati, ma prima ancora occorre diventare una comunità solidale e corresponsabile, che faccia del noi non solo una parola, ma un crocevia di bisogni, desideri e speranze. Volti di un Paese magari imperfetto, ma pulito e operoso, che non si limita a constatare ciò che non va, ma si mette in gioco per farlo andare’.
Nel 2016 oltre 350.000 persone si ritrovarono nelle piazze, nelle scuole, nelle parrocchie ed associazioni per partecipare alla Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che l'associazione Libera di Don Ciotti celebra dal 1996, ogni 21 marzo, primo giorno di primavera ‘simbolo di rinascita’.
Il #21marzosocialday è un'occasione per ‘costruire nel Paese una memoria responsabile e condivisa che dal ricordo può generare impegno e giustizia sociale’.

Fonte: libera.it 


giovedì 1 marzo 2018

'La Madre terra’ di Epifanio Li Puma


Era il due marzo del 1948 quando nei terreni di Alburchia, feudo del marchese Pottino, tra Petralia Soprana e Gangi, due sicari della mafia agraria delle Madonie uccisero Epifanio Li Puma 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Portella della Ginestra - (foto da repubblica.it)
Dirigente del movimento per l’occupazione delle terre, Epifanio Li Puma, è stato assassinato davanti al figlio undicenne mentre lavorava il suo pezzo di terra. Allora i contadini siciliani lavoravano da ‘suli a suli’, dall’alba al tramonto per guadagnarsi un pezzo di pane e garantire la sopravvivenza alla loro famiglia. I suoi mandanti, nonostante fossero stati denunciati, non pagarono mai per la sua morte. 
Mezzadro d’idee antifasciste, Li Puma, è stato uno dei promotori della cooperativa ‘La Madre terra’,costituita per rendere operativi i decreti Gullo. La normativa regolava la concessione  delle terre incolte ai contadini. Avrebbe dovuto costituire una tappa importante nella storia del Mezzogiorno e della lotta per l’abolizione del latifondo. L’obiettivo era eliminare una delle principali cause di sottosviluppo del Sud e delle condizioni di povertà del popolo siciliano.
Petralia Soprana - (foto da typicalsicily.it)
Ma, di fronte alle legittime pretese dei contadini, la reazione dei latifondisti e della criminalità agraria, assecondata dai politici collusi e da membri infedeli delle istituzioni, è stata feroce. In quegli anni decine di sindacalisti o di semplici contadini che presero parte all'occupazione delle terre e che lottarono per l'emancipazione del popolo siciliano furono assassinati. Omicidi spietati come quello di Epifanio Li Puma a Petralia Soprana, Salvatore Carnevale a Sciara, Placido Rizzotto e Giuseppe Letizia a Corleone o stragi di civili innocenti come i contadini ed i loro familiari mentre festeggiavano il Primo maggio a Portella della Ginestra.
Epifanio Li Puma - (foto da wikipedia.org)
Il 17 marzo 1948, una settimana dopo il rapimento di Placido Rizzotto (quando ancora non si sapeva della sua morte), ecco cosa scriveva Girolamo Li Causi sulle colonne dell’Unità. Il delitto per ammissione stessa delle autorità, è politico: tutti sanno chi lo ha premeditato, organizzato ed eseguito. Anche la polizia lo sa. Li Puma veniva freddamente atterrato da due briganti della banda di Dino, banda che vive grazie alla complicità dei baroni che le assicurano ospitalità, sussistenza, protezione. Niente giustifica l’efferato delitto. Li Puma, padre di nove figli, contadino poverissimo aveva trascorso tutta la sua esistenza lavorando la terra, dirigendo la lega contadina di Petralia, organizzando la cooperativa “La Madre terra” che da tre anni è in lotta con i signori feudali per il possesso meno precario della terra, per più umane condizioni di esistenza. Dal Marchese proprietario, al campiere che indica ai banditi la vittima perché non sbaglino, ai sicari rotti ad ogni delitto la catena è limpida. Ma la polizia come già per altre decine di contadini capilega trucidati in questi ultimi mesi non vuole scoprire i mandanti e archivia le pratiche.
Quella Sicilia in chiaroscuro, della sopraffazione e dell’egoismo, dell’orgoglio e dall’altruismo, esiste ancora oggi e non solo nelle campagne delle Madonie o dei Nebrodi. Ma come disse Giovanni Falcone: 'La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà anche una fine'. Solo e soltanto allora la terra del sole e del profumo di zagara, del mare e dei monti, dei poveri e degli onesti potrà emanciparsi è diventare quella ‘Madre terra’ che sognava e per cui ha dato la vita Epifanio Li Puma.

Fonti: rassegna.it e agrariadotme.worpress.com


lunedì 6 novembre 2017

In Sicilia vince il partito dell’astensione e dell’ingovernabilità



2.481.637 siciliani su 4.661.111 non sono andati a votare, oltre un siciliano su due non crede più nella politica, oggi ad essere sconfitta è la democrazia rappresentativa italiana 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da termometropolitico.it
La disaffezione alla politica continua a crescere, la maggioranza dei siciliani non crede più nei loro rappresentantiL’affluenza alle urne è calata ancora, ed è un record storico. Il 53,24 per cento degli aventi diritto non è andato a votare, cinque anni fa furono il 52,59 per cento. I cittadini dell’isola sono stanchi di promesse mancate e di politiche inconcludenti ed autoreferenziali. In questa sconfitta non può essere escluso nessuno. In particolare il M5s che è nato proprio per raccogliere il consenso dei delusi e degli elettori che non credono più nelle istituzioni democratiche. Il dato è preoccupante perché è un segnale chiaro per tutta la classe dirigente italiana, vecchia e nuova. Ed è una sconfitta per laSinistra che non riesce a far ritornare al voto quel ‘popolo’ progressista che, a dire il vero, in Sicilia è sempre stato piuttosto debole, ma nonostante ciò rimane il fatto che la lista i ‘Centro passi’ non riesce ad uscire dal confine della cosiddetta Sinistra ‘radicale’, non riesce cioè ad essere rappresentativa della parte più debole del popolo siciliano che invece continua ad affidarsi al politico moderato, ‘amico degli amici’, o al contrario al voto di protesta grillino, che nella sostanza è un non voto. Vince Nello Musumeci con il consenso di meno di due siciliani su dieci e che per governare dovrà fare un accordo con il Pd o con una delle liste che sostenevano Fabrizio Micari. Del resto un’intesa di larghe intese era il risultato messo in conto alla vigilia del voto da Matteo Renzi e da Angelino Alfano. La Sicilia dopo la parentesi di Rosario Crocetta e della sua mancata ‘rivoluzione’ torna ad essere governata dai soliti noti, quelli della cattiva gestione delle risorse pubbliche, del favore, dell’amicizia, che in gran parte sono responsabili dell’alto tasso di disoccupazione (22,1%, oltre il doppio della media europea) e delle 260 mila famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta o relativa. Insomma vincono ancora una volta i poteri forti, quelli che dicono: ‘se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi’.Con questa logica politica ed istituzionale continueranno a crescere le disuguaglianze e le ingiustizie, in una terra che da sempre vive in una condizione di ritardo economico, culturale e sociale. Questo risultato è anche una fotografia di quanto potrà avvenire nelle prossime elezioni politiche nazionali. Come in Sicilia tutto è pronto perché non ci sia nel prossimo Parlamento una maggioranza certa e che, pertanto, un governo di larghe intese tra il Pd di Matteo Renzi, Fi e i partitini di Centro sia una conseguenza ‘inevitabile’.





giovedì 2 novembre 2017

Elezioni in Sicilia, vincerà Musumeci e governerà con il Pd


Dopo la mancata ‘rivoluzione’ auspicata ma mai realizzata da Rosario Crocetta chi sarà il nuovo governatore della Sicilia?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da il gazzettinodisicilia.it
Stando ai sondaggi il prossimo governatore della Sicilia dovrebbe essere Nello Musumeci. L’esponente della Destra può approfittare di diverse circostanze. La prima è che nell’isola ha quasi sempre prevalso il Centrodestra. Basta ricordare il cappotto alle elezioni politiche del 2001 quando la Casa delle Libertà vinse con un secco sessantuno a zero. I siciliani come i lombardi ed i veneti sono, per ragioni storiche e sociali, ‘individualisti’ e tendenzialmente sono elettori di centro o di destra. La vittoria di Rosario Crocetta di cinque anni fa fu favorita dall’astensionismo (52,70%) e dal sostegno dell’Udc di D’Alia oltre che dalla lista il Megafono che includeva molti esponenti moderati. L’affluenza alle urne potrebbe essere dirimente anche in questa tornata elettorale e potrebbe favorire il candidato grillino ma non quello del Centrosinistra. Il secondo motivo è che il Centrodestra si presenta compatto, mentre il Centrosinistra è diviso e il M5s non ha il radicamento territoriale necessario per prevalere. Inoltre, pur ritenendosi un ‘paladino’ della legalità, Musumeci ha nelle liste che lo sostengono candidati che sono ‘impresentabili’, ma che, in cambio, portano tanti voti. La campagna elettorale con il passaparola la stanno facendo solo loro, le richieste di voto sono le solite, vengono da amici, sindaci, dirigenti che hanno un qualche interesse personale. Il Centrosinistra sa già che perderà e di questo ilprincipale responsabile è l’attuale segretario del Pd Matteo Renzi che anzichè fare la campagna elettorale nell'isola è andato in tour in Nord America. Fabrizio Micari, come tutti i tecnici, ha solo ambizioni personali ed una eventuale sconfitta avverrebbe con il paracadute del ritorno alla professione o comunque con la possibilità di ricoprire un altro ruolo in politica o nelle istituzioni.La Sinistra con Claudio Fava e la lista i ‘Cento passi per la Sicilia’ può solo ambire a raccogliere consensi superiori o vicini a quelli del Pd di Matteo Renzi. Se questo avvenisse sarebbe un grande risultato politico ed avrebbe un enorme significato a livello nazionale, ma avrebbe anche come conseguenza immediata quella di riconsegnare, dopo la straordinaria vittoria di Rosario Crocetta del 2012, la Sicilia alla Destra. Il candidato grillino non entusiasma isiciliani e quello verso il M5s è un voto di protesta e di sfiducia verso la politica, in particolare verso gli esponenti moderati che, dal dopoguerra ad oggi, hanno tutelato le clientele ed adottato politiche assistenziali in tutto il Meridione. La vittoria di Giancarlo Cancelleri sarebbe comunque una sorpresa anche se i sondaggi lo danno vicino a Nello Musumeci. In ogni caso il M5s non avrebbe i numeri in Consiglio regionale per governare. L’unica possibilità potrebbe essere quella di un accordo con la Sinistra, sempreché quest’ultima ottenga i seggi sufficienti per formare insieme ai grillini una maggioranza all’Ars. L’ipotesi più probabile è una vittoria dell’ex presidente della provincia di Catania anche se per gli stessi elettori moderati l'esponente della Destra storica non è il Governatore ‘ideale’. Inoltre, difficilmente il Centrodestra otterrà la maggioranza all’Ars. Pertanto sarà necessario un governo di larghe intese, cioè un accordo con il Pd. La Sicilia ancora una volta diventerebbe, anzi è, un laboratorio politico per un futuro governo nazionale di ‘Centro’, magari con Renzi Premier, Berlusconi agli Esteri, la Meloni alla gioventù e Brunetta all’Economia, ovviamente con Orfini sottosegretario al Lavoro. Sembra uno scenario inverosimile, ma ad oggi non si intravede un’alternativa plausibile e del resto è questo l'obiettivo non dichiarato dell'ex sindaco di Firenze. L’unica altra ipotesi, in una eventuale situazione d’ingovernabilità, potrebbe essere un governo del Presidente con la Sinistra chiamata ancora una volta a salvare il Paese dall’incapacità dei politici e degli elettori italiani a darsi un sistema istituzionale serio e stabile.


martedì 31 ottobre 2017

Elezioni in Sicilia, vademecum per gli elettori indecisi


Il 5 novembre si terranno in Sicilia le elezioni per eleggere il nuovo Governatore e per rinnovare il Consiglio regionale, i candidati alla presidenza sono cinque ed il loro primo compito è quello di riportare i siciliani al voto

di Giovanni Pulvino (@PulvinioGiovanni)

Foto da elezionisicilia.net
Cinque anni fa vinse Rosario Crocetta che ottenne il 30,50%, cioè il 14,46% degli aventi diritto al voto.L’esponente del Pd ha governato senza avere una maggioranza certa e coesa nell’Assemblea regionale. Oggi ha il consenso di oltre il 70% dei siciliani, ma nonostante cioè il suo partito ha deciso di non ricandidarlo. Nel 2012 gli astenuti furono il 52,58%. La prima sfida che devono affrontare i candidati ed i partiti è pertanto quella di riportare i siciliani al voto. Con la nuova legge elettorale i deputati che saranno eletti si ridurranno da 90 a 70. Il sistema è misto a turno unico. Da 62 a 68 deputati saranno eletti con il sistema proporzionale su base provinciale con voto disgiunto e con sbarramento al 5% per ogni singola lista. Da 1 a 7 (tra cui il nuovo presidente) verranno eletti con una lista regionale come premio al candidato presidente più votato (listino delpresidente), un seggio sarà attribuito al candidato governatore secondoclassificato. E’ eletto presidente della Regione chi ottiene più voti. Per avere la maggioranza nell’Assemblea regionale occorreranno 36 deputati, cioè il 46% dei voti se consideriamo anche i seggi del listino. Gli ultimi sondaggi confermano che con questo sistema elettorale nessuna lista potrà raggiungere la maggioranza all’Ars, pertanto, com’è già avvenuto nella passata legislatura, un accordo post elezioni sarà inevitabile.
I candidati alla presidenza inizialmente erano otto, ma la Corte d’appello di Palermo ne ha esclusi tre: Pierluigi Reale (CasaPund Italia), Franco Busalacchi (Noi Siciliani) e Piera Maria Loicano (Lista civica per il lavoro). A contendersi la carica di governatore rimangono in cinque, ecco chi sono.
Giancarlo Cancelleri - (foto da giancarlocancelleri.it)
Cancelleri Giancarlo che è sostenuto dal Movimento 5 stelle. E' già stato candidato presidente nell’elezione del 2012, in quell’occasione ottenne il 18,17% dei consensi.Attualmente è deputato all’Ars. Ha iniziato la carriera politica nel 2007 contribuendo alla nascita dei ‘Grillini nisseni’. L’8 settembre di quell’anno è stato tra gli organizzatori del V-Day svoltisi nella sua città, Caltanissetta. I punti principali del suo programma sono:’Lavoro, sanità e infrastrutture. Rimetteremo la Sicilia al lavoro investendo 1 miliardo di euro in 5 anni per il lavoro e le imprese, un impegno per l'occupazione ed il futuro dei nostri figli. Ho parlato con imprenditori e lavoratori che apprezzano il nostro progetto. Ma la cosa più importante è la sanità che va riformata completamente perché è allo sfascio assoluto. Non è umano attendere mesi o anni per una visita o un esame. I tempi certi saranno garantiti, altrimenti la Regione pagherà ai cittadini la visita o l'esame dai privati. Non esiste indebitarsi per la propria salute, o quella dei propri familiari. È un impegno’. I sondaggi lo danno intorno al 30% dei voti ed è il principale avversario di Nello Musumeci.
Claudio Fava - (foto da gds.it)
Fava Claudio è il candidato della Sinistra ed è sostenuto dalla lista ‘Cento passi per la Sicilia’, nome che richiama il film sulla vita di Peppino Impastato di cui Fava è stato sceneggiatore insieme a Monica Zappelli e Marco Tullio Giordana. Giornalista dal 1982 ha iniziato la sua professione collaborando con il giornale ‘I Siciliani’ fondato dal padre Giuseppe, assassinato dalla mafia catanese il 5 gennaio del 1984. Successivamente ha lavorato con diverse testate giornalistiche nazionali e con la Rai. E’ stato eletto al Parlamento europeo nel 1999 e nel 2004 con la lista dei Democratici di Sinistra. Nel 2013 ha ottenuto il seggio di deputato al Parlamento nazionale con la lista Sinistra Ecologia e Libertà. Il 28 febbraio ha aderito al gruppo parlamentare di Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista. La sua candidatura è sostenuta oltreché dal suo partito da Rifondazione Comunista, Possibile e Verdi.‘Metteremo in campo tutta la nostra capacità e determinazione nell’abbattere le disuguaglianze sociali che ancora oggi affliggono tante, troppo famiglie siciliane. Vogliamo scardinare l'idea del votare il 'meno peggio', che è l'idea che ha massacrato la Sicilia. Siamo qui per competere fino all'ultimo giorno della campagna elettorale e non per un piazzamento d'onore. A chi continua a cercare i voti a casa degli altri, rispondiamo che l'unico voto utile in Sicilia è il voto libero, il vostro voto libero’. I sondaggi lo danno tra l’8 ed il 12 per cento dei voti.
Roberto La Rosa - (foto da gds.it)
La Rosa Roberto è sostenuto dalla lista ‘Siciliani Liberi’. Ecco cosa ha detto ospite in un forum organizzato dall’Ansa: ‘Fa male che i giornalisti considerino l'autonomia anacronistica per la Sicilia ma attuale per il Veneto e Lombardia. L'autonomia è stata una ricchezza per il Trentino, per il Friuli, ma quale partito a Sala d'Ercole ha difeso il popolo siciliano e attuato lo Statuto?. I partiti in 70 anni di autonomia hanno attuato lo Statuto per le indennità parlamentari che sono equiparate a quelle del Senato. Il nostro interesse è il popolo siciliano. Noi ci rivolgiamo al partito del non votoNon vogliamo un referendum per l'indipendenza della Sicilia dall'Italia, ma rivendichiamo l'indipendenza economica della Sicilia chiedendo l'attuazione degli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto siciliano. Siamo per la regionalizzazione dell'Agenzia delle entrate e per chiedere l'attuazione dello Statuto ci incateneremo davanti alle filiali siciliane dell'Agenzia per chiedere che non vada più un euro di tasse fuori dal Canale di Sicilia. Puntiamo alla realizzazione in Sicilia di una Zona economica speciale all'interno della quale la benzina dovrà costare, facendo leva sulla defiscalizzazione delle accise, 50 centesimi di euro. Questa misura darebbe fiato ai cittadini e alle imprese’. I sondaggi lo danno tra l’1 e il 2 per cento dei consensi. 
Fabrizio Micari - (foto da micaripresidente.it)
Micari Fabrizio è sostenuto dal Partito Democratico, Alternativa Popolare – Centristi per Micari, Partito dei Democratici per le Riforme – Sicilia Futura – PSI, Arcipelago Sicilia. Movimento dei Territori e dalla sua lista Micari Presidente. La sfida gentile. Rettore dell’Università di Palermo è un tecnico voluto fortemente dal sindaco del capoluogo siciliano Leoluca Orlando e dal ministro degli Esteri Angelino Alfano. ‘Il nostro essere persone perbene, capaci di presentare progetti e idee ci rende diversi e siamo orgogliosi di questo. Noi abbiamo le liste migliori fatte di persone con le carte in regola e non piene d’impresentabili come altrove. Noi vogliamo costruire una squadra, una regione, un governo con le carte in regola. Qui c'è onestà, competenza, progetti e una visione internazionale. Noi vogliamo un rapporto solido e forte con il governo nazionale molto attento alla Sicilia e al Sud’. Il candidato governatore del centrosinistra sì è detto anche ‘terrorizzato all'idea di un esecutivo di destra con Salvini, ma sono sicuro che, qui come a Roma, scongiureremo questo pericolo’. I sondaggi lo danno tra il 15 ed il 20 per cento dei consensi. 
Nello Musumeci - (foto da suspress.it)
Musumeci Nello è sostenuto da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Noi con Salvino – Alleanza per la Sicilia, Unione di Centro – Rete Democratica – Sicilia Vera, Popolari e Autonomisti e dalla sua lista #DiventeràBellissima – per la Sicilia. E' entrato in politica a 15 anni nelle file della ‘Giovane Italia’, organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano. E’ stato eletto consigliere comunale a venti anni e successivamente è diventato vicesindaco in una coalizione di centrodestra. E’ stato consigliere provinciale di Catania dal 1990 ed è stato eletto presidente della stessa provincia nel 1994. E' stato anche sottosegretario al Lavoro nel 2011, nell’ultimo governo di Silvio Berlusconi. Nelle elezioni regionali del 2012  ha ottenuto il 25,7% dei consensi e, nonostante la sconfitta, è stato eletto deputato all’Assemblea regionale. ‘Solo i siciliani possono cambiare la Sicilia. Il mio compito è di tirare fuori dal pantano questa terra dove vogliono continuare a vivere i miei figli e i miei nipoti.Se sarò eletto presidente vorrò solo fare il lavoro sporco, vorrò bonificare questa Regione’. I sondaggi lo danno tra il 35 ed il 38 per cento dei consensi.

Fonti: profili facebook dei candidati, wikipedia.org e ansa.it



lunedì 28 agosto 2017

Libero Grassi, un siciliano coraggioso che ha detto no alla Mafia


‘Non sono pazzo. Non mi piace pagare. Perché la rinunzia è una rinunzia alla mia dignità di imprenditore’, Libero Grassi  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Libero Grassi - (foto da urbanpost.it)
I genitori gli diedero il nome di Libero in ricordo di Giacomo Matteotti ucciso a Roma dai fascisti il 10 giugno del 1924. Entrato in seminario durante gli anni della guerra così giustificò quella scelta: ‘Decisione questa presa non per una vocazione maturata nell'avversità della guerra, bensì per il rifiuto di combattere una guerra ingiusta al fianco di fascisti e nazisti’Finiti gli studi presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Palermo prosegue l’attività di commerciante del padre e negli anni Cinquanta inizia quella imprenditoriale aprendo uno stabilimento tessile. Nel 1955 insieme alla moglie partecipa alla fondazione del Partito Radicale di Marco Pannella. Nel 1961 inizia l’attività politica nelle file del Partito Repubblicano Italiano. Candidatosi nel 1972 alle elezioni provinciali, non viene eletto. 
Foto da laspia.it
Preso di mira da Cosa Nostra, si rifiuta di pagare il pizzo e decide di denunciare gli estortori. Il 10 gennaio del 1991 il Giornale di Sicilia pubblica una sua lettera:Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al "Geometra Anzalone" e diremo no a tutti quelli come lui’Il 19 marzo del 1991 denuncia i fratelli Avitabile, ma nonostante le minacce rinuncia alla scorta. La mattina del 29 agosto del 1991, mentre si reca al lavoro viene ucciso con quattro colpi di pistola. Qualche mese dopo viene varato il Decreto con cui è stato istituito il fondo anti-racket di solidarietà per le vittime di estorsione. Nell’ottobre del 1993 vengono arrestati l’autore materiale dell’agguato Salvatore Madonia ed il complice Marco Favaloro. Con la sentenza del 18 aprile del 2008, il killer è condannato al 41-bis insieme a tutti i membri della Cupola di Cosa Nostra.
Nel febbraio del 1992 l’imprenditore siciliano è stato insignito della medaglia d’oro al valore civile, ecco la motivazione: ’Imprenditore siciliano, consapevole del grave rischio cui si esponeva, sfidava la mafia denunciando pubblicamente richieste di estorsioni e collaborando con le competenti Autorità nell'individuazione dei malviventi. Per tale non comune coraggio e per il costante impegno nell'opporsi al criminale ricatto rimaneva vittima di un vile attentato.Splendido esempio di integrità morale e di elette virtù civiche, spinte sino all'estremo sacrificio’.

Fonte wikipedia.org


venerdì 11 agosto 2017


12 agosto 1943 la divisione Hermann Göring irrompe a Castiglione di Sicilia 'sparando contro chiunque si parasse davanti'

Dimenticata fino al 2002 la strage nazifascista di Castiglione di Sicilia è la prima di una lunga serie di eccidi compiuti sul territorio italiano tra il 1943 ed il 1945 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Carristi della divisione Hermann Goring
(foto da milocca.wordpress.com)
‘Nel corso dell'ultimo conflitto mondiale fu teatro di una feroce rappresaglia tedesca che provocò la morte di sedici civili ed il saccheggio di numerose abitazioni. 12 agosto 1943 - CastiglioneG di Sicilia (CT)’.E’ questa la motivazione con cui il 16 settembre del 2002 l’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, conferì alla cittadina siciliana la medaglia al valor civile.
Foto da sitocomunista.it
Il 12 agosto del 1943 il governo Badoglio non aveva ancora stipulato l’armistizio di Cassibile e, pertanto, l’Italia era ancora alleata della Germania nazista. Intanto, le truppe dell’asse erano già sbarcate in Sicilia ed incalzavano l’esercito tedesco e quello italiano. Nel corso della ritirata verso Messina la divisione Hermann Göring, considerata tra i maggiori responsabili dei crimini di guerra commessi in Italia dai nazisti, era accampata in contradaSciambro, nelle campagne di Castiglione di Sicilia. In quei giorni, i tedeschi requisirono tutto quello che poteva servire per raggiungere la città dello Stretto. Biciclette, carretti, animali da soma, armi e viveri, mentre i residenti cercavano di difendere quel poco che gli rimaneva per sopravvivere.
Nella tarda serata del 10 agosto del 1943 fu rubato un camion tedesco carico di generi alimentari o, secondo un'altra tesi, furono uccisi cinque militari tedeschi. La reazione dei nazisti, qualunque sia stata la motivazione, non si fece attendere, all’alba del dodici ‘un ufficiale al comando di un autocarro con 40 militari scortati da un carro armato irruppero nella cittadina sparando contro chiunque si parasse davanti’. I soldati entrarono nelle case prendendo a calci gli uomini e percuotendoli con i fucili. ‘Una donna fu buttata giù da un balcone e lasciata sul selciato con le gambe rotte’. La spietatezza dell’azione di rappresaglia è raccontata nei dettagli in un articolo pubblicato il 4 ottobre 1943 sul Corriere di Sicilia da un testimone del tempo Nicola Tuccari: ‘Un giovane di diciassette anni giaceva sulla soglia di casa, accanto ad un settantenne, trascinandosi morente fin presso ad un letto; la stessa mano che aveva colpito uno nell'atto d'arrendersi, insistendo poi contro il corpo martoriato prono nel suo sangue, crivellò il capo canuto di un ottuagenario inebetito; e non si permise che un padre, ucciso a tradimento da dietro una porta, fosse sostenuto moribondo dal figlio che l'aveva visto colpire: il giovane ancora imbrattato del sangue paterno fu spinto fra gli ostaggi’.
Monumento in ricordo delle vittime del 12 agosto 1943
(foto da anpicatania.wordpress.com)
Al alcuni spararono perché tentavano di fuggire. Un uomo fu ucciso perché non rispettava l’ordine di non muoversi, ma il soldato tedesco non sapeva che aveva di fronte un sordomuto. La ferocia nazista durò mezz’ora, i morti furono 16 ed i feriti 20. Il commando prese in ostaggio con l’intenzione di fucilarli per rappresaglia circa 300 uomini, tra loro c’erano bambini ed anziani. Un testimone ricorda che furono rinchiusi per tre giorni in un torrione detto Cannizzu. Gli ostaggi furono liberati solo grazie alla mediazione di alcune suore che vivevano nell’Istituto Regina Margherita. Ecco cosa scrisse sui motivi dell’azione nazista suor Anna Amelia Casini dell’ordine delle figlie di Sant’Anna: Siccome nel tempo in cui i tedeschi si trovavano a Castiglione... i paesani avevano ucciso cinque tedeschi perché devastavano le campagne e spadroneggiavano a più non posso..., quindi per cinque dei loro morti ne dovevano uccidere trecento’Suor Emilia racconta invece la trattativa per liberare i prigionieri: ‘L'interprete girava intorno al capitano con insistenza ripetendo le stesse parole: i colpevoli sono fuggiti! Ma il capitano gridava: cinque me ne hanno uccisi, fucilateli subito’. Rivela anche di essersi offerta di morire in cambio di tutti gli ostaggi. Quel gesto fece cambiare idea al comandante tedesco che decise di liberare i prigionieri.
La strage di Castiglione, oltre ad essere la prima in Italia, è dirimente anche perchè i comandanti dell’esercito italiano e delle autorità fasciste allora ancora alleati con i tedeschi non intervennero per impedire il massacro di civili inermi e, purtroppo, quello fu solo l’inizio di una lunga serie di eccidi nazifascisti che insanguinarono il nostro paese fino alla Liberazione, avvenuta il 25 aprile del 1945.

Fonte wikipedia.org

Penultima fermata: B





















































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































Penultima fermata Baaria
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Stazione di Santo Stefano di Camastra (Me)
“Ancora una fermata, ma dove siamo?” chiede uno dei passeggeri del treno locale Messina-Palermo“a Santo Stefano di Camastra” risponde svogliatamente il suo compagno di viaggio.Dopo pochi minuti di sosta la corsa riprende, sono le sei e trenta del mattino ed in tanti sono saliti da almeno un'ora.
La tratta che il convoglio ferroviario sta percorrendo si snoda lungo la costa nord della Sicilia. Alla sua sinistra è un continuo susseguirsi di colline frastagliate da alberi di ulivo o da terreni scoscesi e pieni di arbusti, interrotte di tanto in tanto dalle case dei piccoli paesini e dalle loro stazioni deserte ravvivate solo di primo mattino dalla presenza dei pendolari. Alla sua destra s’infrangono sugli scogli, a pochi metri dai vagoni, le onde del mare, il Tirreno, e dal finestrino è possibile scorgere l’orizzonte, la cui linea è spezzata dalla sagoma di una delle sette isole dell’arcipelago delle Eolie, sarà Alicudi o Filicudi? Chissà, da questa parte della Sicilia è difficile distinguerle, ma del resto cosa importa, a quest’ora del mattino una vale l’altra. Ad est sta albeggiando e ad ovest, dove nel tardo pomeriggio si poggia quotidianamente il Sole con i suoi ultimi raggi, sta tramontando la Luna, ha un colore difficile da definire è una specie di rosso tenue quasi arancione, di certo è uno spettacolo straordinario, ma solo chi è mattiniero come i lavoratori pendolari può godere di questo miracolo della natura.
Siamo a metà del percorso eppure le carrozze sono già piene e non si comprende perché non sia stato predisposto da Trenitalia un numero maggiore di vetture, dalla prossima fermata sarà difficile trovare posto a sedere. I vagoni sono in buone condizioni ma sono di seconda mano, di certo già utilizzati in altre tratte, probabilmente nel nord del Paese. Alcuni di questi treni (es. il Minuetto) sono stati progettati con un numero limitato di posti ed erano destinati, inizialmente, per corse brevi ora invece sono utilizzati per percorsi più lunghi. L’affollamento è inevitabile, ma a chi importa dei lavoratori, degli studenti e di chi non può permettersi o non ha voglia di viaggiare in auto o in pullman? 
I volti che s’incontrano sono quasi sempre gli stessi, dopo un po’ ci si riconosce, qualcuno accenna un saluto, altri sono solo preoccupati di trovare un posto a sedere. Durante il viaggio sono pochi coloro che hanno voglia di chiacchierare, c’è chi tira fuori un tablet o uno smartpfone ed inizia subito a smanettare sul touchscreen per chattare, lavorare o giocare, di certo si estranea da ciò che lo circonda. Se poi qualcuno risponde al cellulare o fa una chiamata vorresti evitare di ascoltare ma come si fa?
Sono quasi le otto, siamo a Bagheria o Baarìa come il titolo del film diretto nel 2009 da Giuseppe Tornatore ed ambientato nella caotica cittadina siciliana che è famosa per i suoi palazzi settecenteschi e per le sue magnifiche ville, oggi purtroppo quasi tutte chiuse o inaccessibili. E’ la penultima fermata prima di arrivare a Palermo e per i pendolari che scendono la giornata inizia solo adesso, anche se per loro sono già trascorse almeno tre ore dal suono della sveglia. Ed è così per ogni giorno lavorativo, per tutto l’anno.
In questi tempi difficili e nonostante i sacrifici ‘aggiuntivi’ che questi lavoratori devono sostenere essi non hanno il diritto a lamentarsi ma al contrario devono tenersi stretto il posto di lavoro perché, nonostante tutto, gli consente di vivere una vita dignitosa. Ed è per questa ragione che in questo inizio d’anno chi ha un’occupazione precaria o è un lavoratore pendolare non può non pensare a chi sta peggio e per il 2014 non può non fare un in bocca al lupo a chi non ha neanche questo.


sabato 15 luglio 2017

Il borgo più bello d’Italia 2015 è Montalbano Elicona


La trasmissione di Rai Tre ‘Alle falde del Kilimangiaro’ ha proclamato Montalbano Elicona il borgo più bello d’Italia 2015. Il piccolo paesino della provincia di Messina rappresenta una Sicilia che non si rassegna al decadimento morale ed economico

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Nel corso della trasmissione di Rai Tre “Alle falde del Kilimangiaro” i conduttori, Camila Raznovich e Dario Vergassola, hanno proclamato Montalbano Elicona il borgo più bello d’Italia 2015. I Comuni che hanno partecipato alla competizione erano inizialmente quaranta, poi a seguito del televoto sono diventati venti, un Comune per ogni Regione, Montalbano Elicona ha prevalso su Cefalù.
Il borgo più bello d’Italia è un paesino della provincia di Messina con circa 2500 abitanti. Costruito a 920 metri sul livello del mare è caratterizzato dalla presenza di un antico Castello che è stato la residenza estiva di Federico II di Aragona.
Nella campagna attorno al piccolo borgo sono presenti i ‘megaliti’ di Argimosco, Elmo, Losi, Mattinata e Zilla. Si tratta di massi di pietra che per la loro forma ricordano quelli di Stonehenge in Inghilterra. Costituiti da blocchi di granito, tipici dei monti dei Nebrodi, sono adatti alla realizzazione di calendari astronomici utilizzati per determinare i solstizi e gli equinozi. Sulla roccia è scavata la vasca per i riti battesimali e due ‘menhir’ celebrano i culti della Vita e del Sole.
Montalbano Elicona con le sue viuzze, i suoi monumenti e le sue tradizioni non è solo il simbolo di una Sicilia che non si rassegna al decadimento morale ed economico ma è soprattutto un luogo adatto per rivivere il passato ed i riti di una civiltà millenaria.


giovedì 4 maggio 2017

Il Giro d’Italia torna al Sud


La 100esima edizione del Giro d’Italia torna sulle strade del Sud. Nove tappe delle ventuno previste si svolgeranno nelle regioni meridionali. Di queste, tre si correranno in Sardegna, da dove partirà la corsa, e due in Sicilia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro d'Italia 2017 - (da gazzetta.it)
Il Giro d’Italia in tutta la sua storia solo tre volte ha percorso le strade della Sardegna, l’ultima nel 2007, cioè dieci anni fa, in occasione, peraltro, del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi. In Sicilia le presenze della Corsa Rosa sono state in tutto tredici, l’ultima nel 2011, cioè sei anni fa. Nelle ultime edizioni le tappe previste nelle regioni del Sud sono state numericamente limitate  e poco interessanti dal punto di vista sportivo. 
Il Giro d’Italia ed il Tour de France, oltre ad essere le più importanti corse ciclistiche a tappe del mondo, sono uno strumento straordinario di marketing. E non è un caso se negli ultimi anni il Giro sia ‘traslocato’ all’estero escludendo, nello stesso tempo, quasi del tutto le città meridionali. Queste decisioni hanno confermato la mancanza di peso politico ed economico del Sud rispetto ad altre aree del Paese. 
Cefalù, in una foto degli anni Cinquanta
 (da wikipedia.org)
In questa edizione gli appassionati di ciclismo potranno ammirare le bellezze paesaggistiche ed architettoniche delle località meridionali, in particolare quelle delle due isole. Tra queste la quarta tappa è particolarmente suggestiva. La partenza avverrà nel centro storico di Cefalù e si arrampicherà sulle strade dell’Etna dopo aver percorso una parte del litorale tirrenico da dove sarà possibile ammirare la costa siciliana e quelle delle isole Eolie, visibili lungo tutta la prima parte della corsa. Quella successiva attraverserà la Sicilia orientale per concludersi nella città dello Stretto che ha dato i natali a Vincenzo Nibali. Poi il Giro risalirà tutto lo stivale ed attraverserà quasi tutte le regioni italiane. Insomma, dopo tanti anni potremo affermare che la Corsa Rosa è la corsa d’Italia e non solo di una parte di essa.

venerdì 20 gennaio 2017

I Fasci siciliani dei lavoratori e la strage di Caltavuturo


‘Un bastone tutti lo rompono, ma un fascio di bastoni chi lo rompe?’, così un dirigente dell’associazione spiegò il nome dei Fasci dei lavoratori, il movimento popolare che si è sviluppato in Sicilia tra il 1891 ed il 1894 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il largo dove avvenne la strage di Caltavuturo 
il 20 gennaio 1893 (foto da palermo.anpi.it)
I Fasci siciliani dei lavoratori erano un movimento di massa d’ispirazione ‘socialista’, ma che avevano un chiaro intento ‘secessionista.’ Gli storici affermano che vi presero parte tra i 300 ed i 400 mila siciliani su una popolazione di circa 3 milioni e 300 mila persone. Protagonisti non furono solo contadini ed operai, ma anche artigiani, insegnanti, professionisti. I braccianti, che da sempre erano pagati a giornata con miseri salari, ed i mezzadri, a cui toccava solo una piccola parte dei raccolti, chiedevano paghe più alte e migliori condizioni di lavoro. Allora si lavorava ‘suli a suli’, dal sorgere al calare del sole e spesso i braccianti dovevano fare diversi chilometri di strada per raggiungere i luoghi di lavoro. I partecipanti al movimento chiedevano anche il diritto di voto. Fin dal 1861, con la nascita dello Stato unitario esso era concesso solo all’1,9% della popolazione, su 22 milioni di italiani potevano esercitare tale diritto meno di 400 mila persone, quelle cioè che avevano un certo reddito e un titolo di studio.
Francesco Crispi
(foto da en.wikipedia.org)
I Fasci erano presenti in tutte le grandi città dell’isola ed operavano sul territorio in contrapposizione al potere esercitato dai gruppi mafiosi.Tra gli iscritti c’erano donne e ragazzi. A Modica c’era una sezione di ‘Figli del Fascio. A San Giuseppe Jato c’era un piccolo Fascio di ragazzi da 6 a 12 anni. A Grotte un ragazzo di 12 anni venne arrestato solo perché parlava pubblicamente di socialismo ai suoi coetanei. A Piana su una popolazione di 9.000 abitanti gli iscritti al Fascio erano 2.500 uomini e mille donne, la cui prima attività fu di imparare a leggere e scrivere. Ad una manifestazione una militante portabandiera affrontò i soldati che erano con le armi spianate dicendo: ’Avreste il coraggio di tirare contro di noi?’, i soldati abbassarono le armi. A Milocca (Milena) quando i membri del consiglio direttivo furono imprigionati, 500 donne assaltarono la caserma, s'impadronirono delle armi e liberarono i prigionieri. Il 20 gennaio 1893 a Caltavuturo, in provincia di Palermo, soldati e carabinieri spararono su 500 contadini che, di ritorno da un’occupazione simbolica di alcune terre del demanio, si erano limitati a chiedere un incontro con il Sindaco. ‘Picciotti, chi c’è carnivalata’, grido dalla finestra il segretario del Comune. Ci furono 13 morti e molti feriti. ‘I cadaveri furono lasciati sulla strada fino a notte, in pasto ai cani e non fu permesso di soccorrere i feriti’. Ci fu un’inchiesta per l’eccidio, ma il segretario comunale e gli altri impiegati dapprima sospesi furono successivamente reintegrati nell’incarico.
Processo ai capi dei Fasci siciliani, aprile 1894
(foto da wikiwand.com)
Il movimento fu disperso da un duro intervento militare del governo del siciliano Francesco Crispi, ma già nel 1893 Giolitti aveva ordinato una schedatura dei soci dei Fasci, fu la prima dello Stato italiano. I morti furono circa 90. Le condanne che seguirono furono pesantissime. I leader arrestati o mandati al confino.  Negli anni successivi in Sicilia ci fu un grande flusso migratorio.In un decennio circa un milione di persone partirono per il continente o all’estero. Le lotte dei contadini e della parte più povera della popolazione siciliana vennero, ancora una volta, soffocate nel sangue. I tentativi di emancipazione, oltre che con i Fasci del 1891, sono stati repressi nel 1860 ad opera delle truppe garibaldine, nel secondo dopoguerra con l’assassinio  di numerosi sindacalisti e, il primo maggio del 1947, con l’eccidio di Portella della Ginestra, ed ancora negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso con l’uccisione di magistrati e tutori dell’ordine ed oggi con il racket ed il controllo capillare del territorio da parte delle organizzazioni mafiose. L’obiettivo è sempre lo stesso: mantenere lo ‘status quo’ per assicurare il potere a ‘Cosa nostra’ e agli ‘amici degli amici’. Il tutto nell’indifferenza e, spesso, con la complicità delle istituzioni. Condizione, questa, che ha condannato la Sicilia al sottosviluppo economico e sociale ed i siciliani onesti a subire i soprusi e le angherie delle organizzazioni criminali.

mercoledì 19 ottobre 2016


I lavoratori di Almaviva occupano il call center di Palermo
La protesta è iniziata quando la trattativa al ministero dello Sviluppo economico tra i rappresentanti dei lavoratori ed i vertici dell’azienda è stata sospesa con un nulla di fatto 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da gazzettadelsud.it
La dismissione della commessa Enel in scadenza a dicembre ha costretto Almaviva Contact ad elaborare una riorganizzazione delle attività del call center di Palermo. Il piano prevede il trasferimento, dal 24 ottobre, di 150 operatori dalla Sicilia a Rende, in Calabria.
Finora il confronto tra le parti, che si è tenuto al ministero dello Sviluppo economico, è stato infruttuoso. I sindacati, in attesa della ripresa della trattativa, hanno proclamato due giornate di sciopero.
Foto da drfreenews.com
Stamane i lavoratori di Almaviva Contact hanno occupato il call center di via Marcellini a Palermo, dove si trova una delle sedi della società. 
L’azienda, dopo l’iniziativa dei lavoratori, ha diffuso una nota in cui giudica come inammissibili le forme di protesta al di fuori della legalità. La società assumerà tutte le iniziative necessarie per tutelare la legalità, la continuità e la sicurezza delle persone che lavorano nelle sedi di Palermo.

sabato 18 giugno 2016

Roghi Sicilia, Crocetta: ‘Siamo di fronte a un attacco mafioso’


Ieri la denuncia della natura dolosa degli incendi divampati in molti comuni della Sicilia era stata fatta da Giuseppe Antoci, oggi è stata ribadita dal presidente della regione Sicilia, Rosario Crocetta

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Rosario Crocetta (foto da palermomania.it)
‘C'è un attacco politico mafioso dietro questi incendi, l'obiettivo non sono solo i boschi e la speculazione edilizia’. Questo è quanto ha dichiarato in una conferenza stampa tenuta oggi a Palermo il Presidente della regione Sicilia, Rosario Crocetta.
Insomma i roghi che ieri hanno devastato il territorio dei Nebrodi e delle Madonie non sarebbero dovuti al forte scirocco, ma ad una strategia delle Agromafie che da sempre operano nell’isola. Secondo il Governatore: ‘C'è stata un'aggressione sul territorio con 800 focolai contemporaneamente’. Ed ha aggiunto:’E' un disegno preciso politico, affaristico, criminale della mafia ma anche un attacco a un governo, che combatte la mafia. Siamo di fronte a un attacco mafioso spaventoso’.

venerdì 17 giugno 2016

Giuseppe Antoci: ‘L’autocombustione è un favoletta’


Per il presidente del Parco dei Nebrodi gli incendi sviluppatisi ieri su gran parte del territorio dei Nebrodi sono dolosi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)



Foto da anni60news.com
"All'autocombustione credono solo i bambini. E' una favoletta. Soprattutto se si considera che ci sono state decine di incendi contemporaneamente. Non è possibile che tutta l'Isola prenda fuoco per caso nello stesso momento". Questo è quanto ha dichiarato all’Ansa il Presidente del parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci.
Ed ha aggiunto: "Il territorio è stato massacrato. Io sono certo che ci sia dolo e so anche che sarà difficilissimo provarlo, perché usano mille tecniche diverse, alcune impossibili da smascherare come dare fuoco agli animali che, scappando, poi diffondono le fiamme".
Giuseppe Antoci
Ieri numerosi incendi hanno bruciato il territorio nei comuni di Capo d'Orlando, S. Agata Militello, Naso, Torrenova, Militello Rosmarino, Tusa, Mistretta, Motta d’Affermo, S. Stefano di Camastra. Per tutto il giorno, i vigili del fuoco, i carabinieri ed il Corpo di vigilanza del Parco sono stati impegnati nelle operazioni di spegnimento.
A causa dei roghi l’autostrada A20 è stata chiusa nel tratto tra Rocca di Caprileone e S. Stefano di Camastra, la corrente elettrica e le linee telefoniche hanno subito diverse interruzioni, per tutto il giorno l’aria è stata irrespirabile sia per il forte vento di scirocco che per l’odore acre provocato dagli incendi, numerose pietre ed i resti degli alberi bruciati sono caduti sulla strada statale, l’unica via percorribile dagli automobilisti.
Per il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, vittima poche settimane fa di un attentato mafioso, non ci sono dubbi gli incendi sono stati opera della agromafie che da tempo operano nell’area: "Noi, qui al parco faremo la guerra ai piromani. Metteremo telecamere, controlleremo ogni centimetro e se se ne prenderà qualcuno, ci costituiremo parte civile. Non daremo tregua a chi incendia le nostre terre, sarà guerra spietata fin quando non verranno assicurati alla giustizia".

giovedì 19 maggio 2016

Giuseppe Antoci: ‘E’ la mafia che deve avere paura’


Il presidente del Parco dei Nebrodi non si fa intimidire dalla mafia, anzi va all’attacco e dichiara: ‘li colpiremo con legnate ancora più forti’ 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Da quando nel 2013 è stato nominato da Rosario Crocetta presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci ha subito diversi avvertimenti dalle famiglie mafiose che agiscono tra le province di Messina, Enna e Catania. Tra questi una lettera di minacce di morte: ‘Finirai Scannatu tu e Crocetta’. Era il dicembre del 2014. Ora l’agguato sulle strade dell’entroterra messinese, tra Cesarò e San Fratello.
Ma Giuseppe Antoci non si lascia intimidire e va all’attacco: ‘Da oggi – ha dichiarato -  parte la fase due: è la mafia che deve avere paura, li colpiremo con legnate ancora più forti. Io non mi fermo, continuerò a fare soltanto il mio lavoro e il mio dovere. Ho riposato e dopo la fase uno, parte la fase due: andare avanti senza fermarsi con maggiore determinazione’.
‘Quello che emerge – ha detto il procuratore di Messina Guido Lo Forte - è che la mafia sta rialzando la testa, la terza mafia della provincia di Messina quella dei Nebrodi, una delle organizzazioni criminali tra le più antiche e pericolose. Dopo che i clan di Barcellona Pozzo di Gotto e di Messina sono stati colpiti in maniera forte anche dalle operazioni antimafia, iBatanesi e i Tortoriciani stanno cercando di recuperare terreno e spazi’.
‘Con l’agguato ad Antoci la mafia ha alzato il tiro, lo Stato deve reagire in modo adeguato. Propongo – ha dichiarato in una conferenza stampa il presidente della regione Sicilia, Rosario Crocetta - l’invio dell’esercito nei comuni del Parco dei Nebrodi e perquisizioni a tappeto nelle campagne come ai tempi del sequestro Moro e dei Vespri siciliani’. Ed ancora: ‘Senza un’adeguata reazione da parte dello Stato passerebbe il messaggio di un via libera alla nuova stagione stragista’. ‘Non basta – conclude Crocetta – rafforzare la scorta ad Antoci e ai sindaci più esposti nell’area dei Nebrodi perché quello che è accaduto è un atto di guerra di altissimo livello, che non si registrava più da anni in Sicilia. Bisogna agire subito. Lo Stato deve intervenire con perquisizioni a tappeto che non diano tregua alle famiglie mafiose’.

sabato 14 maggio 2016

Palermo – Verona e la bufala dei 40 milioni di euro
L’articolo pubblicato dal Corriere dello Sport è un attacco a Maurizio Zamparini? O contro il Palermo ed i tifosi siciliani? Ma forse è solo ‘cattivo’ giornalismo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

I conteggi fatti nei giorni scorsi dal Corriere dello Sport sulla presunta ‘norma ad squadram per salvare Zamparini’ non sono esatti.L’insinuazione di una possibile ‘combine’ è senza fondamento. Il regolamento approvato dalla Lega il 26 febbraio scorso ha incrementato a 60 milioni di euro l’importo da assegnare alle squadre che retrocedono in Serie B. Le ipotesi possibili, a poche ore dall’ultimo turno di campionato, sono due. Il Verona in caso di sconfitta a Palermo percepirà 25 milioni di euro e ne incasserà altri 15 solo nel caso in cui, al termine del prossimo campionato, non dovesse risalire immediatamente in Serie A. Se invece vince o pareggia a Palermo ed il Carpi pareggia o vince ad Udine farà retrocedere la squadra siciliana percependo in tal caso sempre 25 milioni di euro, ma soltanto dieci se, il prossimo anno, non dovesse risalire subito in Serie A.
La differenza tra la retrocessione o meno del Palermo è, per il Verona, di cinque milioni di euro e non di quaranta. Inoltre se i Rosanero retrocederanno percepiranno 15 milioni di euro. Il vero salvataggio per Maurizio Zamparini sarebbe questo e non la salvezza. Insomma il Corriere dello Sport, in compagnia di altri mezzi di comunicazione, pur di ipotizzare la malafede della Lega, del Palermo e del Verona si è inventato una bufala colossale.
L’affermazione del giornale sportivo è ridicola anche per un altro aspetto. La norma stabilita dalla Lega è sacrosanta. Le squadre di calcio incassano ogni anno per i diritti televisivi oltre un miliardo di euro. Il fatto di utilizzarne sessanta per salvaguardare i bilanci delle squadre che retrocedono in Serie B è necessario ed indispensabile se si vogliono evitare i fallimenti dei club. Inoltre la norma è stata votata da tutte le squadre di Serie A, ma con l’opposizione del Palermo e del Chievo, particolare che il quotidiano romano non precisa.
Se domani il Verona, già retrocesso, vince a Palermo ed il Carpi pareggia o vince ad Udine, già salvo, cosa scriveranno i giornalisti del Corriere dello Sport?

Ubicazione: Sicilia, Italia


martedì 19 aprile 2016

L’anno horribilis del Palermo, ma per Zamparini ‘c’è il paracadute’

Dopo la sconfitta di Torino e le contemporanee vittorie del Frosinone e del Carpi per il Palermo la retrocessione in Serie B è diventata un’eventualità assai probabile, ma per il presidente, Maurizio Zamparini, ‘non è la fine del mondo’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Dall’inizio della stagione sulla panchina del Palermo si sono susseguiti nove allenatori. Alla 13ª giornata a Giuseppe Iachini è subentrato Davide Ballardini, a sua volta cacciato due settimane dopo e sostituito prima con Fabio Viviani e dopo con Giovanni Tedesco e Guillermo Schelotto. L’esperienza italiana del commissario tecnico argentino dura fino alla 24ª giornata, ma prima del ritorno di Iachini a guidare la squadra per una partita è Giovanni Bosi. Alla 29ª giornata l’allenatore di Ascoli Piceno dà le dimissioni, al suo posto Zamparini chiama Walter Novellino.
Il ritorno di Davide Ballardini è l’ultimo colpo di scena di una stagione horribilis. Il presidente si è giustificato sostenendo che ‘Il Palermo è inguardabile. Non è facile, voglio bene a Novellino perché mi ha portato in Serie A 25 anni fa. Ma è un attempato. Dicono che sono impazzito ma non è vero. Ho esonerato solo Iachini, ma allontanandone uno ne ho cambiati cinque. Sono una vittima di certe situazioni. Tre allenatori vanno via e non per colpa mia. Non li ho mandati via io’.
Maurizio Zamparini e Davide Ballardini
Nessuna autocritica, la responsabilità è sempre di qualcun altro, e comunque se il Palermo va in Serie B per la società ci sono un mucchio di soldi.
‘Non abbiamo la mentalità per salvarci – ha detto  Zamparini - sono retrocesso anche con Dybala e Ilicic. Non siamo abituati a combattere come Carpi e Frosinone. Andare in Serie B comunque non è la fine del mondo. L’altra volta ci ho rimesso 30 milioni, ora c’è un paracadute importante’.
Per chi retrocede dalla Serie A è prevista infatti un’indennità, derivante dai diritti televisivi, di 60 milioni di euro. Il ‘paracadute’ è così distribuito: 25 milioni di euro alle squadre che sono da 3 anni in Serie A, 15 milioni a quelle che sono nella massima divisione da 2 anni e 10 milioni a quelle che sono in Serie A da un solo anno. Eventuali residui saranno assegnati alle squadre retrocesse che non saranno riuscite a risalire subito in Serie A. Quest'ultima indennità sarà data solo ai club che hanno almeno 3 anni di ‘anzianità’ nella massima divisione.
Se il Palermo retrocederà per i tifosi sarà l’ennesima delusione, ma per il presidente, Maurizio Zamparini, non sarà un dramma e, considerato il 'paracadute' finanziario garantito dalla Lega calcio, si capisce anche il perché.

sabato 19 marzo 2016


Don Pino si voltò, sorrise ai suoi assassini e disse: ‘Me l’aspettavo’

La XXI edizione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie quest'anno si svolgerà a Messina sul tema ‘Punti di memoria, luoghi di impegno’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Lunedì prossimo, in diverse città saranno letti i nomi delle vittime innocenti delle mafie. Il primo nome dell’elenco, che comprende oltre novecento vittime, è quello di Emanuele Notarbartolo, ucciso a Termini Imerese il 1° febbraio del 1893 e termina con Domenico Martimucci, calciatore dell’Acd Castellaneta, morto, dopo cinque mesi di agonia, a seguito di un attentato dinamitardo alla sala giochi Green Table di Altamura, in provincia di Bari.
Giuseppe Di Matteo in una foto scatta durante la prigionia (ansa.it)
Tra le tante vittime innocenti c’è Giuseppe Di Matteo, ucciso per ‘tappare’ la bocca al padre Santino che aveva fatto i nomi degli autori della strage di Capaci. Il piccolo Giuseppe fu rapito il 23 novembre del 1993 mentre si trovava al maneggio di Altofonte. Secondo le deposizioni fatte da Gaspare  Spatuzza, che prese parte al rapimento, i sequestratori travestiti da carabinieri convinsero il piccolo Giuseppe a seguirli con la promessa che avrebbe rivisto il padre che, per la sua collaborazione, era sotto protezione. ‘Agli occhi del bambino – ha dichiarato il pentito - siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi’.
Il rapimento, durato 779 giorni, era finalizzato a spingere Santino Di Matteo a ritrattare le sue dichiarazioni sulla strage di Capaci e sull’uccisione di Ignazio Salvo. Il pentito non si piegò al ricatto e continuò la sua collaborazione con le autorità giudiziarie. L’11 gennaio del 1996, su ordine di Giovanni Brusca, il piccolo Di Matteo, che allora aveva appena 15 anni, fu ucciso e poi sciolto nell’acido
Don Pino Puglisi
Il 15 settembre del 1993, giorno del suo 56° compleanno, don Pino Puglisi intorno alle 22,45 era appena sceso dalla sua Fiat Uno bianca e si stava avvicinando al portone di casa quando qualcuno lo chiamò, lui si voltò, sorrise ai suoi assassini e disse: ‘Me l’aspettavo’, subito dopo Salvatore Grigoli, killer della mafia gli sparò un colpo alla nuca. 
Un uomo di fede se ne andato così, senza nessun timore verso chi, accecato dall’odio, ha sparato senza esitazione. Don Pino era un uomo mite, ed è morto per la sua testardaggine a credere che un’altra Sicilia sia possibile e che l’amore e la giustizia prima o poi trionferanno. Un ‘Santo’ che forse i siciliani non meritano di avere.

sabato 12 marzo 2016


Istat: crollo delle esportazioni in Sicilia

Secondo l’Istat le esportazioni sono cresciute nel 2015 del 3,8% con un incremento diffuso su tutto il territorio nazionale ad eccezione delle isole che hanno fatto registrare un calo del 7,3%

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Le esportazioni, nel 2015, sono diminuite verso la Russia, ma sono in forte espansione quelle verso gli Stati Uniti. L’Italia meridionale ha evidenziato la crescita più rilevante con il +10,2%, seguita dalle regioni del Nord–Est con il +4,7%, da quelle Centrali con il +4,0% e del Nord-Ovest con il +2,7%. 
La regione che ha contribuito maggiormente all’espansione del commercio con l'estero è la Basilicata (+145,7%), seguita dal Lazio (+9,2%), dal Piemonte (+7,0%), dal Veneto (+5,3%), dall’Emilia-Romagna (+4,4%) e dalla Lombardia (+1,5%). All’ultimo posto della classifica c’è la Sicilia che ha fatto registrare un calo del -12,4%, seguita dalla Liguria con -4,2% e dalle Marche con -2,3%.
L’aumento delle esportazioni della Basilicata e del Piemonte è dovuto principalmente alla vendita di autoveicoli, e di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici per il Lazio. Invece, il calo registrato in Sicilia è stato determinato soprattutto dalla contrazione della vendita di prodotti petroliferi.
Le province che hanno sostenuto maggiormente le vendite sono state Torino, Potenza, Latina, Vicenza, Firenze e Bologna, mentre hanno fatto registrare un calo Siracusa, Pavia, Genova e Livorno.
Il trend è migliorato nell’ultimo trimestre dello scorso anno con una crescita del 2,1% nelle regioni meridionali ed insulari, del 2,0% in quelle del Nord-Est, dell’1,0% nel Nord-Ovest e del 0,9% al Centro.

sabato 5 marzo 2016


L’Ars approva la finanziaria, ma è un'altra occasione persa

La manovra finanziaria prevede tagli di spesa per 400 milioni di euro e ne congela altri 500 milioni che saranno svincolati solo a conclusione della trattativa con lo Stato in materia di entrate fiscali

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il primo obiettivo della legge di Stabilità 2016, approvata dall’Ars il 2 marzo scorso dopo oltre due mesi di esercizio provvisorio, doveva essere quello di affrontare la grave situazione finanziaria del bilancio della Regione. L’equilibrio tra entrate ed uscite è stato garantito solo grazie al contributo nazionale una tantum di 1,4 miliardi di euro, dei quali 900 milioni sono previsti nella legge di Stabilità ed altri 500 milioni sono stati promessi ed arriveranno soltanto a certe condizioni, come il taglio della spesa improduttiva.
Rimane, quindi, irrisolta la questione del rapporto tra Stato e Regione in materia finanziaria e tributaria. La soluzione di questo contenzioso è dirimente per porre in essere le strategie necessarie per mettere la Regione al sicuro dal rischio del default.
La finanziaria approvata dall’Ars con 49 voti a favore, 21 contrari e 3 astenuti non realizza gli obiettivi prefissati. Il problema principale del bilancio della regione Sicilia è che l’84% della risorse, che complessivamente ammontano a 22 miliardi di euro, sono destinate alla spesa corrente. Mancano invece finanziamenti adeguati ed una strategia coerente per favorire la ripresa economica. Essi potevano essere attivati con la riorganizzazione della macchina amministrativa regionale e con i tagli alla spesa improduttiva. Ma così non è stato. La legge di Stabilità deliberata dall’Assemblea regionale siciliana è, nella sostanza, un’altra occasione persa.
Tra le novità positive, oltre all’abolizione della famigerata tabella H che prevedeva i contributi a pioggia per enti ed associazioni, l’assunzione nella pubblica amministrazione di nove testimoni di giustizia e lo stanziamento di 80 milioni di euro che saranno utilizzati per i Cantieri di lavoro nei Comuni ed Enti di culto. I fondi potranno essere utilizzati per avviare al lavoro disoccupati anche nel settore della raccolta differenziata porta a porta.
Per finanziare politiche di sviluppo ai siciliani non resta che sperare nel buon utilizzo dei fondi strutturali europei, nel fondo di sviluppo e coesione nazionale e nei PAC 2014-2020. 

giovedì 3 marzo 2016


Renzi: ‘Il Ponte sullo Stretto si farà’

Il presidente Consiglio, Matteo Renzi, promette, come fece Silvio Berlusconi nel 2001, la costruzione del Ponte sullo Stretto, ma sarà #lavoltabuona?

Silvio Berlusconi
‘Sicuramente il Ponte sullo Stretto verrà fatto prima o poi. L’importante è che portiamo a casa i risultati di opere incompiute perché qui ci sono solo quelli che pensano di arrivare e portare a casa progetti faraonici’, a dirlo ad Isoradio è il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ed ancora: ‘bisognerà capire costi e tempi’, ma ‘prima devono finire i lavori sulle strade in Sicilia e Calabria’.
Lo Stretto di Messina
Il presidente del Consiglio promette, quindi, il completamento delle opere incompiute e, in futuro non troppo lontano, la costruzione del Ponte. Sono gli stessi impegni che prese nel 2001 l’allora premier Silvio Berlusconi, ma, ora, sarà #lavoltabuna?
‘In Sicilia vanno rimesse a posto strade e ferrovie. Se non uniamo Palermo, Catania e Messina di che parliamo?’ sottolinea Renzi ed aggiunge: ‘In alcuni momenti è stata impercorribile al suo interno ed è indecente per una regione così bella. In prospettiva personalmente non ho niente contro il Ponte, anzi lo ritengo utile, l’importante è capire tempistica, costi, collegamento e quando ci sarà dovrà essere per i treni. Dovrà essere un pezzo della struttura di Alta velocità del Paese. Perché abbiamo la struttura ad Alta velocità migliore al mondo’ e, conclude il Premier, ‘ora bisogna andare da Napoli a Bari e da Napoli a Reggio Calabria e, in prospettiva, anche a Palermo’.

domenica 28 febbraio 2016


Nobel per la Pace agli abitanti di Lampedusa e Lesbo

Cresce il sostegno alla proposta di assegnare a Lampedusa il Nobel per la Pace fatta nei giorni scorsi da Gianfranco Rosi regista del film sui rifugiati ‘Fuocoammare’, girato nell’isola siciliana e vincitore a Berlino dell’Orso d’oro

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Lampedusa - Porto vecchio 1950
'Il Premio Nobel agli abitanti di Lampedusa e Lesbo sarebbe una scelta giusta e un gesto simbolico importante'. L’ha detto Gianfranco Rosi vincitore dell’Orso d’oro a Berlino con il film documentario ‘Fuocoammare’.
‘Loro - ha aggiunto il regista - sono un popolo di pescatori e per questo accolgono tutto quel che viene dal mare. Dobbiamo assorbire anche noi l’anima dei pescatori. Non ho mai sentito nessuno a Lampedusa, a Palermo o a Catania parlare di barriere, le stesse che alcuni stati d’Europa innalzano, vergognosamente, oggi’.
Mistero buffo - 1976
La proposta ha ottenuto l'immediato appoggio di Dario Fo, premio Nobel per la letteratura nel 1997, che su repubblica.it ha scritto: ‘Che bella idea. Sostengo in pieno la proposta di Gianfranco Rosi di insignire del Premio Nobel per la Pace gli abitanti di Lampedusa e Lesbo. Lo sostengo come abitante di questo mio Paese. Non sarebbe solo un gesto simbolico, ma secondo me anche un riconoscimento concreto, “reale” per quello che gli abitanti di quelle isole del Mediterraneo stanno facendo ogni giorno per la sopravvivenza di altre popolazioni diverse da loro, ma che non per questo considerano “minori”. I lampedusani e gli abitanti di Lesbo hanno dimostrato a tutta l’Europa che si può essere solidali e tolleranti con i migranti, che si può accoglierli senza innalzare barriere e senza che per questo la propria vita venga coinvolta’.
’Certo, - conclude Fo - sono scelte politiche delle nazioni che decidono i destini di questi migranti, ma che il loro primo approccio in Europa sia un contatto umano, un’attenzione, sia cioè nel segno della solidarietà non nel segno della “real politik” mi fa sentire orgoglioso di scoprire dei miei connazionali degni di rappresentarci anche se spesso non lo meritiamo’.

domenica 14 febbraio 2016


Gela come Termini Imerese?

Continua da oltre ventitre giorni la protesta della popolazione di Gela a difesa del petrolchimico dell’Eni, ma la vicenda sembra una ripetizione di quanto già avvenuto a Termine Imerese 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Gela (foto wikipedia.org)
Nel gennaio del 2010 il nuovo amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, annunciava l’irrevocabilità della chiusura dello stabilimento siciliano. La dismissione si concretizzerà il 31 dicembre del 2011. Tra le tante ipotesi di salvataggio della fabbrica c’era la riconversione per la costruzione di auto elettriche da parte del gruppo italiano DR Motor Company. Ma l’accordo fallisce e dal 1° gennaio 2015 lo stabilimento passa alla newco Blutec. L’azienda ha assicurato pochi giorni fa che entro aprile del 2016 saranno avviati al lavoro i primi 50 operai con il compito di allestire la nuova fabbrica ed altri 200 dovrebbero iniziare a lavorare entro la fine dell’anno, mentre non si sa bene che fine faranno gli altri operari dell’ex stabilimento Fiat e gli oltre 1000 addetti dell’indotto.
Il pertrolchimico Eni di Gela
La vicenda del petrolchimico di Gela sembra una ripetizione di quella di Termini Imerese. Il nuovo piano industriale dell’Eni ha previsto la riduzione della produzione con la chiusura dello stabilimento nella piccola città siciliana, ma con la promessa di riconvertirlo in una green economy. L’accordo stipulato nel 2014 tra l’azienda di Stato, la Regione ed il Governo nazionale prevede, infatti, la ristrutturazione della fabbrica e soprattutto il salvataggio dei posti di lavoro. Intanto, seicento dei settecento operai dello stabilimento sono stati ‘trasferiti’ e milleduecento addetti dell’indotto sono in cassa integrazione.
Insomma, Gela come Termini Imerese, ma con l’aggravante che la piccola città della provincia di Caltanissetta pur di garantire i posti di lavoro ai propri concittadini ha rinunciato al mare pulito, ai boschi verdi e all’aria respirabile. I gelesi, per oltre cinquant’anni hanno accettato di tutto pur di avere e mantenere la fabbrica. Ora, i ritardi nella realizzazione dell’accordo stanno preoccupando i lavoratori e l’intera popolazione.
Lo stabilimento Fiat di Termine Imerese
Riusciranno Gela e con essa la Sicilia a vincere la battaglia del lavoro? La Fiat chiude lo stabilimento di Termini Imerese, L’Eni il petrolchimico, le trivelle nel Mediterraneo non le vuole nessuno e l’eventuale bonifica dell’area costerebbe troppo e per i sindacati sarebbe un salto nel buio.
Ai lavoratori non resta che sperare nel rispetto dell’intesa, ma questa storia assomiglia sempre più a quella di Termini Imerese ed a quella di tante altre realtà del Mezzogiorno che più di ogni altra area geografica del paese stanno pagando gli effetti della crisi e decenni di ritardi e di politiche economiche sbagliate decise sulla 'pelle' dei meridionali. 

martedì 2 febbraio 2016


La mafia è ‘qualcosa da combattere, da disprezzare o evitare con attenzione’

Presentati nell’aula magna del liceo classico ‘Giovanni Meli’ di Palermo i risultati dell’indagine svolta tra gli studenti siciliani dal Centro studi Pio La Torre sul tema ‘Giovani cittadini consapevoli, attivi e responsabili’ 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

L’indagine ha coinvolto circa 400 alunni tra i 16 ed i 21 anni di 14 scuole siciliane. Il 39% di essi ritiene che ‘Cosa nostra’ sia più forte dello Stato, mentre per il 34% sono sullo stesso piano e solo per il 16% è lo Stato ad essere più forte. Per il 76% degli studenti siciliani la mafia è ‘qualcosa da combattere, da disprezzare o evitare con attenzione”.
Secondo Laura Borino, membro del gruppo di lavoro del progetto, “quasi tutti i ragazzi sanno chi sono i giudici Falcone e Borsellino, padre Puglisi, Pio La Torre o, sul fronte opposto, Totò Riina. Più della metà, però, prima dell’avvio del progetto, ha ammesso di non conoscere figure come Antonino Caponnetto, Emanuela Loi, Placido Rizzotto e quasi la metà ignorava chi fosse Rocco Chinnici”.
Alla domanda: ‘Ti è mai capitato di avvertire concretamente la presenza della mafia?’, il 34% degli intervistati ha risposto ‘abbastanza’, il 25% ‘poco’, il 21% ‘molto’. La maggior parte degli studenti ha, poi, dichiarato di avere fiducia negli insegnanti, nei magistrati e nelle forze dell’ordine, rispettivamente con 137, 95 e 57 preferenze. Mentre negli ultimi posti della classifica ci sono i sindacalisti (26), i parroci (10), i politici nazionali (8) e quelli locali (3).
Alla presentazione dei risultati del progetto ha partecipato l’assessore regionale all’Istruzione, Bruno Marziano, che ha dichiarato: ‘Per La mia generazione Pio La Torre è stato un maestro di vita. Egli aveva il rigore di chi credeva in una missione, come la lotta alla mafia. La scuola è il primo presidio di legalità ed è il luogo dove si forma la classe dirigente. Investire nella qualità dell’istruzione è fondamentale’. Ed ha annunciato l’avvio in Sicilia di progetti di ‘alternanza scuola – lavoro anche nei licei, si tratta – ha concluso l’assessore – di una vera rivoluzione nel mondo dell’istruzione’.

sabato 23 gennaio 2016


Il Mezzogiorno ha perso 575mila posti di lavoro

‘Il problema dell’occupazione è tutto a carico del Sud’, a sostenerlo, nel corso di un convegno organizzato dal Centro Studi Pio La Torre, è il direttore di Svimez, Riccardo Padovani 

di Giovanni Pulvino (@Pulvino Giovanni)


“Dal 2008 al 2014 il Pil della Sicilia ha perso oltre 13 punti percentuali, contro il Centro-Nord che nello stesso periodo ne ha persi 7,4. Se poi si considera il periodo più ampio che va dal 2001 al 2014, il Mezzogiorno ha subito un calo del 9,4, con la Sicilia in testa alla classifica che ha perso ben 9 punti, mentre il Pil del Centro-Nord è cresciuto dell’1,5%”. A dirlo, durante il convegno su ‘Le leggi di stabilità per il Sud e la Sicilia’ organizzato dall’associazione Pio La Torre, è il direttore di Svimez, Riccardo Padovani, che ha aggiunto: ”Il problema dell’occupazione, poi, è tutto a carico del Sud, perché su oltre 811mila posti di lavoro persi in Italia dal 2008 al 2014, il Meridione ha registrato 575mila occupati in meno, mentre il Centro-Nord si è fermato a 80mila posti in meno, con un impatto negativo sette volte maggiore nel Meridione, e questo richiede una politica strategica. Nel 2015 il tasso di disoccupazione al Centro- Nord è stato dell’8,9%, mentre nel Mezzogiorno è più del doppio, supera, cioè, il 20%. Inoltre, il Pil nazionale nel 2015 è cresciuto dello 0,8% al Centro-Nord, mentre al Sud si è fermato allo 0,1%. Se guardiamo agli investimenti fissi lordi, nel Mezzogiorno sono addirittura diminuiti dell’1%, mentre nel resto d’Italia sono aumentati dell’1,5%”.
Pio La Torre
“Serve una strategia complessiva – conclude Padovani - le piccole misure non possono bastare. Un elemento fondamentale è aver ottenuto dall’Unione europea la possibilità di sforamento della clausola di salvaguardia del 3 per cento, che sblocca 5 miliardi di cofinanziamento che, sommati ai fondi strutturali, fanno 11 miliardi in più da spendere, di cui 7 al Sud, a patto che lo si faccia entro il 2016”.
Alla conferenza ha partecipato anche il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo che, in riferimento al petrolchimico di Gela, ha detto: ”Se non si rispettano gli accordi, dopo i sacrifici dei lavoratori e le ristrutturazioni, i disagi sociali rischiano di diventare problemi. Bisogna reinvestire a Gela, la chimica verde è una speranza del futuro. Dobbiamo coniugare occupazione con sicurezza e ambiente. Adesso ci tocca anche portare avanti una battaglia in Europa che considera aiuti di Stato gli interventi per risanare i siti”.

martedì 19 gennaio 2016


Inps: aumentano i contratti fissi, record di voucher in Sicilia

Nei primi undici mesi del 2015 si registrano oltre 2,1 milioni di assunzioni a tempo indeterminato, mentre le cessazioni sono state 1,525 milioni, boom di voucher in Sicilia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Secondo i dati comunicati dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps tra gennaio e novembre 2015 il numero complessivo di assunzioni nel settore privato è stato di +444.409, cioè il +9,7%. A crescere son stati innanzitutto i contratti a tempo indeterminato (+37%), mentre quelli a termine sono aumentati dell’1,5%, sono invece diminuite le assunzioni in apprendistato (-44.314, cioè -20%). Le trasformazioni dei contratti a termine con quelli a tempo interminato sono state 469.351, con un aumento, rispetto al 2014, del 25,7%.
A livello territoriale i cambiamenti più rilevanti sono avvenuti nelle regioni del Nord, in particolare in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Lombardia.
La variazione netta, cioè il saldo tra assunzioni e cessazioni, ha fatto registrare un miglioramento significativo, con un incremento di 365mila unità. A crescere sono stati i contratti a tempo indeterminato, (oltre 450mila in più) mentre sono diminuiti quelli in apprendistato ed a termine.
L’esonero contributivo ha inciso sul totale dei nuovi rapporti di lavoro a tempo interminato. Sulle nuove assunzioni, che sono state 1.640.630 e le trasformazioni 388.454, esso è stato richiesto per 1.159mila rapporti di lavoro, di cui 889mila sono nuove assunzioni e 269mila sono trasformazioni.
L’Osservatorio ha rilevato anche il notevole incremento dei cosiddetti ‘voucher’. Si tratta di strumenti che consentono ai datori di lavoro di regolarizzare il lavoro di tipo accessorio, cioè il lavoro occasionale. I ‘buoni lavoro’ venduti nei primi undici mesi del 2015 sono stati 102.421.084. Rispetto allo stesso periodo del 2014, l’incremento medio nazionale è stato del 67,5% (61.129.111), la regione che ha fatto registrare l’aumento maggiore è stata la Sicilia con il 97,4%, seguita dalla Liguria (+85,6%), dall’Abruzzo (+83,1%) e dalla Puglia (+83%).

giovedì 14 gennaio 2016


Petrolchimico di Gela: Eni sotto processo per ‘inquinamento ambientale’

A chiedere la condanna dell’azienda sono le famiglie di una trentina di bambini nati malformati, che ritengono sia l’Ente di Stato ad essere responsabile delle patologie dei loro figli 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il petrolchimico di Gela
L’Eni è stato citato in giudizio per ‘l’inquinamento ambientale prodotto, in oltre 50 anni di attività, dal suo petrolchimico, con conseguenze pesanti sull’ecosistema e sulle persone’. Delle responsabilità dell’Ente è certa anche l’amministrazione comunale di Gela che si è costituita parte civile ed ha chiesto la creazione di un fondo risarcitorio di 80 milioni di euro.
I periti nominati dal tribunale hanno accertato il legame tra l’inquinamento industriale della raffineria e le malformazioni riscontrate nei bambini gelesi. Inoltre hanno parlato di ‘disastro ambientale permanente’ che avrebbe effetti nocivi sull’uomo.
L’avvocato delle famiglie ricorrenti, Giuseppe Fontanella, ha chiesto il sequestro dei pozzi e degli impianti ancora in esercizio a Gela.
I legali dell’Eni respingono ogni accusa e dichiarano che l’azienda ha rispettato 110 prescrizioni sulle 112 imposte dal ministero per l’ambiente. Inoltre minacciano ‘di far saltare il protocollo d’intesa firmato con il Governo e la Regione per il salvataggio della raffineria di Gela’.

 

mercoledì 13 gennaio 2016


Crolla l’occupazione nelle costruzioni e nell’industria, mentre cresce nei servizi, ma ad essere penalizzato è sempre il Sud

Diminuita negli ultimi sette anni l’occupazione nel settore delle costruzioni e dell’industria, aumentata invece quella nei servizi, ma si è allargato, ancora di più, il divario tra il Sud ed il Nord del paese

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il settore delle costruzioni ha fatto registrare il calo più elevato di occupati dal 2008 ad oggi. L’emorragia di addetti nel comparto è stata di 464mila unità ed è continuata anche negli ultimi due anni. A differenza di quanto è avvenuto negli altri settori produttivi dal 2013 sono stati persi altri 64mila900 posti di lavoro. A dirlo è un’elaborazione dei dati Istat fatta dal Centro studi di ImpresaLavoro.
A livello regionale solo in Liguria il numero di addetti del settore è oltre i livelli fatti registrare prima della crisi (+0,94%%), mentre sono diminuiti sensibilmente soprattutto nelle regioni meridionali, in Molise del 46,67%, in Calabria del 39,09% ed in Sicilia del 38,73%.
L’agricoltura ha fatto registrare cali più modesti, con otto regioni che, anzi, hanno incrementato l’occupazione rispetto al 2008. Si tratta di Marche ed Abruzzo con aumenti di oltre il 30%, seguite da Toscana (+17,9%), Sardegna (+13,26%), Lazio (+12,43%) e Friuli Venezia Giulia (+10,96%). Record negativo, invece, per il Molise (-40,49%) e la Puglia (-23,54%).
Nel settore industriale i livelli occupazionali sono ben lontani da quelli pre-crisi in tutte le regioni, ma i cali più consistenti sono avvenuti nel Mezzogiorno. In Sardegna c’è stata una diminuzione del 23,45%, in Calabria del 20,37% ed in Puglia del 20,34%.
E’ cresciuta invece dell'1,74% l’occupazione nei servizi. Dei 267mila nuovi posti di lavoro ben 233mila sono stati creati negli ultimi due anni. A trainare la ripresa dell’occupazione è stato quindi il settore terziario. A livello regionale gli addetti del comparto rispetto al 2008 sono cresciuti nel Lazio del 9,55%, nel Trentino Alto Adige dell’8,54%, in Toscana del 5,43% e nell’Umbria del 4,78%. Cali consistenti, invece, in Abruzzo (-11,46%), Calabria (-9,31%) e Sicilia (-4,40%).

lunedì 28 dicembre 2015


Nel Mezzogiorno i posti di lavoro sono aumentati di 89mila unità

Negli ultimi sette anni gli occupati sono diminuiti di oltre 656mila unità, ma i dati dei primi nove mesi del 2015 confermano l’inversione di tendenza, in particolare nel Mezzogiorno

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Secondo i dati rilevati dal Centro studi di ImpresaLavoro nel periodo tra il 2008 ed il 2015 il numero di occupati in Italia è diminuito di 656.911 unità. I posti persi al Sud e nelle Isole sono stati 486mila, al Nord 249mila, mentre le regioni del Centro hanno fatto registrare un aumento di 78mila unità, ma solo grazie all’incremento di 116mila posti di lavoro avvenuto nel Lazio.
Ad aver subito maggiormente la crisi è stata la Calabria, dove l’occupazione è diminuita del 12,92%, seguita dal Molise (-9,52%) e dalla Sicilia (-9,27%), mentre quelle che hanno sofferto di meno sono le regioni del Nord, in particolare il Friuli Venezia Giulia che ha fatto registrare il -4,32%, il Veneto il -4,06%, la Liguria il -3,86% e la Lombardia lo -0,66%.
In termini assoluti la regione che ha fatto peggio è stata la Sicilia, con una diminuzione di 137.033 unità, seguita dalla Puglia con -95.959 e dalla Campania con -92.150. Ad essere sopra i livelli del 2008, oltre al Lazio, c’è solo il Trentino Alto Adige con +20mila unità.
Tuttavia, qualcosa sta cambiando. Secondo lo studio di ImpresaLavoro il trend positivo iniziato nel 2014 è stato confermato dai dati del terzo trimestre del 2015. Su base annua l’incremento è stato di 154mila occupati. Ad avvantaggiarsi della nuova situazione sono state le regioni del Mezzogiorno. Nell’ultimo anno sono stati creati nel Sud e nelle Isole 89mila nuovi posti di lavoro, cioè il 57,9% del totale, mentre al Nord sono stati 34mila ed al Centro 31mila. L’aumento più significato è stato rilevato in Puglia con un incremento di 23mila200 unità, in Sicilia con +19mila600 ed in Sardegna con +18mila200. In termini percentuali i migliori risultati li ha fatti registrare la Basilicata (+3,5%), seguita dalla Puglia (+3,39%), dalla Sardegna (+3,33%) e dall’Umbria (+2,34%).  
Invece, continua a perdere posti di lavoro la Calabria. Nei primi nove mesi del 2015 ha fatto registrare un ulteriore calo di 13mila400 unità, rimanendo così l’unica regione che non sta approfittando del cambiamento della congiuntura economica.

giovedì 24 dicembre 2015


A Militello Rosmarino 'a vigghiata' per il Presepe Vivente

La rappresentazione del Presepe Vivente che si svolgerà nei prossimi giorni a Militello Rosmarino, piccolo borgo a pochi chilometri da Sant’Agata di Militello in provincia di Messina, è diventato uno degli eventi più attesi dei Nebrodi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La rappresentazione, organizzata dall’associazione Anspi S. Biagio, è prevista per il 26 e 30 dicembre ed il 3 gennaio del 2016.
Nel medioevale centro storico di Militello Rosmarino, dalle ore 20:30 fino alle 23:00, saranno allestite scene di vita tipiche del periodo che va dalla fine dell’Ottocento all’inizio del Novecento. Nelle ambientazioni domestiche ed in quelle artigianali saranno rappresentate le antiche usanze ed i mestieri ormai scomparsi.
I visitatori potranno rivivere 'a vigghiata’, la tipica veglia attorno al braciere che era utilizzato in Sicilia nella prima metà del secolo scorso per riscaldare le case. Il combustibile adoperato era a ‘nuzzulina’ che derivava dalla lavorazione per la produzione dell’olio di sansa oppure la carbonella ridotta a piccoli granelli ed ottenuta con la legna che era stata usata per cuocere il pane nei tipici forni ad arco. 
Militello Rosmarino (Me)
I partecipanti potranno vedere anche come si svolgeva il lavoro dei calzolai, dei fabbri, degli intrecciatori di giunchi, dei calderai, delle ricamatrici e di tutti gli altri mestieri, inoltre saranno rappresentati i momenti di vita che quotidianamente scandivano l’esistenza dei siciliani all’inizio del Novecento.
Non mancherà la degustazione dei prodotti tipici come il pane casereccio, l’olio, i formaggi, i legumi e di altre pietanze gastronomie tradizionali dei Nebrodi. Con questa manifestazione Militello Rosmarino, come altri borghi siciliani, vuole ‘ripartire’ per ridare vitalità ad una Sicilia che non vuole arrendersi al decadimento ed al degrado. La rappresentazione del Presepe Vivente è, anche e soprattutto, un occasione per conoscere una quotidianità che non c’è più, ma che continua a vivere nella memoria di tanti siciliani.

sabato 12 dicembre 2015


Gela: centinaia di lavoratori dell’indotto del petrolchimico rischiano il licenziamento

Nonostante gli impegni presi dall’Eni nel 2014 nulla è stato fatto e centinaia di lavoratori dell’indotto del petrolchimico di Gela ora rischiano il licenziamento

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La protesta dei lavoratori del petrolchimico di Gela è riesplosa dopo che 68 addetti della dell’impresa ‘Elettroclima’ e quattro della ‘Nuova X Gamma’ hanno ricevuto le lettere di licenziamento e con la contemporanea messa in cassa integrazione dei lavoratori della ‘Sudelettre’ e della ‘Smim Impianti’.
I cancelli della fabbrica, ferma da due anni, sono stati bloccati dal personale della raffineria per protestare contro i nuovi licenziamenti e per il mancato rispetto degli accordi sottoscritti nel protocollo d’intesa firmato nel novembre del 2014. In quell’occasione l’Eni si era impegnata ad investire 2,2 miliardi di euro per la riconversione, entro il 2017, dello stabilimento in ‘green refinery’ e per effettuare la ricerca di nuovi giacimenti di gas e petroli in Sicilia.
Ad oggi nulla è stato fatto, anzi l’apertura di dieci cantieri di lavoro prevista dall’accordo stipulato tra l’azienda, il Governo ed i rappresentanti dei lavoratori, non è ancora avvenuta. Intanto, a fine dicembre per centinaia di lavoratori dell’indotto scadrà la cassa integrazione in deroga garantita dal Governo regionale e per molti di essi si profila il licenziamento se non riprenderanno le attività lavorative della raffineria.
Il sindaco di Gela, Domenico Messinese, impegnato in tutti i tavoli di trattativa, ha avanzato il sospetto che l’Eni non voglia rispettare gli impegni presi ed ha lanciato, su facebook, un accorato appello all’azienda ed al Governo: ‘Nessuno deve rimanere indietro!! Gela si merita un futuro migliore, prospero e dignitoso per tutti i cittadini. Non vi lasciamo soli!!’.

venerdì 4 dicembre 2015


Roberto Vecchioni e la sua ‘provocazione d’amore’ verso la Sicilia

La frase pronunciata dal cantautore milanese, ‘Sicilia isola di merda’, ha provocato sui social network indignazione, ma anche qualche consenso 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Roberto Vecchioni
Secondo quanto riportato dall’edizione online dell’Ansa di ieri, l’autore ed interprete di ‘Luci a San Siro’, in un incontro a Palermo con gli studenti di Ingegneria su ‘Mercanti di luce. Narrare la bellezza tra padri e figli’, ha detto: “I siciliani sono la razza più intelligente che esiste al mondo, perché si buttano via così, mi dà un fastidio immenso che l’isola non sia all’altezza di se stessa. Credete che sia qua soltanto per sviolinare? No, assolutamente. Arrivo dall’aeroporto, entro in città e praticamente ci sono 200 persone su 400 senza casco e in tutti i posti ci sono tre file di macchine in mezzo alla strada e si passa con fatica. Questo significa che tu non hai capito cos’è il senso dell’esistenza con gli altri. Non lo sai, non lo conosci. E’ inutile che ti mascheri dietro al fatto che hai il mare più bello del mondo. Non basta, sei un’isola di merda. La mia è una provocazione d’amore”.
Ed ancora: “La filosofia e la poesia antiche hanno insegnato cos’è la bellezza e la verità, la non paura degli altri, in Sicilia questo non c’è, c’è tutto il contrario. E mi sono chiesto, prima di arrivare qui, se dovevo dirle queste cose a voi ragazzi. Non amo la Sicilia che rovina la sua intelligenza e la sua cultura, le sue coste, quando vado a vedere Selinunte, Segesta e altri posti di questo tipo non c’è nessuno. Non amo questa Sicilia che si butta via, che non si difende”.
Le reazioni sono state immediate. “Non c’è niente di peggio delle banalizzazioni e delle generalizzazioni, quelle in cui, purtroppo, è caduto Vecchioni. Da un cantautore tanto apprezzato, e vincitore anche al Festival di Sanremo, ci saremmo attesi valutazioni più profonde e meno stereotipate”, ha dichiarato Renato Schifani, presidente dei senatori di Area popolare Ncd-Udc. Ma c’è chi come la giornalista Sandra Figliulo che invece difende il cantautore: “La verità è che se è il siciliano a dirti che qui non funziona nulla, che bisogna scappare, che non c’è speranza, va tutto bene. Se glielo dice chi viene da fuori, ecco che il siciliano si veste d’orgoglio, sostiene di vivere nel migliore dei mondi possibili e guai a chi gli tocca la sua terra”. 
Le parole di Roberto Vecchioni sono dure ma sincere, e il suo è, di certo, un atto d’amore verso la Sicilia. Tuttavia nelle sue ‘invettive’, in gran parte condivisibili, non c’è nulla di costruttivo se non il tentativo di stimolare i siciliani ed i meridionali a darsi da fare, ad agire, a non aspettare, ma questo i siciliani lo hanno capito da tempo e, purtroppo, non è sufficiente per realizzare quel necessario mutamento socio-culturale auspicato dal cantautore milanese.

lunedì 23 novembre 2015


Istat: nel Mezzogiorno bassi livelli di reddito e maggiore disuguaglianza

Il 28,3% degli italiani residenti soffre ‘una grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Nel 2014 le persone residenti in Italia a rischio di povertà sono il 28,3%, a sostenerlo è l’Istat. Si tratta di quella parte di popolazione che soffre di una ‘grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro’.
Le persone che vivono in famiglie ‘gravemente deprivate’ sono l’11,6%, mentre quelle appartenenti ai nuclei familiari con ‘bassa intensità lavorativa’ sono il 12,1%. Grave la condizione delle famiglie con almeno tre minori e quella dei genitori soli. Nel Mezzogiorno la 'bassa intensità lavorativa' è passata dal 18,9% al 20,9%.
Il 20% delle famiglie residenti in Italia percepisce il 37,5% del reddito totale, mentre al 20% della popolazione spetta il 7,75%. Nel 2013, l’Istat stima che metà delle famiglie abbia percepito un reddito netto annuo non superiore a 24.310 euro, circa 2.026 euro al mese, nel Mezzogiorno questa cifra scende a 20.188 euro, circa 1.682 euro al mese. Inoltre, nel Sud, secondo la stima dell’indice di Gini, si registra anche una maggiore disuguaglianza, essa si attesta a livello nazionale al 0,296, mentre nel Meridione sale a 0,305.

sabato 21 novembre 2015


Gela: 'baratto amministrativo' per chi non può pagare le tasse

L’amministrazione comunale di Gela ha deciso di dare la possibilità a chi non ha un lavoro di adempiere agli obblighi tributari con prestazioni lavorative di pubblica utilità

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il sindaco di Gela, Domenico Messinese
Il sindaco del M5s di Gela, Domenico Messinese, e la sua giunta hanno deliberato un provvedimento, denominato ‘baratto amministrativo’, che consente ai cittadini che non hanno un lavoro e che quindi non sono in grado di pagare le bollette dell’acqua, della luce e del gas o dei tributi locali, di adempiere ai loro obblighi svolgendo prestazioni lavorative volontarie di pubblica utilità.
E’ una fattispecie prevista dalla legge ‘sblocca Italia’ del 2014, il cui scopo è quello di offrire la possibilità a chi non ha disponibilità economiche di saldare i debiti contratti con la pubblica amministrazione con prestazioni lavorative come la manutenzione di immobili e la cura del verde pubblico.
L’obiettivo è quello di “migliorare la vita dei nostri cittadini e di agevolare, quanti, liberamente ed autonomamente, sceglieranno di prestare la loro opera al servizio della comunità” ha dichiarato il sindaco Domenico Messinese ed ha aggiunto: “Metteremo in bilancio una determinata somma che sarà divisa per il numero dei partecipanti aventi diritto grazie alla quale questi cittadini in difficoltà potranno coprire anche parzialmente il debito tributario verso il Comune, che altrimenti non avrebbero mai pagato”.
L’amministrazione comunale ha già predisposto una bozza di regolamento che tiene conto di quanto stabilito dalla legge n. 164 del 2014. In particolare esso dovrà stabilire i criteri per redigere la graduatoria dei richiedenti che, ovviamente, terrà conto delle condizioni reddituali e della composizione del singolo nucleo familiare. Inoltre, l’amministrazione dovrà stabilire l’importo del salario che sarà corrisposto e che sarà compensato per l’adempimento degli obblighi tributari e tariffari non pagati all’Ente. 

martedì 17 novembre 2015


Avviato all’Assemblea regionale siciliana l’iter parlamentare del ddl sulla povertà

Il comitato ‘No Povertà’ ha presentato all’Ars il disegno di legge di iniziativa popolare sul contrasto alla povertà, ora l’Assemblea potrà discuterlo e approvarlo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

I promotori di 'No Povertà' depositano il ddl di iniziativa popolare
L’iter è stato avviato dopo la convalida da parte della Commissione Referendum della Regione delle oltre quindicimila firme raccolte nei mesi scorsi sul ddl proposto dal comitato ‘No Povertà’ composto dal Centro Studi Pio La Torre, Anci Sicilia, Cgil, Uil, Libera, Confindustria Sicilia, Caritas, Comunità di S. Egidio, Erripa, Comitato lotta per la casa ’12 luglio’ e Forum Terzo settore Sicilia.
“Finalmente il ddl è a disposizione dell’Ars che può calendarizzarlo, discuterlo e trasformarlo in legge della Regione”, ha dichiarato Vito Lo Monaco presidente del Centro Pio La Torre ed ha aggiunto: ”Rimane grave il problema della povertà e del disagio sociale soprattutto in Sicilia dove i timidi segnali di ripresa economica del Paese non riversano ancora alcun effetto come convalidato dall’Istat, dalla Banca d’Italia e dal recente rapporto Svimez sulle condizioni del Meridione. Non a caso un’altra regione meridionale come la Puglia, attenta alla questione sociale, ha deliberato un intervento parziale contro la povertà”.
Il disegno di legge prevede che ai beneficiari sia rilasciata una carta acquisti per comprare beni di prima necessità. L’intervento riguarderà le famiglie in condizioni di povertà assoluta che secondo l’Istat sono 250mila, cioè il 12,3% delle 1.963.577 famiglie siciliane.
“Il ddl di iniziativa popolare indica uno sforzo di lotta alla povertà” sottolinea Lo Monaco ed ancora: “e per l’inclusione sociale nell’ambito di una ricrescita della Sicilia e del Meridione. Infatti senza questa l’Italia non crescerà”.



martedì 10 novembre 2015

‘Mucca pazza’: deceduta ex infermiera di Acquedolci

Dopo un’estenuante battaglia contro la malattia è deceduta la 48enne di Acquedolci, Benedetta Carroccio

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Benedetta Carroccio
L’ex infermiera dell’ospedale di Sant’Agata Militello ha lottato contro il ‘morbo della mucca pazza’ per 18 mesi. La malattia si era palesata nel maggio del 2014. Benedetta Carroccio, le cui condizioni si erano aggravate rapidamente, aveva bisogno di assistenza continua.
Il marito della donna, di fronte al mancatoriconoscimento dell’indennizzo che il ministero della Salute prevede per i soggetti colpiti da questa patologia, aveva intrapreso contro l’Asp 5 di Messina un’azione legale presso il tribunale di Patti.
Il rifiuto dell’Asp sarebbe stato determinato dalla diagnosi fatta dall’Istituto Superiore della Sanità che ha classificato il caso come malattia di ‘Creutzfeldt – Jakob sporadica probabile’ e non come ‘variante acclarata del morbo della mucca pazza’, non rientrante, quindi, tra quelle suscettibili d’indennizzo. La sindrome, secondo l’Istituto Superiore della Sanità, è rilevabile in modo certo solo con un esame autoptico.
La morte di Benedetta Carroccio ha suscitato dolore e cordoglio in tutta la comunità di Acquedolci e tra i colleghi dell’ospedale di Sant’Agata Militello.

sabato 7 novembre 2015


‘Vitti ‘na crozza’ non è una canzone allegra

Sara Favarò nel suo libro ‘La messa negata, storia di Vitti ‘na crozza’ sostiene che la popolare canzone siciliana sia legata al mondo delle zolfatare e all’insensibilità della Chiesa cattolica 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

‘Vitti ‘na crozza supra nu cannuni, fui curiusu e ci vosi spiari, idda m’arrispunnìu cu gran duluri, murivi senza toccu ri campani’.
Non c’è siciliano che non abbia intonato questa strofa almeno una volta ritenendola un canto d’amore, invece non è così. 'Vitti ‘na crozza' non è una canzone allegra, a sostenerlo nel suo libro ‘La messa negata, storia di Vitti ‘na crozza’ è Sara Favarò. La più celebre delle canzoni popolari siciliane narrerebbe una storia triste, legata al mondo delle zolfatare e alla scarsa ‘sensibilità’ mostrata dalla Chiesa cattolica per quanti perdevano la vita nelle miniere. 
Protagonista della canzone è ‘na crozza’, ossia un teschio che invoca degna sepoltura senza ottenerla e ‘u cannuni’ su cui sarebbe poggiato non è un pezzo di artiglieria bensì l’alterazione di ‘cantuni’, ossia l’ingresso della zolfatara.
Sara Favarò
“Pochi sanno che sono strofe drammatiche, che riportano al mondo delle zolfatare e ai minatori che morendo dentro le viscere della terra non erano degni di ricevere l’ultima benedizione in Chiesa”, sostiene la scrittrice siciliana. Fino agli anni Quaranta, la Chiesa cattolica negava la messa da morto per quanti perdevano la vita nelle miniere.
Tutto cambiò nel 1944 per opera di un sacerdote di Lercara Friddi, monsignore Aglialoro, che, a seguito della morte di undici minatori, decise di interrompere la tradizione e di dire messa scendendo giù nella cava per dare degna sepoltura a quanti non potevano essere esumati.
Al di là delle interpretazioni sul testo 'Vitti ’na crozza' racconta la ‘sicilianità’ che si manifesta nella rassegnazione di chi sa di non potersi riscattare e nello stesso tempo sa di essere legato ad una terra che opprime ma da cui è impossibile staccarsi, un cordone ombelicale che ti affama e ti inorgoglisce, che insieme è vita e morte come per i minatori sepolti vivi senza neanche un ‘tocco di campane’. 

giovedì 5 novembre 2015


Varato il Crocetta quater, ma sarà l’ultimo?

Con il via libero del Partito democratico nasce il quarto governo Crocetta, quello che dovrebbe concludere la legislatura, ma sarà così?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Con l’accordo raggiunto tra il Governatore della Sicilia ed il suo partito, il Partito democratico, nasce il quarto governo Crocetta, anzi il quater bis, infatti, a trenta ore dalla nomina, ma senza ancora la firma sul decreto, escono di scena due assessori, Cleo Li Calzi e Antonio Fiumefreddo. L’accordo raggiunto ieri sera prevede l’inserimento in Giunta di un esponente dell’area di Giuseppe Lupo, Anthony Barbagallo che avrà la delega al Turismo.
Questi gli altri assessori: Mariella Lo Bello (sindacalista della Cgil) Vicepresidente e Assessore per le Attività produttive, Antonello Cracolici (Pd) all’Agricoltura, sviluppo rurale e della pesca mediterranea, Giovanni Pistorio (Udc) alle Infrastrutture e mobilità, Maurizio Croce (Sicilia futura) al Territorio ed ambiente, Baldo Guicciardini (Pd) alla Salute, Gianluca Miccichè (Udc) alla Famiglia, politiche sociali e lavoro, Alessandro Baccei (Pd) all’Economia, Carlo Vermiglio (tecnico dell’area Ap) ai Beni culturali ed identità siciliana, Vania Contrafatto (Pd) all’Energia ed ai servizi di pubblica utilità, Bruno Marziano (Pd) all’Istruzione e formazione professionale, al Presidente  l’interim per le Autonomie locali e funzione pubblica.
“Ringrazio i partiti e il segretario Raciti per il grande lavoro svolto per assicurare alla Sicilia un governo politico”, ha dichiarato all'Ansa Rosario Crocetta ed ancora: “Non ho mai temuto le elezioni anticipate. Il nuovo governo politico di fine legislatura che abbiamo definito con la coalizione mi sembra di livello. Ora tutti al lavoro”.


sabato 31 ottobre 2015


Legambiente: la città con l’eco-performance peggiore è Messina

Negli ultimi tre posti della classifica stilata da Legambiente sulla vivibilità ambientale dei principali capoluoghi italiani ci sono tre città siciliane: Palermo, Catania e Messina

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Messina
La Legambiente ha pubblicato la XXII edizione di Ecosistema Urbano, ricerca realizzata in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Ambiente Italia ed Il Sole 24 Ore sulla vivibilità ambientale nei capoluoghi di provincia italiani. Per quanto riguarda la raccolta differenziata e le energie rinnovabili i miglioramenti rilevati dall’indagine sono scarsi, mentre è peggiorata la situazione per quanto concerne il trasporto urbano. A guidare la classifica sono soprattutto i piccoli capoluoghi, quelli cioè al di sotto degli 80mila abitanti. Tra questi ci sono Verbania, Belluno, Sondrio, Mantova, Pordenone, Trento e Bolzano. Tra le grandi città c’è Venezia. Nella maggior parte dei casi si tratta di capoluoghi del Nord Italia, due soltanto sono del Centro e cioè Macerata ed Oristano.
Messina
Le performance peggiori sono al Sud. In particolare in Calabria con Vibo Valentia, Reggio Calabria e Catanzaro ed in tre capoluoghi di provincia siciliani: Palermo, Agrigento e Messina, che si trovano negli ultimi posti della classifica. “Per sperare che le nostre città migliorino c’è una sola strada: fare la scelta strategica, con i ministeri interessati coordinati da una vera cabina di regia, di fare dell’innovazione urbana e del miglioramento della vita in città la vera opera pubblica”, ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente ed ha aggiunto: “Una scelta politica che andrebbe nella direzione dell’interesse generale: si crea lavoro migliorando il benessere e mettendo al sicuro le nostre città”. 

sabato 24 ottobre 2015


Dopo il ‘dimissionamento’ di Ignazio Marino sarà la volta di Rosario Crocetta?

La vicenda politica di Rosario Crocetta è per molti aspetti simile a quella di Ignazio Marino e non è escluso che alle dimissioni del sindaco di Roma possano seguire anche quelle del governatore siciliano 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi, Rosario Crocetta e Ignazio Marino
Le analogie tra il percorso politico del governatore della Sicilia, Rosario Crocetta e quello del sindaco di Roma, Ignazio Marino, sono tante. La prima è che entrambi i politici non fanno parte dell’entourage renziano, sembrano essere cioè corpi estranei rispetto alla maggioranza del partito a cui appartengono.
In effetti, Marino fin dal suo insediamento è sembrato un ‘marziano’ rispetto alle logiche politiche della Capitale. Da subito, mettendo in discussione tanti piccoli e grandi interessi, ha agito in contrasto con l’apparato politico-istituzionale della città. Dalla discarica di Malagrotta, alle municipalizzate, al salario accessorio dei vigili e dei dipendenti comunali, ai venditori ambulanti cacciati dal Centro, fino alle unioni gay celebrate in Campidoglio.
Seduta all'Ars
Il responsabile del Pd capitolino, Matteo Orfini, ha sostenuto pubblicamente più volte l’operato del suo Sindaco: “Credo che abbia fatto molte cose buone. Che abbia rotto meccanismi discutibili e incrostazioni corporative che indebolivano la città”. Tuttavia, di fronte all’apertura dell’indagine da parte della Procura di Roma sulla vicenda degli ‘scontrini’ e soprattutto di fronte alle parole severe di Papa Francesco: “Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro? Ho chiesto agli organizzatori e neanche loro lo hanno invitato”, il Pd non poteva non ‘dimissionare’ il suo Sindaco.
Insomma, l’ex chirurgo dell’Ismett se da un lato ha dato avvio ad una dura battaglia contro le mafie, gli apparati e le corporazioni della Capitale, dall’altro ha dimostrato una certa ‘leggerezza’ nell’uso dei benefit che gli sono stati attribuiti come Sindaco, in particolare dall’uso ‘privatistico’ della carta di credito del Comune. Inoltre, ha dimostrato ‘inadeguatezza’ nelle relazioni politiche, soprattutto nei rapporti con il Vaticano.
Anche Rosario Crocetta sta conducendo una dura battaglia contro gli apparati e le corporazioni che sono consolidati nella struttura amministrativa dell’isola. Basti pensare alla vicenda dei corsi professionali o alle difficoltà ad approvare la legge sull’istituzione dei Liberi consorzi. 
La vicenda di Matteo Tutino aveva messo in serie difficoltà il Governatore, ma dopo un primo drammatico momento in cui le sue dimissioni sembravano imminenti, l’ex sindaco di Gela ha ripreso il suo percorso politico con più vigore e l'ultimo azzeramento della Giunta per formarne una nuova ne è la conferma.
Rimangono i problemi strutturali della macchina amministrativa regionale ed in particolare quelli derivanti dal debito di bilancio accumulato negli ultimi decenni. Le difficoltà della giunta Crocetta a far quadrare i conti dipendono anche dai limiti imposti dal Governo nazionale e soprattutto dalla necessità di mantenere coesa la maggioranza all’Ars. 
Insomma, i problemi della Sicilia sono tanti e molto seri, ma attribuirne le responsabilità all'attuale Governatore sarebbe fuorviante ed un suo ‘dimissionamento’ da parte del Pd sarebbe incomprensibile per molti siciliani.


martedì 20 ottobre 2015


Expo: vendite record del cioccolato di Modica

Il cioccolato di Modica è il più venduto ad Expo Milano 2015, a comunicarlo è stato Eurochocolate gestore del cluster del Cioccolato e del Cacao 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il cluster del distretto del cioccolato ad Expo Milano 2015
Tra il primo maggio ed il quattordici ottobre, a pochi giorni dalla chiusura di Expo, Eurochocolate, gestore del cluster del Cioccolato e del Cacao, ha reso noti i numeri e le percentuali di vendita dei tre distretti del cioccolato: Modica, Perugia e Torino. Il totale venduto è stato di 587.077 euro.
Le ventidue aziende modicane presenti ad Expo hanno venduto cioccolato per 271.546 euro che corrisponde ad una percentuale del 46%, la città di Perugia per 170.862 euro, cioè il 29,10% e Torino, con la sua ampia varietà di prodotti, per 44.699 euro, che corrisponde al 24,64%. Nell’ultimo week-end il distretto di Modica ha contrattato 10.666 euro di prodotto. 
Il cioccolato di Modica
“Sono vendite assai interessanti, che gratificano non solo la città e il suo prodotto più riconosciuto, ma le aziende che lo producono che rafforzano un brand ormai inscindibile e sinonimo della città”. Così ha commentato i dati comunicati da Eurochocolate il sindaco di Modica, Ignazio Abbate, ed ha aggiunto: “Questo dimostra serenamente che le risorse finanziarie ed umane che abbiamo impiegato a Expo Milano 2015 hanno prodotto un investimento in termini immagine e di valore prodotto consolidati. ChocoModica 2015, ormai alle porte, avrà una ricaduta sicuramente benefica dagli effetti dall’esposizione universale”. 


martedì 13 ottobre 2015


L’occupazione cresce, ma a due velocità: Sicilia, Calabria e Puglia fanno meno della media nazionale

Pochi giorni fa l’Eurostat ha attestato che la Sicilia è la regione europea con il più basso tasso di occupazione, ieri l’Osservatorio sul precariato dell’Inps ha comunicato che è aumentata l’occupazione stabile, ma al Sud le percentuali di crescita sono più basse della media nazionale

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Nei primi otto mesi del 2015 è aumentato di 299.375 unità il numero di nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato rispetto allo stesso periodo del 2014. Nello stesso periodo sono cresciuti di 29.377 unità i contratti a termine, mentre si riducono di 11.744 unità quelli in apprendistato. I rapporti stabili sul totale dei contratti di lavoro sono passati dal 32,3% dei primi otto mesi del 2014 al 38,1% dello stesso periodo del 2015.
Le variazioni rilevate dall’osservatorio dell’Inps evidenziano notevoli differenze tra le varie aree geografiche del Paese. L’incremento delle assunzioni a tempo indeterminato è superiore alla media nazionale del 34,6% in tutte le regioni del Centro-Nord e solo in parte in quelle meridionali. In Friuli-Venezia Giulia è stato dell’84,5%, in Umbria del 61,6%, nelle Marche del 53,1%, in Piemonte del 52.7%, in Trentino-Alto Adige del 50,5%, in Emilia-Romagna del 49,4%, in Liguria del 47,7%, in Veneto del 46,3%, in Basilicata del 40,9%, nel Lazio del 40,8%, in Lombardia del 39,3%, in Toscana del 36,4% ed in Sardegna del 36,2%.
I risultati peggiori sono stati rilevati nelle regioni del Sud. In particolare in Calabria dove è stato registrato un aumento del 17,3%, in Puglia del 16,3% e in Sicilia dell’11%. Inoltre, le assunzioni a tempo indeterminato instaurate con l’esonero contributivo risultano concentrati nel Mezzogiorno, dove i contratti con la decontribuzione sono stati 160.112.

sabato 10 ottobre 2015


In Sicilia il tasso di occupazione è al 42,4%, mentre a Bolzano è al 76,1%

La Sicilia è la regione dell’Unione europea con il più basso tasso di occupazione, a certificarlo è l’Eurostat Regional Yearbook 2015

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

L’annuario regionale, pubblicato ogni anno da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, fornisce una panoramica delle statistiche regionali europee che coprono una vasta gamma di settori. E’ quindi uno strumento utile per comprendere la diversità regionale esistente all’interno dell’UE e spesso dimostra come il dato nazionale non rivela sempre il quadro completo e talvolta complesso di quanto sta accadendo in tutta l’UE. Secondo l’Eurostat Regional Yearbook 2015 ci sono in Europa sei regioni dove il tasso di occupazione tra i 20 ed i 64 anni è inferiore al 50%. Quattro sono nel nostro Paese, la Puglia con il 45,7%, la Campania con il 42,7%, la Calabria con il 42,6% e la Sicilia con il 42,4%, una è in Spagna, Ceuta e l’altra in Grecia, Dytiki Ellada.
Il dato più eclatante dell’indagine è il divario che c’è la Sicilia e la città di Bolzano, dove nel 2014 è stato rilevato il tasso di occupazione più alto, il 76,1%, vale a dire quasi trentaquattro punti percentuali più alto di quello registrato nell’isola governata da Rosario Crocetta. Il dato è condizionato soprattutto dal basso tasso di occupazione femminile che nell’isola è del 29,6%. Calabria e Sicilia sono anche le regioni italiane con il più alto numero di Neet.  Secondo l’Eurostat i giovani tra i 18 ed i 24 anni che non studiano, non lavorano e non seguono un corso di formazione si trovano soprattutto in due regioni della Bulgaria con il 45,7%, in una della Romania, nelle isole Azzorre in Portogallo e in Italia, ovviamente nel Mezzogiorno, in particolare in Calabria e Sicilia, dove superano il 40%, mentre la media europea è del 16,3%.


mercoledì 7 ottobre 2015


Giro ‘d’Italia’, ancora una volta escluse dal percorso Sicilia e Sardegna

La 99esima edizione del Giro ‘d’Italia’ si svolgerà dal sei al ventinove maggio del 2016. Il via sarà dato ad Apeldoom nei Paesi Bassi e l’arrivo a Torino, ma anche quest’anno gli organizzatori non hanno previsto tappe nelle due isole maggiori

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro d'Italia 2016 - (da gazzetta.it)
Ancora una volta il Giro ‘d’Italia’ esclude dal suo percorso la Sicilia e la Sardegna e gran parte delle regioni del Sud Italia. Gli organizzatori della seconda corsa ciclistica a tappe più importante al mondo hanno deciso di far partire la competizione dall’Olanda, dove si svolgeranno tre tappe, e di ridurre al minimo la presenza nelle strade delle città meridionali.  Delle ventuno tappe previste solo la quarta, quella da Catanzaro a Praia a Mare, la quinta con arrivo a Benevento e la sesta con partenza dal Comune di Ponte ed arrivo a Roccaraso in Abruzzo, percorreranno le strade del Sud. Dieci si svolgeranno nelle regioni del Nord e le rimanenti cinque nell’Italia centrale. L’arrivo è previsto a Torino il 29 di maggio. Nulla nelle due isole maggiori.
Il Giro in tutta la sua storia solo tre volte ha percorso le strade della Sardegna, l’ultima nel 2007 in occasione del bicentenario della nascita di Garibaldi e tredici quelle della Sicilia, l’ultima nel 2011. La presenza di due campioni come Fabio Aru, sardo, e Vincenzo Nibali, siciliano, non è sufficiente per convincere gli organizzatori ad includere nell’itinerario della Corsa ‘rosa’ le strade delle due isole.
Vincenzo Nibali e Fabio Aru
Il Giro, come tutti i grandi eventi, non è solo un’importante competizione sportiva, ma è anche e soprattutto un eccezionale strumento di promozione del territorio e della sua economia. Ed è evidente che l’esclusione delle regioni del Mezzogiorno non è casuale ma è una precisa scelta 'politica', si ritiene cioè che realizzare eventi di rilievo internazionale ed investire risorse al Sud sia inutile.
Non solo, prevedere l’arrivo nelle strade delle regioni del Mezzogiorno di una o due tappe, per altro poco significative dal punto di vista agonistico, è un modo per ‘lavarsi’ la cattiva coscienza, è un concedere le briciole, è come fare l‘elemosina, ma il Meridione ha bisogno di ben altro ed ora è giunto il tempo, anche per gli organizzatori del Giro, di ‘cambiare verso’.


mercoledì 30 settembre 2015


Ponte sullo Stretto: tanto rumore per nulla

La Camera dei deputati ha approvato una mozione presentata dal Ncd che impegna il Governo a valutare l’opportunità di riconsiderare la costruzione del Ponte sullo Stretto, ma è subito polemica tra le forze politiche 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Cavallo di battaglia del secondo governo di Silvio Berlusconi, il Ponte sullo Stretto torna al centro delle polemiche tra chi è favorevole e chi invece ritiene che sia un'opera inutile e costosa.
‘Oggi alla Camera sì da maggioranza e Governo a nostra mozione sul Ponte sullo Stretto. Il #Mezzogiorno riparte #unaltrosuccesso #Sud’. Con questo tweet il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, commenta la mozione votata ieri alla Camera con la quale s’ipotizza di riprendere in considerazione la costruzione del Ponte sullo Stretto. Ed ancora: “Si riparte con il progetto, è un grande successo per il Meridione”. Ma il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, frena gli entusiasmi del leader politico siciliano: “Sì solo a una valutazione, il dossier non è sul tavolo”.
La mozione presentata dal Ncd contiene un impegno del governo a ‘valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del ponte sullo stretto come infrastruttura ferroviaria previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi – benefici’. In sostanza non si tratta di un impegno concreto, ma solo un’analisi sull’ipotesi di trasformare il progetto in un’infrastruttura ferroviaria. Tanto è bastato a far esultare il leader del Ncd.
Disappunto ha invece espresso il presidente Pd della Commissione Bilancio, Francesco Boccia, che definisce il progetto “un’opera inutile, non strategica” e che comporterebbe “un ulteriore spreco di soldi pubblici”.
Nichi Vendola, leader di Sel, ha accusato il governo di “continuare a gingillarsi con un’opera inutile, dannosa e delirante”. Mentre il Capogruppo in Commissione Trasporti della Camera, Andrea Cioffi, del M5s ha dichiarato che la maggioranza di governo è “in balia dei deliri al cemento del Ncd di Alfano”.
Insomma, torna la polemica politica sulla costruzione del Ponte sullo Stretto, ma anche questa volta sembra essere solo una foglia di fico per non affrontare i tanti, troppi, problemi economici e sociali che i siciliani ed i meridionali devono affrontare e sopportare giornalmente.

Il paradiso fiscale è a Burgio

Esiste in Italia un paese dove non si pagano le tasse comunali. L’amministrazione di Vito Ferrantelli, sindaco di Burgio piccolo centro in provincia di Agrigento, ha abolito o ridotto al minimo tutte le imposte locali  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il manifesto fatto affiggere dal sindaco Vito Ferrantelli
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha promesso per il 2016 l’abolizione della Tasi e dell’Imu sulla prima casa. Eppure in Sicilia esiste un Comune dove queste imposte già oggi non si pagano. Inoltre, l’Imu sulle seconde case e la tariffa sull’acqua pubblica sono state ridotte al minimo e l’addizionale comunale Irpef non è prevista.
Burgio è un piccolo paesino in provincia di Agrigento. I suoi 2.740 abitanti godono di una riduzione delle imposte locali che non ha eguali in tutta Italia.
Il sindaco, Vito Ferrantelli, ha fatto affiggere un manifesto dove c’è scritto: ‘In quale paese della Sicilia i cittadini non pagano la Tasi? Non pagano l’addizionale Irpef? Non pagano l’Imu sui terreni e i fabbricati agricoli? E dove le tariffe dell’acqua sono le più basse d’Italia? E quelle dell’Imu sulla seconda casa sono al minimo? Nel comune di Burgio!’.
Burgio (Ag)
Eletto sette anni fa nella lista civica ‘Amare Burgio’, il Sindaco e la sua amministrazione hanno di fatto abolito le tasse sulla casa. Non si pagano la Tasi e l’Imu sulla prima abitazione e quella sulle seconde è stata ridotta al minimo. Non è prevista l’addizionale comunale Irpef e la tariffa sul servizio idrico è ridottissima ed è la più bassa d’Italia. Gli abitanti di Burgio pagano per ‘l’acqua pubblica’ circa 100 euro l’anno.
“Far risparmiare i cittadini è possibile”, ha detto Vito Ferrantelli ed ha aggiunto: ”Ogni anno abbiamo fatto lavorare periodicamente circa 250 giovani locali con il servizio civico e le borse lavoro. Abbiamo impegnato 300 giovani con corsi di ceramica e sport”.
Insomma, gestire la 'cosa pubblica' con parsimonia e con efficienza è possibile, basta utilizzare tutte le risorse disponibili e soprattutto affidarsi ad amministratori capaci ed onesti.

sabato 19 settembre 2015


Sicilia regina delle opere incompiute

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato l’elenco delle opere non ultimate o non fruibili, in Sicilia sono 215

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Palermo, la diga di Blufi i cui lavori sono fermi dal 1995
In Italia le opere pubbliche d'interesse nazionale incompiute rilevate dal monitoraggio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono 868, in aumento rispetto all’anno prima quando erano 692. Novantatre sono da terminare in Calabria e ottantuno in Puglia, mentre la Campania è tra le regioni più virtuose con dodici opere incompiute.
In Sicilia ci sono duecentoquindici opere non ultimate o non fruibili, un quarto di quelle italiane. Il loro valore è di 420 milioni di euro. L’anno prima erano ‘solo’ sessantasette. Inoltre ce ne sono quaranta con uno stato di avanzamento dei lavori del 20%, mentre altre otto sono state completate, ma non sono ancora fruibili come il Centro sociale a Casalvecchio Siculo in provincia di Messina o la casa di riposo a Casteltermini in provincia di Agrigento.
Gela, superstrada inutilizzata
L’Anagrafe è stata istituita nel 2011, ma è divenuta operativa nel 2013 ed è, quindi, al terzo anno di rilevamento. Per ogni opera il sistema segnala nei tabulati la stazione appaltante, le risorse, la percentuale di lavori compiuti e le cause rilevanti dell’interruzione e se questa è temporanea o se è dovuta a cause ostative come contenziosi o fallimenti, oppure se il collaudo non è stato eseguito per mancanza di requisiti o di risorse.
 Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, così ha commentato i dati: “Ora dobbiamo andare oltre la stesura e istituire a cura del Ministero un’apposita task force che, così come avvenuto con l’Agenzia della Coesione per i Fondi europei, segua punto per punto le opere meritevoli di essere completate”.

giovedì 10 settembre 2015


Inps: crescono le assunzioni, ma anche il divario tra il Centro-Nord ed il Sud del Paese

Nei primi sette mesi del 2015 i contratti di lavoro a tempo indeterminato sono cresciuti di 286mila unità, ma il divario tra le Regioni del Centro-Nord e quelle del Sud è aumentato

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Nei primi sette mesi del 2015 i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti di 286mila unità, a comunicarlo è l’Inps. La percentuale tra quelli nuovi o variati è passata dal 32,8% dei primi sette mesi del 2014 al 40,2% dello stesso periodo del 2015.
La variazione netta tra attivazioni e cessazioni dei contratti di lavoro a tempo indeterminato è di 140mila unità, se a questi si aggiungono le variazioni di rapporti a termine e apprendisti in tempi indeterminati, la variazione netta sale a 527mila unità.
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha commentato la notizia con un tweet: ‘Il #JobsAct ha prodotto 286mila stabilizzazioni dall’inizio del 2015. Più diritti e meno precariato, come promesso #italiariparte’.
Secondo l’Inps questi dati sono stati determinati innanzitutto dalle normative entrate in vigore quest’anno, in particolare quella relativa alla decontribuzione fino a 8mila euro per i contratti stabili ed il Jobs Act con le sue tutele crescenti. Con quest’ultimo tipo di contratto, infatti, nei primi tre anni di assunzione non è previsto l’obbligo del reintegro in caso di licenziamento senza una ‘giusta causa’. In sostanza, nonostante i contratti siano a tempo indeterminato, il dipendente, non usufruendo della tutela prevista dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, può essere licenziato in qualsiasi momento.
L’Inps conferma anche l’aumento del divario tra il Centro-Nord ed il Sud del Paese. L’incremento delle assunzioni a tempo indeterminato nel 2015 rispetto al 2014 risulta superiore alla media nazionale del +35,4% in tutte le Regioni del Centro e del Nord Italia, mentre è nettamente più bassa nel Mezzogiorno. L’aumento in Friuli-Venezia Giulia è stato dell’85%, in Umbria del 66,5%, nelle Marche del 55,4%, in Trentino-Alto –Adige del 53,3%, in Piemonte del 53,1%, in Emilia Romagna del 51,1%, in Liguria del 48,3%, in Veneto del 47,4%, nel Lazio del 41,9%, in Lombardia del 40,6%, in Toscana del 37,4% e in Sardegna del 36,4%.
I risultati peggiori sono stati al Sud: in Calabria l’incremento è stato del 18,6%, in Puglia del 17,3% ed in Sicilia dell’11,2%.
Insomma, ad avvantaggiarsi con i nuovi contratti sono soprattutto i datori di lavoro delle Regioni del Centro e del Nord Italia, mentre nel Mezzogiorno la situazione economica continua ad essere di sottosviluppo, ma questa non è una novità.  

mercoledì 9 settembre 2015


Caltavuturo: chiusa per maltempo la trazzera grillina

La trazzera costruita dopo il cedimento del viadotto Himera sull’A19 con i soldi dei deputati grillini è stata chiusa per ventiquattro ore da un’ordinanza del sindaco di Caltavuturo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)  

L'inaugurazione della bretella 'grillina'
Il sindaco di Caltavuturo, Mimmo Giannopolo, ha emesso un’ordinanza di divieto di transito della bretella sulla A19 costruita con i soldi dei deputati siciliani del M5s. La strada, che in origine era una Regia Trazzera di epoca borbonica, è stata chiusa al transito per allerta meteo dalle sette di mercoledì fino alla stessa ora di giovedì, con l’invito ad usare prudenza anche nei giorni in cui è prevista l’alternanza di pioggia con le schiarite.
La ‘via dell’onestà’, com’è  stata battezzata dai suoi finanziatori, doveva rappresentare un esempio di capacità amministrativa e, nello stesso tempo, mettere in evidenza l’inefficienza della Regione e dell’Anas.
Con le prime piogge stanno emergendo invece tutti i problemi di utilizzo del nuovo raccordo stradale, che, è bene ricordarlo, è stato asfaltato solo per metà ed è percorribile solo dalle automobili con un limite di velocità di venti chilometri orari. 
“Non è una chiusura vera e propria, ma un’interruzione al transito per 24 ore in via precauzionale. Tutto qui”. Ha detto Giancarlo Cancelleri del M5s. Ed ancora: “Da quando la trazzera è stata costruita non si è mai verificata una bomba d’acqua o una pioggia torrenziale e, visto che in un tratto il fiume è prospiciente, è meglio non correre rischi".
L’assessore alle Infrastrutture della Regione Sicilia, Giovanni Pizzo, ha dichiarato: “La chiusura della trazzera del M5s in vista dell’allerta meteo conferma quanto sostengo da tempo: quella strada è inutile e pericolosa. E se dovesse piovere per venti giorni consecutivi, sarà chiusa per venti giorni? Il geometra Giancarlo Cancelleri mi conferma che se piove la trazzera è pericolosa, quindi inutile. Si fanno le strade solo per il periodo estivo?”.
Intanto, i lavori per realizzare la nuova bretella sono iniziati. Secondo l’Anas saranno necessari tre mesi per costruire il raccordo che si percorrerà lungo il primo tratto della strada provinciale 24 di Caltavuturo e per realizzare la rampa per accedere all’autostrada.


sabato 5 settembre 2015


Minacciato di morte il giornalista Paolo Borrometi

Il giornalista ragusano, Paolo Borrometi, continua a subire intimidazioni mafiose per aver denunciato con i suoi articoli il malaffare a Scicli, il Comune del commissario Montalbano

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Paolo Borrometi ha subito il primo agguato il 16 aprile del 2014. A raccontarlo in un'intervista rilasciata al Corriere della sera è lo stesso giornalista ragusano: “Ero in campagna, da Bonnie. Il mio cane, che era molto inquieto. Penso sia per la mancata passeggiata. Mi sento afferrare da dietro il braccio destro. Saltano i tendini. Le ossa. Cado a terra. Due uomini incappucciati mi prendono a calci gridando: U capisti che t’hai a fare i fatti tuoi?”.
Borrometi non si lascia intimorire è decide di pubblicare la prima puntata dell’inchiesta sul boss di Scicli che chiedeva persino il pizzo di un euro a manifesto per la pubblicità nelle elezioni comunali. La reazione dell’organizzazione malavitosa è inquietante, alcuni sconosciuti scrivono su un muro: ‘Borrometi sei morto’. 
Nel frattempo le autorità giudiziarie hanno emesso un avviso di garanzia nei confronti del Sindaco di Scicli, deciso l’arresto del boss e disposto il commissariamento della città di Montalbano.
Trasferitosi a Roma per motivi di sicurezza il giovane giornalista siciliano continua a denunciare i fatti di mafia come quelli che riguardano il mercato ortofrutticolo di Vittoria e per le quali ha ricevuto altre minacce di morte.  
Pochi giorni fa Borrometi, che ora è anche editorialista de Il Tempo, ha ricevuto la solidarietà del presidente del Senato, Pietro Grasso, ma nonostante ciò non ha ancora un’auto blindata ed una scorta 24 ore su 24.
La cosa che più ti fa gelare il sangue, sottolinea il giornalista, è chi ti dice: “Chi te lo fa fare? Ma sogno un mattino di svegliarmi e dire: visto che valeva la pena”.

mercoledì 26 agosto 2015


Il 41% del territorio del Sud è a rischio desertificazione

Secondo Mauro Centritto, ricercatore del Cnr, è a rischio desertificazione un quinto del territorio nazionale, gran parte del quale si trova nel Sud 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

“Gli ultimi rapporti ci dicono che è a rischio desertificazione il 21% del territorio nazionale, il 41% del quale si trova nel Sud. Sono numeri impressionanti che raccontano di un problema drammatico di cui si parla pochissimo. In Sicilia le aree che potrebbero essere interessate da desertificazione sono addirittura il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%”. A dirlo è Mauro Centritto, direttore dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche.
“Entro la fine di questo secolo le previsioni parlano, per il bacino del Mediterraneo, di aumenti delle temperature tra 4 e 6 gradi e di una significativa riduzione delle precipitazioni, soprattutto estive, l’unione di questi due fattori genererà forte aridità.” Inoltre, secondo il ricercatore del Cnr, per arrestare la desertificazione non è sufficiente “cambiare in tempo la nostra politica energetica” perché “il fenomeno è legato anche alla cattiva gestione del territorio”.
Una delle conseguenze della desertificazione sarà quella di accrescere le ondate migratorie, a sottolinearlo è lo stesso Centritto: ”Ad essere colpiti dalla siccità sono infatti i paesi del Mediterraneo, tra i più fragili dal punto di vista ambientale e antropico. Molte persone che arrivano da noi non fuggono dalla guerra, ma da aree rese invivibili dalla desertificazione, sono rifugiati ambientali. E il loro numero è destinato a crescere esponenzialmente nel prossimo futuro. Occorre un approccio sistemico al problema, capace di riportare in equilibrio ecologico i territori a rischio”.


domenica 2 agosto 2015


San Vito Lo Capo: Bue Marino è la spiaggia regina dell’estate 2015

Il concorso ‘La più bella sei tu’ organizzato da Legambiente ha eletto come spiaggia regina del 2015 quella siciliana di Bue Marino 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Bue Marino - San Vito Lo Capo (Tp)
Bue Marino - San Vito Lo Capo (Tp)
Bue Marino - San Vito Lo Capo (Tp)
La spiaggia siciliana di Bue Marino, a 4 km dal Comune di San Vito Lo Capo in provincia di Trapani, è la regina del 2015.
A stabilirlo è stato il concorso ‘La più bella sei tu’ organizzato da Legambiente che ogni anno elegge il lido più bello dell’estate. La spiaggia trapanese ha conquistato il primo posto in classifica togliendolo al comune di Camerota (Sa) che lo deteneva da due anni. Tra i tredici lidi in concorso Bue Marino conquista la vetta della classifica davanti alla Spiaggia del Nastro e a Baia dell’Orte che si trovano rispettivamente nei Comuni di Maratea ed Otranto.
La graduatoria è stata stilata incrociando i voti di una giuria di esperti con quelli degli utenti online che hanno avuto due mesi di tempo per esprimere il loro parere.
Bue Marino - San Vito Lo Capo (Tp)
“Anche quest’anno abbiamo avuto una importante e significativa adesione al nostro concorso ‘La più bella sei tu’, segno che gli italiani hanno voglia di far conoscere i loro luoghi preferiti e del cuore”. Questo è quanto ha dichiarato Angelo Gentili, responsabile nazionale Legambiente Turismo. Ed ha aggiunto: ”Ci sono tante spiagge incantevoli ed uniche che rappresentano alcune delle mete più significative e apprezzate di questa stagione e che al tempo stesso costituiscono una parte importante della bellezza della nostra Penisola. Alcuni lidi segnalati dal contest sono più selvaggi, altri sono più accessibili e popolari, ma tutti sono accomunati da paesaggi mozzafiato e una bellezza unica che meritano di essere valorizzati attraverso un turismo ecosostenibile. Siamo convinti che la bellezza debba andare di pari passo con la fruizione e la conservazione di questi luoghi, per questo chiediamo agli amministratori e ai cittadini di impegnarsi e di collaborare insieme per mantenere il giusto equilibrio e l’armonia tra fruizione e conservazione di questi lidi italiani”.

sabato 1 agosto 2015


In Sardegna ed in Sicilia i tributi locali sono aumentati del 93,62%

Lo Stato taglia i trasferimenti ai Comuni che si rifanno aumentando le tasse ai contribuenti, ma il vero salasso è al Sud

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Tra il 2011 ed il 2014 i Comuni italiani hanno subito tagli nei trasferimenti statali per circa 8 miliardi di euro che essi hanno compensato con forti aumenti delle tasse sui servizi. A sostenerlo è la Corte dei Conti nella sua relazione sulla finanza locale.
“Per conservare l’equilibrio finanziario in risposta alle severe misure correttive dei governi” i Comuni anziché operare con più efficienza hanno scaricato sui cittadini i mancati trasferimenti aumentando notevolmente le imposte locali.
Insomma a pagare le inefficienze e gli sprechi della Pubblica amministrazione ed i presunti tagli agli Enti locali operati negli ultimi anni dai Governi nazionali sono stati i contribuenti.
Si legge nella relazione: “Il concorso degli Enti locali agli obiettivi di finanza pubblica pesa, in ultima istanza, sul contribuente in termini di aumento della pressione fiscale”. Ed ancora: ”Il cronico ritardo nella ricomposizione delle fonti di finanziamento della spesa, necessaria per garantire servizi pubblici efficienti ed economici, aggrava e rende permanente l’inefficienza delle gestioni nonostante l’incremento consistente delle entrate proprie (+15,63% rispetto al 2013) che fa crescere l’autonomia finanziaria oltre la soglia del 65% ed assorbe la diminuzione progressiva e costante dei trasferimenti (-27,29%).
La pressione fiscale è passata dai 505,5 euro del 2011 ai 618,4 euro pro capite del 2014. A pagare di più sono i cittadini dei Comuni con meno di duemila abitanti e quelli più grandi con oltre 250 mila abitanti.
La Corte dei Conti rileva, inoltre, che tra il 2012 ed il 2014 gli incassi da tributi hanno fatto registrare notevoli incrementi, con punte particolarmente elevate nelle Isole, dove il livello raggiunto nel 2014 risulta quasi doppio rispetto al 2011, con un aumento del 93,62%”. Le isole ed il Sud sono anche le aree dove maggiore è stata la riduzione dei trasferimenti, rispettivamente con un -49,5% e un -34,6%.



venerdì 31 luglio 2015

Inaugurata la bretella di Caltavuturo finanziata dal M5s e subito ribattezzata ‘via dell’Onestà’


Il raccordo stradale 'a 5 Stelle' che consentirà di aggirare l’interruzione sulla A19 è stato inaugurato stamane

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Caltavuturo, inaugurazione delle bretella finanziata dal M5s
Il nuovo raccordo stradale, inaugurato stamane e subito ribattezzato 'via dell’Onestà', consentirà a decine di migliaia di automobilisti di bypassare con facilità il blocco della A19 determinato dal cedimento del ponte Himera nei pressi dello svincolo di Scillato. I lavori iniziati circa un mese fa sono stati finanziati con i soldi che mensilmente i deputati siciliani del M5s restituiscono alla regione Sicilia.
Il tratto stradale è lungo circa trecento metri e mette in comunicazione la Ss 643 con Sp 24, che a loro volta immettono agli svincoli di Tremonzelli e Scillato. La sistemazione della ‘regia trazzera Prestanfuso’ era iniziata subito dopo il crollo del ponte ad opera di due imprese locali. Il costo complessivo è stato di circa 300 mila euro. La strada sarà aperta al traffico domani e permetterà agli automobilisti di risparmiare almeno trenta minuti per raggiungere Tremonzelli. All’inaugurazione hanno preso parte centinaia di cittadini, i deputati e gli attivisti del M5s ed il sindaco di Caltavuturo, Domenico Giannopolo.
Grande soddisfazione ha espresso l’ex capogruppo all’Ars del Movimentocinque stelle, Giancarlo Cancelleri: “Questa strada è il segno tangibile dei tempi, abbiamo voluto dimostrare che siamo una forza politica che vuole conquistarsi la credibilità della gente. Ogni volta quello che abbiamo detto lo abbiamo fatto. Se qualcuno vorrà definirle promesse elettorali lo faccia, però oggi con quella che qualcuno definisce promessa elettorale la gente potrà andare al mare e al lavoro, anche se in emergenza, avrà una opportunità in più”.

giovedì 30 luglio 2015

Svimez: il Sud fa peggio della Grecia


Tra il 2001 e il 2014 il Pil del Mezzogiorno è cresciuto la metà di quello della Grecia ed è concreto il rischio che al Sud la crisi ciclica si trasformi in sottoviluppo permanente  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Negli ultimi tredici anni il nostro Paese è stato quello che è cresciuto di meno tra quelli dell’area Euro a 18. Questo è quanto emerge dalle anticipazioni del rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2015 presentato oggi a Roma.
Tra il 2001 ed il 2014 l’Italia è cresciuta del 20,6% rispetto ad una media degli altri paesi del 37,3%. Abbiamo fatto meno della Grecia che è cresciuta nello stesso periodo del 24%, ovviamente ciò è avvenuto per effetto dello sviluppo registrato negli anni precedenti alla crisi.
Nel Mezzogiorno il Pil è aumentato solo del 13% cioè metà di quello della Grecia ed oltre 40 punti in meno della media delle regioni dell’Europa a 28 (+53,6%).
Dall’inizio della crisi i consumi nel Meridione sono crollati del 13,2%, cioè il doppio che nel resto del Paese e gli investimenti del 38%, in particolare quelli industriali sono crollati del 59%.
Nel 2014 il divario del Pil pro capite tra Centro – Nord e Sud è tornato ai livelli dello secolo scorso, con una diminuzione del 63,9% rispetto al valore nazionale.
Il crollo degli investimenti e dei consumi sia pubblici che privati,  oltre ad essere stati determinati della crisi economica e dai problemi derivanti dalla globalizzazione, sono la diretta conseguenza delle politiche economiche e dei tagli alla spesa pubblica, in particolare quella in conto capitale, decise negli ultimi 20 anni dai governi nazionali. Sono cioè anche il risultato delle cosiddette politiche federaliste che hanno impoverito le regioni del Sud e che, negli ultimi sette anni, hanno limitato le conseguenze della crisi nel Settentrione.
Non sorprende quindi se, secondo il rapporto Svimez, il Sud “è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in sottosviluppo permanente”.


lunedì 27 luglio 2015

Caso Crocetta, indagati i giornalisti dell’Espresso


Piero Messina e Maurizio Zoppi, cronisti dell’Espresso, sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Palermo con l’accusa di pubblicazione di notizie false in relazione alla vicenda della telefonata tra Crocetta e Tutino

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Palazzo di Giustizia di Palermo
Piero Messina e Maurizio Zoppi, autori dell’articolo sulla presunta telefonata tra Rosario Crocetta e Matteo Tutino con la frase shock su Lucia Borsellino ‘va fatta fuori come il padre’, sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Palermo. Piero Messina è accusato di calunnia e di pubblicazione di notizie false, mentre Maurizio Zoppi soltanto per questo secondo reato. Entrambi, sentiti dai magistrati, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Il direttore dell’Espresso, Luigi Vicinanza, ha sempre confermato l’esistenza della registrazione della telefonata, attestando così la correttezza dell’operato dei sui giornalisti anche quando le procura di Palermo, Caltanissetta e Messina hanno dichiarato di non esserne in possesso. Ora i due cronisti sono accusati per diffusione di notizie false.
Piero Messina, che è stato licenziato dall’ufficio stampa della Regione proprio da Crocetta, deve rispondere anche di calunnia perché avrebbe indicato come fonte un investigatore che avrebbe invece negato di avergliela riferita.
Se l’ipotesi del falso fosse confermata ci troveremmo di fronte ad un fatto molto grave sia perché vede coinvolto un settimanale che ha una lunga tradizione sul giornalismo d’inchiesta, ma soprattutto perché sarebbe stata screditata l’onorabilità di un uomo che oggi è il simbolo della lotta alla mafia. Accusando il governatore Rosario Crocetta di ‘stragismo’ è come se si fosse infangato tutto il popolo siciliano. Ed il difficile cammino di legalità iniziato tanti anni fa da Placido Rizzotto e proseguito da Pio La Torre, Sergio Mattarella e da magistrati come Terranova, Chinnici, Falcone, Borsellino e da tanti uomini delle istituzioni che hanno dato la loro vita per liberare la Sicilia dalla mafia e dal malaffare rischierebbe così di arrestarsi.
La stagione dei veleni 2015 continua e le sue conseguenze sono imprevedibili.Giovanni Falcone diceva: “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno”. 


domenica 26 luglio 2015

Sicilia: attivati 22 mila tirocini con il programma ‘Garanzia Giovani’


La regione Sicilia dopo il flop del Piano Giovani si colloca al primo posto in Italia per numero di contratti attivati con il programma ‘Garanzia Giovani’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La regione Sicilia ha attivato 22 mila tirocini a favore dei cosiddetti Neet, cioè giovani tra i 15 ed i 29 anni che non studiano e non lavorano. Nel comunicare i risultati del programma l’assessore al Lavoro, Sebastiano Bruno Caruso, ha detto: “Da un lato il dato dimostra che in Sicilia c’è bisogno di lavoro e dall’altro che siamo stati pronti a dare risposte concrete a tanti giovani”. Ed ha aggiunto: “Abbiamo aumentato la dotazione aggiungendo quasi 40 milioni di euro già dentro Garanzia Giovani, ma destinati ad altre misure tra cui interventi di formazione professionale. Siamo in linea con le indicazioni dell’Unione europee”.
Con il progetto vengono rimborsati da 300 a 600 euro al mese ad ogni tirocinante ma solo per 6 mesi, dopo i datori di lavoro li possono assumere usufruendo del bonus occupazionale e di uno sgravio sui contributi.
Per oltre la metà dei tirocinanti si tratta della prima esperienza lavorativa.Le adesioni a Garanzia Giovani sono state in totale 110.148. Tra loro oltre trenta mila non hanno dichiarato il titolo di studio, il 35% ha invece un diploma che non permette l’accesso all’Università. I laureati sono 9627 ed i diplomati 7828.
A causa dell’elevata percentuale di Neet, la regione Sicilia ha una dotazione finanziaria di 178.821.388 euro. Di questi 56 milioni sono destinati alla formazione, 42 milioni all’accoglienza, circa 21 milioni all’auto-impiego per i giovani che intendono avviare un’attività imprenditoriale, 16 milioni per l’accompagnamento al lavoro, 15 milioni ai progetti di apprendistato, 10 milioni per il servizio civile nazionale ed altrettanti per il bonus occupazionale, 4 milioni per la mobilità professionale transazionale e territoriale e quasi 5 milioni di euro per il tirocinio extra curriculare. 


giovedì 23 luglio 2015

Rosario Crocetta: ‘La richiesta di andare al voto è irricevibile’


Crocetta interviene all’Assemblea regionale siciliana per riferire sulla situazione politica e sulla presunta telefonata con Matteo Tutino 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il presidente della Sicilia, Rosario Crocetta, parlando all’Assemblea regionale sulla situazione politica e sulla vicenda della telefonata con Matteo Tutino ha detto: “Ho vissuto in questi giorni i momenti più terribili della mia vita. E’ come se avessi rivisto un film diverse volte proiettato attraverso il quale l’attacco al presidente della Regione diventa l’attacco alle istituzioni democraticamente elette e a un intero popolo siciliano”. Ed ancora:  “La richiesta di andare al voto per me è irricevibile perché strumentale ed interessata. I falsi scoop non possono decidere le sorti dei governi. I poteri occulti minacciano la democrazia, c’è una parte della politica che non difende uomini delle istituzioni da fatti smentiti dalle Procure siciliane. Non sono un irresponsabile. Perché non voglio lasciare decine di migliaia di lavoratori senza lavoro e senza salario”.
Inoltre ha invitato i deputati “a completare le riforme” e poi “voi e solo voi, senza diktat romani o di forze parallele, deciderete se mettere fine alla legislatura”.
A proposito di Matteo Tutino ha affermato:”Lo frequentavo ogni quindici giorni e nel suo studio medico. La scorta rimaneva sempre con me. Nessuna vita può essere più chiara della mia vita, vivo con la scorta ogni momento e ogni secondo della mia vita è documentato e controllabile”.


martedì 21 luglio 2015

A Palermo ritorna la stagione dei veleni


Dopo quella del 1989 anche l’estate del 2015 sarà una stagione di veleni. Tra conferme, smentite, accuse e complotti è assai probabile che, come avvenne con le missive del ’corvo’, non sapremo mai la verità sulla telefonata di Tutino

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La prima volta che si parlò del ‘corvo’ fu il luglio del 1989un mese prima, il 20 di giugno, c’era stato il fallito attentato sul litorale dell’Addaura che aveva come obiettivo il giudice Giovanni Falcone.
In quella torrida estate cinque missive anonime furono inviate alle più alte cariche dello Stato con lo scopo di denunciare irregolarità nell’attività del pool antimafia. Il ’corvo’ accusò il giudice Giovanni Falcone ed i suoi colleghi di aver mandato in ‘missione’ a Palermo il pentito Salvatore Contorno.
Luigi Vicinanza
Ad essere sospettato fu il magistrato Alberto Di Pisa ma,come spesso succede in Italia,dopo aver subito due processi fu assolto ‘per non aver commesso il fatto’ e reintegrato. Ad incastrare il presunto autore delle lettere furono le impronte digitali ‘rubate’ dall’allora commissario antimafia Domenico Sica, ma subito dopo esse andarono perse. L’avvocato di Alberto Di Pisa, Gioacchino Sbacchi, accusò i servizi di avere manipolato le prove e di aver trovato nel suo assistito un capro espiatorio.
Sono trascorsi 26 anni e la stagione dei veleni ritorna con connotati ancora più drammatici di quelli del 1989.
La vicenda della telefonata tra Rosario Crocetta e il suo medico personale, Matteo Tutino, è ormai un giallo. La procura smentisce, ma il settimanale l’Espresso conferma. Crocetta parla apertamente di complotto: “Se l’Espresso ha il materiale, lo consegni ai magistrati. Il governo nomini subito una commissione d’inchiesta per accertare quali servizi e quali poteri oscuri abbiano tentato di farmi fuori”. Ed ancora: “Non mi dimetto, sono un combattente e un combattente muore sul campo. Se lo facessi, la darei vinta ai poteri forti. Il Pd vuole le mie dimissioni? Mai, mi sfiducino, così si renderanno complici dei golpisti e passeranno alla storia come coloro che hanno ammazzato il primo governo antimafia della Sicilia”.  
La telefonata trascritta dal giornalista Piero Messina, capo redattore alla Regione Sicilia che Crocetta licenziò appena eletto governatore, risale al 2013, come conferma il direttore dell’Espresso Luigi Vicinanza. Se è così, come mai il suo contenuto è stato divulgato solo adesso? In secondo luogo, un giornale così autorevole non dovrebbe pretendere dalla sua fonte una copia della registrazione prima di procedere con la pubblicazione di fatti così gravi? Il presidente della regione Sicilia è un simbolo dell’antimafia e dal 2003 vive sotto scorta per le ripetute minacce di morte da parte della Mafia. Adesso lo si sospetta addirittura di ‘stragismo’. La cautela è sempre un obbligo deontologico per un giornale ma in questo caso essa deve essere doppia o tripla. Siamo in Sicilia e parliamo di Mafia e di ‘servizi’ e ‘poteri oscuri’. Il giornale non può limitarsi a dire che la registrazione esiste e ‘affidarsi’ alla veridicità della trascrizione fatta dai suoi giornalisti.
“Faremo un’azione civile risarcitoria chiedendo a l’Espresso 10 milioni di danni”. Lo ha annunciato oggi in conferenza stampa a Palermo il legale del Presidente della regione Sicilia. L’avvocato Vincenzo Lo Re che dice: ”Non voglio credere alla malafede ma all’errore professionale”, ha annunciato poi querele per Il Fatto quotidiano e per il giornalista Pietrangelo Buttafuoco, oltre ad una denuncia per diffamazione nei confronti di Maurizio Gasparri. 
Questa estate sarà particolarmente ‘calda’ nei palazzi della politica siciliana, sarà una #stagionedeivelenibis, simile cioè a quella del 1989 e,come avvenne allora con le missive del ‘corvo’, è assai probabile che non sapremo mai la verità sul contenuto della telefonata di Tutino, sempreché essa esista veramente. 


sabato 18 luglio 2015

Tesori di Sicilia: l’itinerario arabo normanno entra nella Word Heritage List


Dieci meraviglie architettoniche della Sicilia sono entrate nella Word Heritage List. Per Palermo ed i siciliani questo riconoscimento offre un’importante occasione di sviluppo economico 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso arabo normanno di Palermo, Cefalù e Monreale è diventato patrimonio dell’Umanità. La decisione è stata presa nei giorni scorsi dal Comitato del Patrimonio Mondiale dell’Unesco riunito a Bonn.
L’itinerario comprende il Palazzo Reale, la Cappella Palatina, la chiesa di San Giovanni degli Eremiti, la chiesa della Martorana, la chiesa di San Cataldo, il palazzo della Zisa, il ponte dell'Ammiraglio, la cattedrale di Palermo, il duomo di Cefalù e quello di Monreale.
Tonino Russo, ex deputato del Partito democratico, che nel 2009 depositò la candidatura alla commissione cultura della Camera, ha dichiarato: “Sono felice ed orgoglioso di essere stato al servizio di un grande lavoro corale che dovrebbe essere da modello per questa nostra martoriata terra. Un ringraziamento a chi ha creduto nel progetto e si è speso con grande passione”.
Grande soddisfazione ha espresso anche il presidente della Fondazione Unesco Sicilia Aurelio Angelini: “Una gratificazione che arriva dopo anni di lavoro condiviso con studiosi e rappresentanti delle istituzioni. Adesso per Palermo inizia la sfida: misurarsi con le opportunità che questo riconoscimento ci offre”.


giovedì 16 luglio 2015

Crocetta: la frase di Tutino per i Pm non è agli atti, ma l’Espresso conferma

Il procuratore di Palermo Lo Voi ha detto: ‘in atti non c’è frase su Lucia Borsellino’, ma l’Espresso conferma l’esistenza della registrazione



di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Rosario Crocetta

Il procuratore di Palermo Lo Voi ha precisato che agli atti dell’inchiesta sul primario dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, Matteo Tutino, non c’è la frase: “La Borsellino va fermata, va fatta fuori come suo padre”, detta al governatore della Sicilia Rosario Crocetta. Il procuratore ha detto di aver fatto ricontrollare tutte le registrazioni dell’inchiesta ed ha aggiunto: “I carabinieri del Nas hanno escluso che conversazioni simili siano contenute tra quelle registrate nelle intercettazioni nei confronti del medico indagato. Il governatore della Sicilia Crocetta, dopo aver appreso che alla procura di Palermo non risultano intercettazioni con la frase detta su Lucia Borsellino dice in lacrime all’Ansa: “E’ vero che la procura smentisce? Oggi mi hanno ammazzato. Quanto è potente questa mafia che vuole farmi fuori?” ed ancora: “Perché…perché? oggi avrei potuto farla finita”. Anche il legale di Matteo Tutino smentiscel’intercettazione:  “Il mio assistito nega nel modo più assoluto di aver mai pronunciato quella frase su Lucia Borsellino” e comunque “il dottor Tutino mi ha giurato piangendo di non aver mai detto questa frase”. Intanto il giornale l’Espresso conferma l’esistenza della registrazione. Il settimanale in una nota ribadisce: “La conversazione intercettata tra il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e il primario Matteo Tutino risale al 2013 e fa parte dei fascicoli secretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo”. 


giovedì 16 luglio 2015

Crocetta: ‘Mi auto-sospendo immediatamente da presidente della Regione’

Il presidente della regione Sicilia non reagisce di fronte alla gravissima affermazione fattagli da Matteo Tutino sulla sua ex assessore Lucia Borsellino



di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Matteo Tutino

Lucia Borsellino “va fermata, fatta fuori. Come suo padre”. Come il giudice Paolo ucciso dalla mafia il 19 luglio di 23 anni fa. Sono queste le parole pesantissime che avrebbe detto Matteo Tutino, primario dell’ospedale di Palermo Villa Sofia, al governatore Rosario Crocetta. All’altro capo del telefono, il presidente della Regione non replica, non s’indigna e non difende la sua, oggi ex, assessore alla Sanità. L’intercettazione risale a qualche mese fa e sarà pubblicata domani dall’Espresso che oggi ne riporta uno stralcio in un’anticipazione sul suo sito online. Matteo Tutino è agli arresti domiciliari con l’accusa di truffa, peculato, abuso d’ufficio e falso. Secondo gli inquirenti il medico personale di Rosario Crocetta avrebbe effettuato interventi di chirurgia plastica nella struttura ospedaliera pubblica in cui non potevano essere fatti ed in più a carico del Servizio sanitario nazionale. Questa vicenda giudiziaria è uno dei motivi per cui Lucia Borsellino ha dato le dimissioni dalla carica di assessore che ricopriva da tre anni, cioè da quando si è insediata la giunta Crocetta.  Interpellato dall’agenzia Adnkronos, il presidente della Regione si difende dicendo:”Io non ho mai sentito quella frase che si sente nelle intercettazioni del dottor Tutino, altrimenti la mia reazione sarebbe stata tremenda. Tanto è vero che dalle presenti intercettazioni non si evince un mio commento, proprio perché non ho sentito quella frase”. Ed ancora:”Questo non significa che non l’ha detta, ma se l’avessi sentita avrei avuto una reazione assurda. Sono sbigottito di questa frase. Mi auto-sospendo immediatamente da presidente della Regione”.

Rosario Crocetta e Ignazio Marino sono ‘troppo onesti per governare’


Le sorti politiche del governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, e quella del sindaco di Roma, Ignazio Marino, sono accomunate dallo stesso assioma: ‘sono troppo onesti per governare’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Ignazio Marino appena eletto sindaco di Roma ha denunciato il malaffare che da anni compromette dirigenti e politici della capitale. Inoltre ha dovuto affrontare una situazione finanziaria disastrosa ed ha dovuto fare i conti con un apparato amministrativo inefficiente e corporativo. Eppure, oggi, è accusato di essere un sindaco ‘debole’. Evidentemente, per i suoi detrattori, la sua integrità morale e la sua serietà non sono virtù sufficienti per consentigli di amministrare la città più importante del Paese.
Ignazio Marino e Rosario Crocetta
Rosario Crocetta vive da anni sotto scorta per aver denunciato e fatto condannare centinaia di mafiosi.Da governatore ha bloccato il finanziamento dei corsi professionali, dove in passato si era annidato il malaffare e la corruzione. Quando è stato eletto, nel 2012, la Sicilia era sull’orlo del fallimento e secondo i giudici della Corte dei conti la situazione finanziaria è ancora oggi molto difficile, tra i punti critici ci sarebbe quello della sanità la cui spesa è aumentata nel 2014 di 615 milioni di euro. I dipendenti regionali, frutto di decenni di pratiche clientelari, sono quasi 20000 e c’è un dirigente ogni 8,6 impiegati. Tutti i tentativi per ridurre i costi del personale proposti dalla Giunta sono stati vanificati dall’opposizione dei sindacati e dei deputati dell’Ars, compresi anche alcuni della maggioranza.
Sono disposto ad assumermi tutte le mie responsabilità. Ma io ho ereditato una Regione con sei miliardi di deficit. Se il partito me lo chiede, mi dimetto. Ritengo però irresponsabile andare ora alle elezioni anticipate”. Questo è quanto ha affermato Rosario Crocetta intervenendo alla riunione della direzione regionale del Pd che si è tenuta ieri.
La ‘debolezza’ dei due esponenti del Partito democratico non è solo amministrativa ma è soprattutto di natura politica. Essi oltre a non essere supportati da maggioranze consiliari coese non hanno il pieno sostegno del loro partito. Probabilmente stanno pagando la loro autonomia nella scelta di collaboratori ed assessori. Alcuni di essi adesso li stanno abbandonando. Guido Improta a Roma e Lucia Borsellino a Palermo sono due ‘tecnici’ che sono stati chiamati a svolgere ruoli delicati, ora di fronte alle difficoltà si tirano indietro.
Quando un docente scrive una nota disciplinare sul registro di classe, il Dirigente scolastico dovrebbe intervenire per tutelare il lavoro dell’insegnante ma spesso preferisce soprassedere accusando il docente di essere debole e di non saper tenere la classe. Ecco a Rosario Crocetta ed Ignazio Marino sta succedendo la stessa cosa, la responsabilità non è di coloro che hanno trafficato e fatto i debiti ma di chi è serio e tenta inutilmente di governare.

martedì 30 giugno 2015

Retrocessione per il Catania calcio e radiazione per Pulvirenti sono le probabili conseguenze dell’indagine denominata ‘I treni del gol’


Retrocessione in Lega Pro e radiazione per i responsabili sono le probabili conseguenze dell’inchiesta sulle partite comprate dai dirigenti del Catania calcio
Antonino Pulvirenti

“La giustizia sportiva prevede per la responsabilità diretta la radiazione per le persone e la retrocessione per la società”.Questo è quanto ha affermato il Presidente della Lega di Serie B, Andrea Abodi, sulle possibili conseguenze dell’inchiesta sulle partite comprate da alcuni dirigenti del Catania calcio. Come risulta dalle intercettazioni dell’indagine denominata ‘I treni del gol’ gli indagati per comunicare utilizzavano un linguaggio in codice. I ‘treni in arrivo’ erano i calciatori e gli ‘orari di arrivo’ il numero di maglia di quelli che sarebbero scesi in campo. Le partite sarebbero state comprate per evitare la retrocessione del Catania in Lega Pro.
L’era Pulvirenti alla guida della società etnea non poteva finire peggio. La sua storia calcistica ha avuto inizio qualche anno fa quando diventa presidente del Belpasso, squadra di calcio di una piccola cittadina in provincia di Catania che allora militava in interregionale. Nella stagione 1998/1999 l’imprenditore etneo acquista l’Acireale in Serie C1. Dopo una stagione difficile con la retrocessione in Serie C2 inizia la risalita fino agli spareggi play-off per la promozione in Serie B. L’ascesa continua nel 2004 quando, dopo la gestione fallimentare dei Gaucci, acquisisce la proprietà del Catania. Il piano di rilancio è ambizioso e per realizzarlo porta con sé la dirigenza che gli aveva consentito i fasti ad Acireale, tra questi c’è Pietro Lo Monaco che è chiamato a ricoprire la carica di Amministratore delegato. Al termine della stagione 2005/2006 il Catania conquista la Serie A, dove vi rimane fino al campionato 2013-2014.
E’ un periodo pieno di successi e di riconoscimenti. La rivista Capital lo elegge imprenditore dell’anno in Sicilia nel 2006 e il 14 maggio 2013 gli vengono consegnate le chiavi della città di Catania per i traguardi raggiunti in ambito sportivo. E’ sicuramente questo il punto più alto della parabola ascendente di Antonino Pulvirenti. La stagione successiva inizia il declino.
Il campionato di Serie B si rivela un calvario e per evitare la retrocessione in Lega Pro la dirigenza dei rossoazzurri decide di spendere 500 mila euro per ‘comprare’ cinque gare. Adesso è il tempo delle ammissioni e delle recriminazioni.
“Nel calcio i soldi non bastano: è necessario avere passione, altrimenti l’arida realtà dei numeri può vanificare il lavoro di anni.” Questo è quanto affermò Antonino Pulvirenti a La Sicilia il 22 maggio del 2000. Un impegno non mantenuto ed a pagarne le conseguenze, come al solito, saranno i tifosi. 


domenica 28 giugno 2015


Non hanno la valigia di cartone ma a dover emigrare sono sempre i giovani del Sud

I nuovi migranti sono giovani laureati o diplomati ma provengono sempre dal Sud dell’Italia



   Negli anni Sessanta e Settanta ad emigrare furono soprattutto i contadini ed i giovani del Sud. Per fuggire dalla miseria milioni di meridionali, nella maggior parte dei casi semianalfabeti, si trasferirono dalla campagna nelle città del Nord Italia, nel cosiddetto triangolo industriale: Milano, Torino e Genova. Il boom economico di quegli anni fu opera innanzitutto di quella generazione di lavoratori fatta di povera gente che scappava da una condizione di bisogno e di privazioni. Trattati come ‘terroni’, costretti a vivere in strutture fatiscenti, abituati al sacrificio ed al duro lavoro, seppero adattarsi e con gli anni integrarsi in una realtà sociale completamente diversa da quella da cui erano partiti.
   Oggi i nuovi migranti sono giovani laureati o diplomati ma sempre provenienti del Sud dell’Italia. Secondo il Rapporto Giovani 2015 elaborato dall’Istituto Giuseppe Toniolo su un campione di 5000 giovani tra i diciannove ed i trentadue anni si tratta di una vera e propria fuga di ‘cervelli’. L’84% di giovani meridionali intervistati sono disposti a trasferirsi pur di trovare un’occupazione stabile e circa il 50% di essi è pronto ad andare all’estero pur di migliorare la propria condizione di lavoro. 
   Le motivazioni non sono solo occupazionali, quello che spinge tanti giovani ad emigrare è anche la scarsa fiducia nelle istituzioni e nella classe dirigente meridionale. Solo il 16% di essi non è disponibile a trasferirsi, si tratta dei cosiddetti Neet cioè giovani che non studiano e non lavorano. 
   Il nuovo flusso migratorio tende quindi ad impoverire il Mezzogiorno non solo nell’aspetto quantitativo ma anche in quello qualitativo. Vanno via i più istruiti e con maggiori ambizioni e rimangono quelli demotivati che, in attesa di un’occupazione, vivono di sussidi o in famiglia con la misera pensione dei genitori o dei nonni. Il tutto nell’indifferenza delle istituzioni ma anche questa non è una novità.

Nessun commento:

Posta un commento