CRONACA

giovedì 2 giugno 2022

Gli italiani preferiscono i condizionatori d'aria alla pace

Solo il 31% degli italiani sarebbe disposto a rinunciare all’aria condizionata questa estate, a sostenerlo è una nuova ricerca di Changes Unipol

di Giovanni Pulvino

                                                                 Video da La7 (Yuotube)

Secondo la ricerca di Changes Unipol, realizzata ed elaborata in collaborazione con Ipsos, meno di un italiano su tre è pronto a rinunciare questa estate all’aria condizionata.

Pochi giorni fa il presidente del Consiglio Mario Draghi nel corso di una conferenza stampa aveva dichiarato: ‘Ci chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace. Questo è quello che vogliamo? Vogliamo che di fronte a queste due cose, cosa preferiamo la pace oppure star tranquilli con il termosifone acceso anzi, ormai l’aria condizionata accesa tutta l’estate? Io la metterei in questi termini. E Lei cosa si risponde su questo? Preferisce la pace o il condizionatore d’aria acceso?

Il 93% della popolazione è pronto ad adottare condotte virtuose per favorire il risparmio energetico. Tuttavia, analizzando i singoli comportamenti quotidiani, l’indagine rivela che siamo ancora lontani dal realizzare pienamente questi obiettivi. Facciamo qualche esempio. Solo il 64% della popolazione non lascia scorrere l’acqua dal rubinetto inutilmente. Il 54% aziona lavastoviglie e lavatrici a pieno carico e soltanto il 52% è disposto a scegliere elettrodomestici a basso consumo o a cambiare le lampadine tradizionali con quelle a led (48%).

Ed è appena il 31% ad essere disposto a rinunciare al condizionatore d’aria questa estate. A livello geografico solo il 22% dei milanesi è pronto a fare questo sacrificio. Tra le generazioni i più propensi sono i cosiddetti Baby Boomers (57-74 anni). Mentre la ‘Generazione Z’ (16-26 anni) è attenta solo per la mobilità sostenibile (34%). La città più virtuosa è Bologna (48%).

Anche considerando i margini di errore tipici di un’indagine statistica, la risposta di due cittadini su tre al quesito posto nella conferenza stampa da Mario Draghi è chiara. Gli italiani tra la pace e il condizionatore d’aria scelgono il secondo. 

Niente di nuovo. Continua a valere quanto scritto nel 1897 nelle Rime di Argia Sbolenfi dal poeta Olindo Guerrini: ‘Ah, siete voi? Salute o ben pensanti, In cui l’onor s’imbotta e si travasa; Ma dite un po’, perché gridate "avanti!" E poi restate a casa?’ Perché, lungi dai colpi e dai conflitti, Comodamente d’ingrassar soffrite, Baritonando ai poveri coscritti "Armiamoci e partite?" ….'

Fonti: yuotube.comwikipedia.org e unipol.it

sabato 25 settembre 2021

Salvatore Borsellino: ‘Mio fratello è morto per niente’

La trattativa c’è stata’, ma secondo la sentenza di secondo grado ‘non costituisce reato’, Salvatore Borsellino

di Giovanni Pulvino

Paolo e Salvatore Borsellino
Aspetto di leggere le motivazioni, tuttavia la sentenza, con la condanna di Bagarella e Cinà, conferma che la trattativa c’è stata, l’assoluzione di Mori e De Donno vuol dire che quella trattativa non costituisce reato. È l’ipotesi peggiore che potessi immaginare perché sull’altare di quella trattativa è stata sacrificata la vita di Paolo Borsellino. Questo significa che mio fratello è morto per niente’. Questo è quanto ha dichiarato ad Adnkronos Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ucciso dalla Mafia nel 1992.

La strage di Capaci che provocò la morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonino Montinaro diede inizio agli attentati degli anni Novanta. Fu la risposta violenta della Mafia alla sentenza di condanna del maxiprocesso.

Paolo Borsellino sapeva di essere nel mirino. Nei giorni e nelle settimane che seguirono successero alcuni fatti che ancora oggi non sono stati spiegati. La sentenza di appello conferma che ci fu una ‘trattativa’, ma per i giudici ‘non costituisce reato’.

Non sappiamo se il magistrato era a conoscenza di quei contatti, anche se tanti piccoli episodi ci fanno ritenere che ne era consapevole. Di certo era preoccupato e già presagiva quello che sarebbe successo da lì a pochi giorni. Nelle ultime interviste era evidente il suo disagio. Perché aveva tanta fretta di essere sentito dalla procura di Caltanissetta? Non lo sapremo mai, ma è assai probabile che fosse venuto a conoscenza della ‘trattiva’ o di qualcosa di simile. Cosa c’era scritto nell’agenda rossa scomparsa dopo l’attentato di via D‘Amelio?

La sentenza di appello sulla 'trattativa' è una sconfitta della lotta alla Mafia, ma è anche e soprattutto l’ennesimo fallimento della magistratura inquirente e giudicante italiana. Processi infiniti che alla fine non decidono o che rinviano ad un grado di giudizio successivo, anch’esso non definitivo. I familiari delle vittime non avranno giustizia e noi italiani non conosceremo mai la verità sulle stragi di Mafia del 1992  e del 1993.

E chi ripagherà gli imputati che sono stati assolti dei danni morali ed economici dovuti ai processi a cui sono stati sottoposti? Il sistema giudiziario italiano non funziona. E non è una questione di modalità del procedimento giudiziario o di sanzioni previste dal Codice penale. No, è solo la mancanza di professionalità di tanti procuratori e giudici. Non sappiamo prenderci le nostre responsabilità, preferiamo quasi sempre delegare a qualcun altro. Anche i magistrati fanno lo stesso, annullano le sentenze se c’è qualche dubbio o se le ‘formalità’ procedurali non sono state rispettate alla lettera. L’interpretazione dei fatti varia da un soggetto giudicante rispetto a quello precedente, tutto a scapito della verità come in questo caso.

La 'trattativa c’è stata', ma per i giudici di secondo grado 'non è un reato'. Amen.

Fonte adnkronos.com

 

sabato 18 settembre 2021

Il Green Pass non è un obbligo vaccinale

Il Green Pass non impone un obbligo, ma ha come scopo quello di salvaguardare la salute di coloro che si sono immunizzati o che non possono vaccinarsi

di Giovanni Pulvino

Foto da salute.gov.it

L’Italia è uno dei primi paesi europei ad aver esteso l'obbligatorietà del Green Pass. Tutti i lavoratori pubblici e privati dovranno munirsi del Certificato verde che attesta l’avvenuta somministrazione di almeno una dose del vaccino anti-Covid o di un tampone con esito negativo (validità di 72 per quelli molecolari) o di essere guariti recentemente dalla malattia.

La misura entrerà in vigore il 15 ottobre. Per i trasgressori sono previste sanzioni pecuniarie che vanno da un minimo di 600 ad un massimo di 1.500 euro. È prevista anche la sospensione dello stipendio dopo cinque giorni di assenza ingiustificata. Il lavoratore non potrà essere licenziato. Per il datore di lavoro che non effettuerà i controlli la multa va da 400 a 1.000 euro.

Il costo del tampone non sarà a carico del Servizio Sanitario Nazionale come avevano chiesto i sindacati. Fino alla fine dell’anno essi saranno gratuiti per chi non si può vaccinare, mentre per i minorenni il costo sarà di 8 euro e per i maggiorenni di 15 euro.

Il Green Pass non è un obbligo vaccinale e non lede la libertà personale. Con questo provvedimento il Governo cerca di convincere gli indecisi ad immunizzarsi. Proteggere chi già si è vaccinato o per ragione di salute non può farlo è un obbligo costituzionale.

I no vax sono ancora tanti. Gli italiani oltre i 12 anni che ancora non hanno ricevuto la prima dose del siero sono circa 9,4 milioni.

L’obbligatorietà del Certificato verde è il tentavo di persuadere chi ancora nutre dubbi sull’efficacia del siero o ne paventa gli effetti collaterali.

Con l’arrivo dell’autunno e del rientro a scuola si rischia una nuova ondata pandemica. 

I dati della campagna vaccinale confermano l’importanza delle somministrazioni. Oggi quasi tutti coloro che sono in terapia intensiva sono soggetti non vaccinati, ma questo non basta a convincere gli indecisi. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità tra gli immunizzati ci sono –77% di contagi, -93% di ricoverati e –96% di decessi.

Con il Green Pass il Governo intende evitare altri lockdown o l’obbligo vaccinale. Quest’ultimo, pur essendo legittimo, è di difficile applicazione. Occorre continuare con l’opera di persuasione, soprattutto per coloro che sono costretti a spostarsi. 

Nessuna imposizione quindi, ma opera di convincimento e fiducia nel popolo italiano. Questa è stata ed è la linea politica seguita durante tutta la pandemia dal ministro della Salute, Roberto Speranza, e dal governo di Giuseppe Conte ed ora da quello di Mario Draghi.

Con le nuove misure il nostro Paese è ancora una volta un passo avanti rispetto ad altri paesi. E, va detto, in questa difficile fase pandemica, la maggioranza degli italiani ha tenuto un comportamento rispettoso delle regole che, come si sa, sono fondamentali per la convivenza civile e per la tutela dei soggetti più deboli.

I problemi ed i rapporti umani si possono affrontare in due modi diversi: il primo pensando sempre e solo a sé stessi, il secondo, invece, agendo nell’interesse comune. Per fortuna questo Governo e le autorità sanitarie stanno agendo solo nell’interesse collettivo, ma anche questo non sorprende.

Fonte salute.gov.it

sabato 14 agosto 2021

Morti sul lavoro: è una strage continua

Nonostante la crisi economica dovuta al Coivid-19, le morti sul lavoro non diminuiscono. Dall’inizio dell’anno ci sono state quasi tre vittime al giorno

di Giovanni Pulvino

Foto da facebook.com

Si muore nelle campagne, nell’edilizia, nelle industrie. È una strage continua.

Per tanti, troppi datori di lavoro la priorità, anche a scapito della sicurezza, è il profitto a tutti i costi.

Il 10 agosto a Bergamo un operaio trentaseienne è morto dopo essere precipitato da 8 metri di altezza. Lavorava per una ditta che stava eseguendo dei lavori di manutenzione in una fonderia che produce componenti in alluminio per auto.

Nelle stesse ore un camionista di 49 anni è rimasto gravemente ferito mentre sversava il liquido dalla cisterna del suo mezzo, sembra che il tubo sia esploso.

Ad Asti un uomo di 56 anni è rimasto ustionato ed è deceduto al momento del ricovero in ospedale. Stava eseguendo lavori di manutenzione in un negozio di surgelati.

Lunedì scorso nel foggiano un operaio di 47 anni ha perso la vita schiacciato da una lastra di calcestruzzo.

Nelle stesse ore a Sondrio un guardiacaccia diciottenne è deceduto durante la sua prima uscita di servizio.

L’11 agosto un agricoltore di 30 anni è morto schiacciato dal suo trattore mentre trasportava una botte d’acqua per tentare di spegnere un incendio.

Laila El Harim, quarant’anni, è morta il 3 agosto scorso incastrata nel macchinario, ma non era stata addestrata ad utilizzarlo.

Sono usciti di casa per andare al lavoro, ma non vi faranno più ritorno.

Il numero delle vittime aumenta quotidianamente. Dall'inizio dell'anno sono 539.

Le principali cause degli incidenti sono il mancato rispetto delle norme di sicurezza, l’obsolescenza dei macchinari e delle strutture, l’inadeguatezza della formazione professionale e la negligenza nell’applicazione dei protocolli di legge da parte dei datori di lavoro.

La necessità di rispettare i tempi di consegna o di ridurre al minimo i costi di produzione provocano spesso imprudenze e disattenzione.

Non dovrebbe succedere, ma purtroppo così non è. Le leggi non mancano, ma spesso è ritenuto problematico o troppo gravoso organizzare e programmare la formazione, specie nelle piccole attività.

Il costo in vite umane è inaccettabile, ma non si riescono a trovare rimedi adeguati per evitarli. Di certo i controlli sono insufficienti. Ed il rispetto delle regole per tanti, troppi italiani e non solo è vissuto come un’imposizione alla libera iniziativa economica. 

È un fatto culturale. Fino a quando non sarà capovolto questo modello di sviluppo economico i morti e gli infortuni sul lavoro si ripeteranno e nulla, purtroppo, potrà impedirli.

mercoledì 4 agosto 2021

La riforma Cartabia non abbrevierà i processi, li renderà ‘improcedibili’

L'Unione europea prima di concederci i finanziamenti del PNRR  ci chiede procedimenti penali più rapidi, ma con la riforma Cartabia ci limiteremo a renderli ‘improcedibili’

di Giovanni Pulvino

Marta Cartabia e Alfonso Bonafede

Si dice che lo impone l’Unione europea, ma non è vero. Per ricevere i finanziamenti del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza l’Europa ci chiede, tra l’altro, una 'giustizia' celere, non la cancellazione dei processi, ma tant’è questo sarà.

Ecco le principali novità, sempre che non ci siano ulteriori cambiamenti prima dell’approvazione definitiva del Senato.

Il Disegno di legge presentato dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede prevedeva l’interruzione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Il nuovo art. 161 bis c.p. della riforma Cartabia dispone che ‘il corso della prescrizione del reato cessa definitivamente con la pronunzia della sentenza di primo grado. Nondimeno, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento

La norma più controversa del disegno di legge delega riguarda la cosiddetta ‘improcedibilità’. Il nuovo art. 344 bis del Codice di procedura penale stabilisce l’interruzione dell’azione penale per la mancata definizione del giudizio di appello entro il termine di due anni o per la mancata definizione del giudizio di Cassazione entro il termine di un anno.

Tali termini in alcuni casi, tassativamente elencati, possono essere aumentati. In particolare, per i reati gravi o complessi come terrorismo e associazione mafiosa.

La sopravvenuta improcedibilità penale non comporterà necessariamente anche quella civile, il giudice potrà rinviare a quello competente in Corte d’appello che potrà utilizzare le prove raccolte nel corso del procedimento.

Infine, è costituito dal ministero un Comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale, sulla ragionevole durata del procedimento e sulla statistica giudiziaria. Lo scopo è quello di valutare il raggiungimento degli obiettivi e l’effettiva funzionalità degli istituti giudiziari.

La riforma Cartabia non riduce i tempi dei processi, ma semplicemente li cancella se questi dovessero protrarsi più del dovuto. Lo Stato italiano alza bandiera bianca. Non potendo fare ‘giustizia’, depenna i procedimenti a tutto vantaggio degli imputati.

Ed è evidente che ad usufruire della nuova normativa non saranno i ‘ladri di polli’, ma chi potrà permettersi studi legali particolarmente attrezzati e costosi.

Quello che i garantisti di tutti gli schieramenti politici non sono riusciti a fare nelle ultime legislature, lo farà un ministro tecnico con il sostegno di quasi tutto il Parlamento.

Tutto con buona pace di quanti aspettano ‘giustizia’ da decenni e che ora, se sarà approvato il Ddl Cartabia, non l’avranno mai.

martedì 29 giugno 2021

Ddl Zan, il confronto non è mai inutile se è costruttivo

Il Ddl Zan è di soli dieci articoli, eppure è di difficile interpretazione. Perché il legislatore continua ad usare un linguaggio giuridico astruso e spesso incomprendibile? 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto dal corrieredellacalabria.it

Il Ddl Zan è scritto malelimita le libertà di opinione ed è divisivo. Per capire le obiezioni fatte dalla Chiesa cattolica e non solo è necessario leggere più volte il testo. I rilievi riguardano gli articoli 4 e 7.

L’articolo 4 afferma che ‘sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.’ Occorre concentrarsi e fare mente locale per capirne il senso. La libertà delle scelte ed il pluralismo delle idee hanno un nuovo limite: tutti quegli atti che potrebbero ‘determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti’. Il riferimento e l’ambito di applicazione del dettato normativo non sono specificati. Le interpretazioni estensive o restrittive faranno la differenza. Andava scritto meglio.

L’articolo 7 istituisce la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia. Ma cosa si intende per biofobia e transfobia? Quanti ne conoscono il significato?

Il comma 1 afferma: ‘La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’Omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione’.

Fin qui tutti d’accordo, ma il comma 3 stabilisce:’ Le scuole, nel rispetto del piano triennale dell’offerta formativa di cui al comma 16 dell’articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, e del patto educativo di corresponsabilità, nonché le altre amministrazioni pubbliche provvedono alle attività di cui al precedente periodo compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica’.

Anche in questo caso c’è un problema di interpretazione. Le istituzioni ‘provvedono’. Cosa vuol dire? Le scuole devono o possono provvedere? Le iniziatine dei singoli istituti relative alla Giornata sono obbligatorie o facoltative? In cosa consisteranno? Gli insegnanti come faranno a spiegare ad un bambino di dieci anni cos’è la bifobia o la transfobia? Dall’articolo non si capisce in modo chiaro, ma sembra che sia tutto dovuto. La ‘politica’ ancora una volta scarica sulla scuola un problema che non riesce ad affrontare e risolvere.

In questo Ddl non c’è un aumento tangibile delle ‘Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità’. L’impressione è che il legislatore voglia ‘porre’ al centro della vita culturale del paese il tema della identità di genere anche se questo rischia di limitare le libertà di espressione.

Per la Chiesa cattolica e non solo promuovere una cultura in cui non ci si riconosce è considerata una imposizione. Non solo, non può neanche manifestare un pensiero contrario. L’articolo 4 ci dice infatti che si possono esprimere opinioni ‘purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.’

Non è accettabile dover sottostare ai dogmi di una religione, qualunque essa sia, ma non è altrettanto accettabile subirne altri con il solo scopo di salvaguardare l’interesse specifico di una parte o di una minoranza.

Fonte senato.it

sabato 10 aprile 2021

I 'furbetti' del vaccino

Oltre due milioni di italiani hanno ricevuto una dose del vaccino senza essere nelle liste di priorità, com’è stato possibile?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da governo.it

Solo il 38,78% degli over 80 ha ricevuto la seconda dose del vaccino, mentre al 68,21% è stata somministrata solo la prima. Il 2,48% degli italiani tra i 70 ed i 79 anni è stato vaccinato, mentre il 19,89% ha ricevuto la prima dose. È un ritardo inaccettabile. A chi sono andati parte dei vaccini disponibili?

Il report del commissario per l’emergenza è chiaro: sono oltre due milioni gli italiani che hanno ricevuto una dose del siero sotto la voce ‘altro’. Più del 20% dei dodici milioni di vaccini disponibili è stato somministrato a soggetti non rientranti nelle liste di priorità.

Con che coscienza uno salta la lista e si fa vaccinare? Ha detto con enfasi il commissario Figliuolo. Concetto ribadito successivamente anche dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi.

Questo fenomeno è particolarmente evidente in alcune regioni. In Sicilia, in Calabria, in Puglia, in Valle d’Aosta e in Toscana questi presunti ‘abusi’ hanno sfiorato il 30% del totale. Dirigenti, avvocati, professori universitari, presunti sanitari, guide turistiche dei parchi e persino sacerdoti e seminaristi hanno ricevuto la prima dose di vaccino, mentre decine di migliaia di ultraottantenni sono ancora in attesa.

Come è stato possibile tutto questo?

Siamo il paese dei furbetti, questo si sa. Il precedente governo guidato da Giuseppe Conte è stato accusato di non aver saputo accelerare sulle somministrazioni. Ebbene il cambio di passo auspicato con il nuovo esecutivo di unità nazionale di Mario Draghi finora non si è visto. Certo i vaccini a disposizione non sono sufficienti, ma c’è anche altro.

Ogni regione va per conto suo. La legislazione concorrente introdotta con la riforma costituzionale del 2001 è alla base di questo disastro. Chi decide sulla Sanità? Il sistema introdotto con l’articolo 117 della Costituzione funziona così. Il ministero della Sanità stabilisce le direttive nazionali, ma poi ad attuarle sono gli enti locali. Le indicazione spesso vengono interpretate diversamente da regione a regione. Stando così le cose per i 'furbetti' dei vaccini è facile trovare un cavillo o una norma che gli consente di saltare la fila.

Tutto questo è possibile soprattutto perché le autorità locali lo hanno consentito e favorito. Poi come al solito esse scaricano la responsabilità delle loro decisioni sul Governo e sul ministro della Salute.

Ma anche questo non sorprende.

martedì 30 marzo 2021

Medici ‘No vax’: sospensione, trasferimento o licenziamento?

Medici ‘No vax’: non facciamo l’errore di penalizzare ancora una volta chi si comporta in modo corretto e serio ed opera per il bene comune, premiare i furbi non è mai una buona cosa

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da primadituttomantova.it

A Brindisi 400 sanitari ‘No vax’, a Lecce altri 200, a Fiano Romano, cittadina a nord di Roma, un’operatrice che non ha voluto immunizzarsi ha contagiato due colleghi ed ha scatenato un focolaio nella struttura Rsa dove lavora. Dei 27 positivi al Coronavirus nessuno ad oggi è in condizioni gravi, in molti avevano già fatto il vaccino. Ora si teme per coloro che ancora non sono stati immunizzati

L’articolo 32 della Costituzione sancisce: ‘La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività... Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge’. La questione è: tutelare la salute e l’interesse collettivo o garantire il diritto individuale dei medici e dei sanitari 'No vax'? Deve prevalere cioè l’interesse pubblico o quello privato? Nel 2017 la Consulta stabili ‘non irragionevole’ limitare la libera autodeterminazione per la ‘tutela degli altri beni costituzionali’, tra questi c'è, ovviamente, la salute dei cittadini.

Un medico non può e non deve mettere in pericolo la vita di un suo paziente. Prima di iniziare la professione i sanitari si impegnano a ‘…perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, …. di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona …’.

Ognuno di noi ogni giorno deve decidere se vivere pensando solo al proprio ego o nella consapevolezza che l’esistenza altrui è altrettanto importate quanto la nostra. Le convinzioni personali non devono intralciare o condizionare il nostro operato quando questo incide nella sfera sociale altrui. Per i sanitari non ci possono essere mezze misure. Chi non accetta questi principi etici e deontologici non può svolgere la professione di medico o di infermiere.

Non solo. Chi ci garantisce che sia solo un problema di tutela della salute? Nulla esclude che essa sia una strategia volta ad ottenere il trasferimento per svolgere un’altra mansione, magari meno gravosa o una sospensione retribuita.

Non facciamo l’errore di penalizzare chi si comporta in modo corretto e serio ed opera per il bene comune. Premiare i furbi non è mai una buona cosa.

Fonte wikipedia.org

sabato 19 dicembre 2020

Covid-19: avremmo dovuto saltare il 2020

La notte di Natale e il Cenone di fine anno del 2020 saranno diversi da tutti quelli che abbia vissuto finora, di certo saranno giorni di festa unici, alternativi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giotto, La Natività (foto da wikipedia.org)


Quando lo scorso anno la pandemia dovuta al Coronavirus è iniziata a manifestarsi, nessuno immaginava di dover vivere giorni così difficili. Sono stati dodici mesi complicati, ma non è detto che il peggio sia alle nostre spalle. Gli esperti ci dicono che la terza ondata ci sarà e potrebbe essere più virulenta delle precedenti. Tra pochi giorni sarà Natale, ma è certo, non sarà uguale a quello che abbiamo vissuto nel 2019.

Quello che sta per terminare è stato un ‘annus horribilis’Decine di migliaia di morti, milioni di contagiati e sofferenze indicibili per malati ed operatori sanitari, i veri eroi di questa fase tragica della storia umana. Ed ancora. Limitazioni delle libertà personali, rinuncia forzata alla socializzazione, anche tra parenti ed amici, crollo dei consumi e degli investimenti, aumento della povertà e delle disuguaglianze.

Le privazioni di solito ci rendono ‘migliori’. Chissà se anche stavolta sarà così. Dubitare è più che lecito. Sentiamo che qualcosa ci manca. E non vediamo l’ora che ritorni la quotidianità perduta. Tutto nella consapevolezza che la vita fugge via, perché del domani non v’è certezza.

Oggi, siamo più soli, siamo più umani. Certo, non è così per tutti, c’è chi nega e si nasconde dietro al proprio egoismo. In questi giorni possiamo verificare senza possibilità di sbagliare chi è altruista e chi invece vive pensando solo a sé stesso, chi ritiene, cioè, di non aver bisogno di nessuno se non del proprio ego.

Sarà un Natale ‘alternativo’, qualcuno con tono sarcastico ha detto che sarà ‘al Covid’. E sarà un Cenone triste. Saranno giorni in cui sarà difficile non pensare a chi non c’è più. Sentiremo un vuoto ed una mancanza che non si possono colmare. Solo il tempo potrà scolorirli, ma non potrà rimuoverli, mai.

Se avessimo saputo e se fosse stato possibile farlo, avremmo dovuto saltare il 2020. Passare dal 2019 al 2021. Anche a costo di rinunciare ad un anno della nostra vita. Ponendo, però, una condizione: cancellare tutte le vittime e le sofferenze che questo anno ‘orribile’ ha provocato.

Sta per andarsene il 2020, ma deve rimanere la coscienza che è stato un anno di 'Resistenza' e che l’inizio del 2019 sarà altrettanto complicato. Con la differenza che dopo tanti sacrifici, ora vediamo la luce in fondo al tunnel. Chissà se sapremo essere 'migliori'. Di certo saremo più consapevoli della nostra fragilità e della nostra estemporaneità di essere umani, il resto è solo una tenue speranza.

sabato 15 agosto 2020

Viviana Parisi voleva ‘recarsi alla Piramide della Luce’

Viviana Parisi voleva recarsi a Motta d’Affermo, dove si trova la Piramide 38°- parallelo e non è credibile l’ipotesi del decesso del bambino causato dall’incidente, a sostenerlo è Claudio Mondello legale e cugino di Daniele Mondello, il marito della donna trovata morta nei boschi di Caronia lo scorso 8 agosto

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La Piramide 38°-parallelo di Mauro Staccioli
Motta d'Affermo, 23 gennaio 2012 - (foto di Giovanni Pulvino)

Viviana vuole recarsi alla "Piramide della Luce", sita in Motta D'Affermo. Nei giorni antecedenti la scomparsa, infatti, chiede a Mariella Mondello e Maurizio Mondello dove si trovi la piramide’, questo è quanto ha scritto due giorni fa sul suo profilo Facebook Claudio Mondello, legale e cugino di Daniele Mondello, il marito di Viviana Parisi, trovata morta nei boschi di Caronia lo scorso 8 agosto. Questo spiegherebbe perché la donna si trovasse ad oltre 100 chilometri da Milazzo, in direzione del Comune dove si trova la scultura di Mauro Staccioli.

Con una scusa <esco a comprare un paio di scarpe per Gioele> si assicura di eludere ogni forma di vigilanza e di avere il piccolo in macchina’. Con questa motivazione, secondo l’avvocato di Daniele Mondello, Viviana esce di casa. Era il 3 agosto. La direzione è Milazzo, ma la donna non si ferma, prosegue in direzione di Palermo. Ad un certo punto del tragitto ‘Viviana esce ... a S. Agata di Militello a fare rifornimento’. Questa deduzione è plausibile perchè sulla A20, passata la piazzola di Patti, non ve ne sono altre prima di arrivare a Termini Imerese, sono circa 100 chilometri. Pochi minuti ed il rientro sempre in direzione di Palermo. Quindi, Viviana Parisi, non aveva nessuna intenzione, almeno in quel momento, di rientrare a Venetico che è nella direzione opposta, cioè verso Messina. Ancora alcuni chilometri ed è sul luogo dell’incidente e della scomparsa.

E’ ormai prossima alla meta quando impatta con un furgoncino di operai di una ditta appaltatrice dell’autostrada: la Piramide dista, ancora, circa 20-25 km dal luogo - all’altezza di Caronia - in cui avviene l’incidente’. A questo punto non ci sono più certezze, ma solo supposizioni.

Le ipotesi che residuano, per chi scrive, sono due: Viviana si allontana in preda a profondo turbamento emotivo e tale turbamento esita in omicidio-suicidio. Viviana si allontana in preda profondo turbamento emotivo e tale turbamento esita in un incidente (è una zona, quella in cui si smarrisce, irta di pericoli sia per la morfologia del terreno che per la fauna autoctona e, dato che nelle vicinanze insistono insediamenti umani, forse anche domestica)’

Claudio Martello non crede neanche al decesso del bambino causato dall’incidente. Ecco cosa ha postato poche ore fa sul suo profilo Facebook: ‘E’ credibile la tesi (di cui apprendo dalla stampa) del bambino morto ad esito dell’incidente iniziale? No. Per le seguenti ragioni:

1) l’incidente occorso è di lieve entità.

2) se fossero emerse tracce ematiche, dall’analisi della vettura sottoposta a sequestro, stante il clamore suscitato dalla vicenda lo avremmo già saputo.

3) Viviana era morbosamente legata al proprio figlio. Secondo una ricostruzione siffatta avrebbe preferito guadagnare la fuga piuttosto che (quantomeno) tentare di soccorrerlo.

4) La tempistica dei fatti pare sia stata fulminea: Viviana, pertanto, avrebbe, in via immediata, deciso che fosse più utile tutelare sé stessa piuttosto che Gioele e, quindi, guadagnato la fuga.

5) Alcuni dei presenti sulla scena dei fatti non si limitano ad un rapido transito ma cercano di prestare soccorso: possiamo ritenere probabile che non si fossero accorti degli esiti di un incidente in danno del bambino?’

Fonte facebook.com

giovedì 5 marzo 2020

Coronavirus all’italiana: bene il Governo, male gli italiani

Tutto il buon lavoro fatto finora dal Governo sull’epidemia del Coronavirus potrebbe essere insufficiente a limitare il diffondersi dell'epidemia, ma stavolta la responsabilità non è dei ‘politici’, ma dell’egoismo e dell’ignoranza di una parte degli italiani

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Mappa aggiornata della diffusione del Coronavirus
(da youtg.net)
Per una volta le decisioni prese dal Governo sull’epidemia dovuta al Coronavirus sembrano di buon senso ed idonee alla situazione di pericolo per la salute pubblica degli italiani e non. Provvedimenti presi con oculatezza, senza allarmare la popolazione. I vari ministri e responsabili del SSN, nonostante la gravità della situazione, hanno agito con cautela, senza anticipare inutilmente i rimedi e le precauzioni necessarie a limitare e, comunque, a rallentare il propagarsi del virus. Certo alcune interviste e richieste fatte dai governatori della Lombardia e del Veneto sono apparse pretestuose e non idonee alla situazione, ma si sa i leghisti sono così, come il loro elettorato, un po' ‘alla buona’.
Una parte degli italiani è poco abituata al rispetto delle regole ed al senso del dovere. Siamo un popolo individualista che fatica ad agire nel solo ed esclusivo interesse del bene comune. Il comportamento tenuto in questi giorni dai lavoratori emigrati nelle città settentrionali, ne è un esempio. In molti, appena hanno potuto, non hanno esitato e sono ‘scappati’ per tornare, anche se solo per pochi giorni, nelle loro città di origine. Chi ha potuto allontanarsi dai luoghi dove si sono sviluppati i primi focolai del virus lo ha fatto senza pensare alle possibili conseguenze, dimostrando di non avere alcun senso di responsabilità verso gli altri. Nei giorni scorsi, dopo la chiusura provvisoria delle scuole della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia-Romagna, molti insegnanti del Sud, che lavorano in quegli istituti, hanno approfittato dei giorni interruzione delle lezioni per scendere nelle loro città, così come se fosse una vacanza qualsiasi.
A questo punto è evidente che un rapido sviluppo del virus anche nelle regioni meridionali diventa assai probabile. La leggerezza e la superficialità di questi lavoratori pendolari potrebbe costare cara a parenti ed amici, ma si sa gli italiani siamo così, pensiamo e riteniamo, con convinzione, che le responsabilità non sono mai nostre, ma sempre degli altri.
Ed ora tutto il buon lavoro fatto dal Governo potrebbe essere insufficiente a limitare la diffusione dell'epidemia, ma stavolta non sarà ‘colpa’ dei ‘politici’, ma dell’egoismo e dell’ignoranza di una parte degli italiani.


mercoledì 26 febbraio 2020

Chi sarà il primo sindaco d'Italia?


L'ultima ‘idea’ di Matteo Renzi è il Sindaco d'Italia, una riforma costituzionale difficile da realizzare, ma molto simile all'elezione diretta del Presidente della Repubblica propugnata dalla Destra italiana

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giorgia Meloni, Matteo Renzi e Matteo Salvini
(foto da ilprimatonazionale.it
Nel corso della trasmissione Rai 'Porta a Porta' il segretario di Italia Viva, Matteo Renzi, ha dichiarato: 'Bisogna riformare le istituzioni, il Paese ha bisogno di un 'sindaco d'Italia'. Ed ancora: 'Siccome non si può andare avanti così, faccio un appello a tutte le forze politiche: fermi tutti, portiamo l’unico metodo istituzionale che funziona, che è quello dei sindaci, a livello istituzionale. Il sindaco d’Italia. Si vota una persona che sta lì per 5 anni'. L’ex segretario del Pd non si rassegna. Continua a ritenersi il 'Capo' indiscusso del Centrosinistra. La parabola discendente della sua leadership è evidente a tutti ma non a lui. Con la sua segreteria i democratici sono passati dal 40% delle europee del 2014 al 18,7% delle ultime elezioni politiche, a cui si deve aggiungere il tonfo nel referendum costituzionale del 2016. Inevitabili le dimissioni dalla segreteria, ma dopo l'elezione di Nicola Zingaretti è uscito dal partito per fondarne uno nuovo: Italia Viva. Un raggruppamento di 'Centro' che gli consenta di continuare ad essere leader di 'qualcosa' e che, nello stesso tempo, lo ponga al centro dell'attenzione mediatica e politica. 
Si sa, egocentrismo, ambizione e spericolatezza animano l’esponente politico toscano, ma non è il solo. Solo pochi mesi fa Matteo Salvini chiedeva ‘i pieni poteri’, cioè di poter governare senza vincoli o compromessi. Sulla stessa linea l’altra esponente del Centrodestra, Giorgia Meloni. La leader di FdI da tempo ha fatto dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica il simbolo della linea politica propugnata della Destra italiana. Insomma, i tre politici chiedono la stessa cosa: una radicale semplificazione delle procedure democratiche. Ma le analogie non finiscono qua. Affini sono anche le proposte sull’economia, sulla corruzione, sulla prescrizione, sulla scuola, sui rapporti con l’Unione Europea e così via.
Programmi analoghi ed un’idea di architettura istituzionale simile: un uomo solo al comando o comunque un Governo che ‘decida’ ed operi senza se e senza ma, che possa agire, cioè, senza i compromessi ed i vincoli di legge tipici di un sistema democratico parlamentare.
Certo oggi è difficile ipotizzare un’alleanza tra il nuovo partito di Renzi ed il Centrodestra, ma domani chissà? Se dovesse cadere il governo Conte ogni soluzione potrebbe diventare possibile, anche un Esecutivo istituzionale con i due Matteo e la Meloni insieme. Tutto, ovviamente, nell’attesa di sapere chi sarà il primo sindaco d’Italia tra Renzi, Salvini e la Meloni.


venerdì 14 febbraio 2020

Diminuiscono le nascite, ma il calo dei residenti è ‘solo’ al Centro-Sud


Diminuiscono i residenti nel Mezzogiorno e nel Centro, mentre prosegue, nonostante il calo delle nascite, il processo di crescita della popolazione nelle regioni del Nord Italia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da istat.it
Secondo i dati pubblicati dall'Istat nel 2019 i residenti sul territorio nazionale erano 60 milioni 317 mila, 116 mila in meno rispetto al 2018. Nello stesso periodo è aumentato il divario tra nascite e decessi, ogni 100 persone scomparse ci sono state 67 nascite, dieci anni fa erano 96. Il calo dei residenti è una costante degli ultimi cinque anni, ma la tendenza è diversa a seconda delle aree geografiche del Paese. Le diminuzioni si sono verificate nel Mezzogiorno (-6,3 per mille) e nel Centro (-2,2 per mille), mentre nel Nord Italia è continuato il processo di crescita della popolazione (+1.4 per mille).
Il maggior incremento è stato registrato nelle Province autonome di Bolzano e Trento e nelle regioni della Lombardia e dell’Emilia-Romagna. ‘Particolarmente critica’ è, invece, la situazione in Molise e Basilicata. Le due regioni hanno perso, in un solo anno, l'1% della loro popolazione.
Un altro motivo dello spopolamento nelle regioni del Mezzogiorno è la migrazione interna. Il calo dei residenti è una costante dal 2014. Sono diminuiti i flussi migratori netti: il saldo è stato positivo per 143 mila unità (32 mila in meno rispetto al 2018), ma anche i nuovi arrivati emigrano nelle regioni del Nord.
I dati pubblicati dall’Istat non sono una novità. Confermano una tendenza in corso da almeno due decenni. Il calo dei residenti nel Mezzogiorno è la logica conseguenza del suo declino economico. Un trend che sembra inarrestabile e la buona volontà di chi resta non è sufficiente ad invertire la tendenza.

Fonte istat.it

domenica 9 febbraio 2020

Graviano, la Mafia ed i ‘Poteri forti’


‘La mia famiglia e il Cavaliere erano soci’, quest'affermazione, subito smentita dai legali di Silvio Berlusconi, è stata fatta dal boss mafioso Giuseppe Graviano

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Silvio Berlusconi e Giuseppe Graviano
(foto da infosannio.wordpress.com)
Le rivelazioni fatte nel corso del processo alla ‘ndrangheta che si sta celebrando a Reggio Calabria dal boss mafioso stragista Giuseppe Graviano non sorprendono. La Mafia ha sempre stretto patti con ‘i poteri forti’ e con settori deviati delle istituzioni. Senza queste ‘relazioni’ la criminalità organizzata non avrebbe potuto proliferare ed arricchirsi. La storia italiana è caratterizzata da collusioni e, in taluni casi, da veri e propri legami associativi della ‘Politica’ con ‘Cosa nostra’. Ecco come Giovanni Fasanella e Mario José Cereghino, autori del libro Tangentopoli nera, definiscono i legami tra il Fascismo e la Mafia. ‘Eloquenti anche le informazioni sui rapporti tra il fascismo e la mafia, a dispetto del mito creato dalla propaganda del regime intorno alla figura del <Prefetto di ferro> quel Cesare Mori inviato in Sicilia negli anni Venti per debellare le cosche. In realtà, fin dal 1919, Mussolini ha sistematicamente perseguitato e annientato le vecchie <famiglie> rurali ancora legate ai partiti dell’età liberale, sostituendole con la <giovane mafia> in camicia nera, diretta espressione del Pnf, composta da delinquenti comuni di città provenienti dai ranghi criminali più bassi, ladri, ruffiani, borsaioli, rapinatori, assassini, spacciatori, tutti elementi violenti e aggressivi per indole. Insomma, le stesse tipologie emerse dai rapporti di polizia sulla banda Giampaoli (gerarca fascista). Non è casuale, dunque, che diversi elementi provenienti dall’isola operino nelle squadre d’azione milanesi e di altre città del Nord.
I rapporti affaristici tra il regime e le cosche si ramificano anche oltreoceano e passano attraverso un pezzo da novanta delle famiglie americane di origine siciliana e campana: Vito Genovese, il tramite occulto fra Mussolini e un notissimo editore e costruttore statunitense nato in provincia di Benevento, Generoso Pope. Assieme ai suoi tre figli, dietro la facciata di stimato imprenditore, Pope è in realtà uno dei capi delle organizzazioni criminali italiane negli Usa. Controlla il fronte del porto di New York, ha di fatto il monopolio delle opere edilizie a Manhattan, è proprietario del quotidiano Il Progresso Italo-Americano, ha contatti con gran parte del mondo politico e gode di ampie entrature persino alla Casa Bianca del presidente Franklin Delano Roosevelt. Tra i suoi sodali, oltre a Vito Genovese, c’è anche il terribile Frank Costello. Pope appoggia il fascismo sin dai primordi, tant’è che nei suoi viaggi a Roma ha più volte incontrato Mussolini. È la sua rete criminale, oltre a essere in affari con il Duce ed altri gerarchi, serve anche da supporto occulto per l’intelligence italiana sulla costa orientale degli Sati Uniti. Un patto d ferro che andrà avanti fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale’.

Fonte ‘Tangentopoli Nera’ di Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, editore Sperling & Kupfer

giovedì 16 gennaio 2020

Le ingiustizie del sistema pensionistico italiano


L’Art. 53 della Costituzione italiana stabilisce: ‘Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Forto da miowelfare.it
Il sistema previdenziale italiano sta accentuando le differenze reddituali tra le classi sociali e tra le aree territoriali del Paese. Il report sulla spesa pensionistica nel 2018 pubblicato dall’Istat evidenzia, tra gli altri, due dati. Il primo riguarda le differenze d’importo tra le indennità erogate, il secondo il divario territoriale per tipo di pensione e spesa complessiva sostenuta dallo Stato italiano.
‘Ad un quinto dei pensionati con indennità più alte va il 42,4% della spesa complessiva’, mentre ‘al 20% dei redditi pensionistici più bassi va poco più del 5% della spesa’. Il 36,3% dei pensionati riceve mensilmente meno di 1.000 euro lordi, il 12,2% non supera 500 euro. Un pensionato su quattro percepisce un reddito lordo da pensione sopra i 2000 euro. I pensionati sono circa 16 milioni (il 26,6% del totale della popolazione italiana), mentre i trattamenti di quiescenza sono poco meno di 23 milioni. La spesa totale nel 2018 è stata di 293 miliardi di euro (+2,2% rispetto al 2017), cioè circa il 16,6% del Pil. Di questi 265 miliardi di euro (91% del totale) sono stati utilizzati per erogare pensioni IVS, cioè per invalidità, vecchiaia e superstiti. Le pensioni assistenziali (invalidità civile, pensioni sociali e di guerra), sono circa 4,4 milioni e costano ogni anno circa 23,8 miliardi di euro. Ogni 606 pensionati ci sono 1000 persone occupate, nel 2000 erano 683.
A livello territoriale più del 50% della spesa complessiva è stata erogata ai residenti nel Nord del Paese, il 27,8% nel Mezzogiorno e il 21,1% nel Centro. Questo significa che a maggiori opportunità occupazionali corrispondono ‘indennità pensionistiche altrettanto adeguate. In questo modo l’articolo 53 della Costituzione non solo è stato disatteso, ma le continue riforme del sistema previdenziale hanno creato una vera e propria babele piena di ingiustizie per quanto riguarda l'età di quiescenza e gli importi erogati. C’è chi è andato in pensione con meno di 40 anni di età e chi invece ci andrà a settant’anni. Inoltre, con l’introduzione del sistema contributivo le disuguaglianze e le ingiustizie cresceranno anche nell’importo dell’indennità, in particolare tra chi ha avuto un lavoro stabile e ben retribuito e chi invece avrà svolto lavori precari o saltuari e spesso mal pagati. Questo creerà ulteriori diseguaglianze tra i pensionati e tra le diverse aree del Paese. Ed è anche per questo, sottolinea il rapporto dell’Istat, che le famiglie del Sud ‘presentano un’incidenza al rischio povertà ed esclusione sociale maggiore rispetto a chi risiede nelle regioni settentrionali’.

Fonte istat.it


martedì 14 gennaio 2020

‘I resilienti delle comunità montane’


L’Assemblea regionale siciliana ha approvato la legge-voto che prevede agevolazioni fiscali per chi investe nei Comuni dell’entroterra. Ora i siciliani attendono il via libero definitivo del Parlamento nazionale

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Gangi (Pa), sullo sfondo l'Etna - (foto di Oddo Giuseppa)
Alla presenza di una ventina di sindaci, l’Ars ha approvato una legge-voto per l’istituzione di agevolazioni fiscali nei Comuni montani. La nuova normativa prevede esoneri contributivi per gli Enti locali con meno di 15 mila abitanti e che si trovano almeno a 500 metri di altezza dal livello del mare. Si tratta di paesi che stanno subendo un graduale ma inesorabile spopolamento. In particolare, è prevista una riduzione dell’aliquota dell’Imu per le nuove attività che utilizzeranno i locali sfitti, l’Iva agevolata e aiuti per le startup. ‘Attendevamo questo momento da 1.706 giorni’ ha dichiarato il coordinatore regionale del comitato delle Zfm (Zone franche montane), Vincenzo Lapunzina. Ora il destino delle aree montane è nelle mani dello Statoa cui chiediamo di essere leale con la Sicilia, atteggiamento che in passato è mancato soprattutto nei confronti dei resilienti delle montagne dell’isola’. La commissione paritetica Stato/Regione dovrà, ora, decidere se destinare una parte dei cespiti tributari maturati in Sicilia al finanziamento delle aree Zfm che il presidente della Regione individuerà nei prossimi sei mesi.
C’è un Sud che non si arrende, che resiste e combatte contro la decadenza e lo spopolamento. Le politiche di rigore nel bilancio statale iniziate alla fine del secolo scorso hanno penalizzato soprattutto le aree interne del Sud e non solo. Sono diminuiti i dipendenti degli enti locali territoriali e ridotti notevolmente i trasferimenti di risorse finanziarie e, peggio ancora, sono stati chiusi diversi uffici pubblici e presidi ospedalieri e giudiziari, nonché gli sportelli postali e bancari. Tagli che limitano le opportunità di lavoro, soprattutto per diplomati e laureati, molti dei quali oggi sono costretti ad emigrare. Non solo, il conseguente calo dei residenti determina la chiusura delle scuole e le poche attività agricole, commerciali e artigianali, oberate dai costi e dalle imposizioni fiscali, sono costrette a chiudere. Inoltre, molte case e capannoni rimangono sfitte o inutilizzati, ma su cui è obbligatorio continuare a pagare le imposte locali e nazionali (Imu, Irpef, accise sulla corrente elettrica, etc.)
Il paradosso è che, nonostante questa ‘spending review’ sulle comunità locali, il debito pubblico continua ad aumentare sia in termini assoluti, sia in rapporto con il Pil. Quella attuata finora è stata una politica economica fallimentare e miope che sta solo determinando la ‘morte’ di tanti piccoli paesi montani e non solo. Ma gli abitanti di queste comunità non si arrendono. La bellezza e la grandezza dell’Italia derivano dalla varietà di culture e tradizioni. Non si può continuare ad assistere passivamente a questo decadimento. La Sicilia, come altre regioni del Sud, sta facendo la sua parte, ora tocca alle autorità nazionali agire, ma i dubbi su un deciso intervento statale sono tanti e tutti legittimi. 




sabato 4 gennaio 2020

Prima la vita dei lavoratori, poi il profitto


Inizia male il 2020, nuova tragedia sui luoghi di lavoro. Nella fabbrica della Sevel di Castel di Sangro è morto un giovane operaio, Cristian Perilli  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Adriano Olivetti - (foto da fondazionenenni.blog)
Il nuovo anno comincia come si è chiuso quello precedente. Si chiamava Cristian Perilli ed è la prima vittima per incidente sul lavoro del 2020. Aveva 29 anni. Operaio della ditta Sinergia è rimasto schiacciato da un supporto di ferro cadutogli addosso mentre stava sostituendo un tirante ad un discensore. Inutili sono stati i tentavi di soccorso degli operatori del 118.
L’incidente è avvenuto nella fabbrica di Atessa in provincia di Chieti. La struttura in questi giorni era chiusa per le ferie natalizie, ma erano in corso lavori di manutenzione per conto della Comau, società del gruppo FCA. Il giovane di Pignataro Interamna (Frosinone) era un dipendente della ditta esterna che svolgeva i lavori. Probabilmente si è trattato di una fatalità. Ora resta il dramma, Cristian, uscito di casa per andare al lavoro, non vi farà mai più ritorno. Tutto questo è inaccettabile. Siamo nel 2020, nell’era dei computer, dell’informatizzazione, della robotica, eppure si continua a morire di e per il lavoro.
Le leggi ci sono, ciò nonostante si ripetono gli incidenti ed i lavoratori continuano a subire infortuni o contrarre malattie e nei casi più gravi a perdere la vita. Prevenzione e controlli evidentemente non sono sufficienti o non sono adeguati. No, non ci si può rassegnare ad assistere a queste tragedie. Il lavoro deve essere un mezzo per vivere una vita dignitosa, non diventare una dramma. Occorre fare di tutto per di evitare gli incidenti sul lavoro, se necessario si prendano misure eccezionali, ma occorre intervenire.

Fonte ansa.it

domenica 29 dicembre 2019

‘Il divario tra Nord e Sud verrà colmato solo nel 2020’


Non è una battuta e neanche una fake news, è il titolo di un articolo pubblicato nel 1972 dal Corriere della Sera. Ma, da allora, il divario non solo non è stato colmato, ma negli ultimi tre decenni è cresciuto notevolmente, perché?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Corriere della Sera del 13 settembre 1972
(foto da ilpost.it)
La previsione è stata fatta dal professore Pasquale Saraceno ed è stata riportata in un rapporto del ministero del Bilancio, l’anno era il 1972. Il boom economico degli anni Sessanta ‘nel Sud è avvenuto in modo disordinato, aggiungendo ai vecchi motivi di arretratezza nuove cause di disorientamento’. L’articolista descrive come ‘Piramidi sulle sabbie mobili’ le industrie siderurgiche (Taranto) e petrolchimiche (Milazzo, Gela e Pozzallo) sorte in quegli anni con la Cassa per il Mezzogiorno. Esse ‘hanno rappresentato le espressioni più avanzate dell’industrializzazione del Sud, ma si tratta di attività produttive a basso tasso di occupazione’. Ed ancora: ’In questo quadro di arretratezza laureati e diplomati non trovano sblocchi professionali, mentre un’élite lotta tenacemente, quanto sfortunatamente, contro resistenze ancestrali’.
Sembra un’analisi fatta oggi, invece è di 47 anni fa. Da allora nulla è cambiato. I diplomati ed i laureati continuano ad emigrare ed il declino economico e sociale del Sud prosegue. Due dati, tra i tanti che si potrebbero citare, ci fanno capire la situazione. Il reddito medio pro-capite al Nord (circa 33.000 euro) è quasi il doppio di quello del Sud (circa 17.000 euro). Il tasso di disoccupazione in alcune aree del Mezzogiorno supera il 18%, mentre in tante città settentrionali è meno del 5%.
Il 2020 è arrivato e la previsione fatta dal Corriere della Sera non si è avverata, anzi le distanze economiche e sociali tra Nord e Sud del paese sono cresciute notevolmente, perché?
Di certo ci sono ragioni strutturali come la lontananza dai mercati di produzione e di sbocco dei prodotti, una rete di infrastrutture inadeguate, una classe dirigente incapace e spesso collusa con la criminalità organizzata. Ma tutto questo non basta. Dietro il mancato sviluppo del Meridione ci sono le scelte di politica economica fatte dalle classi dirigenti che hanno governato il Paese dal dopoguerra ad oggi. Nonostante l'intraprendenza di tanti piccoli imprenditori meridionali, il Sud era ed è destinato ad essere un mercato di sbocco per i prodotti delle aziende lombarde, piemontesi, venete ed emiliane. Nello stesso tempo esso è un bacino elettorale per quelle forze politiche che intendono mantenere il ‘dualismo’ e che oggi con l'autonomia differenziata vorrebbero addirittura incrementare.
La previsione per il 2050, a questo punto, è facile: il divario si manterrà se va bene per i meridionali. Del resto, ad illudere chi non ha nulla ci vuole poco e per foraggiare le clientele non occorre molto, bastano le briciole.

Fonte ilpost.it


lunedì 23 dicembre 2019

La Lega Nord cambia il nome, perchè?


La svolta sovranista del 2013 giunge a compimento con il ‘nuovo’ partito nazionale, ma i principi ed i valori della Lega Nord continuano ad essere parte integrante del nuovo corso politico

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da @tervin_mi (twitter.it)
Le parole pronunciate da Umberto Bossi al congresso federale nazionale della Lega Nord sono inequivocabili: ‘Mi sembra giusto aiutare il Sud, sennò se non li aiutiamo 'a casa loro' straripano e vengono qui. È un po' come l'Africa’. Ed ancora: ‘L'Africa non è stata aiutata e ci arrivano tutti addosso’. Sul nuovo partito, il vecchio leader è categorico. Ecco cosa ha detto alzando il dito medio: ‘Col c...o che questo è un funerale’Matteo Salvini, imperturbabile ha ribattuto: ‘Inizia nuova fase. Bossi? Suo sogno vive ancora’. Se il ‘sogno’ dei leghisti vive ancora, perché l’ex ministro dell’Interno ha deciso questo cambio di nome e di Statuto con la fondazione di un partito nazionale?
Il pensiero corre subito ai 49 milioni di euro dello Stato fatti sparite dalle casse della Lega Nord e che saranno rimborsati con piccole rate in circa 80 anniA tale proposito Roberto Calderoli è stato chiarissimo: ’La Lega Nord continua a essere un soggetto politico e giuridico che avrà un proprio ruolo politico. Noi intendiamo da una parte rispettare gli impegni presi con la Procura di Genova, onorare i debiti e continuare a pagare le nostre rate, dall'altra parte qualunque ricorso sia possibile per avere giustizia e non avere più questa spada di Damocle sopra la testa, noi intendiamo percorrerlo’. La Lega Nord diventa così una specie di ‘bud company’, mentre la nuova formazione si presenta come un nuovo soggetto politico svincolato, giudici permettendo, dalle conseguenze giudiziarie relative ai 49 milioni di euro e non solo.
Il secondo motivo del cambiamento è stato sottolineato dallo stesso esponente leghista: ‘La Lega è diventata nazionale, lo dico rispetto a chi ha nostalgia della Lega Nord che in Italia due terzi dell'elettorato è al Centro e al Sud, quindi se vogliamo cambiare le cose dobbiamo prendere i voti anche di quella parte del Paese’. Il progetto del partito di Matteo Salvini non è nuovo. E' sempre stato così. Il Meridione, dall'Unità d'Italia in poi, è stato utilizzato come bacino elettorale e come mercato di sbocco per le merci delle imprese del Nord.
Insomma, la svolta sovranista del 2013 giunge a compimento con il ‘nuovo’ partito nazionale, ma essa è funzionale ai principi ed i valori della Lega Nord che continuano ad essere parte integrante del nuovo corso politico. Resteranno il simbolo di Albert de Giussan e la parola ‘Padania’ nel primo articolo del nuovo Statuto e la sede del partito rimarrà a Milano in via Bellerio. Inoltre, essa renderà più difficile la restituzione dei 49 milioni di euro che rimarranno a carico della ‘vecchia’ Lega Nord.
Furbizia tipicamente padana? Probabile, di certo non stupisce. Del resto per la Destra italiana e non solo, le regole non valgono per tutti, ma solo e sempre per gli altri.


domenica 15 dicembre 2019

Ma la Mafia non era una ‘prerogativa’ del Sud?


Cade un altro falso stereotipo: i meridionali sono 'tutti' mafiosi, mentre il Nord è laborioso ed immune da ogni forma di criminalità organizzata. Le ultime inchieste dimostrano, invece, che il fenomeno mafioso è diffuso su tutto il territorio nazionale

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da @battpier22 (twitter.it)
Il Presidente della Regione Valle d’Aosta, Antonio Fosson, si è dimesso. La motivazione è l’avviso di garanzia ricevuto ‘per scambio elettorale politico mafioso’. L’inchiesta risale al 2018. L’ipotesi degli inquirenti è il condizionamento operato dalla ‘ndrangheta nelle elezioni regionali in Valle d’Aosta. Anche due assessori ed un consigliere, indagati per voto di scambio, hanno annunciato le dimissioni. Ferma restando la presunta estraneità degli indagati sui fatti a loro contestati dalla Dda, è ormai accertato il fatto che il fenomeno mafioso non è più, se mai lo è stato, una prerogativa delle Regioni del Sud. Per decenni si è ritenuto che la ‘mafiosità’ fosse un tratto caratteristico di siciliani, calabresi e campani. Invece, no. La Mafia, la Camorra e la ‘Ndrangheta sono organizzazioni criminali radicate anche nelle Regioni centro-settentrionali. Le inchieste su Roma capitale, sulle organizzazioni ‘ndranghetiste e mafiose in Lombardia e Piemonte ed in diversi altri comuni del Nord Italia, dimostrano che il fenomeno mafioso è diffuso in tutto il territorio nazionale.
Secondo alcuni questa proliferazione sarebbe la logica conseguenza del ‘soggiorno obbligato’ previsto da una legge del 1956. In realtà, ‘la criminalità organizzata cresce e si radicalizza dove c’è ricchezza e denaro, creando, in quei territori collusioni con la politica e l’economia legale’. Aver ipotizzato, pertanto, che il Centro ed il Nord del Paese ne fossero immuni era solo colpevole ignoranza. Ed oggi continuare a ripetere che la criminalità organizzata nelle Regioni settentrionali non c'è non solo è falso, ma ricorda le affermazioni mendaci fatte per decenni dai politici meridionali collusi o affiliati con la Mafia o la ‘Ndrangheta. La‘sceneggiata’ si ripete. Non si vuole vedere, sentire, parlare. Ma tutto questo, oggi come lo era allora, è fallace ed illusorio per chi lo sostiene.
Ecco cosa ha dichiarato nel novembre del 2017 a ilfattoquotidiano.it il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo, Roberto Scarpinato: ‘Milano è il posto giusto per parlare di Mafia perché le mafie di nuova generazione hanno scelto i territori del Centro-nord per dare vita a un nuovo modo di operare, quello di ridurre la minimo la violenza e cavalcare la cultura e la logica degli affari. Questo nuovo versante non è ancora stato capito in profondità e aprire un faro di riflessione è importante’.



domenica 8 dicembre 2019

Liliana Segre: ‘il 48 per cento parla di quello che non sa’


'Il 48 per cento non c'era quando c'era l'uomo forte al potere quindi parla di quello che non sa', questo il commento di Liliana Segre al report pubblicato dal Censis

di Pulvino Giovanni (@PulvinoGiovanni)

Il presidente Sergio Mattarella e la senatrice Liliana Segre
(foto da wikipedia.org)
Secondo il Centro studi del Censis sono otto milioni gli italiani convinti che la democrazia liberale sarà presto superata e sarà sostituita da un regime autoritario. Non solo, ma quasi metà dei nostri concittadini vorrebbe ‘un uomo forte al potere’Un ‘Capo’ che non debba preoccuparsi del Parlamento e delle elezioni. Il commento della senatrice a vita, Liliana Segre, ai risultati di questa indagine è stato perentorio: ‘il 48 per cento non c'era quando c'era l'uomo forte al potere quindi parla di quello che non sa’. A non credere più nella Democrazia sono soprattutto gli operai (58%) ed i disoccupati (55%), valori più bassi si registrano, invece, tra i manager ed i quadri (34%), imprenditori e lavoratori autonomi (42%). I cittadini che vogliono l’uomo forte sono  gli operai (67%), i soggetti poco istruiti (62%) e le persone con redditi bassi (56,4%). Dallo studio emerge, inoltre, che solo il 19% degli italiani si occupa frequentemente di politica, mentre il 76% non ha fiducia nei partiti, la percentuale arriva fino all’81% tra gli operai e all’89% tra i disoccupati.  
Il dato è, per certi aspetti, sorprendente, ma non deve stupire il fatto che la mancanza di fiducia nelle istituzioni democratiche si stia ampliando tra coloro che appartengono alle classi sociali più disagiate. Con l’incremento delle disuguaglianze è cresciuto anche il rancore verso le classi dirigenti che hanno dimenticato il loro compito principale: fare gli interessi di tutti i cittadini, in particolare dei ceti sociali più deboli.
L’auspicio ad avere un uomo solo al comando esprime il disagio economico e sociale di una parte rilevante della popolazione. Farsi carico di quei bisogni e di quel malessere dovrebbe essere compito della Sinistra, ma oggi essa non è più percepita come una forza al fianco dei lavoratori e dei ceti più deboli. Impedire un ritorno a logiche nazionalistiche, particolarmente pericolose per il nostro sistema democratico, è un impegno irrinunciabile per tutte le forze progressiste del Paese, ma occorre agire ora, tra poco potrebbe essere troppo tardi.

Fonte censis.it


domenica 17 novembre 2019

Tira una brutta aria e non solo in Italia


Gli ultimi sondaggi danno la Lega al 34% dei consensi ed il Centrodestra ad oltre il 50%, non c’è dubbio tira una brutta aria e non solo in Italia, ma da Bologna parte la resilienza, una città che 'non si Lega' e non 'abbocca' alla propaganda 'salviniana'

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La manifestazione di Bologna
(foto da bologna.repubblica.it)
La profezia di una deriva di Destra fatta da Pier Luigi Bersani qualche anno fa si sta realizzando e l’aria sta diventando irrespirabile e non solo in Italia. Il consenso popolare al sovranismo cresce in tutto il mondo, l’ondata razzista e xenofoba sembra non fermarsi. In Polonia sfilano a decine di migliaia a sostegno delle politiche della Destra, in Germania la città di Dresda ‘ha proclamato lo stato di emergenza nazista’, in Spagna alle elezioni politiche si afferma il partito nazionalista Vox. Senza dimenticare i cosiddetti Gilet gialli in Francia e la quasi elezione alla presidenza della Repubblica di Marie Le Pen, nonchè le barriere erette nei paesi orientali dell’Ue per impedire l’ingresso ai migranti. La situazione non è diversa nel continente americano. Negli Stati Uniti d’America la presidenza sovranista di Donald Trump alza muri ai confini con il Messico, in Venezuela continuano i tentativi di deporre Maduro, in Brasile viene eletto Bolsonaro, un nostalgico della dittatura, in Bolivia Morales è stato allontanato con un colpo di Stato ed in Cile l'esercito reprime nel sangue le proteste pacifiche della popolazione. 
Foto da facebook.com
In Italia il nuovo Governo giallo-rosso non sembra in grado di fermare l’ondata populista e razzista. Le minacce giornaliere a Liliana Segre in quanto ebrea sono solo gli ultimi episodi di una lunga serie di atti compiuti con l’intento di riaffermare il fascismo ed il nazismo. No, non tira una buona aria in Italia e nel mondo. Sembra di essere tornati indietro di 100 anni. Si ha l’impressione che l’uomo non voglia imparare dai suoi errori. In troppi hanno dimenticato gli orrori del nazifascismo e tornano a sostenere le politiche nazionaliste considerandole ancora oggi come valide e che averle liquidate sia stato un errore. Sembra una deriva inarrestabile, ma dalla 'grassa' Bologna parte la resilienza. Migliaia di ‘sardine’ hanno sfilato per le strade della città contro il ‘salvinismo’. Sono uomini e donne che non si rassegnano all’odio e alla xenofobia. Quei ‘resistenti’ ci dicono che non bisogna cadere nel pessimismo e nella rassegnazione e che non tutto è perduto, anzi questo è il momento di reagire, di resistere, resistere, resistere.


mercoledì 13 novembre 2019

Giovanni Impastato, la lotta alla Mafia continua


'La lezione di Peppino è ancora attuale', Giovanni Impastato

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il funerale di Peppino Impastato - (foto da studenti.it)
Ancora un atto intimidatorio. Il 19 settembre scorso al Cep di Palermo la targa in ricordo di Peppino Impastato era stata distrutta per la seconda volta nel giro di poche settimane, ora a Cinisi l’incendio alla pizzeria di proprietà del fratello Giovanni. 'Per fortuna un giovane ha visto le fiamme e ha dato l’allarme. L’intervento dei vigili del fuoco, secondo cui il rogo è doloso, ha evitato il peggio. Se l’incendio si fosse propagato sarebbe potuto esplodere tutto’, ha dichiarato Giovanni Impastato. Il locale era chiuso da un paio di mesi per lavori di ristrutturazione e per una controversia tra il Comune di Cinisi e quello di Carini. Sembra infatti che il terreno dove sorge la struttura sia nel Comune di Carini. Ora l’incendio che ha causato danni per oltre 10 mila euro. L’atto è ‘un fatto inquietante’, ha detto Giovanni Impastato. Ed ancora: ‘Non so quale possa essere il motivo di questo gesto, forse il momento in cui viviamo. Tutti conoscono la mia storia, il mio impegno e non è la prima volta che subisco un attentato: il primo è stato nel 2011’.
La lotta alla Mafia e alla criminalità organizzata continua. Il sacrificio di quanti non si sono piegati ai soprusi ed alla violenza dei ‘stuppagghiari’ non sarà stato invano fino a quando ci sarà qualcuno che continuerà a lottare e non si arrenderà al malaffare, uno di questi è Giovanni Impastato.



sabato 2 novembre 2019

La famiglia tradizionale secondo i leader della Destra


Propugnano la famiglia tradizionale, ma nella loro vita quotidiana i leader della Destra si comportano come un ‘comunista’ qualsiasi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi
(foto da wikipedia.org)
Il 30 ottobre scorso il Senato ha approvato con 151 voti la mozione della senatrice a vita, Liliana Segre, per creare una Commissione contro il razzismo e l’antisemitismo. La Lega, FdI e FI hanno deciso di astenersi. La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, per giustificare la decisone del suo partito ha detto alla Senatrice a vita che ‘si sono astenuti perché noi difendiamo la famiglia’. Ora cosa c’entri la famiglia con una Commissione parlamentare che si deve occupare di razzismo e di odio è difficile da comprendere. La scusante è ancora più paradossale se consideriamo il fatto che i leader del Centrodestra nella loro vita quotidiana non rispettano il principio dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale e dei valori della famiglia tradizionale. Le biografie dei tre esponenti della Destra italiana non ammettono equivoci. 
Giorgia Meloni è legata all’autore televisivo Andrea Giambruno, con il quale ha avuto una figlia nel 2016.
Matteo Salvini si è spostato nel 2003 con la giornalista Federica Leluzzi. Quello stesso anno è diventato padre. Dopo aver divorziato ha convissuto con l’avvocato Giulia Martinelli dalla quale nel 2012 ha avuto una figlia. All’inizio del 2015 ha iniziato una relazione con la conduttrice televisiva Elisa Isoardi. Dall’aprile 2019 è fidanzato ufficialmente con Francesca Verdini, figlia del noto esponente politico forzista, Denis.
Ancora più complessa è la vicenda privata di Silvio Berlusconi. Contrae matrimonio nel 1965 con Carla Elvira Lucia Dall’Oglio dalla quale ha avuto due figli. Nel 1980 intraprende una relazione extraconiugale con l’attrice Veronica Lario. Regolarizza quel rapporto con il matrimonio civile celebrato nel 1990, quando dalla relazione erano già nati tre figli. Questo secondo matrimonio finisce nel 2002, dopo lo scandalo delle ‘cene eleganti’ organizzate ad Arcore dal leader di Forza Italia. Dal 2012 è fidanzato con la showgirl Francesca Pacale, tra i due ci sono 49 anni di differenza.  
Ognuno di noi può gestire la sua vita come meglio crede. I rapporti iniziano, magari finiscono, altri cominciano, non c’è nulla di straordinario o di illegittimo. Quello che è incomprensibile e paradossale è dire una cosa e farne un’altra. Propugnano la famiglia tradizionale declamandola continuamente come un valore fondamentale del popolo italiano, ma poi i leader della Destra agiscono come un ‘comunista’ qualsiasi.
In tal modo le regole ed i principi valgono solo per gli altri, soprattutto per gli avversari politici. Per Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi non è importante rispettarli, ma solo affermarli con l’intento di ottenere consensi tra coloro che sono più sensibile ai quei valori. E se qualcuno lo fa notare, pazienza.



domenica 27 ottobre 2019

Non si può morire così


Francesco, quarantasettenne disoccupato cosentino, voleva vivere una vita dignitosa, avere una famiglia, un lavoro, ma, vittima di truffatori senza scrupoli, ha ceduto alla disperazione ed ha deciso di farla finita

di Giovanni Pulvino (@GiovanniPulvino)

Opera attribuita a Banksy - (foto da lexpresse.fr)
Vittima due volte. Francesco, quarantasettenne lavoratore cosentino, non ha retto all'ultima umiliazione. La sua unica colpa è stata quella di non riuscire a trovare un'occupazione stabile. Disoccupato da diversi anni, si era illuso ancora una volta, l'ultima. Quando gli si è presentata l’opportunità di partecipare ad un corso per Oss (Operatore socio-sanitario) con la prospettiva di essere assunto, non ha esitato. Per iscriversi aveva messo assieme i duemila euro chiesti dai falsi formatori. Quando si è reso conto che il titolo che aveva conseguito non valeva nulla e che era stato vittima, insieme ad altri, di una truffa, ha perso ogni speranza ed ha deciso di farla finita. Un gesto definitivo ed irreparabile, un atto contro le ingiustizie che aveva dovuto subire e contro la povertà in cui era costretto a vivere.
A far scattare l’inchiesta erano state le denunce fatte da coloro che avevano partecipato ai corsi svolti tra il 2015 ed il 2017. L'indagine ha aperto le porte del carcere a due dipendenti dell'Asp di Cosenza ed a quattro imprenditori, responsabili delle scuole di formazione Sud Europa con sede in Calabria e la Sa.dra e Check up formazione con sede in Campania. Gli aspiranti operatori sanitari venivano reclutati in Calabria. Il corso si limitava ad un paio di incontri, nello studio dei quiz ed in una simulazione prima dell'esame di abilitazione che si svolgeva in Campania. In tutto sarebbero stati distribuiti 291 titoli ed incassati dai truffatori oltre 570 mila euro.
Vittima di criminali senza scrupoli e della mancanza di lavoro, il disoccupato cosentino non c'è l'ha fatta. Ad un certo punto della sua vita ha rinunciato a lottare. Oggi come ieri, in Calabria, al Sud ed in tutti i Sud del mondo si continua a morire, così, per sfiducia e per egoismo altrui. Questo siamo: una società diseguale ed ingiusta. Il trascorrere del tempo, le lotte, la crescita culturale e civile, la modernità e l'informatizzazione dei mezzi di produzione e della società, di cui ci vantiamo ed andiamo fieri, non sono ancora sufficienti per garantire a tutti una vita dignitosa. Tutto inutile, almeno, tutto è stato inutile per questo lavoratore meridionale.



lunedì 21 ottobre 2019

Ecco cos’era la Mafia nel 1962


Per chi non avesse ancora compreso cos’è stata e cos’è la Mafia e cosa hanno dovuto subire e cosa devono sopportare ancora oggi molti siciliani, basta ascoltare l’intervista rilasciata a Rai 3 dall’attivista e scrittrice Vera Pegna 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da ilcarrettinonews.it
Nata nel 1934 ad Alessandria d’Egitto, Vera Pegna è una traduttrice, attivista e scrittrice. Negli anni Cinquanta, dopo aver conosciuto Danilo Dolce, decide di fermarsi in Sicilia per dedicarsi alla lotta contro la Mafia. Ieri sera su Rai 3 è andata in onda, nella trasmissione ‘Le Ragazze’, un’intervista in cui racconta alcuni episodi vissuti in quegli anni. In uno di questi racconta le angherie e le violenze fisiche e non che i siciliani hanno dovuto subire. Ecco la trascrizione della parte più significativa della sua intervista.
Nel 1962 c’erano le elezioni. Noi facevamo delle assemblee per far capire che c’erano le elezioni, che magari avremmo fatto una lista, anche se i compagni mi dicevano: ma no, come fare una lista? Che lo sai che le due volte che abbiamo cercato di fare una lista è finita male. La seconda volta il nostro compagno che voleva essere capolista è stato tagliato in due con un’accetta.
Questo era il livello della mafia. Queste erano le cose che mi riempivano di una indignazione, non so come chiamarla diversamente per cui dovevo agire. Un giorno, non l’ho mai deciso, ma è venuto per caso, eravamo in campagna elettorale per le elezioni comunali e mi è venuto in mente semplicemente di prendere il microfono, di affacciarmi e di vedere se c’era, come c’era ogni volta che organizzavamo un’assemblea don Peppino (Panzeca, boss di Caccamo) seduto dall’altra parte della strada, una strada di pochi metri, si metteva lì per cui le persone che dovevano entrare non venivano perché avevano paura di farsi vedere mentre entravano nella sezione del PCI. 
Allora ho preso il megafono, mi sono affacciata dal balcone e gli ho detto: Don Peppino, se è vero che è un mafioso, alzi la testa e mi faccia un sorriso che le scatto una fotografia. La piazza si è vuotata subito perché guai a poter essere testimoni di un tale insulto a don Peppino e lui se n’è andato. Questo ha cambiato in modo tangibile l’umore dei compagni che erano nella sezione. In sezione: ‘Cosa hai fatto? Cos’ho fatto? Ma facciamolo ogni giorno’.




martedì 15 ottobre 2019

Neet, Italia prima in Europa, ma è tutto 'merito' del Sud


Secondo gli ultimi dati Istat in Italia i giovani Neet sono oltre due milioni, di questi oltre uno su tre è residente al Sud, ma per i media nazionali non è una 'notizia' 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da ildenaro.it
Neet è l’acronimo di Not in Educaction, Employment or Training, esso definisce i giovani che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione. Nel 2018 quelli presenti sul territorio nazionale erano il 23,4% del totale dei residenti che hanno un’età compresa tra i 15 ed i 29 anni. L’Italia è al primo posto nella graduatoria europea, seguono la Grecia con il 19,5%, la Bulgaria con il 18,1%, la Romania con il 17% e la Croazia con il 15,6%. Gli Stati con il tasso più basso sono i Paesi Bassi con il 5,75%, la Svezia con 7% e Malta con il 7,4%. La media europea è del 12,9%.
Il 49% dei Neet italiani ha conseguito il diploma di scuola secondaria superiore, il 40% ha un livello di istruzione inferiore, mentre l’11% sono laureati. Il 41% di essi è in cerca di prima occupazione, mentre il 25% aspetta una ‘opportunità’ ed il restante 14,5% sono ‘disimpegnati’.
A livello territoriale il 34% degli inattivi sono residenti nel Sud, il 19,5% nel Centro ed il 15,5% nel Nord Italia. Particolarmente elevata è la presenza dei Neet in Sicilia (38,65), in Calabria (35,9%), in Puglia (30,5%) ed in Sardegna (27,5%). Gli stranieri sono il 14,5%.
Questi dati certificano ancora una volta il dramma della disoccupazione nel nostro Paese, in particolare tra i giovani e nel Meridione. Non sorprende, invece, la scarsa risonanza riscontrata sui media nazionali. Fino a quando il lavoro e le condizioni di sottosviluppo rimarranno localizzate nel Mezzogiorno per essi non sarà un vero problema e, pertanto, non vale la pena parlarne, anzi è un argomento che ha stancato. Chi ha voglia di fare e di lavorare faccia la valigia ed emigri, chi, invece, non vuole impegnarsi ed è un Neet rimanga pure nella sua terra e si accontenti delle briciole e del poco di ‘assistenza’ che ancora lo Stato italiano è in grado di garantire.

Fonte unicef.it e istat.it

venerdì 11 ottobre 2019

Miracolato


Pochi giorni fa Luigi Di Maio ha ricevuto il Segretario di Stato americano Michael Richard Pompeo, al termine della conferenza stampa ha fatto l’ennesimo lapsus ed il Segretario Pompeo si è trasformato in Segretario ‘Ross’ 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)



Michael Richard Pompeo e Luigi Di Maio
Foto da wikipedia.org
Probabilmente non sapremo mai cosa ha pensato il Segretario di Stato degli Stati Uniti d'America Michael Richard Pompeo quando il nostro ministro degli Esteri lo ha indicato con il nome di 'Segretario Ross'. Questo è stato solo l’ultimo strafalcione con cui di tanto in tanto ci diletta il capo del M5s. Il politico campano a volte si cimenta in dichiarazioni a dir poco azzardate o inverosimili. La vicenda di Bibbiano, abbiamo abolito la povertà, mai con il Pd, il governo durerà cinque anni, sono solo alcuni esempi. Improvvisazione, faciloneria, peccati di gioventù o narcisismo? Quello che è certo è che Luigi Di Maio è un ‘miracolato’. Un leader che ha fondato la sua carriera sull’antipolitica, ma che è egli stesso un professionista della politica.
Nato ad Avellino, cresciuto a Pomigliano d’Arco, è diventato, ad appena 26 anni, vicepresidente della Camera dei deputati. Ruolo mantenuto per tutta la passata legislatura, cioè dal 21 marzo 2013 al 22 marzo 2018. Ma questo è stato solo l’inizio di una folgorante ascesa politica ed istituzionale. Dal 23 settembre 2017 è il capo politico del M5s. Lo scorso anno con il Governo giallo-verde ha assunto la carica di vicepremier e Ministro dello sviluppo economico e Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il 5 settembre 2019 è stato nominato Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel nuovo esecutivo, Conte bis.
Nessuno nella storia repubblicana è stato capace di ricoprire tante e tali cariche in così poco tempo. Inoltre, l’apprendistato politico di Luigi Di Maio è stato brevissimo, anzi non si può dire che ci sia stato. Figlio di un piccolo imprenditore edile, che è stato un dirigente del Movimento sociale italiano prima e successivamente di Alleanza nazionale, il giovane politico grillino ha frequentato l’università ma non si è mai laureato. Prima di entrare in politica ha fatto piccoli lavoretti, tra questi quello di steward allo stadio San Paolo di Napoli. Nel 2007 apre il Meetup di Pomigliano, aderendo così all’iniziativa di Beppe Grillo. Nel 2010 si candida al consiglio comunale della sua città, ma i 59 voti ottenuti non sono stati sufficienti per essere eletto. Con le ‘parlamentarie’ del M5s gli bastano 189 preferenze per essere candidato alla Camera dei deputati nelle elezioni politiche del 2013. E’ il trampolino di lancio per una carriera fulminante.
Da mancato consigliere comunale di Pomigliano (2010) a deputato (2013), a vicepresidente della Camera dei deputati (2013), a leader del M5s (2017), a vicepremier (2018), a ministro (2018 e 2019). Niente male per un giovane che sbaglia i nomi dei suoi interlocutori e che cambia continuamente opinione. Senza considerare che ha sostenuto un governo caduto dopo appena 15 mesi e che ha dimezzato i consensi del suo gruppo politico senza perdere ruoli e potere. 
Come Luigi Di Maio, nessuno. Complimenti.




lunedì 7 ottobre 2019

Generazione ‘Working poor’


In Italia l’ascensore sociale è bloccato ed oltre mezzo milione di giovani negli ultimi quattro anni è emigrato all’estero, a sostenerlo è Oxfam Italia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Foto da oxfamitalia.org
Lo  studio, il talento e le capacità individuali ‘sono sempre meno determinanti rispetto alle condizioni socio-economiche delle famiglie d’origine’. Un terzo dei figli dei genitori più poveri è destinato a non cambiare ‘status’ sociale, mentre il 58% di quelli che appartengono al 40% più ricco della popolazione manterrà la sua posizione sociale. Il 66% dei figli che hanno genitori con una istruzione bassa ha molte probabilità di rimanere nel medesimo livello reddituale.
Il sistema di istruzione, oggi, non garantisce l’emancipazione sociale. ‘Il figlio di un dirigente ha un reddito annuo superiore del 17% rispetto a quello percepito dal figlio di un impiegato che ha lo stesso livello di istruzione’. Nel 2017 solo il 3,75% del Pil è stato destinato all’istruzione, nell’ultimo Dpef è previsto appena il 3,5%. Il nostro sistema scolastico è sotto finanziato. Non meraviglia quindi la carenza dell’offerta formativa e l’incremento degli abbandoni precoci, in particolare nel Mezzogiorno.
Il 25% dei giovani compresi in una fascia di età tra 15 ed i 29 anni è un Neet (Not in education, employment or training), cioè non studia e non lavora. Nel 2018 circa il 13% degli occupati in quella fascia di età era ‘working poor’, viveva cioè in una famiglia con un reddito inferiore del 60% rispetto alla media nazionale. Questa situazione è determinata dagli inadeguati livelli retributivi rispetto agli occupati più anziani. Le cause principali sono i contratti a tempo determinato ed il part-time involontario.
Tra i paesi del G7 l’Italia è quello con il maggior numero di laureati impiegati in mansioni inferiori al loro livello di studio. 1,8 milioni di persone in possesso della laurea svolgono un'attività lavorative che non richiede tale livello di studio. Negli ultimi quattro anni oltre mezzo milione di italiani ha deciso di trasferirsi all’estero, tra loro soprattutto giovani laureati residenti nel Meridione.
Un Paese immobile, dove l’unica cosa che aumenta è la disuguaglianza sociale e territoriale. Stiamo bruciando il futuro delle nuove generazioni, è ora di porvi rimedio.

mercoledì 2 ottobre 2019

‘Lega e fascisti li abbiamo legittimati noi' e 'Renzi non è mio figlio’, Silvio Berlusconi


Nonostante Matteo Renzi abbia rottamato la Sinistra del Pd ‘i moderati non lo votano’ ed ‘i sovranisti da soli non avrebbero la capacità di vincere e sicuramente sarebbero incapaci di governare’, a sostenerlo è Silvio Berlusconi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi
(foto da ilblogdellestelle.it)
Le affermazioni di Silvio Berlusconi non sono mai fatte a vanvera. Le sue dichiarazioni sono sempre motivate, anche se dal punto di vista politico ed ideale non sono condivisibili. Una Destra estremista come quella di Salvini difficilmente potrà consentire ai moderati il ritorno al Governo. Il cuore e la mente del Centrodestra è Forza Italia, ripete il Cavaliere nei sui comizi. Ecco che cosa ha detto: ‘Lega e fascisti li abbiamo fatti entrare noi al governo, li abbiamo legittimati noi, li abbiamo costituzionalizzati noi. Siamo nel centrodestra, di cui siamo il cuore, il cervello e la spina dorsale’. Ed ancora: ‘Siamo obbligati a stare nel centrodestra, se loro non avessero noi in coalizione non sarebbero centrodestra, sarebbero una destra estremista, non avrebbero la capacità di vincere e sicuramente sarebbero incapaci di governare’.
Anche sull’ex sindaco di Firenze il cavaliere è categorico: Renzi non è mio figlio, i moderati non lo votano’. Il leader di Italia Viva nei suoi quattro anni da segretario del Pd (dal 15 dicembre 2013 al 12 marzo 2018) e nei quasi tre anni di presidenza del Consiglio (dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016) ha propugnato ed adottato il programma che Berlusconi non è riuscito a realizzare con i suoi governi. La comunanza ideale tra i due è evidente, così come lo è il tentativo del politico toscano di conquistare il consenso dell’elettorato moderato.
Matteo Renzi pur non avendo nulla o quasi delle idee progressiste tradizionali è considerato come appartenente a tale schieramento politico, per cui è difficile che un elettore della Destra possa dargli il suo consenso. Silvio Berlusconi gli riconosce il merito di aver rottamato la Sinistra all’interno del Pd, ma è consapevole che non può raccogliere la sua eredità, almeno per il momento.
Chi è vittima del suo mal pianga sé stesso. L'ex segretario del Pd si è precluso i voti della Sinistra e non riesce a convincere i moderati, ma allora chi voterà per Italia Viva?


sabato 28 settembre 2019

Altroconsumo: i prezzi dei beni venduti nei supermercati sono più cari al Sud


L’indagine condotta da Altroconsumo smentisce un luogo comune assai diffuso, soprattutto tra i ‘padani’, secondo cui il costo dei beni e dei servizi sarebbe più basso al Sud 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da gdoweek.it
L’indagine pubblicata pochi giorni fa da Altroconsumo smentisce un luogo comune particolarmente diffuso. Secondo molti italiani nel Mezzogiorno il costo della vita sarebbe meno caro rispetto al resto del Paese. Questa ‘credenza’ è una certezza tra i ‘padani’ di fede leghista e non solo. Finora si è affermato che il tenore di vita tra Nord e Sud non sarebbe tanto diverso in quanto il reddito medio pro-capite più basso delle regioni meridionali sarebbe compensato da un più basso costo dei beni e servizi.
Altroconsumo ci dice che non è così, anzi nelle regioni del Sud i prezzi dei beni alimentari sono più alti della media nazionale. La ragione è semplice: la maggior parte dei prodotti che i meridionali trovano sugli scaffali dei supermercati provengono dalle aziende che hanno sede nelle regioni del Nord. La conseguenza economica è che sul prezzo finale oltre al costo di produzione grava anche quello del trasporto. Pertanto, comprare il latte o le merendine in un supermercato di Cosenza è più ‘salato’ che comprarlo nel centro di Milano.
Nel dialetto siciliano si dice: ‘Curnuti e vastuniati’, cioè cornuti e bastonati. È un modo di dire per indicare una persona che non solo è vittima di un atto compiuto a sua insaputa, ma che, nello stesso tempo, è il solo a pagarne le conseguenze. Qui è la stessa cosa. Non solo le opportunità di lavoro nel Mezzogiorno sono inferiori rispetto al Centro-nord, ma anche il costo complessivo dei beni di prima necessità e non solo è mediamente più alto.
I dati della ricerca condotta da Altroconsumo, che ha preso in esame i prodotti di 1.017 negozi di 67 città, rilevando 1,2 milioni di prezzi, sono emblematici. Il Veneto è risultata la regione dove fare la spesa è più conveniente, ad essa segue il Friuli-Venezia Giulia, mentre quelle più care sono la Sicilia (Messina è la città più cara) e la Calabria.
Il Sud è ultimo per numero di occupati, per il livello del reddito medio pro-capite, per la qualità della vita, per lo sviluppo economico, invece è primo per numero di disoccupati, per il calo dei residenti, per il basso il tenore di vita ed ora si apprende anche per il costo dei beni prima necessità.
Piove sul bagnato, ma non è una novità. Ora, il Governo giallorosso sembra voler adottare per il Mezzogiorno nuove e più incisive misure di politica economica. Il punto allora è: sono solo buone intenzioni o siamo alla vigilia di un vero cambiamento?


sabato 21 settembre 2019

13 milioni di buonuscita all’ad di Atlantia, Castellucci


Occorrono 722 anni ad un dipendente di Autostrade per L’Italia per percepire la stessa cifra corrisposta a titolo di buonuscita al dimissionario amministratore delegato Giovanni Castellucci

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Il ponte Morandi prima del crollo - (da lavoripubblici.it)
L’amministratore delegato di Atlantia, società di proprietà dei Benetton, che con le sue ‘negligenze’ non ha saputo impedire la tragedia del ponte Morandi viene premiato con una buonuscita di 13 milioni di euro e con la totale copertura legale.
È paradossale, ma questo fatto non sorprende, il sistema capitalistico funziona così. Il principale compito dei dirigenti dei grandi gruppi è quello di fare utili. Se poi la loro realizzazione comporta la produzione di un bene o la prestazione di un servizio inadeguato non importa, quello che conta è il dividendo e l’aumento del patrimonio della società. Nel 2017 Autostrade per l’Italia e Atlantia hanno realizzato, rispettivamente, utili pari a 998 milioni di euro ed a 1,1 miliardi di euro.
Giovanni Castellucci è uno dei più importanti dirigenti d’azienda del nostro Paese. Nel 2008 è stato inserito tra i primi dieci manager meglio pagati con uno stipendio lordo di 5.853 milioni. Un compenso 325 volte lo stipendio di 1.500 euro percepito da un suo dipendente. La carriera del manager di Senigallia inizia nel 1985 in una piccola azienda di ingegneria, per passare, tre anni dopo, alla Boston Consulting Group, una importante multinazionale americana di consulenza. Il grande salto avviene nel 2000, quando viene nominato amministratore delegato del gruppo Barilla. L’anno dopo la famiglia Benetton lo chiama a ricoprire la carica di direttore generale di Autostrade per l’Italia S.p.a. e dal 2005 quello di amministratore delegato. Nel 2006 assume quel ruolo anche in Atlantia, azienda che detiene il 100% di Autostrade per l’Italia.
Il 17 settembre scorso il cda della società ha accettato le sue dimissioni. Il ‘gesto’ di Castellucci è stato premiato con una buonuscita di 13 milioni di euro. Ad un dipendente, che percepisce 1.500 euro al mese, occorrono circa 722 anni di lavoro per guadagnare la stessa cifra. Un assegno d’oro che gratifica una gestione proficua per i proprietari delle due aziende, ma che con le sue ‘inefficienze’ non ha saputo impedire la tragedia del ponte Morandi.
La concessione della gestione delle autostrade ai privati rende profitti enormi, ma questo non deve avvenire a scapito della sicurezza sulle nostre strade. Un ritorno alla gestione pubblica non è un’ipotesi da scartare, purché il modello non sia quello di Alitalia, ma delle aziende pubbliche efficienti come Fs, Eni, Enel e Poste italiane.

Fonte money.it

lunedì 9 settembre 2019

Roberto Saviano: ‘In questo nuovo governo manca un’idea del Sud’


Il taglio della spesa pubblica e degli investimenti attuato dai governi negli ultimi decenni sta impoverendo il Sud, il nuovo Esecutivo giallorosso saprà invertire questa tendenza?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

I ministri del nuovo governo Conte - (foto da repubblica.it)
Tutti i dati statistici segnalano un crescente divario economico e sociale tra il Centro-Nord ed il Sud Italia. La Questione meridionale non è più una priorità. Le differenze di reddito, di opportunità di lavoro, di servizi pubblici efficienti e di qualità della vita non solo non sono state colmate, ma, anzi, esse tendono ad incrementarsi. Nel Mezzogiorno mancano quasi tre milioni di posti di lavoro rispetto al Centro-Nord, a sostenerlo è lo Svimez nelle anticipazioni al suo Rapporto 2019. Ed ancora, nel 2018 sono stati ‘investiti in opere pubbliche nel Mezzogiorno 102 euro pro-capite rispetto ai 278 del Centro-Nord, nel 1970 erano rispettivamente 677 e 452 euro pro-capite’. Tra il 2002 ed il 2017 nel Sud c’è stato un notevole calo demografico. I residenti sono diminuiti di 852 mila unità. Nel solo 2017 il saldo tra arrivi e partenze è negativo per circa 70 mila unità.
Gli occupati, secondo i dati Istat, nel Mezzogiorno sono -258 mila (-3,9%) rispetto al livello precrisi (2008), mentre al Nord si contano 205 mila occupati in più. Il reddito medio pro-capite al Nord (32.889) è quasi il doppio di quello del Sud (17.984). Le famiglie che vivono in una condizione di povertà assoluta nel Mezzogiorno sono il 10,3%, più del doppio rispetto al Nord dove sono circa il 5%.
Il divario è strutturale, ma la situazione si è aggravata negli ultimi tre decenni. Le politiche adottate per realizzare il federalismo fiscale hanno accresciuto le distanze, che potrebbero diventare incolmabili con la cosiddetta autonomia differenziata richiesta dai governatori leghisti della Lombardia e del Veneto.
Il nuovo Governo, Conte bis, si accinge ad ottenere la fiducia dal Parlamento, ma nel programma presentato alla Camera dei deputati non c’è nulla di concreto che faccia supporre un cambiamento delle politiche economiche fin qui adottate.
I primi atti del nuovo Esecutivo riguarderanno la sterilizzazione dell’Iva, il taglio del cuneo fiscale sui salari, una maggiore attenzione per l’ambiente, ma per il Sud ci sono solo annunci e buone intenzioni, nulla di più. Eppure, una nuova stagione potrebbe essere avviata. Le condizioni politiche se si vuole ci sono. 
Del resto, il Prodotto interno lordo tornerà a crescere in modo adeguato solo se la crescita economica coinvolgerà tutto il Paese. Questo potrà avvenire solo incrementando gli investimenti pubblici nelle regioni più povere e non accrescendo quelli delle regioni più ricche, che di nuove risorse non hanno bisogno.
Il nuovo Governo giallorosso saprà invertire un andamento che sembra irreversibile? I dubbi sono tanti e sono più che legittimi.




giovedì 5 settembre 2019

La piattaforma Rousseau non è uno strumento di democrazia diretta


La democrazia diretta è una forma di Democrazia assai complessa, di certo non può essere considerata come tale lo strumento decisionale utilizzato dai grillini sulla loro piattaforma digitale

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Foto da gazzettafilosofica.net
Il termine ‘Democrazia’ deriva dal greco antico dèmos e kratòs ossia ‘governo del popolo’, ed è in contrapposizione ad 'Aristocrazia', che ha origine da àristos e kratòs cioè ‘governo di pochi o dei migliori’. Oggi essa è una delle forme di Stato più diffuse al mondo. La sua prima applicazione risale all’antica Grecia, ma la sua affermazione in epoca moderna inizia con la concessione della Magna Carta del 1215 e, successivamente, con la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America del 1776 e con la Rivoluzione francese del 1789. Il passaggio dallo Stato assoluto a quello costituzionale e poi alle democrazie liberali avviene lentamente. Con la rivoluzione industriale la borghesia diventa la classe sociale di riferimento. I proprietari dei mezzi di produzione non potevano restare a lungo senza acquisire anche il potere politico. La Democrazia come la conosciamo oggi nasce da questa esigenza: l’accesso al potere da parte del ceto sociale che già aveva la supremazia economica e patrimoniale. Il diritto di voto inizialmente era limitato a pochi, solo dopo la Seconda guerra mondiale esso è stato esteso a tutti, cioè senza distinzione di condizioni economiche e di genere. In Italia le donne hanno acquisito questo diritto solo nel 1946.
La forma di Stato prevista dalla nostra Costituzione è quella della democrazia rappresentativa. Con questo sistema gli elettori delegano per un certo periodo di tempo il potere di legiferare e di governare ai loro rappresentanti. Anche il presidente della Repubblica è eletto da un’assembla costituita dai parlamentari e dai delegati delle Regioni. Gli strumenti di democrazia diretta previsti dalla nostra Carta sono pochi. Il referendum abrogativo sancito dall’articolo 75, quello confermativo sulle riforme costituzionali stabilito dall’articolo 138, la petizione popolate regolata dall’articolo 50 e l’iniziativa legislativa prevista dall’articolo 71. In questi casi ad essere chiamati a decidere sono i cittadini che godono del diritto di voto.
La procedura adottata dalla piattaforma Rousseau, invece, non può essere considerata come ‘democrazia diretta’ per il semplice fatto che gli elettori sono oltre 50 milioni (dati 2019), mentre i grillini iscritti al Blog sono circa 100 mila, cioè lo 0,20% degli italiani che hanno il diritto al voto.
La pretesa che a decidere per ‘tutti’ siano poche decine di migliaia di sostenitori del M5s è inaccettabile. Quella posta in essere dal Movimento è, piuttosto, un’oligarchia di elettori. Ed è certo che fino a quando gli strumenti informatici non saranno utilizzati consapevolmente da tutti gli elettori e non saranno sottoposti ad un rigido controllo pubblico, la democrazia diretta proposta dai grillini rimarrà solo uno strumento di propaganda politica.

venerdì 30 agosto 2019

I tassi d’interesse sui Btp sono scesi ai minimi storici, perchè?


Il debito pubblico italiano continua ad aumentare, il Pil non cresce ed il nuovo Governo dovrà predisporre per il 2020 una manovra finanziaria complicata, eppure i rendimenti sui titoli di Stato scendono, perché?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da twitter.com
La prospettiva delle economie mondiali non è buona. La guerra dei dazi, la stagnazione dell’economia tedesca e la Brexit non sembrano, almeno per ora, preoccupare gli investitori. La situazione italiana è altrettanto allarmante. Il Pil non cresce, il debito pubblico continua ad aumentare e le indicazioni per i prossimi trimestri non sono buone. Tutto farebbe supporre una fibrillazione dei mercati con un aumento dello spread e dei tassi d’interesse sul debito pubblico italiano e non solo. Invece, non è così’, perché? 
I rendimenti dei debiti sovrani stanno crollando dappertutto. Di certo sta influendo l’acquisto dei titoli di Stato da parte delle banche centrali. In particolare, il Quantitative easing posto in essere dalla Bce di Mario Draghi ha abbassato il rischio di insolvenza dei Paesi con il debito pubblico più elevato. Nello stesso tempo esso ha aumentato la quantità di moneta in circolazione ed ha ridotto le opportunità di profitto dei risparmiatori. Inoltre, l'incremento delle disuguaglianze e la concentrazione della ricchezza prodotta con la globalizzazione sta accentuando il fenomeno. Gli speculatori fanno fatica a trovare nuovi strumenti per far fruttare i loro patrimoni finanziari.
I titoli di Stato decennali della maggior parte dei paesi Unione europea non rendono nulla o quasi, anzi in alcuni casi gli investitori ci rimettono. I tassi sui titoli decennali emessi dalla Germania, dai Paesi Bassi, dalla Slovacchia, dall’Austria, dalla Finlandia, dalla Francia, dal Belgio, dalla Slovenia, dall’Irlanda (paesi area Euro), dalla Danimarca e dalla Svezia (paesi Ue) sono tutti negativi. Chi acquista oggi Bund tedeschi lo fa con una perdita dello 0,68% del capitale investito. La sicurezza sulla solvibilità della Germania vale di più del profitto prodotto dai suoi titoli.
L’Italia, insieme a Spagna, Portogallo e Grecia, è, invece, uno dei paesi membri dell’Ue che ancora garantisce un rendimento positivo, quindi appetibile per i risparmiatori. Negli ultimi mesi la loro discesa è stata rapida ed inaspettata. Da un tasso del 3,60% (spread sopra i 350 punti) del dicembre scorso allo 0,93% (spread a 162 punti) di ieri. L’andamento è ai minimi storici, ma garantisce comunque un profitto. Questo spiega perché molti investitori stanno acquistando i Btp italiani nonostante la stagnazione economica e le condizioni difficili della nostra finanza pubblica. Il calo dei tassi dei titoli italiani registrato negli ultimi mesi quindi non è dovuto alle politiche adottate dal governo, ma da ragioni strettamente finanziarie e speculative. Il punto ora è, fino a quando godremo di questa inaspettata fiducia?



domenica 25 agosto 2019

Zingaretti e Di Maio costretti a dialogare


Il leader del M5s non voleva la crisi di governo e quello del Pd voleva le elezioni anticipate, ora sono costretti ad accordarsi o, quantomeno, a dialogare loro malgrado

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti
La crisi del governo ‘pentaleghista’ voluta dal segretario della Lega sta evidenziando tutte le contraddizioni del nostro sistema politico. L’intenzione di Matteo Salvini era quella di andare subito ad elezioni anticipate. Il raddoppio dei parlamentari ed i ‘pieni poteri’ erano e sono i suoi obiettivi. Quello che non ha considerato è che la nostra è una Repubblica parlamentare. L’articolo 88 della Costituzione stabilisce: ‘Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura’. Ovviamente il Capo dello Stato prima di emanare il relativo decreto deve verificare se c’è una maggioranza parlamentare in grado di dare la ‘fiducia‘ al Governo. I desideri dei leghisti non sono legge, almeno fino a quando il loro leader non acquisirà ‘i pieni poteri’.
Ora che il ‘capo’ delle Lega si è reso conto di aver fatto il passo più lungo della gamba sta facendo marcia indietro ed è disposto a riprendere il dialogo con il M5s ed a concedere la leadership dell’Esecutivo a Luigi Di Maio, almeno così sembra. Insomma, Matteo Salvini è passato da leader indiscusso del governo ‘Pentaleghista’, alla richiesta di ‘pieni poteri’, alla marcia indietro, il tutto in pochi giorni, alla faccia della coerenza politica.
Matteo Renzi, senatore del Pd, non è da meno. È passato dai popcorn al Governo istituzionale, dal mai con il M5s ad una intesa a qualunque costo. Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, non controllando i suoi gruppi parlamentari, è costretto a seguire le indicazioni dell’ex sindaco di Firenze. Il presidente della regione Lazio avrebbe voluto prima un passaggio elettorale, invece ora è obbligato a questa difficile trattativa.
Luigi Di Maio, a sua volta, non vuole le elezioni, ma è riluttante ad un Esecutivo con il Pd. Un ritorno con la Lega è il suo pensiero fisso, nonostante la crisi di Governo voluta inopinatamente dal leader leghista.
Nicola Zingarerti e Luigi Di Maio sono costretti ad accordarsi o, quantomeno, a dialogare. Nessuno dei due segretari di partito vuole un governo ‘giallorosso’, almeno in questa fase politica. Sono obbligati a confrontarsi per volontà altrui, a loro insaputa, e non sono sicuri di fare la cosa giusta. Da qui i paletti che impediscono un accordo rapido e di legislatura. Riuscirà il presidente Sergio Mattarella ad evitare le elezioni anticipate ed a convincere i leader a fare un passo avanti o, nel caso di nuova intesa tra Lega e M5s, un passo indietro? 'La paura fa novanta', ma un’intesa a tutti i costi non è detto che sia la soluzione migliore, almeno per gli italiani.

venerdì 9 agosto 2019

‘Un uomo solo al comando’


‘Chiedo agli italiani di darmi pieni poteri’Matteo Salvini

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini - (foto da affaritaliani.it)
Chiediamo i pieni poteri perché vogliamo assumere le piene responsabilità. Senza i pieni poteri voi sapete benissimo che non si farebbe una lira – dico una lira – di economia. Con ciò non intendiamo escludere la possibilità di volonterose collaborazioni che accetteremo cordialmente, partano esse da deputati, da senatori o da singoli cittadini competenti. Abbiamo ognuno di noi il senso religioso del nostro difficile compito. Il paese ci conforta ed attende’. Questa frase è stata pronunciata alla Camera dei Deputati da Benito Mussolini in occasione di un suo discorso passato alla storia come Discorso del Bivacco il 16 novembre 1922. Nel 1933 anche Adolf Hitler, emulando il Duce, pretese i 'pieni poteri'.
Sono passati 97 anni è la stessa richiesta è stata fatta dal nostro ministro degli Interni, nonché vicepremier, Matteo Salvini. Sembra un innocente copia ed incolla, invece non è così. L’intento oggi come allora è sempre lo stesso: l’insofferenza per ogni forma di controllo democratico sulle decisioni che il ‘Capo’ prende in nome del popolo. La separazione dei poteri, lo Stato di diritto, la libertà di espressione ed i principi di giustizia sociale conquistati con secoli di lotte e sanciti nella Costituzione antifascista del 1948sono per il leader leghista un intralcio da cancellare o quantomeno limitare. La Democrazia è troppo faticosa, occorrono mani libere, occorre un ‘Capo’ che possa decidere senza se e senza ma.
Il fan di Albert De Giussan non sopporta i compromessi e le critiche. Lui è l’uomo del fare e risponde solo al popolo, almeno a quella parte che corrisponde ai suoi elettori. Si sente un Re Mida e purtroppo non è il primo ad essersi affermato sulla scena politica italiana con gli stessi intendimenti. Silvio Berlusconi è stato il maestro, a cui sono seguiti i suoi emuli: Matteo Renzi e Luigi Di Maio, che però non hanno avuto il consenso parlamentare che Matteo Salvini potrebbe acquisire nelle prossime elezioni politiche.
Siamo tornati indietro di quasi un secolo, ma gli italiani, si sa, sono così: smemorati e volubili, pur di non prendersi responsabilità sono sempre disposti a rinunciare alla loro libertà. Un uomo solo al comando’ è una frase che è entrata nel lessico nazionale, ma, purtroppo, non sempre si riferisce alle splendide fughe sulle montagne del Giro o del Tour di Fausto Coppi, bensì al ‘Capo’ di turno. Oggi è il Dj del Papeete Beach, Matteo Salvini, ma potrebbe chiamarsi in un altro modo, non cambierebbe nulla. Una parte degli italiani da sempre apprezza i politici che non si intromettono nei loro affari. Il ‘Premier’ faccia come vuole, basta che non rompa 'i cabbasisi' come direbbe Andrea Camilleri e se combina guai chi se ne frega.



martedì 30 luglio 2019


Gaspare Giarratano: ‘si salvano, la gente si salvano in mare’

Mi chiedo se uno dei nostri politici abbia mai sentito nel buio della notte, nell’enormità del mare, levarsi delle grida disperate di aiuto. Noi si’, Gaspare Giarratano

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto postata su twitter da @NFratoianni 
Gaspare Giarratano, 63 anni, è un armatore siciliano. Un uomo che ha passato gran parte della sua vita lavorando con il suo motopeschereccio. Ora che è anziano ha lasciato ‘spazio’ e oneri al figlio Carlo. Il nuovo capitano della barca la notte del 26 luglio scorso, mentre si trovava a circa 50 miglia da Malta, ha individuato e soccorso 50migranti stipati in un gommone fatiscente. In una video-intervista rilasciata a Rainews 24 l'armatore siciliano ha raccontato le drammatiche ore vissuto da suo figlio e dall’equipaggio del suo peschereccio. Il linguaggio utilizzato da Gaspare è a tratti sgrammaticato e con il tipico accento siciliano, in questo ricorda i personaggi dei libri di Andrea Camilleri: una ripetizione qua, un modo dire là e tanta tanta umanità, quella tipica dei siciliani onesti che hanno passato la loro vita a lavorare ed a faticare pur di dare una vita dignitosa alle loro famiglie ed a quanti hanno lavorato con loro. Ecco la trascrizione dell’intervista. 
Il motopeschereccio Accursio Giarratano
(foto da fanpage.it)
Gli immigrati si trovano da tutte le coste, 100 miglia, da quando la notte li hanno avvistati, è durata fino a ieri sera alle nove questa situazione, volevano salire a bordo però mio figlio non li ha fatti salire, ma non li ha abbandonati gli ha dato viveri, pane, fette biscottate, tutto quello che c’è a bordo, tutta l’assistenza possibile ed immaginabile, acqua, però non li ha fatti salire a bordo, ma nemmeno si è allontanato per abbandonarli, mai, nonostante tutto alle tre e mezzo di notte si mette in contatto con il Comando generale delle capitanerie, che io devo ringraziare, in primis tutte le autorità della Guardia costiera da Roma in su e da Roma in giù, tutti …. Io sono l’armatore, mio figlio è il capitano e la barca porta il nome di un figlio che mi è morto (Accursio) … per noi è una legge scritta nel cuore, non è una legge, in mare è questo, si salvano, la gente si salvano in mare.Poi magari ti imbatti con la burocrazia, però, intanto, andiamo a salvare e poi se ne pensa … La barca di notte, noi facciamo un tipo di pesca che di notte non lavoriamo, lavoriamo di giorno, quindi la barca era ferma e a loro gli è venuto facile avvicinarsi, perché loro al buio questo puntino lo vedevano sul radar, allora si sono messi in allerta vedendo questa cosa che si avvicinava e poi sono andati avanti per non farli salire a bordo, perché hanno insistito per salire, però grazie a Dio è finita bene … Ieri sera è arrivata la Guardia costiera dopo tanti sollecitamenti è arrivata ieri sera alle otto e mezza, già era buio quando è arrivata, fortunatamente grazie a Dio, lo ripeto e dico, ringraziamo tutti quelli che si sono prodigati per questa buona riuscita, di questa cosa, sono arrivati, mio figlio quando loro se li sono messi a bordo, mio figlio se n’è andato, ha fatto la sua navigazione verso Sciacca.
Queste semplici parole, espresse da un umile pescatore siciliano poco abituato a parlare in italiano, sono una lezione di vita che andrebbe presa ad esempio da tutti, soprattutto da chi ci governa, ma purtroppo per una parte degli italiani non è così.

Fonte rainews.it


martedì 30 luglio 2019


Gaspare Giarratano: ‘si salvano, la gente si salvano in mare’

Mi chiedo se uno dei nostri politici abbia mai sentito nel buio della notte, nell’enormità del mare, levarsi delle grida disperate di aiuto. Noi si’, Gaspare Giarratano

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto postata su twitter da @NFratoianni 
Gaspare Giarratano, 63 anni, è un armatore siciliano. Un uomo che ha passato gran parte della sua vita lavorando con il suo motopeschereccio. Ora che è anziano ha lasciato ‘spazio’ e oneri al figlio Carlo. Il nuovo capitano della barca la notte del 26 luglio scorso, mentre si trovava a circa 50 miglia da Malta, ha individuato e soccorso 50migranti stipati in un gommone fatiscente. In una video-intervista rilasciata a Rainews 24 l'armatore siciliano ha raccontato le drammatiche ore vissuto da suo figlio e dall’equipaggio del suo peschereccio. Il linguaggio utilizzato da Gaspare è a tratti sgrammaticato e con il tipico accento siciliano, in questo ricorda i personaggi dei libri di Andrea Camilleri: una ripetizione qua, un modo dire là e tanta tanta umanità, quella tipica dei siciliani onesti che hanno passato la loro vita a lavorare ed a faticare pur di dare una vita dignitosa alle loro famiglie ed a quanti hanno lavorato con loro. Ecco la trascrizione dell’intervista. 
Il motopeschereccio Accursio Giarratano
(foto da fanpage.it)
Gli immigrati si trovano da tutte le coste, 100 miglia, da quando la notte li hanno avvistati, è durata fino a ieri sera alle nove questa situazione, volevano salire a bordo però mio figlio non li ha fatti salire, ma non li ha abbandonati gli ha dato viveri, pane, fette biscottate, tutto quello che c’è a bordo, tutta l’assistenza possibile ed immaginabile, acqua, però non li ha fatti salire a bordo, ma nemmeno si è allontanato per abbandonarli, mai, nonostante tutto alle tre e mezzo di notte si mette in contatto con il Comando generale delle capitanerie, che io devo ringraziare, in primis tutte le autorità della Guardia costiera da Roma in su e da Roma in giù, tutti …. Io sono l’armatore, mio figlio è il capitano e la barca porta il nome di un figlio che mi è morto (Accursio) … per noi è una legge scritta nel cuore, non è una legge, in mare è questo, si salvano, la gente si salvano in mare.Poi magari ti imbatti con la burocrazia, però, intanto, andiamo a salvare e poi se ne pensa … La barca di notte, noi facciamo un tipo di pesca che di notte non lavoriamo, lavoriamo di giorno, quindi la barca era ferma e a loro gli è venuto facile avvicinarsi, perché loro al buio questo puntino lo vedevano sul radar, allora si sono messi in allerta vedendo questa cosa che si avvicinava e poi sono andati avanti per non farli salire a bordo, perché hanno insistito per salire, però grazie a Dio è finita bene … Ieri sera è arrivata la Guardia costiera dopo tanti sollecitamenti è arrivata ieri sera alle otto e mezza, già era buio quando è arrivata, fortunatamente grazie a Dio, lo ripeto e dico, ringraziamo tutti quelli che si sono prodigati per questa buona riuscita, di questa cosa, sono arrivati, mio figlio quando loro se li sono messi a bordo, mio figlio se n’è andato, ha fatto la sua navigazione verso Sciacca.
Queste semplici parole, espresse da un umile pescatore siciliano poco abituato a parlare in italiano, sono una lezione di vita che andrebbe presa ad esempio da tutti, soprattutto da chi ci governa, ma purtroppo per una parte degli italiani non è così.

Fonte rainews.it





martedì 30 luglio 2019



Gaspare Giarratano: ‘si salvano, la gente si salvano in mare’

Mi chiedo se uno dei nostri politici abbia mai sentito nel buio della notte, nell’enormità del mare, levarsi delle grida disperate di aiuto. Noi si’, Gaspare Giarratano

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto postata su twitter da @NFratoianni 
Gaspare Giarratano, 63 anni, è un armatore siciliano. Un uomo che ha passato gran parte della sua vita lavorando con il suo motopeschereccio. Ora che è anziano ha lasciato ‘spazio’ e oneri al figlio Carlo. Il nuovo capitano della barca la notte del 26 luglio scorso, mentre si trovava a circa 50 miglia da Malta, ha individuato e soccorso 50migranti stipati in un gommone fatiscente. In una video-intervista rilasciata a Rainews 24 l'armatore siciliano ha raccontato le drammatiche ore vissuto da suo figlio e dall’equipaggio del suo peschereccio. Il linguaggio utilizzato da Gaspare è a tratti sgrammaticato e con il tipico accento siciliano, in questo ricorda i personaggi dei libri di Andrea Camilleri: una ripetizione qua, un modo dire là e tanta tanta umanità, quella tipica dei siciliani onesti che hanno passato la loro vita a lavorare ed a faticare pur di dare una vita dignitosa alle loro famiglie ed a quanti hanno lavorato con loro. Ecco la trascrizione dell’intervista. 
Il motopeschereccio Accursio Giarratano
(foto da fanpage.it)
Gli immigrati si trovano da tutte le coste, 100 miglia, da quando la notte li hanno avvistati, è durata fino a ieri sera alle nove questa situazione, volevano salire a bordo però mio figlio non li ha fatti salire, ma non li ha abbandonati gli ha dato viveri, pane, fette biscottate, tutto quello che c’è a bordo, tutta l’assistenza possibile ed immaginabile, acqua, però non li ha fatti salire a bordo, ma nemmeno si è allontanato per abbandonarli, mai, nonostante tutto alle tre e mezzo di notte si mette in contatto con il Comando generale delle capitanerie, che io devo ringraziare, in primis tutte le autorità della Guardia costiera da Roma in su e da Roma in giù, tutti …. Io sono l’armatore, mio figlio è il capitano e la barca porta il nome di un figlio che mi è morto (Accursio) … per noi è una legge scritta nel cuore, non è una legge, in mare è questo, si salvano, la gente si salvano in mare.Poi magari ti imbatti con la burocrazia, però, intanto, andiamo a salvare e poi se ne pensa … La barca di notte, noi facciamo un tipo di pesca che di notte non lavoriamo, lavoriamo di giorno, quindi la barca era ferma e a loro gli è venuto facile avvicinarsi, perché loro al buio questo puntino lo vedevano sul radar, allora si sono messi in allerta vedendo questa cosa che si avvicinava e poi sono andati avanti per non farli salire a bordo, perché hanno insistito per salire, però grazie a Dio è finita bene … Ieri sera è arrivata la Guardia costiera dopo tanti sollecitamenti è arrivata ieri sera alle otto e mezza, già era buio quando è arrivata, fortunatamente grazie a Dio, lo ripeto e dico, ringraziamo tutti quelli che si sono prodigati per questa buona riuscita, di questa cosa, sono arrivati, mio figlio quando loro se li sono messi a bordo, mio figlio se n’è andato, ha fatto la sua navigazione verso Sciacca.
Queste semplici parole, espresse da un umile pescatore siciliano poco abituato a parlare in italiano, sono una lezione di vita che andrebbe presa ad esempio da tutti, soprattutto da chi ci governa, ma purtroppo per una parte degli italiani non è così.

Fonte rainews.it



sabat

o 27 luglio 2019

I governatori leghisti vogliono tutto


Per i governatori leghisti la ricchezza di cui dispongono i ‘padani’ non è ancora sufficiente, vogliono di più, vogliono la secessione di fatto, senza modificare cioè la forma di Governo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Attilio Fontana, Matteo Salvini e Luca Zaia
(foto da quotidiano.net)
La storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori compiuti nel passato, ma purtroppo non è così. Significativa è, a tale proposito, la polemica sollevata dai governatori leghisti sulle limitazioni all’autonomia differenziata proposte dal Governo. Una delle richieste più importanti dei presidenti della Lombardia e del Veneto è l’attribuzione della competenza in materia di infrastrutture. Come sanno bene gli economisti lo sviluppo economico di una regione non può prescindere da una efficiente rete stradale. Ebbene, la storia della costruzione, in alcuni casi della mancata costruzione, delle autostrade italiane evidenzia e spiega il motivo del crescente divario economico tra Nord e Sud Italia, che, adesso, i governatoti Luca Zaia e Attilio Fontana intendono accentuare con la cosiddetta ‘autonomia differenziata’. La rete autostradale italiana ha un’estensione di 6.943,2 km. Il primo tratto è stato inaugurato a Lainate il 21 settembre del 1924. L’autostrada dei laghi si snoda da Milano a Varese. Tre anni dopo è stata aperta la Milano-Bergamo. Nel 1928 nasce la società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova. Negli anni Trenta vengono aperte la Firenze-Mare e l’autostrada Padova-Venezia e la Genova-Serravalle-Scrivia. Al Sud l’unica autostrada costruita in quegli anni è, la Napoli-Pompei, successivamente declassata a strada statale.
La rete autostradale italiana
(foto da wikipedia.org)
La prima programmazione nazionale di un piano di investimenti per costruire anche nel Mezzogiorno una rete viaria degna di questo nome è solo degli anni Sessanta. Nel 1955 la legge Romita stabilì che le autostrade si dovevano estendere in tutte le regioni italiane. I lavori iniziarono nel decennio successivo, ma essi spesso si sono protratti per tempi ‘biblici’ e con risultati a dir poco inadeguati.
Il primo tratto della Salerno-Reggio Calabria è stato aperto nel 1967, ma i lavori di completamento ed ammodernamento si sono conclusi solo alla fine del 2016. L’autostrada A20 Messina-Buonfornello (litorale tirrenico della Sicilia), iniziata nel 1969, è stata completata nel 2005. L’A19, inaugurata nel 1975, è l’unica autostrada che attraversa l’isola e congiunge Palermo con Catania. Oggi è fatiscente ed è interrotta in più punti. Il viadotto Himera crollato nel 2015 ancora non è stato ricostruito. L’autostrada A18 (Sicilia orientale) ancora non è stata completata. Nell’isola non c’è altro. Mentre, in Sardegna ci sono solo strade statali e provinciali. Invece, tra Milano e Bergamo ci sono due autostrade. Una di queste, la Brebemi, costruita dai privati con il sostegno pubblico, rischia il fallimento perché il numero di veicoli che vi transitano è insufficiente. La situazione è paradossale. In Lombardia delle autostrade non sanno che farsene, mentre in Sicilia come in altre regioni del Sud non ci sono o sono fatiscenti. Ecco, è questo quello che bisognerebbe dire ai governatori leghisti che vogliono tutto, anche quel poco che ancora lo Stato italiano investe nelle regioni meridionali, ma, evidentemente, per i padanila ricchezza di cui dispongono non è ancora sufficiente, vogliono di più, vogliono la secessione di fatto, senza cambiare cioè la forma di Governo.
Del resto, gli articoli 116 e 117 della Costituzione, modificati con una legge di riforma voluta ed approvata dal Centrosinistra nel 2001, glielo consentono. E non è un caso che a chiedere maggiore autonomia sono soprattutto le regioni guidate dalla Lega. I leghisti, nonostante la svolta sovranista, rimangono legati alle loro origini. Gli esponenti ‘verdi’,Matteo Salvini compreso, non dimenticano mai di attaccare sul risvolto della giacca la spilletta di 'Albert de Giussan', considerato dai militanti come il principale simbolo dell’indipendenza padana perduta.
Tutto legittimo. Quello che è incomprensibile è il consenso elettorale che tanti meridionali continuano a riconoscere a chi li considera di Serie B ed ora vuole mandarli in Serie D come è successo al Palermo Calcio di Maurizio Zamparini. Friulano doc, l'ex presidente dei Rosanero è sceso in Sicilia per dimostrare le sue capacità imprenditoriali. Invece, ha solo fatto danni e disastri come un 'siciliano qualsiasi', cose da non credere.


sabato 13 luglio 2019

‘Gli ultimi saranno i primi’, ma non per il governo 'pentaleghista'


Il comportamento di tanti cattolici è spesso in contraddizione con le parole di Papa Francesco e la fede cristiana è spesso utilizzata sono in funzione delle proprie convenienze personali

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La 'Porta Lampedusa - Porta d'Europa'
(foto da famigliacristiana.it)
I migranti sono prima di tutto persone umane, non si tratta solo di questioni sociali o migratorieSono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata’. Queste sono le parole pronunciate da Papa Francesco in occasione del sesto anniversario della sua visita a LampedusaEd ancora: ‘Gli ultimi che chiedono di essere liberati dai mali che li affliggono, gli ultimi ingannati e abbandonati a morire nel deserto, gli ultimi torturati, abusati e violentati nei campi di detenzione, gli ultimi che sfidano le onde di un mare impietoso, gli ultimi lasciati in campi di un’accoglienza troppo lunga per essere chiamata temporanea’. 
Se tutti i cattolici applicassero nella loro pratica quotidiana gli insegnamenti del Pontefice il nostro Paese sarebbe migliore, ma, purtroppo, non è così. Spesso i principi ed i valori della fede rimangono inapplicati o sono ‘piegati’ alle esigenze quotidiane o semplicemente a ciò che ‘conviene’ di più. Tra il salvare una vita che fugge dalla guerra e dalla fame e che può morire in mare o vedere per le nostre strade un individuo di colore, una parte degli italiani che professano la religione cattolica preferiscono la prima opzione. I problemi di coscienza che dovessero sorgere, ma non è detto che ci siano, si risolvono dicendosi che così facendo essi non partono e, quindi, non muoiono e se poi partono ugualmente, peggio per loro, noi non ne siamo responsabili. 
Queste contraddizioni sono frequenti e riguardano anche i politici. Il nostro ministro degli Interni, Matteo Salvini, bacia e mostra il rosario nei suoi comizi nell’intento di evidenziare la sua fede cattolica, ma poi contravviene alle parole del Papa lasciando morire in mare gli ‘ultimi’ o lasciandoli stipati per giorni o settimane nelle barche che li hanno soccorsi o li costringe a ‘bivaccare’ per strada. Isegretario della Lega non è il solo leader nazionale a comportarsi così. Tra gli altri ci sono Silvio Berlusconi, Pierferdinando Casini e Giorgia Meloni che nella loro propaganda politica hanno sempre fatto riferimento ai valori della cristianità e del cattolicesimo. Invece, nella loro pratica giornaliera si sono comportati diversamente. Ad esempio, non avrebbero dovuto violare il sacro vincolo coniugale e, quindi, non avrebbero dovuto divorziare e risposarsi o come la leader dei Fratelli d’Italia avere una figlia al di fuori del matrimonio. Inoltre, essi dovrebbero agire secondo i principi della tolleranza e della carità ed accogliere ed aiutare ‘gli ultimi’. Invece, pur facendo sfoggio della fede cattolica, i loro comportamenti sono tutt’altro che cristiani ed il loro credo religioso è utilizzato solo per la loro carriera politica e professionale. Purtroppo a molti italiani queste contraddizioni non interessano. Del resto, è una pratica assai diffusa. Ed è quasi ‘normale’ per molti dire una cosa e farne un’altra o predicare o volere una regola che solo gli altri saranno obbligati a rispettare.



martedì 9 luglio 2019

La pressione fiscale ‘reale’ sui contribuenti onesti è al 48%


Mentre il Governo ‘pentaleghista’ emana a ripetizione decreti sulla cosiddetta ‘pace fiscale’ e premia i ‘furbetti’ con lo stralcio delle cartelle esattoriali emesse dal 2000 al 2017, aumenta la pressione fiscale ‘reale’ sui contribuenti onesti

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Foto da cgiamestre.com
Nel nostro Paese ci sono almeno tre categorie di contribuenti: gli onesti, gli evasori e gli incapienti. I primi, secondo l’indagine condotta dalla Cgia di Mestre, versano allo Stato fino all’ultimo centesimo dovuto. Su di loro la pressione fiscale ‘reale’ è del 48%. Un incremento di ‘6 punti in più rispetto al dato ufficiale, che nel 2018 si è attestato al 42,1%’. Paghiamo meno tasse, ma sono ‘aumentate le tariffe della luce, del gas, dei pedaggi stradali, dei servizi postali, dei trasporti, ecc.’. Queste voci pur non rientrando nel calcolo contabile della pressione fiscale, incidono negativamente sui bilanci delle famiglie, in particole di quelle che sono fedeli con l’erario. Se dal Prodotto interno lordo sottraiamo la ricchezza prodotta in ‘nero’ e quella illegale, il rapporto, sottolinea la Cgia, tra il Pil è il gettito fiscale cresce, cioè il peso del fisco sui contribuenti onesti risulta maggiore rispetto a quello ufficiale.
A quanto evidenziato dalla Cgia di Mestre occorre aggiungere il fatto che lo Stato e gli enti locali non sempre garantiscono servizi pubblici adeguati e, comunque, corrispondenti alle risorse raccolte con i tributi, soprattutto in alcune Regioni del Sud. In particolare, con il ‘federalismo fiscale’ sono state introdotte negli ultimi tre decenni numerose imposte locali come l’imu, la Tasi, la Tari e le tariffe per l’acqua pubblica, ecc. Ebbene, il costo che i Comuni devono sostenere per questi servizi grava, per legge, sui cittadini. Molti contribuenti non sono in grado di pagare tutte le cartelle che gli uffici comunali gli inviano, anche se, tra questi, sono in tanti che fanno solo finta di non poter pagare. In molte città, soprattutto meridionali, l’evasione fiscale su questi tributi è elevata, spesso supera il 50% del totale. Le amministrazioni comunali per coprire i costi dei servizi, anziché intentare con decisione il recupero dei relativi crediti, si limitano, spesso, ad incrementare le tariffe e le aliquote pagate dai contribuenti onesti. Anzi, in alcuni casi essi utilizzano questi crediti (ratei attivi), che nella maggior parte dei casi sono inesigibili, per fare altre spese, creando così le condizioni per un futuro default del Comune.
Intanto, il governo ‘pentaleghista’ premia i ‘furbetti’ e gli evasori con l’ennesimo condono fiscale che essi chiamano ‘Pace fiscale’ e con lo stralcio delle cartelle esattoriali emesse dal 2000 al 2017. Non solo questi ‘evasori’ non pagano i servizi erogati anche per loro, ma a dover rimediare ai buchi nei bilanci comunali sono i contribuenti onesti a cui si continua a chiedere sempre di più.
Non meraviglia, quindi, se chi propone condoni ha anche tanti consensi nel Paese.

mercoledì 3 luglio 2019

Spread: la quiete prima della tempesta?


Il debito pubblico dello Stato italiano continua ad aumentare, ma lo spread diminuisce, perché? Ecco alcune possibili spiegazioni

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il rendimento dei Btp a 10 anni dal 2014 ad oggi - (foto da fineco.it)
Il tasso d’interesse sui Btp a 10 anni è sceso a 1,67%, alla fine del 2018 era oltre il 3,6%, mentre quello a due anni è addirittura negativo, a -0,02%. Lo spread, cioè il differenziale dei tassi tra i Btp italiani e i Bund tedeschi, è sceso a 205 punti, alla fine dello scorso anno era vicino ai 400 punti. Eppure, i dati sull’economia italiana non sono buoni, la previsione di una crescita del Pil è dello 0,2%, il deficit di bilancio sarà del 2,04%, il rapporto debito/Pil potrebbe superare il 133%, il valore nominale del debito continua a salire ed ogni anno paghiamo oltre 65 miliardi di euro di interessi.Inoltre, per l’autunno si prospetta una difficile e complicata stesura della legge di Stabilità. Tenere i conti sotto controllo sarà difficile anche perché i due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, intendono procedere a deficit, cioè facendo altri debiti(almeno così dicono). Il presupposto di questa politica è che la crescita sia maggiore dell’incremento del debito e che l’Europa continui ad essere ‘benevola’ nei nostri confronti. La situazione, quindi, è a dir poco complessa, eppure i tassi d’interesse sul nostro debito scendono, come mai?
Il trend è iniziato in modo robusto dopo le dichiarazioni rilasciate qualche settimana fa da Mario Draghi. Il presidente uscente della Banca centrale europea ha prospettato una riapertura del Quantitative Easing (l’acquisto di titoli del debito pubblico dei Paesi dell’Unione europea) e nuovi aiuti alle banche per stimolare l’economia del 'Vecchio Continente' che sta rallentando. Inoltre, la manovra correttiva approvata dal Consiglio dei ministri (Luigi Di Maio era assente), ha scongiurato, almeno per ora, la procedura d’infrazione per eccesso di debito. Non solo, ma la Flat tax potrebbe essere ‘annacquata’ come lo sono stati il Reddito di cittadinanza e la Quota 100. Potrebbe, cioè, costare molto meno rispetto a quanto ipotizzato in campagna elettorale. Poi ci sono le parole rassicuranti del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha detto ‘che non ci sono motivi per una procedura d’infrazione, l’Italia ha un’economia solida’.
Sembra che nel nostro Paese ci siano due governi, uno guidato dal premier Giuseppe Conte e sostenuto dal Quirinale che dialoga con l’Europa ed un altro che minaccia rivolgimenti su tutto, che ha i voti in Parlamento e che in queste ultime settimane è in un momento di ‘quiete propangandistica'Insomma, i toni ‘accondiscendenti’ delle dichiarazioni degli ultimi giorni sui temi economici e sui rapporti con l’Ue rilasciate da Luigi Di Maio e Matteo Salvini e, nello stesso tempo, quelle tranquillizzanti di Mario Draghi e Sergio Mattarella, sembrano rassicurare gli investitori. Del resto, i nostri titoli di Stato hanno, in questa fase, un rapporto rendimento/rischio ‘appetibile’ per i risparmiatori. Poi in autunno si vedrà, a vendere basta un clic sul computer, tanto a pagare la mancanza di rigore nella gestione delle risorse pubbliche non saranno gli speculatori e neanche i nostri governanti, ma i soliti noti: lavoratori e pensionati.

Fonte fineco.it

lunedì 3 giugno 2019

I paradisi fiscali sono anche nell'Unione europea


Oggi il principale problema dell’Unione europea è la mancata armonizzazione dei sistemi fiscali nazionali, anzi alcuni Paesi membri sono veri e propri paradisi fiscali

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da permessidisoggiorno.it
Nella campagna elettorale per l'elezione del Parlamento europeo si è parlato molto della possibile deriva sovranista, ma poco o nulla dei programmi delle singole formazioni politiche. Si è ripetuto più volte della necessità di cambiare l'Unione europea, ma poco su come questo cambiamento dovrebbe avvenire. Le opzioni politiche sono sostanzialmente due: limitare i poteri dell’Unione europea o trasformala in un ente federale. Sulla prima ipotesi non c'è molto da dire, si tratterebbe, infatti, di tornare ai nazionalismi e, purtroppo, sappiamo quanti danni essi hanno fatto nel corso del Novecento. Un ritorno al passato oltreché deleterio è, quindi, assai improbabile.
I fautori della seconda opzione auspicano, invece, un’accelerazione del processo di integrazione tra gli Stati membri. Essi vogliono aumentare i poteri dell'Unione europea, ma questo può avvenire solo riducendo le materie di competenza delle singole sovranità nazionali. In particolare, tra gli Stati che hanno adottato la stessa moneta: l’Euro. La sua introduzione, avvenuta nel febbraio del 2002, è stata utile per la stabilità monetaria, ma non ha favorito la crescita e lo sviluppo economico di tutti gli Stati aderenti. A trarre maggiori vantaggi sono stati i Paesi più virtuosi nella gestione della cosa pubblica, mentre quelli del sud Europa, meno attenti al rigore nei loro bilanci pubblici, stanno avendo problemi economici e sociali.
Le responsabilità ovviamente non sono solo dei singoli governi, ma anche delle regole e dei paletti introdotti per aderire all’Euro. Alcune storture sono evidenti. Oltre alla diversa gestione delle risorse pubbliche ed al mancato rispetto dei parametri di Maastricht ci sono ragioni politiche. La più importante è non aver previsto e realizzato l'armonizzazione dei sistemi fiscali. E’ evidente infatti che sistemi tributari diversi creano squilibri economici ed ingiustizie sociali. 
L’Ong Oxfam ha denunciato ‘i paradisi fiscali’ che hanno sede nel Vecchio Continente. Non solo Svizzera, Repubblica di San Marino e Principato di Monaco, ma anche Stati membri dell’Ue, come Malta, Cipro, Olanda, Irlanda e Lussemburgo sono veri e propri paradisi fiscali. L’Onlus denuncia che l‘80% dei proventi sottratti alla tassazione per effetto di pratiche di profit shifting (l'insieme di strategie di natura fiscale che talune imprese attuano per erodere la base imponibile e dunque sottrarre imposte al fisco) finiscono nei paradisi fiscali dell’UE. Nel 2015 con questa pratica, calcola l'Oxfam, circa 210 miliardi di dollari sono finiti in Lussemburgo, Irlanda ed Olanda.
In tanti Paesi dell’UE sono in vigore sistemi tributari di favore che penalizzano gli altri Stati. Da qui le delocalizzazioni produttive, delle sedi legali e fiscali delle imprese con relativa perdita di gettito tributario, di posti di lavoro e di Know-how per i Paesi con tassazioni più alte. Quindi, se l’Ue vuole continuare nel processo di integrazione, non può non armonizzare i sistemi fiscali in modo da garantire a tutti i Paesi membri le spesse entrate fiscali e le stesse opportunità di sviluppo. 
I due vicepremier del governo ‘Pentaleghista’ anziché fare battute o demonizzare le istituzioni europea dovrebbero impegnarsi per la realizzazione di questa riforma, questa sì che sarebbe un atto rivoluzionario, ma i dubbi sul loro impegno sono più che legittimi.

Fonte oxfam.it

lunedì 3 giugno 2019

I paradisi fiscali sono anche nell'Unione europea


Oggi il principale problema dell’Unione europea è la mancata armonizzazione dei sistemi fiscali nazionali, anzi alcuni Paesi membri sono veri e propri paradisi fiscali

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da permessidisoggiorno.it
Nella campagna elettorale per l'elezione del Parlamento europeo si è parlato molto della possibile deriva sovranista, ma poco o nulla dei programmi delle singole formazioni politiche. Si è ripetuto più volte della necessità di cambiare l'Unione europea, ma poco su come questo cambiamento dovrebbe avvenire. Le opzioni politiche sono sostanzialmente due: limitare i poteri dell’Unione europea o trasformala in un ente federale. Sulla prima ipotesi non c'è molto da dire, si tratterebbe, infatti, di tornare ai nazionalismi e, purtroppo, sappiamo quanti danni essi hanno fatto nel corso del Novecento. Un ritorno al passato oltreché deleterio è, quindi, assai improbabile.
I fautori della seconda opzione auspicano, invece, un’accelerazione del processo di integrazione tra gli Stati membri. Essi vogliono aumentare i poteri dell'Unione europea, ma questo può avvenire solo riducendo le materie di competenza delle singole sovranità nazionali. In particolare, tra gli Stati che hanno adottato la stessa moneta: l’Euro. La sua introduzione, avvenuta nel febbraio del 2002, è stata utile per la stabilità monetaria, ma non ha favorito la crescita e lo sviluppo economico di tutti gli Stati aderenti. A trarre maggiori vantaggi sono stati i Paesi più virtuosi nella gestione della cosa pubblica, mentre quelli del sud Europa, meno attenti al rigore nei loro bilanci pubblici, stanno avendo problemi economici e sociali.
Le responsabilità ovviamente non sono solo dei singoli governi, ma anche delle regole e dei paletti introdotti per aderire all’Euro. Alcune storture sono evidenti. Oltre alla diversa gestione delle risorse pubbliche ed al mancato rispetto dei parametri di Maastricht ci sono ragioni politiche. La più importante è non aver previsto e realizzato l'armonizzazione dei sistemi fiscali. E’ evidente infatti che sistemi tributari diversi creano squilibri economici ed ingiustizie sociali. 
L’Ong Oxfam ha denunciato ‘i paradisi fiscali’ che hanno sede nel Vecchio Continente. Non solo Svizzera, Repubblica di San Marino e Principato di Monaco, ma anche Stati membri dell’Ue, come Malta, Cipro, Olanda, Irlanda e Lussemburgo sono veri e propri paradisi fiscali. L’Onlus denuncia che l‘80% dei proventi sottratti alla tassazione per effetto di pratiche di profit shifting (l'insieme di strategie di natura fiscale che talune imprese attuano per erodere la base imponibile e dunque sottrarre imposte al fisco) finiscono nei paradisi fiscali dell’UE. Nel 2015 con questa pratica, calcola l'Oxfam, circa 210 miliardi di dollari sono finiti in Lussemburgo, Irlanda ed Olanda.
In tanti Paesi dell’UE sono in vigore sistemi tributari di favore che penalizzano gli altri Stati. Da qui le delocalizzazioni produttive, delle sedi legali e fiscali delle imprese con relativa perdita di gettito tributario, di posti di lavoro e di Know-how per i Paesi con tassazioni più alte. Quindi, se l’Ue vuole continuare nel processo di integrazione, non può non armonizzare i sistemi fiscali in modo da garantire a tutti i Paesi membri le spesse entrate fiscali e le stesse opportunità di sviluppo. 
I due vicepremier del governo ‘Pentaleghista’ anziché fare battute o demonizzare le istituzioni europea dovrebbero impegnarsi per la realizzazione di questa riforma, questa sì che sarebbe un atto rivoluzionario, ma i dubbi sul loro impegno sono più che legittimi.

Fonte oxfam.it

sabato 25 maggio 2019



La metamorfosi politica di Matteo Salvini



'Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?', A. Depretis, 8 ottobre 1882 

La metamorfosi - (copertina del libro da it.wikipedia.org)
L'Italia è il paese del trasformismo politico, ma quello realizzato da Matteo Salvini è qualcosa di più: è una vera e propria metamorfosi kafkiana. La coerenza politica ed ideale non è nel Dna del vicepremier e ministro degli Interni del governo 'Pentaleghista'.'Qualunque cosa accada voglio mantenere la parola data' o'rispetteremo tutti gli impegni presi con gli italiani', ripete spesso il leader leghista ai suoi alleati e soprattutto ai suoi elettori. 'Non guardo ai sondaggi, il governo durerà 5 anni', aggiunge nelle interviste e nei frequenti comizi.
Eppure, il vicepremier non è un uomo coerente, almeno negli ideali e nella linea politica. All'inizio della sua carriera era un giovane frequentatore del Centro sociale Leoncavallo, poi è diventato 'comunista padano' e secessionista, oggi è un fautore inflessibile della linea politica dei ‘porti chiusi’, nonchè sdoganatore dei fascisti e scrittore per una casa editrice vicina a CasaPound. Il percorso ideale compiuto da Matteo Salvini è una metamorfosi che, per certi aspetti, è unica nella storia recente del nostro Paese.
Fino al 2014 la Lega Nord ed il suo leader erano indipendentisti. Ma, quando MatteoSalvini diventa il segretario del partito ne cambia repentinamente il nome, eliminando la parola ‘Nord’ ed i simboli secessionisti e ne adatta la linea politica: da autonomista padano a sovranista e a ‘prima gli italiani’L’obiettivo è raccogliere consensi elettorali in tutto il Paese, anche al Sud. Il boom di voti ottenuti il quattro marzo 2018 ed i sondaggi degli ultimi mesi sembrano dare ragione al mutamento genetico attuato dei sostenitori di Albert de Giussan
La convenienza politica per la Lega è evidente anche nella stipula del cosiddetto ‘contratto di governo’ con i grillini. Se Matteo Salvini vuole mantenere e consolidare la leadership nella Destra italiana deve impedire un ritorno al potere dei moderati di Forza Italia e soprattutto di Silvio Berlusconi.  
'Il fine giustifica i mezzi', sosteneva nel lontano 1532 ne 'Il Principe' il filosofo fiorentino Niccolò Machiavelli, ed il leader leghista lo applica senza se e senza ma. Il ‘fine’, ovviamente, è il potere.



sabato 6 aprile 2019


La famiglia 'allargata' di Matteo Salvini

‘La famiglia allargata è un nucleo familiare costituito non solo da genitori e figli legittimi, ma anche, per successiva aggregazione, da soggetti non legati da vincolo parentale e di consanguineità con tutti gli altri componenti’, Treccani

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini al Congresso sulle famiglie - (Foto da agi.it) 

Nei giorni scorsi il leader della Lega, Matteo Salvini, ha partecipato al Congresso sulle famiglie. Il tema dell’incontro era la difesa della famiglia tradizionale. Diversi oratori hanno citato l’art. 29 della Costituzione italiana che stabilisce: ‘La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio’. L’allusione è evidente: ogni relazione non eterosessuale, non orientata cioè alla procreazione, non può essere equiparata alla famiglia. L’interpretazione del testo è di parte ed in ogni caso, non dovrebbe essere utilizzata per proporre la riduzione di diritti acquisiti o per imporre dogmi medievali. 
Le libertà affermate negli anni Settanta con le lotte del movimento studentesco del 1968 e successivamente con quelle operaie dell’autunno caldo del 1969, vanno difese con forza. La legge sul diritto di famiglia, sul divorzio, sull’aborto e di recente sulle unioni civili, sono conquiste da cui non si deve tornare indietro. Eppure, Matteo Salvini che, nella sua qualità di ministro dell’Interno dovrebbe agire nell’interesse collettivo, ha deciso di presenziare e sostenere le tesi oscurantiste propugnate in quel convegno.  
Quei valori e quei principi sono legittimi anche se non sono condivisibili, ma se a sostenerli è una persona che nel concreto agisce in modo completamente diverso da quanto afferma essi diventano incomprensibili e, nello sesso tempo, strumentali ad un interesse individualistico. La coerenza non può essere a giorni alterni o applicata a seconda della convenienza del momento. Tanto più se quel soggetto ha responsabilità istituzionali. 
Un uomo politico che ha un figlio legittimo, un altro concepito con una relazione extraconiugale, che continua ad avere 'storie' affettive al di fuori del matrimonio, non può o meglio non dovrebbe partecipare ad un congresso sulla famiglia tradizionale. Quella di Matteo Salvini è, come la definiscono i libri di scuola, una ‘famiglia allargata’ che non ha nulla a che vedere con quella difesa e propugnata a Verona pochi giorni fa. Il Vicepremier non doveva andare perché i valori affermati nel Convegno non sono la sua pratica quotidiana.  
Allora è lecito chiedersi: perché il Leader leghista è andato a Verona? La risposta è ovvia: è solo propaganda. Il suo scopo è raccogliere consensi e non importa se i suoi atti sono in palese contraddizione con le sue proposte politiche ed il suo operare istituzionale. Del resto ad una parte degli italiani non interessa. Nel corso della storia il ‘popolo’ ha acclamato Mussolini, sostenuto Andreotti, Craxi e Berlusconi, ed ora punta su Salvini, ed in fondo, tra questi, non è il peggiore, almeno così sembra.

martedì 12 marzo 2019


Arrestati gli amministratori della Blutec, ma a pagare sono sempre i lavoratori

Sono trascorsi sette anni dalla chiusura dell’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese e, mentre gli amministratori della Blutec sono sottoposti a misure cautelari, gli operai e gli addetti dell’indotto aspettano ancora di riavere un’occupazione stabile

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Lo stabilimento di Termini Imerese - (foto da tiscali.it)
Il presidente del consiglio di amministrazione, Roberto Ginatta, e l'amministratore delegato della Blutec, Cosimo di Cursi, sono stati arrestati per malversazione ai danni dello Stato. Sull'ex stabilimento Fiat di Termini Imerese è stato emesso un decreto di sequestro preventivo. Analogo provvedimento è stato preso sulle disponibilità finanziarie, immobiliari e mobiliari riconducibili agli indagati per un importo complessivo di 16 milioni e 516 mila euro. 
La vicenda dello stabilimento siciliano ha avuto inizio nel 2010, quando il nuovo amministratore delegato della FiatSergio Marchionne, annunciò l’irrevocabile chiusura della fabbrica. La dismissione si concretizzerà il 31 dicembre del 2011. Circa 800 operai ed oltre 1.000 addetti dell’indotto rimasero senza lavoro. Il tentativo di accordo per il salvataggio dello stabilimento con il gruppo Dr Motor Company attiva nella costruzione di auto elettriche fallì e dal 2015 la fabbrica è passata alla newco Blutec. L’azienda che si occupa di componentistica per auto è nata nel 2014 all’interno del gruppo Metec. L’intesa, firmata quattro anni fa tra le parti sociali, il Governo e gli Enti locali, destinava 360 milioni di euro (tra fondi statali e regionali) per la riqualificazione dell’area. La società si impegnò a riassumere 50 operai entro il mese di aprile del 2016 ed altri 200 entro la fine di quell’anno. Ma ad oggi il processo di rinascita della fabbrica e del polo industriale di Termine Imerese non si è realizzato. Nello stabilimento ex Fiat ci sono un centinaio di lavoratori impiegati esclusivamente in piani di formazione. 
L'inchiesta della Procura di Termini Imerese ha per oggetto la prima tranche del finanziamento di 21 milioni di euro che l'azienda ha ricevuto da Invitalia (l’agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa partecipata al 100% dal ministero dell'Economia). I magistrati ipotizzano che i soldi percepiti dalla Newco non siano stati utilizzati per il risanamento dell'azienda e per la riapertura della fabbrica. Gli amministratori della Blutec, dopo l’incontro tenutosi al Mise il 4 ottobre scorso, si era impegnati a restituire il finanziamento (in sei rate trimestrali) e, nello stesso tempo, a riproporre un piano industriale alternativo. Propositi che non hanno impedito l'emissione dei provvedimenti restrittivi e del sequestro patrimoniale.
Insomma, dopo oltre sette anni di tira e molla siamo ancora al punto di partenza. Tutto ciò crea forti preoccupazioni tra i lavoratori ed i sindacati. La Fiom, che nel 2015 espresse forte perplessità sul piano di reindustrializzazione proposto da Blutec, ha chiesto al Governo la ricerca di investitori che siano in grado di realizzare un piano di rioccupazione dei lavoratori. Ma finora nulla di concreto è stato realizzato o prospettato. Al Sud, lo Stato non investe, le aziende private delocalizzano, le infrastrutture sono fatiscenti e le opportunità di iniziare un'attività economica sono pochissime. In questa situazione di degrado e di sottosviluppo ai meridionali non resta che emigrare o vivere di assistenza. 





domenica 17 febbraio 2019


Si scrive autonomia regionale, ma si legge ‘secessione’

Quando Umberto Bossi fondò la Lega l’obiettivo si chiamava secessione, oggi lo stesso partito guidato da Matteo Salvini invoca l’autonomia, ma la sostanza è sempre la stessa: arricchire ancora di più il Nord

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da economia.rai.it
I governatori delle Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna, le regioni più ricche d’Italia, hanno chiesto maggiore autonomia legislativa, vale a dire più poteri così come stabilisce il comma 3 dell’art. 116 della Costituzione italiana: ‘… Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata’.
Le materie oggetto della possibile ‘autonomia’ sono tante, per introdurle basterà una legge ordinaria, cioè non sarà necessaria la modifica della Costituzione. In particolare, esse si riferiscono alla giustizia, all’istruzione, all’ambiente, all’ecosistema ed ai beni culturali (secondo comma dell’articolo 117). Mentre quelle del terzo comma dello stesso articolo riguardano la cosiddetta legislazione concorrente che stabilisce:’… alle Regioni spetta la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato’. Essa riguarda ‘I rapporti con l’Ue, commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione; professioni; ricerca scientifica e tecnologica; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale’.
Se l’intesa diventerà legge, la disgregazione dello Stato nazionale sarà nei fatti, si scriverà autonomia, ma si leggerà ‘secessione’. Dopo che le tre regioni del Nord, che producono circa metà del Pil nazionale, hanno sottoscritto il 28 febbraio del 2018 accordi preliminari con il governo, anche le altre si stanno attivando. Piemonte, Liguria, Toscana, Marche e Umbria hanno conferito il mandato per avviare negoziati con il governo. Mentre la Campania, il Lazio, il Molise, la Puglia e la Calabria hanno mosso passi informali per l’autonomia. Non hanno fatto richieste l’Abruzzo e la Basilicata e, ovviamente, le regioni a statuto speciale, cioè Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, nonché le province autonome di Bolzano e Trento.
L’obiettivo che perseguono i ‘Padani’ è, nello stesso tempo, politico ed economico. Dopo il perseguimento del decentramento amministrativo, realizzato con il cosiddetto federalismo fiscale, i governatori delle regioni del Nord ora vogliono di più, vogliono l’autonomia legislativa su materie fondamentali, vogliono il pieno controllo delle risorse fiscali che esse versano ogni anno allo Stato. E poco importa se il Sud, già abbandonato a se stesso, rischia di essere affondato definitivamente.
La botte piena e la moglie ubriaca’, è questo il fine ultimo, è la sublimazione del leghismo. E’ la secessione senza la secessione e, per certi aspetti, è qualcosa di più, è la fine dell’Unità del Paese senza cambiare la forma di Stato. Rimarremo formalmente tutti italiani, ma avremo cittadini di serie A e cittadini di serie B. E’ un processo che aumenta le diseguaglianze’, ha dichiarato il nuovo segretario della Cgil, Maurizio Landini. Ed ancora: ‘Se le bozze si trasformano in legge è come se si avesse tanti Stati all’interno di uno stesso Stato, e quindi è come se lo Stato non esistesse più’.  
Infine, non è inutile ricordare che la modifica degli articoli 116 e 117 della Costituzione italiana è stata voluta nel 2001 dal Centrosinistra. La lezione che se ne deduce è chiara: quando la Sinistra insegue le politiche della Destra (es. federalismo fiscale) i risultati sono disastrosi per il Paese, almeno per una parte di esso. Ma i dirigenti nazionali che hanno avallato quelle politiche avranno imparato qualcosa? I dubbi sono più che legittimi.
Fonte senato.it

sabato 24 novembre 2018

Ponzia Postumina assassinata dopo una notte ‘d’amore e collera’


Maltrattamenti, sopraffazioni, violenze e uccisioni delle donne non sono un’esclusiva della società moderna, ma si sono sempre verificati nel corso della storia, ecco un esempio avvenuto nel 58 d.C., al tempo di Nerone 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Della vita di Ponzia Postumina non si conosce nulla se non la tragica morte avvenuta per mano del suo amante. Lo storico Tacito in un capitolo degli Annales ci racconta la vicenda d’amore tra Ponzia Postumina e Ottavio Sagitta, senatore e tribuno della plebe. Un rapporto inteso ed ‘ossessivo ‘ al limite di una ‘pulsione distruttiva’.
La donna stanca di quell’uomo violento, cercò di chiudere la relazione. Ma Ottavio dopo una ‘notte che passo in litigi, preghiere, rimproveri, scuse e, in parte effusioni, ad un tratto, quasi fuori di sé, infiammato dalla passione, trafisse col ferro la donna che nulla sospettava’. Il tribuno fu arrestato e condannato per il vile assassinio. Ma gli fu risparmiata la vita e finì in esilio nell’isola di Ponza.
Questa tragica vicenda è simile a tante altre ed ancora oggi essa si ripete con crudele continuità. Dall’inizio dell’anno le vittime di femminicidio sono già state novantaquattro, mentre gli atti di violenza denunciate dalle donne sono state quasi cinquantamila.  
Troppo spesso mariti o compagni considerano la loro donna come ‘cosa propria’ ed in alcuni casi essi arrivano al punto di attribuirsi il ‘diritto’ di deciderne la vita o la morte.Questi ‘ominicchi’ confondono l’amore con il possesso e considerano l’affetto ricevuto non come un atto che deve essere riconosciuto e ribadito ogni giorno, ma come un sentimento esclusivo dato per sempre. E’ un atteggiamento infantile, che denota insicurezza ed immaturità e che, a volte, sfocia nella violenza e nel crimine.
E’ un fatto culturale. E non può essere una giustificazione l’indissolubilità del matrimonio sancita dal cristianesimo. L’amore può non essere per sempre. Ed in ogni caso la donna ha, come l’uomo, il diritto di innamorarsi di nuovo o, semplicemente, di chiudere una relazione. E’ nella natura umana dare e ricevere amore e nessuno può decidere quando e dove questo può avvenire.
Ma, purtroppo, fino a quando gli uomini non accetteranno il carattere di reciprocità di questo diritto, i femminicidi continueranno.

giovedì 12 luglio 2018


La Juventus pagherà a Cristiano Ronaldo 84.931,51 euro al giorno

L’Usb dello stabilimento Fca di Melfi ha indetto uno sciopero per esprimere la sua disapprovazione per l’acquisto di Cristiano Ronaldo che costerà alla Juventus oltre 350 milioni di euro

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Maradona e Cristiano Ronaldo
117 milioni di euro è il costo che la società di calcio torinese dovrà sostenere per acquistare il ‘cartellino’ di Cristiano Ronaldo. 100 milioni di euro andranno al Real Madrid, 5 milioni di euro serviranno per pagare il contributo di solidarietà previsto dalla Fifa ed i restanti 12 milioni di euro sono la commissione per il procuratore Jorge Mendes.
Al calciatore andranno 124 milioni di euro netti per quattro anni. Per essere più chiari, a Cristiano Ronaldo sarà corrisposta un’indennità netta di 84.931,51 euro al giorno. Da questo importo sono esclusi tutti i guadagni che il campione portoghese percepirà sfruttando la sua immagine. La società bianconera dovrà sostenere anche oneri e tasse relativi all’ingaggio, pertanto la cifra complessiva dell’operazione finanziaria sarà quasi il doppio dell’indennità netta percepita dal calciatore (circa 248 milioni di euro).
L’acquisto di CR7 è di certo un capolavoro dal punto di vista mediatico e sportivo, ma è una scommessa da quello finanziario. La Juventus vuole vincere la Champions League e l’ex merengue è l’attaccante più prolifico che c’è al mondo in questo momento. Ma questo basta a giustificare l'esborso di ingenti risorse finanziare da parte di Fca?
Lo scorso anno la società bianconera ha acquistato Higuain per 100 milioni di euro e, negli anni Ottanta, acquisti simili sono stati fatti dal Napoli per Maradona e dall’Udinese per Zico. Tutte transazioni finanziare eccezionali che rivelano le enormi disuguaglianze generate dal ‘giocattolo del pallone’, che altro non è che la sublimazione del sistema economico capitalista.
Per questo motivo l’acquisto del campione portoghese è ’inaccettabile, mentre ai lavoratori di Fca e Cnh l’azienda continua a chiedere da anni enormi sacrifici a livello economico’. Con questa motivazione l’Unione sindacale di base (Usb) dello stabilimento Fca di Melfi, ha indetto uno sciopero. L’astensione dal lavoro, si legge nel comunicato, avverrà dalle 22 di domenica 15 luglio fino alle 6 di martedì 17.  
L’adesione sarà alta? Di certo non vi parteciperanno i tifosi della Juventus, almeno quelli più convinti, ma non importa, quello che conta è che c’è ancora qualcuno che s’indigna di fronte ad una palese ingiustizia e lotta per ridurre il divario economico tra le classi sociali.
Fonte: Reuters e gazzetta.it

 

giovedì 27 luglio 2017

‘Il capotreno si è inventato tutto’, ma la sicurezza sui treni è inesistente


L’aggressione subita il 19 luglio scorso dal capotreno Davide Feltri è falsa, ma nonostante questa incredibile vicenda viaggiare in treno non è affatto sicuro

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Davide Feltri (foto dal suo profilo facebook)
‘Si è inventato tutto, la vicenda va letta come segnale di esasperazione per la situazione che stanno vivendo’, ha spiegato il procuratore della Repubblica di Lodi Domenico Chiaro. Il capotreno, Davide Feltri, quarantacinque anni, autore della simulazione si è giustificato dicendo che pochi giorni prima aveva avuto un litigio con un ghanese di venticinque anni e per questo temeva di subire un’aggressione. ‘Mi sono vendicato di una lite avuta il giorno prima con quella persona, mi aveva minacciato di morte se lo avessi ancora disturbato per chiedergli il biglietto’, è stata la spiegazione data agli investigatori. Anche di questo alterco, però, non ci sono certezze. Di sicuro il giorno della presunta aggressione con il capotreno non c’era nessuno.  
Il fatto sarebbe avvenuto il 19 luglio scorso sul treno Piacenza - Milano Greco Pirelli. Per simulare l’aggressione il capotreno si era accoltellato una mano e, successivamente, aveva identificato il presunto autore. La notizia, dopo i fatti del controllore aggredito con il machete da una banda di latinos, aveva creato enorme allarme tra i dipendenti di Trenord che avevano proclamato uno sciopero per chiedere più protezione. L’adesione era stata altissima. Ora, Davide Feltri, sarà accusato di interruzione di pubblico servizio, calunnia e simulazione di reato.
Nonostante questa incredibile vicenda, resta il fatto che viaggiare in treno non è affatto sicuro. I controlli della polizia ferroviaria sono praticamente inesistenti, soprattutto nelle tratte periferiche e nelle stazioni dei piccoli paesi che spesso sono deserte. Ma dei pendolari e dei controllori dei treni che devono viaggiare o lavorare in queste condizioni non interessa a nessuno.


giovedì 6 luglio 2017

Weekend infuocato con l’arrivo dell’anticiclone Caronte


Nei prossimi due giorni ritornerà il caldo ‘africano’, con temperature oltre i 38 gradi in quasi tutte le regioni italiane

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Mappa da blognotizie.com
Una bassa pressione atlantica sul Portogallo sta favorendo l’arrivo sulle coste italiane dell’anticiclone africano Caronte.L’aria umida e calda che sta investendo le nostre regioni viene direttamente dal deserto del Sahara. Per domani sole ovunque e temperature in salita che potranno raggiungere i 38/40 gradi nella giornata di sabato. In Emilia Romagna, nel sud del Veneto, della Lombardia e della Sardegna, nelle zone interne delle Marche, della Puglia, della Sicilia e della Basilicata  meridionale si potranno registrare anche 40 gradi.
Domenica la situazione migliorerà nelle regioni settentrionali. L’anticiclone anche se indebolito continuerà a produrre i suoi effetti soprattutto nel Sud Italia, dove, sia lunedì che martedì, rimarrà il bel tempo ed il clima sarà molto caldo con temperature vicine a 35 gradi. Temporali in arrivo solo sui rilievi alpini e localmente sulle alte pianure e sul Nordest.


mercoledì 31 agosto 2016

Dalle rovine del terremoto di Amatrice sta emergendo la solita 'furbizia italica'


Le conseguenze di un terremoto come quello che si è verificato il 24 di agosto nel Centro Italia non si possono impedire, ma certamente si sarebbero potute limitare se i finanziamenti stanziati per il miglioramento antisismico fossero stati spesi tutti e senza inutili sprechi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La Chiiesa di San Pietro e Lorenzi ad Accumoli
dopo il terremoto - ( foto da tg24.sky.it)
Dopo i terremoti dell’Umbria del 1997 e dell’Aquila del 2009 sono stati stanziati 84 milioni di euro per la ricostruzione degli edifici danneggiati della provincia di Rieti. A queste risorse si sono aggiunti altri milioni finanziati dalla Regione e dalla Chiesa. Soldi in parte non ancora spesi. Ora il terremoto di Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara del Tronto testimonia i ritardi e gli sprechi tipici della ‘furbizia’ degli italiani. Ecco alcuni esempi riportati da repubblica.it.
Dopo il terremoto del 1997 lo Stato ha finanziato nella provincia di Rieti la ricostruzione degli edifici danneggiati, tra gli interventi previsti c’era quello della Chiesa di San Pietro e Lorenzi ad Accumoli. Il crollo del campanile di questa chiesa, costruito sopra il tetto di una casa, ha provocato la morte della famiglia Tuccio, padre, madre e due bambini. Il geometra che ha seguito la pratica ha dichiarato: ‘Non è vero che sono stati dirottati soldi per il miglioramento sismico del campanile della chiesa’. In realtà, sostiene il quotidiano romano, il finanziamento per il miglioramento sismico della struttura è stato di 116mila euro. 
Accumoli prima del terrremoto - (foto da lalaga.it)
L’imprenditore che ha svolto i lavori ha detto: ‘Noi non abbiamo fatto niente su quel campanile’. L’appalto per la riparazione ed il miglioramento sismico della chiesa valeva 75mila euro, il resto del finanziamento, 41mila euro, vale a dire circa il 35% del totale, è stato utilizzato per la progettazione. Inoltre l’appalto è stato vinto con un ribasso del 16% e, ha aggiunto l’imprenditore, ‘per il miglioramento sismico erano previsti appena 509 euro. Il progetto imponeva di inserire nella muratura 33 euro di ferro, praticamente una sola barra, e di fare alcuni fori da riempire non con il cemento, ma con la calce’.
Nel 2014 la regione Lazio ha stanziato 611.000 euro per la messa in sicurezza di sei ponti, quelli che avrebbero dovuto garantire la viabilità anche in caso di emergenza. Ebbene quel finanziamento è rimasto nel cassetto perché la provincia di Rieti non aveva i 175.000 euro necessari per cofinanziare il progetto.
Accumoli dopo il terremoto - (foto da giornalettismo.com)
Spesso, nelle gare di appalto, si è verificato un equivoco terminologico tra ‘miglioramento ed adeguamento antisismico’.Molti degli interventi fatti in questi anni hanno ‘migliorato’ ma non adeguato gli edifici per eventuali eventi sismici. La motivazione è stata la mancanza di risorse. Così è avvenuto per la scuola di Capranica (200mila euro), per la Chiesa di Santa Maria Liberatrice (250mila euro), per il Teatro di Amatrice (400mila euro), per la Torre Civica di Accumoli (90mila euro), per la Chiesa di Sant’Angelo (260mila euro).
Inoltre, molti finanziamenti sono ancora oggi inutilizzati per le lungaggini burocratiche. Ecco cosa ha dichiarato il deputato del Partito democratico Fabio Melilli sub-commissario per  la provincia di Rieti dopo il terremoto dell’Umbria: ‘Per dare il via alla gara di appalto servivano le autorizzazione del Genio civile, del Comune e della Sovrintendenza. Una volta avute il progetto andava in commissione dove c’erano gli stessi rappresentanti del Genio civile, del Comune e della Sovrintendenza.’
Se tutto questo non fosse vero ci sarebbe da ridere, ma purtroppo l’Italia e gli italiani siamo fatti così, crediamo di essere scaltri, ma in realtà siamo solo ‘furbi’ e, spesso, incompetenti, per non dire altro.

mercoledì 25 novembre 2015

Un lavoratore su tre si ammala di lunedì, record in Lombardia


L’Inps ha diffuso i dati sui permessi per malattia emessi nel 2014, rilevando una ‘frequenza massima il lunedì’ e più certificati nel privato in Lombardia e nel Lazio per la Pubblica amministrazione

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Secondo i dati diffusi dall’Inps i certificati medici emessi nel 2014 sono stati 11.494.805 nel settore privato con una diminuzione rispetto all’anno precedente del 3,2%, mentre in quello pubblico sono stati 6.031.362, con un lieve incremento dello 0,8%. ‘La distribuzione del numero degli eventi malattia del 2014 è simile per entrambi i comparti, con frequenza massima il lunedì: 2.576.808 eventi per il settore privato e 1.325.187 per la Pubblica amministrazione, pari rispettivamente al 30,2% e al 27,2% del totale’, a sostenerlo, in una nota, è l’Istituto di previdenza. E’ assai probabile che il lavoratore che si ammala sabato o domenica attenda il lunedì per far partire il primo giorno di malattia. 
Nel primo trimestre di ogni anno il numero dei certificati trasmessi è di poco superiore al 30% del totale, mentre questa percentuale scende nel terzo trimestre quando, ad esempio nel 2014, è stata del 18,5% per il settore privato e del 14,8% per la Pubblica amministrazione. Più frequentinel settore pubblico le malattie delle donne (69%), nel privato sono invece quelle dei maschi (56,1%). La durata media è di 2-3 giorni. A guidare la classifica regionaledelle assenze sul lavoro è la Lombardia, con il 22% del totale, seguita dal Veneto, dall’Emilia Romagna e dal Lazio con poco più del 10%. Per la sola Pubblica amministrazione al primo posto c’è il Lazio con il 14,4%. Insomma, ci si ammala di più il lunedì, nella prima parte dell’anno e nelle regioni del Nord-ovest.


martedì 10 novembre 2015

‘Mucca pazza’: deceduta ex infermiera di Acquedolci


Dopo un’estenuante battaglia contro la malattia è deceduta la 48enne di Acquedolci, Benedetta Carroccio

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Benedetta Carroccio
L’ex infermiera dell’ospedale di Sant’Agata Militello ha lottato contro il ‘morbo della mucca pazza’ per 18 mesi. La malattia si era palesata nel maggio del 2014. Benedetta Carroccio, le cui condizioni si erano aggravate rapidamente, aveva bisogno di assistenza continua.
Il marito della donna, di fronte al mancatoriconoscimento dell’indennizzo che il ministero della Salute prevede per i soggetti colpiti da questa patologia, aveva intrapreso contro l’Asp 5 di Messina un’azione legale presso il tribunale di Patti.
Il rifiuto dell’Asp sarebbe stato determinato dalla diagnosi fatta dall’Istituto Superiore della Sanità che ha classificato il caso come malattia di ‘Creutzfeldt – Jakob sporadica probabile’ e non come ‘variante acclarata del morbo della mucca pazza’, non rientrante, quindi, tra quelle suscettibili d’indennizzo. La sindrome, secondo l’Istituto Superiore della Sanità, è rilevabile in modo certo solo con un esame autoptico.
La morte di Benedetta Carroccio ha suscitato dolore e cordoglio in tutta la comunità di Acquedolci e tra i colleghi dell’ospedale di Sant’Agata Militello.


venerdì 30 ottobre 2015

In arrivo l’Estate di San Martino


Ancora due giorni di tempo instabile, poi con l’inizio della nuova settimana tornerà il bel tempo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Foto da meteoam.it del 30 ottobre 2015
Il ciclone che in questi ultimi due giorni ha causato maltempo nel Nordest e nel Centro Italia si sposterà sulle regioni del Sud e provocherà tempo instabile soprattutto sulle coste ioniche di Basilicata, Puglia e Calabria.
Sabato maltempo intenso con forti temporali e con probabili alluvioni sulla Sicilia orientale e sulla Calabria ionica, accompagnati da forti venti di Levante che sulle coste raggiungeranno anche gli 80 km/h. Bel tempo sulle regioni dell’Italia centrale e settentrionale.
Domenica pericolo di alluvione e di bombe d’acqua sul Catanese e sul Siracusano, ma le piogge saranno intense in tutta la Sicilia orientale.
Da lunedì l’Estate di san Martino si estenderà su quasi tutto il territorio nazionale, con cielo sereno e temperature oltre i 20 gradi al Sud.
Martedì continuerà il bel tempo su quasi tutte le regioni, probabilità di piogge soltanto in Sardegna e nella giornata di mercoledì su Liguria, Toscana e Lazio, altrove sarà bel tempo con cielo sereno e temperature che si manterranno intorno ai 20 gradi.  


sabato 17 ottobre 2015

Agenas: nei nostri ospedali mancano medici ed infermieri, ma abbondano gli 'amministrativi'


L’analisi sui bilanci degli ospedali italiani fatta dall’Agenas ha evidenziato un deficit di 915 milioni di euro, la maggior parte delle perdite è stata registrata nei nosocomi del Lazio, del Piemonte, della Toscana, della Sardegna e della Calabria

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Azienda ospedaliera Cannizzaro - Catania
L’Agenzia per i servizi sanitari regionali ha analizzato i bilancio degli ospedali di 14 regioni, tutte le più importanti tranne Veneto ed Emilia Romagna. Le strutture con i deficit di bilancio più consistenti sono 29 e tutti insieme totalizzano una perdita di 915 milioni di euro. Di questi nove grandi ospedali si trovano nel Lazio, quattro in Toscana, altrettanti in Piemonte e Calabria, due in Liguria, uno ciascuno nelle Marche, in Sardegna e in Campania.
In questa classifica gli ospedali delle regioni meridionali sono tra i più virtuosi, fanno eccezione la Calabria e la Sardegna che registrano rispettivamente una perdita di 40,537 milioni di euro e di 55,790 milioni di euro.Il deficit più alto si registra invece negli ospedali del Lazio, che da soli hanno generato una perdita di 707 milioni di euro.
Azienda ospadaliera S. Camillo - Roma
Per capire le ragioni del disavanzo l’Agenzia ha messo a confronto quattro ospedali. Il San Camillo di Roma che ha subito una perdita di 158 milioni di euro e gli Ospedali Riuniti di Ancona che invece hanno chiuso in leggero attivo. Le due strutture hanno un numero di posti letto simili, circa mille, ma mentre gli addetti nel primo sono 4.148, nel secondo sono 3.461. Inoltre gli 'amministrativi' nell’ospedale laziale sono il doppio della media e le spese correnti che ha dovuto sostenere nel corso dell’ultimo esercizio raggiungono gli 80 milioni di euro, mentre in quello di Ancona sono state ‘appena’ 45 milioni di euro. Secondo l’Agenas la ragione principale di questa differenza è che a Roma la maggior parte dei contratti per i servizi ospedalieri sono stati stipulati senza fare gare d’appalto e questo ha determinato un notevole ed ingiustificato incremento dei costi.
L’Agenzia ha poi messo a confronto gli ospedali di Cosenza ed il Cannizzaro di Catania. Il primo ha fatto registrare un deficit di 8,5 milioni di euro, mentre il secondo è in leggero attivo. Anche in questo caso il numero di dipendenti 'amministrativi' del nosocomio cosentino è nettamente superiore rispetto a quello catanese.
Insomma, nei nostri ospedali se da un lato mancano infermieri e medici, dall’altro abbondano gli ‘amministrativi’ e nello stesso tempo si ‘esagera’ con le spese correnti, specie quando queste sono affidate ai terzi senza fare gare d’appalto. 
Ora, il governo intende porre rimedio a queste ‘incongruenze’ e nella legge di stabilità interviene imponendo ai direttori generali dei nosocomi l’obbligo di presentare un piano di rientro in tre anni, che sarà successivamente monitorato dallo stesso ministero della Salute e se il risanamento non si verificherà decadranno.


mercoledì 14 ottobre 2015

Regione Lombardia: Sanità criminale o attacco politico?


Matteo Salvini difende la Giunta della regione Lombardia e definisce come ‘attacco politico’ le accuse di corruzione nei confronti del vice di Roberto Maroni e dell’assessore leghista Garavaglia  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Mario Mantovani, Roberto Maroni e Massimo Garavaglia
“La giunta Maroni rischia? Ma figurati, perché qualche giudice si è alzato male?”.Così, stamane, ha risposto ad una domanda postagli durante la trasmissione ‘La telefonata’ su Canale 5 il leader leghista Matteo Salvino. Ed ha definito l’indagine della magistratura milanese come: “un attacco politico alla Regione meglio governata d’Italia magari per nascondere i problemi del Pd e le cene di Marino e Renzi. Sapete perché è stato indagato anche un assessore della Lega? Perché ha ascoltato, ha girato una lettera di protesta arrivata da un’associazione di volontariato che gestisce il servizio di ambulanze per i malati dializzati. Mi autodenuncio: anche io giro lettere e telefonate di decine di associazioni di volontariato”.
Matteo Salvini
Il leader leghista tenta di minimizzare le accuse di corruzione, concussione e turbativa d’asta nei confronti di Mario Mantovani, vicepresidente della Giunta Regionale lombarda ed ex senatore, ex sottosegretario alle Infrastrutture, ex sindaco di Arcorate ed ex coordinatore regionale del Pdl. Il vice di Roberto Maroni, definito da Silvio Berlusconi ‘una persona corretta’, per il magistrato “ha una spiccata capacità criminale” ed “ una propensione alla violazione delle regole”.
Coinvolto nell’indagine anche l’assessore leghista all’Economia, Massimo Garavaglia. Secondo il gip Stefania Pepe, Mantovani avrebbe truccato insieme all’esponente leghista la gara bandita da un pool di tre Asl “per l’affidamento del servizio di trasporto di soggetti nefropatici sottoposti a un trattamento dialitico”. L’obiettivo degli indagati sarebbe stato quello di voler mantenere la gestione alle associazioni di sempre.


lunedì 12 ottobre 2015

Presi i presunti killer di Cocò Campolongo, ennesima vittima innocente della criminalità organizzata


Il bambino di appena tre anni è stato ucciso e bruciato in un’auto insieme al nonno e alla sua compagna

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Cocò Campolongo
Era il 16 gennaio del 2014quando i due presunti assassini hanno ucciso e bruciato in un'auto a Cassano allo Ionio Cocò Campolongo. Il piccolo era insieme al nonno, il vero obiettivo dei killer, e alla sua compagna, entrambi uccisi nell’agguato.  
Stamane i carabinieri del Rose del comando provinciale di Cosenza hanno eseguito gli arresti su richiesta della procura distrettuale antimafia di Catanzaro. I due indagati, di cui ancora non si conosce il nome, sono accusati del triplice omicidio di Giuseppe Iannelli, 52 anni, della sua compagna Ibtissam Touss, 27 anni e del piccolo Cocò Campolongo di appena tre anni. I loro cadaveri sono stati trovati carbonizzati all’interno di un’autovettura. Evidentemente i killer, dopo averli uccisi a colpi di pistola, tentarono di cancellare ogni traccia del loro reato bruciando i corpi delle vittime.
Papa Francesco, in occasione dell’Angelus pregò per Cocò e si rivolse agli assassini con queste parole: “Chi ha ucciso un bambino così piccolo con accanimento senza precedenti nella storia della criminalità, si penta e si converta”.
I carabinieri del Comando di Cosenza, illustrando la dinamica dell’agguato, hanno riferito che il nonno di Cocò portava il nipote sempre con sé, lo scopo era di dissuadere i suoi nemici dal compiere agguati nei suoi confronti.
Insomma, il piccolo Campolongo è stato usato come ‘scudo protettivo’ dal nonno, ora è l’ennesima vittima innocente di una criminalità che non si ferma neanche davanti ad un bimbo di tre anni. Al Sud si muore anche così, e non bastano le parole di cordoglio e di rammarico delle Istituzioni, la lotta alle Mafie deve essere una priorità sempre e non solo nelle occasioni più eclatanti.


domenica 4 ottobre 2015

Quanti sprechi con la Brebemi e la Teem


Due autostrade costate miliardi e sostanzialmente inutilizzate, succede in Lombardia, nel profondo Nord 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

L'inaugurazione della Brebemi
L’autostrada che collega Brescia con Bergamo e Milano, la cosiddetta Brebemi, è costata circa 2,4 miliardi di euro, vale a dire tre volte l’importo preventivato di 800 milioni di euro. Il nuovo collegamento è stato realizzato per decongestionare il traffico sull’autostrada ‘Serenissima’ A4, ma dopo quasi un anno di apertura si sta trasformando in un flop finanziario di proporzioni gigantesche. Secondo i dati forniti dall’Aiscat, l’Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori, nel mese di giugno sono transitate 13.205 mezzi al giorno. Il break even previsto dagli investitori della Brebemi è invece di 60 mila transiti giornalieri. Il pareggio di bilancio doveva essere garantito dai pedaggi, ma ad oggi il raggiungimento di questo risultato è assai lontano perché gli introiti sono nettamente inferiori alle attese.
Un tratto dell'autostrada
Lo stesso vale per la Teem, Tangenziale est esterna di Milano, costata oltre 2,2 miliardi di euro. In quest’autostrada nel mese di giugno sono transitate 16.667 mezzi giornalieri, al di sotto di quanto preventivato.
Il problema principale, in entrambi i casi, è il costo elevato del pedaggio. Percorrere la Brebemi e la Teem, volute fortemente dal Governo e dalla Regione Lombardia, costa troppo.
Un tratto della Brebemi
Non solo, inizialmente doveva trattarsi di un affare solo privato, senza cioè costi per le casse pubbliche. Ma così non è stato. Con la legge finanziaria del 2014 sono stati stanziati 260 milioni di euro, mentre altri 60 sono stati concessi dalla Regione guidata da Roberto Maroni. In aggiunta, per consentite ai privati di rientrare dei capitali investiti, è stata prorogata la concessione fino a 25 anni e mezzo ed alla scadenza passerà allo Stato in cambio di 1.205 milioni di euro. Altri 330 milioni di contributi pubblici sono stati concessi per la Teem.
I vertici della società hanno risposto alle critiche fornendo cifre diverse sul traffico e sui contributi pubblici erogati e si dichiarino ottimisti sulla sostenibilità finanziaria ed economica del progetto.
Insomma, un’opera realizzata dai privati ma con concessioni, garanzie e soprattutto fondi pubblici e la cui utilità e sostenibilità economica e finanziaria è ancora tutta da dimostrare e raggiungere. E dire che non siamo nel profondo Sud, ma nel cuore dell’economia italiana.


lunedì 28 settembre 2015

Ciclone in arrivo sul Mediterraneo tra giovedì e venerdì


Nei prossimi giorni tempo instabile, ma con l'arrivo di un ciclone sul Mediterraneo ci sarà un deciso peggioramento nella giornata di giovedì 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto dal satellite di lunedì 28 settembre 2015 (da meteoam.it)
Inizio della settimana con tempo variabile con venti freschi che affluiranno da Nordest su tutto il Mediterraneo.
Martedì piogge sparse soprattutto tra la Sicilia e la Calabria, dove saranno possibili rovesci e temporali. Tempo soleggiato nel Nordovest e sulle regioni tirreniche. Temperature minime in diminuzione. Venti deboli, mari poco mossi.
Mercoledì si avvicinerà sull’Italia un ciclone che determinerà un graduale peggioramento del tempo, dapprima in Sardegna e Sicilia orientale, poi si estenderà al resto del Sud e nella giornata di giovedì anche nel Nordovest. I venti gireranno di Scirocco sul basso Tirreno e sullo Ionio.
Giovedì temporali frequenti e piogge insistenti con possibili temporali ed alluvioni su molte regioni, in particolare nelle due isole maggiori e in Calabria.
Venerdì maltempo su gran parte d’Italia. Temperature in diminuzione. Temporaneo miglioramento delle condizioni atmosferiche solo nella seconda parte della giornata di Sabato, ma solo nelle regioni meridionali, mentre continueranno le condizioni d’instabilità al settentrione. Tempo variabiledomenica con cielo nuvoloso in tutto il paese ma con possibilità di piogge di lieve intensità al Centro e nel Nordest.

venerdì 18 settembre 2015

Roma: ancora una chiusura dei siti archeologici per assemblea sindacale


Stamane i siti archeologici più importanti della Capitale hanno ritardato l’apertura per assemblea sindacale

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Foto ansa.it
‘S’informano i signori visitatori che l’area archeologica del Palatino – Foro Romano chiuderà dalle ore 8,30 alle ore 11,30 per assemblea’. L’avviso riporta la stessa scritta in inglese per informare i visitatori che i due siti archeologici rimarranno chiusi per assemblea sindacale. La ritardata apertura ha riguardato anche le Terme di Diocleziano e Ostia Antica, a comunicarlo è stata la Sovrintendenza archeologica. In una nota riportata dall’agenzia Ansa il Garante per gli scioperi Roberto Alesse così ha commentato la notizia : “La chiusura ai visitatori dei principali siti archeologici della Capitale questa mattina, motivata da un’assemblea sindacale (peraltro regolarmente convocata), porta, ancora una volta, alla ribalta l’urgenza di ricomprendere la fruizione dei beni culturali tra i servizi pubblici essenziali”.
Il coordinatore nazionale della Uil Beni Culturali, Enzo Feliciani, ha dichiarato: “Le assemblee sindacali di questa mattina non si sono svolte solo a Roma, ma in diverse parti di Italia, a Firenze per esempio hanno ritardato l’apertura tutti i musei di Palazzo Pitti. I problemi sono di livello nazionale”.
In particolare i sindacati lamentano "il salario accessorio che non viene versato da nove mesi, la riforma del ministero sulla riorganizzazione delle sovrintendenze che ha generato il caos, il personale insufficiente a garantire la funzionalità dei vari istituti e la non chiarezza delle competenze: ci è stato attribuito un organico totalmente insufficiente e stiamo chiedendo assunzione di personale che manca dappertutto".


domenica 13 settembre 2015

In arrivo una nuova ondata di caldo africano sul Sud Italia


Da martedì torna il caldo, in particolare nelle regioni meridionali, dove i venti sciroccali determineranno un notevole aumento della temperatura

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Mappa termica - Temperatura al suolo
prevista alle ore 12 del 15-09.2015
(a cura di 3bmeteo,com)
La prossima settimana tornerà il caldo in tutta Italia. Un anticiclone africano in espansione verso il Mediterraneo porterà tempo soleggiato con temperature oltre i trentatrè gradi nelle regioni meridionali.
Una perturbazione atlantica sta attraversando il Nord del paese e nella giornata di lunedì porterà maltempo nelle regioni settentrionali e nel nord della Toscana, dove saranno possibili temporali localmente molto forti.
Martedì il tempo cambierà, un promontorio di alta pressione di origine africana si espanderà verso l’Italia. Sul Sud-Ovest le temperature sono previste in aumento e nella giornata dimercoledì supereranno i trenta gradi con punte oltre i trentacinque sulle zone interne e sulle isole maggiori.  I venti saranno in prevalenza da Sud, i mari saranno mossi, almeno fino a venerdì prossimo.
Insomma, da martedì e per tutta la settimana, tornerà l’estate al Centro-Sud con temperature al di sopra della media stagionale, mentre il clima sarà soleggiato ma settembrino al Nord.

lunedì 7 settembre 2015

Allerta meteo in Sicilia e Sardegna


In arrivo su Sicilia e Sardegna tempo instabile e rovesci soprattutto nelle giornate di martedì e mercoledì

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto meteoam.it
Una circolazione di area instabile sta interessando le isole maggiori, dove saranno possibili rovesci e temporali, particolarmente intensi nella giornata di martedì in Sicilia e sul Sud-est della Sardegna. Sul resto del Paese prevale invece il tempo soleggiato.
Nella giornata di mercoledìl’area di depressione si estenderà tra il basso Tirreno e le isole maggiori. S’intensificheranno i temporali nelle due isole maggiori e riguarderanno anche la Calabria, ma durante la notte i fenomeni si estenderanno su tutto il Sud mentre l’anticiclone Bacco continuerà a proteggere il Centro ed il Nord del Paese.
Il maltempo nelle regioni meridionali continuerà anche nella giornata di giovedì, in particolare in Puglia e Calabria ionica.
Le condizioni atmosferiche miglioreranno durante la serata e soprattutto venerdìquando la pressione tornerà ad aumentare anche al Sud, ma non sono escluse piogge residue. 
Clima settembrino per il fine settimana su tutto il Paese con la sola eccezione del Nord-Ovest dove il tempo sarà instabile.


sabato 5 settembre 2015

Confessano gli assassini di Anatolij Korol


I due assassini di Anatolij Korol, l’ucraino che ha sventato una rapina a Castello di Cisterna, hanno confessato

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Anatolij Korol
Ad uccidere il migrante ucraino Anatolij Korolsarebbero stati Marco Di Lorenzo e Gianluca Ianuale, fratellastri, figli del boss Ianuale, attualmente detenuto per associazione camorristica, droga ed omicidio. I due giovani, sottoposti a fermo come indiziati per la morte di Korol, avrebbero confessato il delitto.
Sabato scorso il migrante ucraino aveva tentato di sventare una rapina in un supermercato. Ma durante la colluttazione con i due malviventi è stato colpito a morte con due colpi di pistola. I tentativi di rianimarlo fatti dai commessi e dai clienti del punta vendita erano stati inutili.
“Siamo poveri - ha detto agli inquirenti Marco Di Lorenzo - i nostri mobili a casa sono vuoti come quelli esposti in un mobilificio. Quel signore (Anatolij) mi stringeva la gola con le mani, mi sono sentito oppresso e ho provato a colpirlo con una penna, che poi s’è spezzata”. A quel punto è intervenuto Gianluca. Gli ha preso la pistola dalle mani ed ha fatto fuoco. “Credevo di averlo colpito solo alle gambe”.
La moglie di Anatolij dopo aver saputo dell’arresto ha dichiarato: “Ringrazio le forze dell’ordine e in particolare i carabinieri di Castello di Cisterna che mi sono sempre stati vicini in questi giorni tragici”. 

martedì 1 settembre 2015

#Romasonoio: Alessandro Gassmann mantiene la promessa e pulisce le strade


Nel mese di luglio Alessandro Gassmann aveva invitato i romani a darsi da fare, oggi ha mantenuto la parola pulendo il vialetto davanti alla sua abitazione

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto dal profilo Twitter di Alessandro Gassmann
‘#romasonoio un’ora e dieci di lavoro e il vicoletto quasi brilla. Settimana prox attacco la scritta in terra!’ ha twittato Alessandro Gassmann ed ancora: ‘Allora guano escluso, le cicche sono state le nemiche N1… non si scollano dal sampietrino’. E dopo aver finito di pulire: ‘ora che ho fatto il mio lavoretto, farò in modo che resti così! Occhio che sono grosso!!!’
Il 26 luglio scorso l’attore aveva lanciato l’hashtag #Romasonoio ed aveva incitato i romani a darsi da fare con il tweet: ‘Roma sono io. Armiamoci di scopa, raccoglitore e busta per la monnezza e ripuliamo ognuno il proprio angoletto della città. Roma è nostra io da settembre, appena in città, proporrò al mio condominio di dividerci i compiti, e scendo in strada, voglio vederla pulita. Diffondete questa iniziativa, fatelo anche voi, basta lamentarsi, basta insulti, FACCIAMO!”. Oggi la promessa è stata mantenuta.
Infine ha lanciato un’esortazione all’amministrazione capitolina: ’Ora aspettiamo i nuovi 300 spazzini annunciati dal Comune’.


domenica 30 agosto 2015




Migrante ucraino ucciso nel napoletano mentre tenta di sventare una rapina al supermercato

Anatolij Korov, così si chiamava il 38enne ucraino che è stato ucciso nel tentativo di sventare una rapina

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Castello di Cisterna - (foto leggo.it)
Residente a Castello di Cisterna, nel napoletano, Anatolij Korov si era recato al supermercato per fare la spesa con la più piccola dei suoi tre figli.
L’uomo stava uscendo dal supermarket quando ha notato i criminali giunti a bordo di una moto nera ed immediatamente ha lasciato il carrello e la figlia fuori dal punto vendita per tentare di bloccare i malviventi.
L’ucraino si è avventato su uno dei rapinatori che stava minacciando con una pistola la cassiera intimandogli di consegnargli l’incasso. Nella colluttazione i malviventi hanno esploso alcuni colpi di pistola colpendo Korov al petto e ad una gamba.
Inutili sono stati i tentativi di aiutare l’immigrato fatti dal personale e dai clienti del supermercato. Quando i carabinieri sono giunti sul posto era già morto.
La vittima viveva a Castello di Cisterna da diversi anni ed aveva un regolare permesso di soggiorno. Tutti in paese lo ricordano come ‘un gran lavoratore’ anche se non aveva una mansione fissa. 

sabato 22 agosto 2015

Caldo africano in arrivo per fine agosto


Un anticiclone africano si espanderà sul Mediterraneo a partire da lunedì e porterà tempo stabile e temperature in aumento oltre i trenta gradi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Tempo instabile nel Nord del Paese fino a martedì prossimo, poi tornerà il caldo africano.
Sabato soleggiato tranne qualche sporadica pioggia sulle Alpi e sullo Stretto di Messina. Domenica un fronte instabile giungerà nel Nord Italia e provocherà temporali e piogge soprattutto in Piemonte e Toscana. Il maltempo sulle regioni settentrionali continuerà anche nella giornata successiva. Martedì la perturbazione si sposterà verso Est e questo determinerà un miglioramento delle condizioni climatiche anche nel Nord del Paese.
Al Sud invece a partire da lunedì la pressione atmosferica tornerà ad aumenterà. Un promontorio anticiclonico di origine africana si espanderà sul Mediterraneo portando una nuova ondata di caldo. Il tempo si manterrà stabile e le temperature oltrepasseranno i trenta gradi.
Insomma se il mese di luglio è stato il più caldo dal 1880, anche l’ultima settimana di agosto sarà particolarmente mite.

domenica 9 agosto 2015

Ferragosto sotto la pioggia?


Il Ferragosto sarà con molta probabilità compromesso dal maltempo e dall’instabilità atmosferica

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Tempo molto nuvoloso al Centro-Nord con precipitazioni diffuse a carattere temporalesco, variabile con possibili rovesci pomeridiani al Sud.Temperature in calo. E’ questa la previsione per la vigilia ed il giorno di Ferragosto fatta dall’Aeronautica militare. 
Secondo il Servizio Analisi e Previsioni del CNMCA (Centro Nazionale di Meteorologia e Climatologia Aeronautica) la prossima settimana sarà caratterizzata dall’attenuazione della pressione atmosferica che determinerà una situazione d’instabilità dell’aria con la conseguente possibilità del verificarsi di piovaschi pomeridiani sui rilievi, in particolare sul settore tirrenico e la Sicilia. Le temperature rimarranno stabili, anzi nel Settentrione si manterranno più alte della media stagionale.
Tra lunedì e mercoledì prossimi assisteremo ad un peggioramento del clima, soprattutto nel Centro-Nord, ma la possibilità di precipitazione riguarderà anche il Sud e la Sicilia orientale.
L’instabilità dei prossimi giorni si protrarrà anche per il fine settimana e per una delle feste più attese dagli italiani, il Ferragosto.

mercoledì 29 luglio 2015

I giorni della salamandra


La massa d’aria calda proveniente dal deserto dell’Algeria determinerà nei prossimi giorni temperature in aumento ed un caldo torrido soprattutto nelle regioni meridionali

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Nei prossimi giorni le temperature supereranno i +40 gradi nelle regioni meridionali. Saranno, come sono stati definiti dai meteorologi, i giorni della salamandra.
Un campo di alta pressione posizionato nell'Italia centro - meridionale sta favorendo condizioni di tempo soleggiato e caldo afoso che determinerà un ulteriore incremento delle temperature nel fine settimana.
La massa d’aria molto secca e polverosa proveniente dal deserto roccioso dell’Algeria orientale invaderà il Sud ed in particolare la Sicilia, la Calabria, la Puglia e la Sardegna meridionale.
Nella giornata di venerdì, con lo spostamento verso levante della depressione e con l’avvento nei bassi strati di una ventilazione più occidentale tenderà a surriscaldare ulteriormente l’aria nella Sicilia orientale e questo potrà far schizzare le temperature oltre i +40°C, fino a picchi di 44°C nelle zone più interne dell’ennese, del nisseno, del catanese e del siracusano.
Non si raggiungeranno i +48,5°C registrati nel lontano agosto del 1999 attorno a Catenuova nella provincia di Catania, ma l’ondata di caldo che si prospetta nei prossimi giorni sarà di certo rovente. 

domenica 26 luglio 2015

#Romasonoio, con questo hashtag l’attore Alessandro Gasmann esorta i romani a darsi da fare


L’attore Alessandro Gasmann ha lanciato attraverso il suo profilo Twitter una proposta-appello ai romani affinché la smettano di lamentarsi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Alessandro Gasmann
L’attore Alessandro Gasmanndi fronte al degrado ed al caos che in questi giorni si registra nella Capitale ha lanciato su Twitter un appello ai romani per esortarli a darsi da fare ed a smetterla di lamentarsi.
Ecco il messaggio: ”Noi romani dovremmo metterci una maglietta con su scritto ‘ Roma sono io’, armarci di scopa, raccoglitore e busta per la mondezza, e ripulire ognuno il proprio angoletto di città. Roma è nostra da settembre scendo in strada anch’io, voglio vederla pulita. Diffondente questa notizia, fatelo anche voi. Basta lamentarsi, basta insulti, FACCIAMO!”.
Il tweet è diventato subito un tormentone con decine di migliaia di condivisioni e di commenti di romani e non solo che si sono dichiarati entusiasti, ma non mancano coloro che esprimono dissenso e dubbi sulla fattibilità dell’iniziativa.  


lunedì 20 luglio 2015


Samantha Cristoforetti nominata Cavaliere di Gran Croce

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha nominato l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea e capitano dell’Aeronautica Militare Italiana, Samantha Cristoforetti, cavaliere di Gran Croce  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Sergio Mattarella e Samantha Cristofretti
“Capitano Cristoforetti lei è stata seguita con affetto e ammirazione da tutti gli italiani”. Con queste parole il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha consegnato questa mattina a Samantha Cristoforetti l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine ‘Al Merito della Repubblica Italiana’.
Sergio Mattarella e Samantha Cristoforetti
All’incontro erano presentiil Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Gen. S.A. Pasquale Preziosa, il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston e il Capo dell’Ufficio di coordinamento del direttorato del volo umano e operazioni dell’Agenzia Spaziale Europea, Elena Grifoni Winters.
L’astronauta italiana, protagonista della missione “Futura” dell’ASI, è rientrata a Terra lo scorso 11 giugno, dopo 200 giorni trascorsi nello spazio a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. La sua permanenza ha battuto il record di presenza nello spazio in un singolo volo di una donna e astronauta europea. 

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