SPORT

 

venerdì 19 gennaio 2024

Prendi i soldi e scappa

Salma Al-Shehab, madre di due figli, attivista per i diritti delle donne è stata condannata a quasi trent’anni di carcere solo per aver scritto dei tweet. Tutto questo succede in Arabia Saudita, dove si sta svolgendo il minitorneo della Supercoppa italiana

di Giovanni Pulvino

Una fase della partita Napoli- Fiorentina,
a destra Salma Al-Shehab

Anche quest’anno il minitorneo della Supercoppa  italiana si svolge all’estero. La sede scelta dalla Lega è stata l’Arabia Saudita. La motivazione non è sportiva, ma economica.

Una volta questa manifestazione si giocava in pieno agosto, cioè ad inizio stagione. Adesso invece per motivi economici si disputa in pieno inverno ed all’estero. È stata assegnata agli Usa, alla Cina, al Qatar e negli ultimi tre anni all’Arabia Saudita. In precedenza, le squadre finaliste incassavano 3,5 milioni a testa, la Lega 500mila euro. Con il nuovo accordo il montepremi è triplicato.

1,6 milioni alle semifinaliste perdenti, 5 milioni alla finalista perdente, 8 milioni alla vincitrice e 6,8 milioni alla Lega calcio.

Siamo al trionfo dello sportwashing. Dopo aver preso calciatori e allenatori come un collezionista di figurine, il regno saudita esibisce quattro squadre italiane. Il calcio italiano tace sui diritti umani e incassa’, ha commentato Luca Musumeci, presidente di Sport for Society.

La situazione in Arabia Saudita è estremamente negativa. Negli ultimi otto anni, da quando il principe della Corona bin Salman è diventato l’uomo forte del regno, ci sono state oltre 1250 impiccagioni; tutti i difensori dei diritti umani sono in carcere e vengono emesse regolarmente condanne a decenni di carcere anche solo per aver scritto un post su una piattaforma social’, ha sottolineato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

Il giornalista, scrittore e presidente del premio Sport e diritti umani (istituito da Amnesty International e Sport for Society) Riccardo Cucchi ha dichiarato: ‘Il calcio non può rinunciare ai valori, vendere la passione dei tifosi e sé stesso, in cambio di soldi. Se lo fa minaccia la sua stessa identità di sport per trasformarsi in strumento di un processo di cancellazione della realtà. Una realtà che, in Arabia Saudita, è violazione dei diritti umani, violenza e totalitarismo’.

Fonti: amnesty.it money.it

lunedì 28 agosto 2023

Roberto Mancini: ‘Ora è arrivato il tempo di fare la storia con l’Arabia’

Roberto Mancini, un altro super ricco che abbandona il Paese da cui ha avuto tutto: soldi, potere, fama

di Giovanni Pulvino

Roberto Mancini - (foto da open.it

I dissidi sullo staff, il rapporto personale logorato, le incomprensioni con la Federazione. Non era vero niente. Era solo una questione di soldi. Un altro super ricco che abbandona il Paese da cui ha avuto tutto: soldi, potere, fama. È lo fa per arricchirsi ancora di più. Non c’è limite all’ingordigia.

Roberto Mancini, ex calciatore ed ex Commissario tecnico ha firmato un contratto triennale da 25 milioni di euro netti a stagione per guidare la nazionale di calcio dell’Arabia Saudita. In quella italiana ne prendeva 4,5 milioni all’anno. Ora è il tecnico di una nazionale più pagato al mondo.

Poteva dare le dimissioni perché quella araba era un'occasione irrinunciabile, invece no, mentre  aveva già deciso di lasciare gli azzurri ha recitato la parte della vittima. 

Con la pantomima che ha messo in scena ha mancato di rispetto alla Federazione che, nonostante la mancata qualificazione ai mondiali del Qatar 2022, gli aveva rinnovato il contratto. Si sente una prima donna che può fare e disfare tutto a piacimento. Durante la pandemia attaccò il Governo PD/M5S perché tenevano gli stadi chiusi.

Ora, dove sono finiti il suo attaccamento ed il suo patriottismo?

Dopo aver vinto gli Europei ed aver mancato i mondiali del Qatar lascia la Nazionale a pochi giorni da due importanti partite per le qualificazioni agli Europei del 2024.

Chi risarcirà la Federazione?

Le società di club ricevono milioni di euro per rinunciare ai loro calciatori ingaggiati dai club sauditi, ma chi pagherà la Nazionale italiana? La Federazione agisca, tuteli i suoi interessi e lo faccia in ogni sede.

E Roberto Mancini prima di volare in Arabia Saudita saldi il debito di riconoscenza verso il calcio italiano e non straparli dicendo ‘ho fatto la storia in Europa, adesso è il momento di farla qui’.

giovedì 5 gennaio 2023

Cristiano Ronaldo guadagnerà 547.945,205 euro al giorno

Nel mondo del calcio non ci sono limiti alla decenza, il contratto faraonico firmato da Cristiano Ronaldo è uno schiaffo morale a quanti vivono in povertà o che devono sudarsi un salario appena sufficiente per una esistenza dignitosa

di Giovanni Pulvino

Cristiano Ronaldo - (foto da wikipedia.org)

Cristiano Ronaldo ha firmato un contratto faraonico con il club saudita l’Al Nassr. Dopo la delusione dei mondiali di calcio del Qatar, dove spesso è rimasto in panchina, il fuoriclasse portoghese si è consolato con l’ingaggio di una squadra che è piena di soldi ma povera di campioni.

200 milioni di euro a stagione fino al 2025. Il calciatore ex Juventus percepirà 16.666.666,70 di euro al mese, 547.945,20 euro al giorno, 45.662,10 euro ogni ora, 761,04 al minuto e 12,68 euro al secondo. Tutto per giocare a pallone. 

Non solo. Altri 500 milioni li guadagnerà per fare da testimonial dell’Arabia Saudita per l'assegnazione dei Mondiali 2030 con Egitto e Grecia. 100 milioni di euro all’anno solo per fare rappresentanza.

Tutto questo senza considerare le sponsorizzazioni ed eventuali consulenze.

Dopo aver letto questa notizia chissà cosa avranno pensano le madri che non sanno come sfamare i loro figli o i padri che devono lavorare tutto il giorno per guadagnare, si fa per dire, pochi euro. E chissà come avranno reagito i braccianti che si spaccano la schiena a raccogliere i pomodori nei campi della puglia o gli operai che rischiano la salute nelle acciaierie dell’Ilva di Taranto. O come avranno imprecato le centinaia di lavoratori di Almaviva che devono continuamente elemosinare la stabilità del loro lavoro e che vivono con l’ansia della cassa integrazione o della disoccupazione. O come avranno inveito contro il sistema i tanti giovani laureati costretti a fare lavori precari e non corrispondenti agli studi fatti e che probabilmente saranno costretti ad emigrare …

È un mondo ingiusto. Dovrebbe farci indignare, invece in tanti ritengono che queste diseguaglianze siano inevitabili. E che la povertà e la precarietà siano colpe individuali e non conseguenze del sistema economico. E che, pertanto, sia giusto che chi sa dare due calci ad un pallone debba vivere come un nababbo e chi invece è nato nel posto sbagliato o non ha capacità 'adeguate' deve vivere in miseria.

Le differenze sociali ci sono sempre state, è vero, ma quel che indigna è la rassegnazione e l’indifferenza dei tanti che potrebbero lottare per ridurle o eliminarle eppure non lo fanno.

Fino a quando accetteranno con indifferenza le regole di un sistema economico iniquo ed ingiusto? Cos’altro dovrà succedere per ribellarsi?

giovedì 22 dicembre 2022

La Juventus rischia di nuovo la serie B?

La Juventus è una società abituata a vincere, che dispone di notevoli risorse economiche, ma come ha fatto a ritrovarsi in una situazione patrimoniale, giudiziaria e sportiva così precaria? Ecco alcune ipotesi

di Giovanni Pulvino

I bianconeri della stagione 2016-2017 festeggiano
festeggiano il loro 33º scudetto - (foto da it.wikipedia.org)

Lo scorso anno la Juventus, società di calcio quotata in Borsa, ha effettuato un ingente aumento di capitale per far fronte alle perdite di bilancio ed ai debiti accumulati negli ultimi anni. In tutto la richiesta al mercato è stata di 400 milioni di euro, il 63,8% dei quali sottoscritti dalla società ‘Exor’, ‘cassa’ della famiglia Agnelli.

Ora ai problemi patrimoniali si sono aggiunti quelli giudiziari. Le accuse oggetto dell’indagine della procura di Torino sono gravi: scambio fittizio di calciatori e plusvalenze 'farlocche'. È bene precisare che questo è un ‘modus operandi’ frequente nel mondo del calcio. Nel caso della Juventus esse si sommano con una gestione amministrativa farraginosa ed ai limiti della legalità.

Le dimissioni di tutto il Consiglio di amministrazione sono la diretta conseguenza di queste indagini. Ora la società rischia pesanti sanzioni penali, finanziarie e sportive. Non è escluso neanche un declassamento di categoria così come avvenne nel 2006 per le conseguenze di ‘Calciopoli’. Allora ai bianconeri fu revocato lo scudetto 2004/2005 e la non assegnazione di quello 2005/2006.

Alla luce di questi ultimi sviluppi si comprende anche l’insistenza dell’ex presidente Andrea Agnelli nel voler creare la Superlega, una competizione che avrebbe garantito ingenti risorse finanziare solo ai club più prestigiosi come la Juventus.

Una società abituata a vincere, che dispone di notevoli risorse economiche come ha fatto a ritrovarsi in una situazione patrimoniale e sportiva così precaria?

Si calcola che le perdite acquisite negli ultimi anni siano oltre 600 milioni di euro.

Nel 2018 l'acquisto di Cristiano Ronaldo fu accolto dai mercati finanziari con entusiasmo. In Borsa la quotazione del titolo quintuplicò in pochi giorni. Allora non si tenne conto dell’aumento dei costi e dello squilibrio finanziario che avrebbe provocato negli anni successivi.

Quell’operazione è stata un capolavoro dal punto di vista mediatico, ma anche una scommessa ‘persa’ da quello finanziario. Voler vincere la Champions League a tutti i costi, tra l’altro senza riuscirci, non è stato un buon affare per le casse della società. 

Per raggiugere quell’obiettivo il club torinese aveva acquistato nel 2016 il centravanti argentino Gonzalo Gerardo Higuain per 90 milioni di euro e nel 2019 il cartellino del giovane difensore olandese Matthijs de Ligt per 75 milioni di euro. Tutte transazioni finanziare eccezionali ed ingiustificate che rivelano le enormi disuguaglianze generate dal ‘giocattolo del pallone’, che altro non è che la sublimazione del sistema economico capitalista.

Gli acquisti di questi calciatori sono stati eticamente inaccettabili. Ora veniamo a sapere delle presunte plusvalenze per coprire i buchi di bilancio.

Un manager che combina tutti questi guai all’azienda che dirige sarebbe licenziato su due piedi, ma questo non è bastato alla proprietà della Juventus.

Il punto è che il sistema capitalistico non opera in base alla meritocrazia, ma si fonda sui privilegi acquisiti o ereditati. Del resto, cosa volete che siano 400 milioni di euro per chi ha un patrimonio miliardario?


sabato 19 novembre 2022

I Mondiali della ‘vergogna’

6.500 sarebbero i morti imputabili ai lavori per la costruzione degli impianti della ventiduesima edizione dei Mondiali di calcio che domani inizieranno in Qatar

di Giovanni Pulvino

Foto da cardsofqatar.com

Negli anni Settanta e Ottanta collezionare le figurine Panini era un’abitudine di tanti bambini e non solo. Era uno sfizio che non tutti si potevano permettere. ‘Sprecare’ i pochi denari guadagnati con i sacrifici dei genitori non era concesso a tutti. In tanti ci limitavamo a guardare la raccolta fatto con pazienza e tanti sacrifici da un amico. Per molti di noi era l’unico modo per conoscere i volti dei giocatori della Serie A e delle altre categorie minori. Per risparmiare si scambiavano i doppioni, ma la figurina di Pizzaballa era introvabile.

Quelle che sono state pubblicate ‘provocatoriamente’ da thegardian.com pochi giorni fa raffigurano invece i tanti, troppi lavoratori che hanno perso la vita per costruire gli stadi, le strade e tutto quanto è legato alla manifestazione sportiva che domani inizierà in Qatar.

Sulle figurine di Card of Qatar ci sono i volti dei migranti con la bandiera del loro Paese e un numero che non è quello della maglia, ma l’età che avevano quando sono morti.

Secondo il quotidiano britannico sarebbero circa 6.500, cioè sono 12 ogni settimana, i morti imputabili ai lavori per la costruzione degli impianti iniziati nel 2010.

Si tratta di emigranti economici provenienti dal Nepal, dall’India, dal Bangladesh e dallo Sri Lanka.

Un’opportunità di lavoro si è trasformata per tanti in una tragedia, la stessa che ogni giorno colpisce decine di lavoratori in tutto il mondo. Vite perse al solo scopo di arricchire imprenditori avidi e senza scrupoli.

Nei prossimi giorni miliardi di individui resteranno incollati a guardare per ore sugli schermi di tivvù ultrapiatte e in quattro k i lustrini e le meraviglie architettoniche costruite sulla pelle della povera gente. I campioni del calcio, strapagati e milionari, calpesteranno l’erba dove sono deceduti decine di lavoratori giunti fin lì perché costretti dal bisogno e dalla fame.

Ancora una volta la miseria è stata utilizzata per l’arricchimento di pochi.

Gli altri, i tanti, vedremo uno spettacolo macchiato dal sangue e, di certo, saranno in pochi coloro che, anche tra i lavoratori, spegneranno il televisore.

Fonte theguardian.com

mercoledì 1 dicembre 2021

La crisi finanziaria della Juventus non è casuale

Un manager che non sa dirigere l’azienda di cui è amministratore dovrebbe essere licenziato su due piedi, ma queste motivazioni non bastano alla proprietà della Juventus, chissà perché

di Giovanni Pulvino

Pavel Nedved e Andrea Agnelli
(foto da torinonews24.it)

La Juventus ha in corso un ingente aumento di capitale. La somma richiesta al mercato finanziario ed 'in primis' agli azionisti della società è di circa 400 milioni di euro. I ripetuti deficit di bilancio e il continuo incremento di debiti accumulati negli ultimi anni hanno reso inevitabile questa operazione di rifinanziamento. 255 milioni di euro, cioè il 63,8% del totale, saranno versati dalla società Exor, 'cassa' della famiglia Agnelli, il resto dai risparmiatori.

In questi giorni ai problemi patrimoniali si sono aggiunti quelli giudiziari. Le accuse oggetto dell’indagine della procura di Torino sono gravi. Scambio fittizio di calciatori e plusvalenze 'farlocche' sono un ‘modus operandi’ frequente nel mondo del calcio. In questo caso esse si sommano con una gestione amministrativa farraginosa ed ai limiti della legalità. 

Alla luce di questi sviluppi si comprende anche l’insistenza del presidente Andrea Agnelli nel voler creare la Superlega, una competizione che avrebbe garantito ingenti risorse finanziare solo ai club più prestigiosi come la Juventus.

Una società abituata a vincere, che dispone di notevoli risorse economiche come ha fatto a ritrovarsi in una situazione patrimoniale e sportiva così precaria?

Nel 2018 l'acquistò di Cristiano Ronaldo fu accolto dai mercati con entusiasmo. In Borsa la quotazione del titolo quintuplicò in pochi giorni. Allora non si tenne conto dell’aumento dei costi e dello squilibrio finanziario che quell’operazione avrebbe provocato negli anni successivi.

117 milioni di euro è stato l’esborso che la Juventus ha dovuto sostenere per acquistare il ‘cartellino’ del campione portoghese. 100 milioni di euro sono andati al Real Madrid, 5 milioni di euro per pagare il contributo di solidarietà previsto dalla Fifa ed i restanti 12 milioni di euro sono stati utilizzati per la commissione al procuratore Jorge Mendes. Al calciatore sono andati 124 milioni di euro netti per quattro anni. Per essere più chiari, a Cristiano Ronaldo è stata corrisposta un’indennità netta di 84.931,51 euro al giorno. La società bianconera ha dovuto sostenere anche oneri e tasse relativi all’ingaggio; pertanto, la cifra complessiva dell’operazione è stata quasi il doppio dell’indennità netta percepita dal calciatore (circa 248 milioni di euro).

L’acquisto di CR7 è stato un capolavoro dal punto di vista mediatico, ma è stata una scommessa ‘persa’ da quello finanziario. Voler vincere la Champions League a tutti i costi, tra l’altro senza riuscirci, non è stato un buon affare per le casse della società.  

Per raggiugere quell’obiettivo il club torinese aveva acquistato nel 2016 il centravanti argentino Gonzalo Gerardo Higuain per 90 milioni di euro e nel 2019 il cartellino del giovane difensore olandese Matthijs de Ligt per 75 milioni di euro. Tutte transazioni finanziare eccezionali ed ingiustificate che rivelano le enormi disuguaglianze generate dal ‘giocattolo del pallone’, che altro non è che la sublimazione del sistema economico capitalista.

Gli acquisti di questi calciatori sono stati eticamente inaccettabili, ma lo sono ancora di più oggi se consideriamo le perdite ed i debiti accumulati. Ora veniamo a sapere delle presunte plusvalenze per coprire i buchi di bilancio.

Un manager che combina tutti questi guai all’azienda che dirige sarebbe licenziato su due piedi, ma questo non basta alla proprietà della Juventus, chissà perché.

Il punto è che il sistema capitalistico non opera in base alla meritocrazia, ma si fonda sui privilegi acquisiti o ereditati. Del resto cosa volete che siano 400 milioni di euro per chi ha ereditato un patrimonio miliardario?

Fonte REDNEWS

sabato 21 agosto 2021

Calcio e Tv, la Rai esclusa da tutto

Una volta per guardare i gol della domenica dovevi sintonizzarti su un canale della Rai, oggi puoi vederli in diretta, ma solo sulle emittenti private e, in gran parte, a pagamento

di Giovanni Pulvino

Il calcio è lo sport degli italiani. Una volta potevi guardare i gol e le sintesi solo sui canali della Rai. Novantesimo minuto, la Domenica sportiva, le dirette della Coppa Italia e di tanti altri eventi internazionali e non solo.

Con l’arrivo delle emittenti private è cambiato tutto.

L’azienda pubblica è un colosso per numero di dipendenti e per costi di produzione, ma è la cenerentola nella trasmissione di eventi sportivi in diretta, che, come si sa, sono i principali catalizzatori di telespettatori ed introiti pubblicitari. In più è l’unica a cui siamo obbligati a pagare il canone.

Alla Rai rimangono solo le partite della Nazionale e ci mancherebbe altro. Ma non sono più una sua esclusiva. Questi eventi si possono vedere anche sulle emittenti private.

Si dice che è troppo oneroso acquistare i diritti degli eventi sportivi, ma Mediaset, che non ha il canone, come fa a sostenere i costi di trasmissione in chiaro della Coppa Italia e di una partita a settimane della Champions LeaguePerché l'azienda pubblica si autoesclude da questo mercato?

Gli sportivi che vorranno vedere in Tv o sulla Rete il campionato italiano e le principali competizioni europee dovranno pagare i colossi del satellite ed ora anche del web. 

La stagione 2021/22 rappresenta una vera rivoluzione per televisione ed internet.

Dopo diciotto anni Sky (satellite) trasmetterà in co-esclusiva solo tre partite a giornata del campionato di Serie A. I tifosi potranno vedere tutti gli incontri solo in streaming (web) su Dazn. L’azienda britannica ha stipulato un accordo di partnership con Tim Vision, la Tv internet della Tim. Il campionato di Serie B andrà in diretta, oltre che su Dazn e Sky, anche sulla piattaforma web di Helbiz, azienda italo-americana di monopattini elettrici.

Mediaset ha acquistato 121 su 137 match della Champions League. 17 di queste e la finale saranno trasmesse in chiaro da Canale 5, le altre a pagamento su Infinity. Con Prime Video anche Amazon trasmetterà sulla Rete sedici gare del mercoledì sera di Champions, ovviamente saranno a pagamento.

I campionati esteri andranno in onda sui canali di Sky, Dazn e Tim Vision, mentre Mediaset si è assicurata l’esclusiva della Coppa Italia.

E la Rai? Nulla, a parte il chiacchiericcio dei tanti giornalisti ed opinionisti. Ormai l'azienda pubblica è un colosso dai piedi d’argilla. Tutte le volte che un amministratore delegato un tantino rigoroso tenta di ristrutturare i palinsesti per ridurne i costi, arrivano gli stop dei politici che invocano la libertà di stampa. 

Se non si rompe il legame tra partiti ed azienda la rinuncia ad acquistare i diritti degli eventi sportivi continuerà ad essere una scelta inevitabile.

Chi non ha fatto l’abbonamento a Sky, ad una delle piattaforme web o non può accedere a questi canali (zone bianche), potrà solo ascoltare la Radio e seguire lo spezzatino di partite su Tutto il calcio minuto per minuto, una delle poche trasmissioni che vale la pena continuare a seguire sui canali dell’azienda pubblica.

domenica 8 agosto 2021

Desalu e Jacobs simboli di un’Italia multietnica

Giovanni Malagò, presidente del Coni: ’Olimpiadi storiche per Italia multietnica e super integrata. Per la prima volta atleti nati in tutti i continenti

di Giovanni Pulvino

Eseosa Fostine Desalu detto Fausto e Filippo Tortu

Quaranta medaglie in 19 discipline con atleti italiani nati in tutti i continenti. È l'Italia più grande di tutti i tempi. Tra i paesi europei e non solo siamo arrivati per ultimi, ma anche noi, adesso, almeno nello sport, siamo multietnici.

La Francia di Kylian Mbappè campione del mondo nel 2018 era una squadra composta da calciatori che per nove undicesimi erano di origini non francesi. Lo stesso si può dire di tante altre compagini e non solo nel calcio.

Negli sport olimpici ci sono molti atleti che hanno cittadinanze diverse da quelle dei loro genitori. Sono oriundi o hanno il doppio passaporto.

Anche i due velocisti che pochi giorni fa ci hanno fatto sognare hanno origini non italiane.

Marcell Jacobs è nato in Texas, ma è cresciuto in Italia. Eseosa Fostine Desalu detto Fausto è nato nel nostro Paese, ma è diventato cittadino italiano solo a diciotto anni, nel 2012. Il suo italiano è migliore di quello di tanti nostri connazionali. La mamma immigrata nigeriana è una lavoratrice. Fa la badante e non si vergogna di questo. Una donna umile, che vive con dignità in un paese che solo ora sta acquisendo la consapevolezza di essere una comunità multietnica.

La naturalezza con cui si esprimono questi campioni dimostra che sono in tutto e per tutto italianiCon buona pace di chi ancora oggi, nell’anno 2021, continua a parlare di razze e confini da difendere.

Sono figli di immigrati. Sono cittadini del mondo. Sono italiani, ‘and basta’.

domenica 11 luglio 2021

11 luglio 1982, 11 luglio 2021, la storia si ripete

39 anni fa la Nazionale di calcio guidata da Enzo Bearzot vinceva la Coppa del mondo. Oggi 11 luglio 2021 la storia si ripete, siamo Campioni d’Europa  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Le Nazionali di calcio del 1982 e del 2021















Rossi, Tardelli, Oriali, Antognoni, Zoff, Gentile, Scirea, Cabrini, Bergomi, Conti, Collovati, Altobelli, Graziani, Causio. Questi furono i calciatori che nel 1982 vinsero per l’Italia la quarta coppa Rimet. La differenza allora la fece Pablito con i suoi gol. Quella squadra veniva da lontano, dal mondiale in Argentina e prima ancora da quello fallimentare del 1974. Il grande merito di Enzo Bearzot fu quello di creare un gruppo coeso. Non era solo una squadra di calcio era soprattutto una ‘famiglia’.

Tutti ricordiamo dove eravamo l’11 luglio del 1982. Il rigore sbagliato da Cabrini, il gol di Rossi, l’urlo liberatorio di Tardelli, il gesto di vittoria di Sandro Pertini. Irripetibile.

Donnarumma, Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini, Emerson Palmieri; Barella, Jorginho, Verratti; Chiesa, Immobile, Insigne, Florenzi, Spinazzola, Toloi, Cristante, Locatelli, Pessina, Belotti, Berardi, Bernardeschi. Le nuove regole consentono un numero maggiore di sostituzioni. Pertanto, il ruolo delle cosiddette riserve si è dimostrato decisivo. Il gruppo è stato importante anche in questo torneo, ma lo sono state anche le idee e le decisione prese dal tecnico. Roberto Mancini è stato un grande calciatore, ma sta confermando in Nazionale di essere anche un grande allenatore.

Quello del 1970, del 1978, del 1982, del 1994, del 2006 ed ora del 2021 è il calcio che vorresti sempre, è il gioco preferito dagli italiani e non solo, è quello che bastava un super Santos bucato, due pietre per delimitare le porte e tanta voglia di correre e sudare, nient’altro.

Il Paese in queste occasioni sembra compatto e coeso, ma è solo un momento, dopo i festeggiamenti torneremo alle nostre ‘abitudini’, sempre le stesse. Rimarranno i rimpianti per quello che poteva essere ed invece non è mai.

Momenti unici che diventano memoria collettivavuoto a perdere, come tutto, come niente.

Resteremo in attesa di un altro 11 luglio, nuovo per alcuni, diverso ed irripetibile per altri, 1982, 2021, …, chissà.

giovedì 15 aprile 2021

‘Scusa Ciotti … la Fiorentina è passata in vantaggio …’

Ad un certo punto della radiocronaca irrompeva la voce rauca di Sandro Ciotti: ‘Scusa Ameri, scusa Ameri … la Pistoiese è passata in vantaggio ...

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Schedina del 17/09/1981
da vigevano24.it

La domenica pomeriggio era nostra abitudine seguire le partite di calcio alla radio. Ascoltavamo ‘Tutto il calcio minuto per minuto’. Bastava una radiolina ed era subito condivisione. Allora gli incontri si svolgevano in contemporanea. Alle ore 15.00, puntuale come un orologio svizzero, la sigla della trasmissione annunciava l’inizio delle partite. Dallo studio a coordinare gli interventi dei vari cronisti c’era la voce di Roberto Bortoluzzi.

Gentili ascoltatori buongiorno, stiamo per collegarci con san Siro per Milan-Perugia, con Torino per Torino-Napoli, con Ascoli per Ascoli-Internazionale, con Bergamo per Atalanta-Juventus e con Lecce per Lecce-Pescara. Ai microfoni sono i colleghi Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Claudio Ferretti, Alfredo Provenzali ed Ezio Luzzi. Cominciamo con i primi tempi, la linea a Milano’.

Tra un collegamento e l’altro non mancavano i commenti, ma, di solito, si ascoltava senza parlare. Ognuno di noi poteva immaginare le azioni ed i gol descritti dai commentatori. Non c’erano vincoli alla nostra fantasia se non quelli delle parole usate con grande stile e competenza dai radiocronisti. Ci facevamo un film delle partite. Era come ascoltare una radio in bianco e nero. I nostri ‘replay’ erano pure essi senza colore. Le poche immagini televisive trasmesse in prima serata dalla Rai erano anch’esse in bianco e nero. Solo allora potevamo confrontare quanto avevamo immaginato con quanto era realmente accaduto qualche ora prima sui vari campi di calcio.

Quando si è giovani è bello sognare, non costa nulla, un futuro c’è sempre, poi, più tardi, capisci che così non è. I domani diventano sempre di meno e ti rendi conto che presto non ci saranno più neanche quelli.

Le parole giungevano estemporanee dall’etere, si sapeva che venivano da lontano, ma erano diventate familiari. Erano un appuntamento domenicale a cui nessuno di noi poteva mancare. Durante la settimana c’erano anche le partite della Coppa delle Coppe, della Coppa Uefa o della Coppa dei Campioni, ma si svolgevano di sera e la condivisione non era possibile. Avevano un altro sapore ed un altro colore, sapevano di solitudine e malinconia anche se ti 'immergevi' in una dimensione internazionale. La domenica pomeriggio invece ovunque ci fosse qualcuno con la radio accesa si formava un campanello intento ad ascoltare. Stavamo seduti a Sant’Antoninosul muretto di piazza Marina, in piedi nel cortiletto della scuola elementare o davanti al tabacchino.

Scusa Ciotti … la Fiorentina è passata in vantaggio…’

Uno, ics o due? Nel quadratino della schedina si poteva indicare solo uno dei tre risultati possibili delle tredici partite da pronosticare. Lo facevamo praticamente tutti. Due colonne erano il minimo. Il sistema, invece, ci consentiva di giocare le triple e le doppie. Costava di più, pertanto eravamo costretti a condividere la spesa per giocarlo, era un altro modo di essere comunità. Pochi di noi avevano le disponibilità finanziare o l’intenzione di spendere tanti soldi per giocare da soli.

Ed ora un breve riepilogo dai campi … Roma 1 - Lecce 2, Juventus 3 - Catania 1, … in serie C la Carrarese è passata in vantaggio sulla Cremonese…’

Una volta mancammo un tredici milionario per un nulla. Altre volte facemmo undici o dodici, quel poco che ci fruttarono lo utilizzammo per le schedine successive. Il difficile era combinare i risultati più probabili con le ‘sorprese’, cioè quelli delle partite ‘scontate’ con quelli inverosimili. Spesso capitava di indovinare i primi e non i secondi o viceversa. E poi c’erano gli incontri di Serie C ed a volte di Serie D. Erano squadre sconosciute, il pronostico era difficile da fare. Non tutti erano d’accordo con le triple o le doppie da inserire o con i pronostici da fare, ma si fidavano sempre di chi faceva il sistema o la schedina. Non ho mai capito a cosa fosse dovuta tanta fiducia, ma c’era e ci sarebbe stata sempre. Questo bastava ed incentivava a fare meglio.

Linea a Napoli fino al termine, i colleghi possono interrompere solo per i risultati finali’ ….

Spesso i gol arrivavano in zona cesarini ed erano quelli che decidevano le sorti della schedina. Allo scadere del novantesimo minuto il recupero non era indicato dalla lavagna luminosa, solo l’arbitro sapeva quanto doveva durare. Al termine delle partite restava sempre un po' di delusione, ma non importava. Quello che contava era che alle tre della domenica successiva saremmo stati di nuovo tutti lì a tifare ed a sperare in un gol o in un interruzione da Milano o dal Cibali di Catania che ci raccontasse la buona notizia. E se questo non fosse avvenuto pazienza, ci saremmo rifatti la volta dopo.

‘Bene gentili ascoltatori abbiamo terminato, vi ricordiamo che su Radio 2 andrà in onda la seconda parte di ‘Domenica sport’, assistenza tecnica di ….

Finite le partite ed in attesa delle immagini televisive era tempo dei commenti. Tutti esperti, si sa. In fondo il calcio è un gioco semplice ed è democratico, chiunque poteva dire la sua ed era comunque un giudizio valido. I tifosi eravamo tutti sullo stesso piano, le squadre un po' meno, lì contavano i soldi. Ancora oggi è così, anzi oggi lo è ancora di più. E non ci importava e non ci importa che il Sud anche nello sport era ed è un passo indietro rispetto al resto del Paese. La passione per il calcio non ci faceva e non ci fa ‘vedere’ questa discriminazione economica e sportiva. Lo davamo e lo diamo per scontato, ma, a pensarci bene, era ed è una grande ingiustizia.

Intanto, un’altra domenica pomeriggio era trascorsa. Altra memoria a perdere era nata, inutile ed effimera come tutto, come sempre.

mercoledì 10 febbraio 2021

Quando il calcio è poesia

Il gesto di lealtà sportiva compiuto da Andrea Belotti durante la partita Atalanta -Torino è poesia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Andrea Belotti - (foto dal profilo facebook)

Era il 33° minuto del primo tempo della partita Atalanta -Torino. I bergamaschi erano avanti di tre gol. L’arbitro Fourneau fischia un fallo a Cristiano Romero e lo sanziona con il cartellino giallo. Andrea Belotti, incurante dell’opportunità di calciare una punizione dal limite dell’aria, fa segno all’arbitro che il fallo non c’era e che avrebbe dovuto togliere l’ammonizione al difensore neroazzurro.

Il giudice di gara inizialmente resta fermo nella sua decisione. Poi, di fronte alle insistenze del giocatore del Torino, concorda una punizione con la restituzione della palla agli avversari. Belotti non ci pensa due volte e riconsegna il pallone agli atalantini.

Sarà stato un caso, ma da quel momento l’inerzia della partita è cambiataIl Torino ‘perdente’ torna ad essere il ‘Toro’. Nella ripresa segna tre gol e conquista un punto prezioso per la salvezza. Non possiamo affermare che il comportamento tenuto da Belotti sia stato dirimente, ma di certo fa onore al centravanti della nazionale.

Una condotta che dovrebbe essere la normalità, ma così non è. Spesso i giocatori di calcio, ma in genere gli sportivi, mettono il risultato prima di tutto. Per la maggior parte degli atleti ‘il fine giustifica i mezzi’. È la logica del successo a tutti i costi. Pur di  vincere molti sono disposti a compiere atti di slealtà e scorrettezza. Quante volte abbiamo assistito a scene di simulazione tese a confondere l’operato del giudice di gara ed a contestarlo anche quando aveva ragione.

Comportamenti che si dovrebbero rifiutare, ma purtroppo non è così. Nello sport come nella vita dobbiamo decidere ogni giorno da che parte stare, se agire, cioè, con serietà e nell’interesse comune oppure pensare solo a noi stessi ed essere disposti ad utilizzare qualunque mezzo pur di raggiungere i nostri obiettivi.

Siamo condizionati dal potere e/o dal profitto a tutti costi. Come se la nostra vita dovesse durare per sempre, ma così non è.

I comportamenti sono più importanti del fine, spesso effimero, che vogliamo raggiungere. Ed è per questo che il gesto di lealtà sportiva compiuto da Andrea Belotti è poesia, è il gol più bello che l’attaccante granata potrà mai realizzare ed è quello che resterà nella mente e nei cuori di chi ama il calcio e di chi vive nel rispetto di sé stesso e degli altri.

giovedì 26 novembre 2020

La parabola impossibile della ‘Mano de Dios’

‘Non si può fare’, pensarono i tifosi presenti allo stadio quel giorno, ma quello che per tutti era impossibile, per Diego Armando Maradona era realizzabile

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Napoli - Juventus del 3/11/1985 - Video da youtube.com

Era il 3 novembre del 1985 quando Diego Armando Maradona realizzo un gol impossibile. Quel pomeriggio al San Paolo di Napoli c’era la Juventus, lo stadio era stracolmo di tifosi nonostante piovesse a dirotto. Ad un quarto d’ora dalla fine l’arbitro concesse una punizione a due in area. Diego era ad undici metri dalla porta, la barriera era a quattro metri. ‘No, non si può fare’ pensarono i tifosi, i compagni e gli avversari.

Invece è bastato un attimo. Il piccolo tocco dato alla palla dal compagno, Eraldo Pecci, il calcio di collo pieno ed ecco la parabola perfetta, quella che non ti aspetti. Il pallone scavalca la barriera, vola in cielo, poi ricade dall’alto verso il basso, proprio lì, nell’angolo più lontano, all’incrocio dei pali, dove nulla poteva fare Stefano Tacconi, estremo difensore della Juve di Giovanni Trapattoni che in quel campionato avrebbe vinto l’ennesimo scudetto, e nulla avrebbe potuto fare qualunque altro portiere.

Un gol impossibile, fuori dalla logica calcistica, ma non per Lui, ‘El Pibe de Oro’, il più grande calciatore dell’epoca moderna.

Il 22 giugno del 1986 allo stadio Azteca di Città del Messico, nel quarto di finale del Mondiale contro l’Inghilterra, Maradona ha realizzo un'altra rete che è passata alla storia. Per quel gesto fu soprannominato ‘La mano de Dios’. Quattro anni prima, tra i due Paesi, era scoppiata la Guerra delle Falkland. Quel gol non solo permise all’Argentina di passare il turno e, successivamente, di laurearsi campione del Mondo, ma rappresentò anche una rivincita morale del popolo sudamericano nei confronti di quello anglosassone.

Nella conferenza stampa che segui quella partita, Maradona dichiarò:’ “Un poco con la cabeza de Maradona y otro poco con la mano de Dios” (un po' con la testa di Maradona ed un altro po' con la mano di Dio). Ecco, il campione argentino era così, capace anche di inventarsi un gol fantasma ed a farlo diventare un capolavoro di maestria calcistica. Era pieno di eccessi e capace di provocare emozioni e sentimenti contrastanti. Era un metro e sessantacinque di genialità e sregolatezza. 

Anche la sua vita è stata come una parabola, fatta di alti e bassi, di cadute e di momenti di apoteosi. Cresciuto in un paesino povero del nord dell’Argentina, apparteneva ad una famiglia di umili origini. Aveva due fratelli e cinque sorelle. Spesso, ha raccontato in un celebre documentario sulla sua vita girato del regista Emir Kusturica, non avevamo nulla da mangiare se non quel poco che i genitori, con enormi sacrifici, riuscivano a procurarci. Fin da piccolo erano evidenti le sue doti calcistiche. La sua bravura è emersa subito, quando aveva appena dieci anni. Alla fine degli anni Settanta era già considerato un campione. Il passaggio dalla miseria alla ricchezza ed alla fama è stato rapido. Nel 1982, l’ingaggio record con il quale il Barcellona lo convinse a lasciare il Boca Juniores. Due anni dopo il grave infortunio alla caviglia ed il trasferimento al Napoli. Le sette stagioni vissute nella città del Vesuvio lo hanno consacrato come campione indiscusso del calcio mondiale. Poi, lenta, ma inesorabile, la caduta. La cocaina, il figlio illegittimo, la separazione, le cattive compagnie, le esagerazioni verbali e non solo ed eccessi di ogni genere.

Ma, nonostante una vita 'spericolata', Maradona non ha mai dimenticato le sue umili origini e non ha mai nascosto le sue idee politiche, l’amicizia con Fidel Castro, la sua ammirazione per Che Guevara, il suo risentimento per gli Stati Uniti d’America.

Ha tentato di essere protagonista anche come allenatore. Ma il momento magico era già trascorso. Infine, i problemi di salute ed ora la morte prematura.

Diego Armando Maradona se n’è andato così come è vissuto, con un altro eccesso, ma stavolta è stato l’ultimo, quello che di certo non avrebbe voluto vivere.

Fonte wikipedia.org


venerdì 2 ottobre 2020

Giro d’Italia 2020, in Sicilia le prime quattro tappe

L’accordo stipulato nel 2019 tra la Regione e RCS Sport ha consentito la realizzazione, dopo 42 anni, del Giro di Sicilia ed ha riportato la Corsa Rosa nell’isola, dove si svolgeranno le prime quattro tappe dell'edizione del 2020

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Agrigento (foto da giroditalia.it)

Dopo tanti anni di esclusioni dal percorso del Giro d’Italia, la Sicilia torna ad essere protagonista in una delle Corse a tappe più importanti al mondo. Le prime quattro tappe della 103ª edizione della Corsa rosa si svolgeranno in Sicilia. Per gli isolani sarà un’occasione unica per far conoscere le bellezze paesaggistiche ed architettoniche della loro terra. 

Si comincerà con la Monreale-Palermo. Una cronometro di 15,1 Km. Il percorso prenderà il via dalla magnifica cattedrale di Monreale e percorrerà il centro storico del capoluogo siciliano

Giorno 4 si svolgerà la Alcamo-Agrigento. I 149 km del percorso inizieranno con qualche asperità, poi i corridori percorreranno il litorale occidentale dell’isola dove la strada è quasi tutta pianeggiante. L’arrivo, nel magnifico scenario della valle dei Templi di Agrigento, è di quelli da non perdere.

La terza tappa Enna - Etna è di 150 km. Per molti sarà l’occasione per conoscere le asperità che caratterizzano gran parte del territorio della Sicilia. Sì, perché l’isola non è solo mare e colline, ma anche valli e montagne. Il percorso si snoderà nelle strade interne, per concludersi nello scenario lunare del vulcano più grande d’Europa. Tratto finale per scalatori, con arrivo al Gpm di Linguaglossa - Piano Provenzana.

La quarta tappa siciliana del Giro partirà da Catania e si concluderà a Villafranca Tirrena. 140 Km con un insidioso Gpm a Portella Mandrazzi, ma siamo a metà percorso. Tratto finale pianeggiante ed arrivo in una cittadina che si trova sul litorale tirrenico della Sicilia. 

La Corsa rosa farà per la prima volta il giro dell'isola, attraversandola, inoltre, da sud a nord. Sarà un’occasione per conoscere un’altra Sicilia, quella delle valli e delle montagne. Sarà una novità per molti. Sarà, nonostante i problemi causati dal Covid-19, una festa di sport ed uno scenario perfetto per i campioni del ciclismo internazionale. E di certo, sarà la corsa della vita per il siciliano Vincenzo Nibali e non solo.

Fonte giroditalia.it


giovedì 12 marzo 2020

Andrea Agnelli e l’arroganza del capitalismo italiano

‘I bergamaschi con una grande prestazione sportiva hanno avuto accesso diretto alla Champions. Giusto o meno, penso poi alla Roma, che ha contribuito negli ultimi anni a mantenere il ranking dell'Italia, ha avuto una brutta stagione ed è fuori. Bisogna proteggere gli investimenti’, questo è quanto ha dichiarato nei giorni scorsi Andrea Agnelli

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da tuttosport.com
Per il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, nel calcio non contano i meriti, ma i soldi. Il suo ragionamento è semplice ed arrogante nello stesso tempo: i ‘poveracci’ non devono scalfire il ‘suo potere’ economico e di decisione. Quest’argomentazione è tipica di un individuo che deve la sua ricchezza ad altri. In particolare, al capitale accumulato durante il fascismo da uno dei fondatori della Fiat: Giovanni Agnelli, bisnonno di Andrea. L’azienda automobilistica torinese ha fatto ‘fortuna’ in quegli anni. Successivamente, nel dopoguerra, essa si è affermata in Italia con gli aiuti di Stato che governi di ogni colore politico gli hanno garantito. Situazione che è continuata con l’inizio del nuovo secolo. L’accordo siglato con il presidente degli Usa Barak Obama ha consentito alla famiglia Agnelli l’acquisizione della Chrysler. Oggi è una multinazionale in grado di condizione le scelte di politica economica di diversi governi nazionali.
Altro che libera iniziativa privata, la Fca è un impero economico creato e cresciuto grazie agli aiuti di Stato. Il principio fondante del sistema economico capitalistico dovrebbe essere la meritocrazia, almeno a parole. Tutti sanno, invece, che il sistema non funziona così. Le idee di Andrea Agnelli sul calcio lo dimostrano. La creazione di una Superlega che comprenda solo le squadre che dispongono di maggiori risorse finanziarie, non sorprende. Per il presidente della Juventus non contano le abilità di chi riesce a vincere e primeggiare anche se dispone di risorse limitate. I ‘poveracci’ devono stare al loro posto. Il potere nel calcio e non solo spetta a chi ha i soldi, anche se questi sono stati ereditati e sui quali i ‘fortunati’ non possono vantare alcun merito.



martedì 2 aprile 2019

Dopo 42 anni torna il Giro di Sicilia

L’ultima edizione del Giro di Sicilia si è svolta nel lontano 1977. Dopo 42 anni torna una delle più antiche corse a tappe del ciclismo italiano. La prima edizione risale al 1907, due anni prima dell'inizio del Giro d’Italia
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro di Sicilia 2019 - (Foto da oasport.it)
Il Giro di Sicilia 2019 è il frutto di un accordo tra la Regione e RCS Sport. La Sicilia ospiterà, inoltre, tre tappe del Giro d’Italia 2020 e la partenza della Corsa Rosa nel 2021. Sarà un ritorno in grande stile. Le tappe previste sono quattro. Ecco il percorso. 
Mercoledì 3 aprile la prima tappa: Catania – Milazzo.  Un percorso quasi interamente pianeggiante con passaggio da Taormina e da Messina, poi gran premio della montagna al Colle San Rizzo, km 109,4, infine l’avvicinamento e l’arrivo a Milazzo. 
Foto da strettoweb.it
Giovedì la seconda tappa: Capo d’Orlando – Palermo. E’ la più lunga. Il percorso di 236 km si snoderà lungo il litorale tirrenico dell’isola, ma al bivio per Castelbuono la strada comincerà a salire verso Geraci Siculo, fino al gran premio della montagna posto al km 108, poi la corsa proseguirà tra le valli delle Madonie con passaggio a Petralia Soprana, 'Il Borgo dei borghi 2019'.                                 
Foto da strettoweb.it

Successivamente i corridori, dopo aver attraversato Castellana Sicula, Cerda e Caltavuturo, affronteranno la discesa verso Termini Imerese, dove il gruppo percorrerà la parte pianeggiante della tappa fino a Palermo. 
Foto da strettoweb.it
La terza tappa partirà da Caltanissetta ed arriverà, dopo 188 km, a Ragusa. Un percorso complicato, fatto di salite e discese. La strada diventerà pianeggiante nel tratto verso Vittoria e fino a Comiso. Nel finale i corridori dovranno affrontare la salita di Serra di Burgio, l’ascesa prevede tratti di strada con pendenze del 10%. Poi la discesa con arrivo nel centro di Ragusa. 
Foto da strettoweb.it
La corsa si concluderà sabato 6 aprile con arrivo sull’Etna. La tappa di 119 km è divisa in due parti. Dopo la partenza da Giardini Naxos i corridori dovranno affrontare la prima salita di Mungibello fino ai 1000 metri di Maletto, dove è posto al km 54 il primo gran premio della montagna della tappa. Poi nella seconda parte il gruppo affronterà la discesa verso Belpasso ed infine la salita finale di 20 km sempre verso la cima dell’Etna, in un spettrale e spettacolare ambiente lunare e con un dislivello che nei primi otto chilometri raggiunge il 12%. L’arrivo è previsto al Rifugio Sapienza che si trova a 1.892 metri sul livello del mare.
Fonte oasport.it

domenica 24 febbraio 2019


Anche nello sport il Sud è un ‘fallimento’

La gestione delle società sportive del Meridione è in molti casi inefficiente e gli atleti per praticare la loro disciplina o per affermarsi spesso devono emigrare nei centri sportivi del Centro-nord

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La formazione del Palermo nella stagione 1975/1976
(Foto da wikipedia.org)
Tra gli atleti più famosi che sono stati costretti ad emigrare ci sono Pietro Mennea, l’italiano più veloce di tutti i tempi, e Giuseppe Gibilisco, primatista di salto con l'asta, entrambi sono diventati campioni nei centri sportivi della capitale; Vincenzo Nibali, fuoriclasse del ciclismo, deve la sua crescita sportiva alla militanza nei club della toscana; Toto Schillaci è diventato un calciatore importante solo dopo essere stato tesserato dalla Juventus; e cosi via, la lista è lunga. La mancanza di adeguati centri sportivi ed inefficienza nella programmazione e gestione delle risorse finanziarie ed umane sono probabilmente le cause di questa situazione. A cui occorre aggiungere l’esclusione sistematica dall’organizzazione delle principali manifestazioni internazionali che periodicamente si svolgono nel nostro Paese come le olimpiadi invernali, i campionati mondiali di ciclismo, di calcio, ect.. Gli investimenti pubblici e privati che da questi eventi derivano arricchiscono sempre le stesse aree, ma non il Meridione.
Giuseppe Gibilisco - (foto da wikipedia.org)
La mancanza di risorse adeguate deprime le società sportive. Da questo punto di vista è emblematica la situazione delle squadre di calcio. I club di serie A sono 20, di questi solo due sono meridionali. La predominanza del Centro-nord è assoluta. Quattro sono società dell’Emilia Romagna, tre della Lombardia ed altrettante del Lazio, due, rispettivamente, del Piemonte, della Toscana e della Liguria, una è del Veneto ed un’altra del Friuli Venezia Giulia. Nessuna del Sud, se si escludono Napoli e Cagliari.
I club di calcio di grandi città come Bari, Catania, Messina, Lecce, Catanzaro e Reggio Calabria, sono falliti ed ora partecipano ai campionati di categorie inferiori. Significativa è la situazione del Palermo calcio. E’, per la seconda volta nella sua storia, sull’orlo del default. Il proprietario del club, Maurizio Zamparini, è agli arresti domiciliari. I tentativi di cessione delle quote della società finora non hanno trovato acquirenti credibili ed ora il club rischia il fallimento e, con esso, la retrocessione della squadra nel campionato di Lega Pro. Eppure il presidente friulano ha valorizzato calciatori importanti come Sirigu, Barzagli, Dybala, ect. e gestito risorse finanziarie importanti. La vicenda è per certi aspetti incomprensibile e non c’è neanche la scusante che ad amministrare il clubin questi ultimi anni, siano stati i siciliani.
Stadi fatiscenti, introiti ridotti, gestione finanziaria inadeguata e mancanza di programmazione sono le principali cause di queste situazioni. Anche nello sport come nell’economia il Sud è inefficiente ed è lontano dai mercati e dai centri di potere che contano. Non c’è da meravigliarsi, quindi, di questo ennesimo 'fallimento' anche se i meridionali spesso sono vittime di colpe altrui.

martedì 6 novembre 2018


Il Giro d'Italia dimentica il Sud

Nel percorso del Giro d’Italia 2019 è prevista una sola tappa con arrivo nel Sud Italia, nessuna nelle isole 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro d'Italia 2019
(foto da il lametino.it)
Dopo le ultime due edizioni (2017 e 2018) il percorso della Corsa Rosa torna ad essere un Giro dimezzato, nel senso che si svolgerà quasi esclusivamente nel Centro – Nord Italia.
Nella 102esima edizione, tra arrivi e partenze, saranno interessate 42 località, di queste solo una nel Meridione. Il Giro arriverà o partirà da 21 città del Settentrione e da 20 del Centro (San Marino compresa). L’unico arrivo previsto nelle regioni del Sud è quello di San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia. Saranno toccate 6 regioni del Nord, 4 del Centro, una del Meridione e la Repubblica di San Marino.
Nell'edizione del 2019 gli organizzatori tornano alla 'normalità'. Hanno cioè,  disegnato un percorso ‘tradizionale’, che si snoderà quasi esclusivamente nelle strade delle regioni centro-settentrionali.
Il Giro d’Italia è la seconda manifestazione ciclistica più importante al mondo ed ha, quindi, una notevole risonanza internazionale. Gli interessi che muove non sono solo sportivi, ma  anche economici e sociali. Ed è un mezzo straordinario per far conoscere i nostri borghi e le nostre bellezze artistiche e paesaggistiche. Inoltre, è un'occasione per ‘costringere’ gli enti locali a sistemare strade e ponti.
Le scelte degli organizzatori sono determinate soprattutto da valutazioni di carattere politico. L’esclusione ripetuta nel tempo delle regioni meridionali e delle isole, quindi, non è casuale e non stupisce.

 

lunedì 16 luglio 2018

La Francia campione del mondo è un esempio d'integrazione


‘Non sono cittadino di nessun posto, non ho bisogno di documenti e non ho mai provato un senso di patriottismo per alcun paese, ma sono un patriota dell'umanità nel suo complesso. Io sono un cittadino del mondo’, Charlie Chaplin 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)



La Francia campione del mondo di calcio 2018 

Degli undici titolari della nazionale campione del mondo di calcio 2018 solo tre sono chiaramente di origine francese: Lloris, Pavard e Giroud. Gli altri sono di etnia africana o comunque di colore, cioè sono immigrati di seconda o terza generazione: Varane, Umtiti, Pogba, Kantè, Matuidi, Mbappè. Oppure hanno cognomi non propriamente di etnia transalpina: Hernandez e Griezmann. L’unico che di certo è francese è il selezionatore, già vincitore del trofeo mondiale come calciatore nel 1998, Didier Deschamps.
L’esultanza del presidente della Republique Emmanuel Macron è comprensibile, ma i calciatori della nazionale francese con il sangue ‘blue’ sono veramente pochi. Atleti figli d’immigrati ce ne sono ormai in tutte le squadre di calcio delle nazionali europee o dei singoli club ed in tutti i campionati: Lukaku, Balotelli, Ozil, Shaqiri, sono solo alcuni esempi, l’elenco è lungo.
Questa tendenza, nonostante i respingimenti, la costruzione di muri ed il crescente odio razziale, continua ad ampliarsi a tutte le squadre e a tutti gli sport. Maria Benedicta Chigbolu, Ayomide Folorunso, Raphaela Lukudo e Libania Grenot sono le quattro ragazze di colore italiane che hanno vinto la medaglia d'oro nella staffetta 4x400 ai Giochi del Mediterraneo. 
I mondiali di calcio non li ha vinti la Francia, ma una multinazionale d'immigrati di seconda o terza generazione, un esempio d'integrazione e tolleranza etnica, altroché i porti chiusi del ministro Matteo Salvini e del governo 'pentaleghista'.

Fonte: wikipedia.org


giovedì 12 luglio 2018


La Juventus pagherà a Cristiano Ronaldo 84.931,51 euro al giorno

L’Usb dello stabilimento Fca di Melfi ha indetto uno sciopero per esprimere la sua disapprovazione per l’acquisto di Cristiano Ronaldo che costerà alla Juventus oltre 350 milioni di euro

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Maradona e Cristiano Ronaldo
117 milioni di euro è il costo che la società di calcio torinese dovrà sostenere per acquistare il ‘cartellino’ di Cristiano Ronaldo. 100 milioni di euro andranno al Real Madrid, 5 milioni di euro serviranno per pagare il contributo di solidarietà previsto dalla Fifa ed i restanti 12 milioni di euro sono la commissione per il procuratore Jorge Mendes.
Al calciatore andranno 124 milioni di euro netti per quattro anni. Per essere più chiari, a Cristiano Ronaldo sarà corrisposta un’indennità netta di 84.931,51 euro al giorno. Da questo importo sono esclusi tutti i guadagni che il campione portoghese percepirà sfruttando la sua immagine. La società bianconera dovrà sostenere anche oneri e tasse relativi all’ingaggio, pertanto la cifra complessiva dell’operazione finanziaria sarà quasi il doppio dell’indennità netta percepita dal calciatore (circa 248 milioni di euro).
L’acquisto di CR7 è di certo un capolavoro dal punto di vista mediatico e sportivo, ma è una scommessa da quello finanziario. La Juventus vuole vincere la Champions League e l’ex merengue è l’attaccante più prolifico che c’è al mondo in questo momento. Ma questo basta a giustificare l'esborso di ingenti risorse finanziare da parte di Fca?
Lo scorso anno la società bianconera ha acquistato Higuain per 100 milioni di euro e, negli anni Ottanta, acquisti simili sono stati fatti dal Napoli per Maradona e dall’Udinese per Zico. Tutte transazioni finanziare eccezionali che rivelano le enormi disuguaglianze generate dal ‘giocattolo del pallone’, che altro non è che la sublimazione del sistema economico capitalista.
Per questo motivo l’acquisto del campione portoghese è ’inaccettabile, mentre ai lavoratori di Fca e Cnh l’azienda continua a chiedere da anni enormi sacrifici a livello economico’. Con questa motivazione l’Unione sindacale di base (Usb) dello stabilimento Fca di Melfi, ha indetto uno sciopero. L’astensione dal lavoro, si legge nel comunicato, avverrà dalle 22 di domenica 15 luglio fino alle 6 di martedì 17.  
L’adesione sarà alta? Di certo non vi parteciperanno i tifosi della Juventus, almeno quelli più convinti, ma non importa, quello che conta è che c’è ancora qualcuno che s’indigna di fronte ad una palese ingiustizia e lotta per ridurre il divario economico tra le classi sociali.
Fonte: Reuters e gazzetta.it

 

venerdì 1 dicembre 2017

Il Giro d’Italia 2018 assumerà una connotazione 'mediterranea'


Gli organizzatori del Giro d’Italia hanno previsto per il 2018 importanti novità, la più rilevante è la partenza da Israele 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro d'Italia 2018 - (foto da gazzetta.it)
La seconda corsa a tappe ciclistica più famosa al mondo nella prossima edizione assumerà una connotazione internazionale e ‘mediterranea’. E’ la prima volta in assoluto che essa prevede partenze ed arrivi fuori dai confini europei. La prima tappa partirà il quattro di maggio da Gerusalemme. Questo è un fatto storico per il ciclismo e non solo. Il tragitto prevede due cronometro, sei arrivi in salita, sette traguardi per i velocisti e altri sei di media difficoltà. Saranno percorsi in tutto 3.546 chilometri. Dopo la trasferta in Africa la Corsa rosa ripartirà l’8 maggio dalla Sicilia, dove si svolgeranno tre tappe con arrivi a Caltagirone, Caltanissetta e sull’Etna. Poi risalirà l’Italia attraversando la Calabria, la Campania e l’Abruzzo. Seguiranno le tappe sulla dorsale adriatica e non mancheranno le salite storiche come lo Zoncolan, dove i corridori dovranno affrontate strade con pendenze del 22%. La 101esima edizione del Giro si concluderà a Roma, tra i Fori imperiali ed il Colosseo.
Caltagirone, la scalinata in ceramica - (foto da wikipedia.org)
Alla gara parteciperanno, oltre ai big italiani Vincenzo Nibali e Fabio Aru ed al vincitore dello scorso anno Tom Dumoulin, anche lo spagnolo Mikel Landa e soprattutto il britannico Chris Froome alla rincorsa della tripletta, Giro, Tour e Vuelta.
Dopo le edizioni che hanno previsto escursioni nel nord Europa, il Giro partirà dall’Africa, e per la prima volta si colorerà del blu delle acque della sponda sud del Merditerraneo. Inoltre anche quest’anno, come per l’edizione del 2017, la Corsa rosa attraverserà sia le regioni meridionali che quelle del centro – nord, continuando così ad essere quello che dovrebbe essere sempre: il Giro d’Italia. In più, in questa edizione, acquisirà una connotazione internazionale con uno sguardo rivolto al Sud del mondo. Caratteristica che il nostro Paese dovrebbe perseguire sempre e non solo nel ciclismo.

Fonte: gazzetta.it e wikipedia.org





giovedì 24 agosto 2017

Con l’affaire Neymar i ‘Signori del calcio’ faranno un mucchio di soldi


I 600 milioni di euro pagati dal Psg per il calciatore Neymar non devono sorprendere perché rientrano nei meccanismi tipici del sistema capitalistico 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Neymar - (foto da lastampa.it)
In molti si sono meravigliati della cifra (600 milioni di euro, 222 vanno al Barcellona, il resto tra ingaggi annuali, bonus e commissioni al calciatore) spesa da Qatar Sports Investment per l’acquisto del campione brasiliano, ma non è certo una novità, anche in passato ci sono stati passaggi di calciatori da una squadra all’altra con cifre via via crescenti e ritenute sempre iperboliche. Nel 2001 il giovanissimo Gianluigi Buffon passò dal Parma calcio alla Juventus per 100 miliardi di lire, cioè 54,2 milioni di euro, mentre il club torinese cedette nella stessa stagione Zinédine Zidane al Real Madrid per 150 miliardi di lire, cioè 75,5 milioni di euro ed un anno fa Paul Pogba è passato al Manchester United per 110 milioni di euro. Non deve meravigliare neanche la proposta, trapelata in questi giorni, del Manchester City che sembra voglia spendere 300 milioni di euro solo per il cartellino di Lionel Messi. Questi trasferimenti milionari di calciatori sono sempre avvenuti perché le società ritengono così di accrescere le possibilità di vittoria e di conseguenza generare maggiori profitti.
Foto da forum.rojdirecta.es
I club ‘vincenti’ sono quasi sempre quelli che spendono di più. Di certo le società con maggiori disponibilità finanziarie hanno sempre acquistato i cartellini dei calciatori più bravi dalle squadre cosiddette di ‘provincia’. Insomma, anche nel calcio a dettare legge è il capitale. Chi è ricco o benestante dispone di risorse finanziarie che utilizza per generare altra ricchezza. L’accumulazione del capitale si realizza anche quando l’investimento è finanziato da soggetti terzi, come le banche. L’acquisto di Neymar, quindi, non è uno sfizio o una follia, ma un investimento fatto per generare profitti. Il calcio, oltre ad essere uno sport popolare, è una vera e propria industria ed oggi esso è diventato il simbolo del capitalismo moderno. Il problema è che l'accumulazione del capitale crea disuguaglianze ed ingiustizie. Quello che meraviglia non è solo il fatto che questo avvenga, è sempre stato così, ma l’indifferenza con cui si accettano le disparità e le iniquità che ne derivano. Si afferma cioè come giusto e legittimo il principio secondo cui esso sia frutto di capacità personali. Ora, ammesso e non concesso che sia così, chi erediterà milioni o miliardi di euro che meriti ha? La risposta è nessuno, ma nonostante questo acquisirà privilegi che rimarranno tali per 'sempre' o per diverse generazioni, diventeranno cioè ingiustizie e disuguaglianze difficili da estirpare.


domenica 28 maggio 2017

L’addio al calcio di Francesco Totti


Ecco il testo della lettera che Francesco Totti ha letto stasera ai tifosi riuniti allo Stadio Olimpico per la sua ultima partita con la maglia della Roma

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Francesco Totti (foto da forzaroma.ìnfo)
‘Grazie Roma, grazie a mamma e papà, grazie a mio fratello, ai miei parenti, ai miei amici. Grazie a mia moglie e ai miei tre figli. Ho voluto iniziare dalla fine, dai saluti, perché non so se riuscirò a leggere queste poche righe. È impossibile raccontare ventotto anni di storia in poche frasi. Mi piacerebbe farlo con una canzone o una poesia, ma io non sono capace di scriverle e ho cercato, in questi anni, di esprimermi attraverso i miei piedi, con i quali mi viene tutto più semplice, sin da bambino. A proposito, sapete quale era il mio giocattolo preferito? Il pallone ovviamente! Lo è ancora. Ma a un certo punto della vita si diventa grandi, così mi hanno detto e cosi il tempo ha deciso. 
Maledetto tempo. È lo stesso tempo che quel 17 giugno 2001 avremmo voluto passasse in fretta: non vedevamo l’ora di sentire l’arbitro fischiare tre volte. Mi viene ancora la pelle d’oca a ripensarci. Oggi questo tempo è venuto a bussare sulla mia spalla dicendomi: “Dobbiamo crescere, da domani sarai grande, levati i pantaloncini e gli scarpini, perché tu da oggi sei un uomo e non potrai più sentire l’odore dell’erba così da vicino, il sole in faccia mentre corri verso la porta avversaria, l’adrenalina che ti consuma e la soddisfazione di esultare”. 
Mi sono chiesto in questi mesi perché mi stiano svegliando da questo sogno. Avete presente quando siete bambini e state sognando qualcosa di bello… e vostra madre vi sveglia per andare a scuola mentre voi volete continuare a dormire…e provate a riprendere il filo di quella storia ma non ci si riesce mai… Stavolta non era un sogno ma la realtà. E adesso non posso più riprenderlo, il filo. Io voglio dedicare questa lettera a tutti voi, ai bambini che hanno tifato per me, a quelli di ieri che ormai sono cresciuti e forse sono diventati padri e a quelli di oggi che magari gridano “Tottigol”. Mi piace pensare che la mia carriera diventi per voi una favola da raccontare. Ora è finita veramente. Mi levo la maglia per l’ultima volta. La piego per bene anche se non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai. 
Scusatemi se in questo periodo non ho rilasciato interviste e chiarito i miei pensieri, ma spegnere la luce non è facile. Adesso ho paura. E non è la stessa che si prova di fronte alla porta quando devi segnare un calcio di rigore. Questa volta non posso vedere attraverso i buchi della rete cosa ci sarà “dopo”. 
Concedetemi un po’ di paura. Questa volta sono io che ho bisogno di voi e del vostro calore, quello che mi avete sempre dimostrato. Con il vostro affetto riuscirò a voltare pagina e a buttarmi in una nuova avventura. Ora è il momento di ringraziare tutti i compagni di squadra, i tecnici, i dirigenti, i presidenti, tutte le persone che hanno lavorato accanto a me in questi anni. I tifosi e la Curva Sud, un riferimento per noi romani e romanisti. Nascere romani e romanisti è un privilegio, fare il capitano di questa squadra è stato un onore. Siete e sarete sempre la mia vita: smetterò di emozionarvi con i piedi ma il mio cuore sarà sempre lì con voi. 
Ora scendo le scale, entro nello spogliatoio che mi ha accolto che ero un bambino e che lascio adesso, che sono un uomo. Sono orgoglioso e felice di avervi dato ventotto anni di amore. Vi amo.’ 

giovedì 4 maggio 2017

Il Giro d’Italia torna al Sud


La 100esima edizione del Giro d’Italia torna sulle strade del Sud. Nove tappe delle ventuno previste si svolgeranno nelle regioni meridionali. Di queste, tre si correranno in Sardegna, da dove partirà la corsa, e due in Sicilia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro d'Italia 2017 - (da gazzetta.it)
Il Giro d’Italia in tutta la sua storia solo tre volte ha percorso le strade della Sardegna, l’ultima nel 2007, cioè dieci anni fa, in occasione, peraltro, del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi. In Sicilia le presenze della Corsa Rosa sono state in tutto tredici, l’ultima nel 2011, cioè sei anni fa. Nelle ultime edizioni le tappe previste nelle regioni del Sud sono state numericamente limitate  e poco interessanti dal punto di vista sportivo. 
Il Giro d’Italia ed il Tour de France, oltre ad essere le più importanti corse ciclistiche a tappe del mondo, sono uno strumento straordinario di marketing. E non è un caso se negli ultimi anni il Giro sia ‘traslocato’ all’estero escludendo, nello stesso tempo, quasi del tutto le città meridionali. Queste decisioni hanno confermato la mancanza di peso politico ed economico del Sud rispetto ad altre aree del Paese. 
Cefalù, in una foto degli anni Cinquanta
 (da wikipedia.org)
In questa edizione gli appassionati di ciclismo potranno ammirare le bellezze paesaggistiche ed architettoniche delle località meridionali, in particolare quelle delle due isole. Tra queste la quarta tappa è particolarmente suggestiva. La partenza avverrà nel centro storico di Cefalù e si arrampicherà sulle strade dell’Etna dopo aver percorso una parte del litorale tirrenico da dove sarà possibile ammirare la costa siciliana e quelle delle isole Eolie, visibili lungo tutta la prima parte della corsa. Quella successiva attraverserà la Sicilia orientale per concludersi nella città dello Stretto che ha dato i natali a Vincenzo Nibali. Poi il Giro risalirà tutto lo stivale ed attraverserà quasi tutte le regioni italiane. Insomma, dopo tanti anni potremo affermare che la Corsa Rosa è la corsa d’Italia e non solo di una parte di essa. 

domenica 25 settembre 2016

Olimpiadi 2028 in una città del Sud?


Dopo il no della sindaca Virginia Raggi a Roma 2024, il Sud si mobilità e nasce la proposta dei ‘Giochi della Magna Grecia’  

Luigi De Magistris - (foto da vesuviolive.it)
Promotori dell’idea, oltre al sindaco di Napoli, il governatore della Puglia Michele Emiliano ed il primo cittadino di Cosenza Mario Occhiuto. Quest’ultimo ha scritto una lettera al presidente del Coni, Giovanni Malagò. Nella missiva  il sindaco di Cosenza esprime ‘l’amarezza di tutti noi per il fatto che il Paese perda questa grande occasione, macredo che sia il tempo di andare oltre, puntando alle Olimpiadi della Magna Grecia per il 2028’. Ed ancora: ‘C’è una grande fetta del Paese che non vuole dire no. Per questo vorremmo costruire un evento con il coinvolgimento di tutto il Meridione.Le infrastrutture possibili, in concomitanza con i Giochi, avrebbero il potere reale di cambiare il Sud ad impatto zero perché ci impegneremmo a costruire percorsi ecosostenibili per le città. Suppongo che anche Matteo Renzi  - conclude Occhiuto - sarebbe d'accordo con questa ambiziosa iniziativa per rinvigorire l'essenza della Storia che pulsa nelle vene del Mezzogiorno e che può diventare, appunto, il sogno possibile della nostra grande Olimpiade del 2028’.
Mario Occhiuto - (Foto da zoom24.it)
Dello stesso parere il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che da Radio1 Rai ha commentato così: ’Oggi ci sono le professionalità, le competenze, per dimostrare che c'è un Sud diverso, un Sud che non si tira indietro e di fronte a questa pantomima romana noi siamo pronti. Oggi siamo in grado di spendere il denaro in trasparenza e avere le attrezzature sportive. A Napoli nel 2019 si faranno le Universiadi con 15.000 atleti, quindi per quella data avremo impianti sportivi all'altezza di una sfida come quella delle Olimpiadi’.
La proposta di De Magistris ha già ottenuto l’appoggio del governatore della Puglia, Michele Emiliano, e di Gianfranco Miccichè, commissario di FI per la Sicilia, che ha dichiarato: ‘La proposta di De Magistris ci piace. Le Olimpiadi 2028 organizzate a Napoli renderebbero felici anche noi siciliani. Pronti a dare il nostro contributo, pronti a dimostrare al mondo intero di cosa è capace il Sud’.

sabato 14 maggio 2016

Palermo – Verona e la bufala dei 40 milioni di euro


L’articolo pubblicato dal Corriere dello Sport è un attacco a Maurizio Zamparini? O contro il Palermo ed i tifosi siciliani? Ma forse è solo ‘cattivo’ giornalismo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

I conteggi fatti nei giorni scorsi dal Corriere dello Sport sulla presunta ‘norma ad squadram per salvare Zamparini’ non sono esatti.L’insinuazione di una possibile ‘combine’ è senza fondamento. Il regolamento approvato dalla Lega il 26 febbraio scorso ha incrementato a 60 milioni di euro l’importo da assegnare alle squadre che retrocedono in Serie B. Le ipotesi possibili, a poche ore dall’ultimo turno di campionato, sono due. Il Verona in caso di sconfitta a Palermo percepirà 25 milioni di euro e ne incasserà altri 15 solo nel caso in cui, al termine del prossimo campionato, non dovesse risalire immediatamente in Serie A. Se invece vince o pareggia a Palermo ed il Carpi pareggia o vince ad Udine farà retrocedere la squadra siciliana percependo in tal caso sempre 25 milioni di euro, ma soltanto dieci se, il prossimo anno, non dovesse risalire subito in Serie A.
La differenza tra la retrocessione o meno del Palermo è, per il Verona, di cinque milioni di euro e non di quaranta. Inoltre se i Rosanero retrocederanno percepiranno 15 milioni di euro. Il vero salvataggio per Maurizio Zamparini sarebbe questo e non la salvezza. Insomma il Corriere dello Sport, in compagnia di altri mezzi di comunicazione, pur di ipotizzare la malafede della Lega, del Palermo e del Verona si è inventato una bufala colossale.
L’affermazione del giornale sportivo è ridicola anche per un altro aspetto. La norma stabilita dalla Lega è sacrosanta. Le squadre di calcio incassano ogni anno per i diritti televisivi oltre un miliardo di euro. Il fatto di utilizzarne sessanta per salvaguardare i bilanci delle squadre che retrocedono in Serie B è necessario ed indispensabile se si vogliono evitare i fallimenti dei club. Inoltre la norma è stata votata da tutte le squadre di Serie A, ma con l’opposizione del Palermo e del Chievo, particolare che il quotidiano romano non precisa.
Se domani il Verona, già retrocesso, vince a Palermo ed il Carpi pareggia o vince ad Udine, già salvo, cosa scriveranno i giornalisti del Corriere dello Sport?

mercoledì 7 ottobre 2015

Giro ‘d’Italia’, ancora una volta escluse dal percorso Sicilia e Sardegna


La 99esima edizione del Giro ‘d’Italia’ si svolgerà dal sei al ventinove maggio del 2016. Il via sarà dato ad Apeldoom nei Paesi Bassi e l’arrivo a Torino, ma anche quest’anno gli organizzatori non hanno previsto tappe nelle due isole maggiori

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro d'Italia 2016 - (da gazzetta.it)
Ancora una volta il Giro ‘d’Italia’ esclude dal suo percorso la Sicilia e la Sardegna e gran parte delle regioni del Sud Italia. Gli organizzatori della seconda corsa ciclistica a tappe più importante al mondo hanno deciso di far partire la competizione dall’Olanda, dove si svolgeranno tre tappe, e di ridurre al minimo la presenza nelle strade delle città meridionali.  Delle ventuno tappe previste solo la quarta, quella da Catanzaro a Praia a Mare, la quinta con arrivo a Benevento e la sesta con partenza dal Comune di Ponte ed arrivo a Roccaraso in Abruzzo, percorreranno le strade del Sud. Dieci si svolgeranno nelle regioni del Nord e le rimanenti cinque nell’Italia centrale. L’arrivo è previsto a Torino il 29 di maggio.Nulla nelle due isole maggiori.
Il Giro in tutta la sua storia solo tre volte ha percorso le strade della Sardegna, l’ultima nel 2007 in occasione del bicentenario della nascita di Garibaldi e tredici quelle della Sicilia, l’ultima nel 2011. La presenza di due campioni come Fabio Aru, sardo, e Vincenzo Nibali, siciliano, non è sufficiente per convincere gli organizzatori ad includere nell’itinerario della Corsa ‘rosa’ le strade delle due isole.
Vincenzo Nibali e Fabio Aru
Il Giro, come tutti i grandi eventi, non è solo un’importante competizione sportiva, ma è anche e soprattutto un eccezionale strumento di promozione del territorio e della sua economia. Ed è evidente che l’esclusione delle regioni del Mezzogiorno non è casuale ma è una precisa scelta 'politica', si ritiene cioè che realizzare eventi di rilievo internazionale ed investire risorse al Sud sia inutile.
Non solo, prevedere l’arrivo nelle strade delle regioni del Mezzogiorno di una o due tappe, per altro poco significative dal punto di vista agonistico, è un modo per ‘lavarsi’ la cattiva coscienzaè un concedere le briciole, è come fare l‘elemosina, ma il Meridione ha bisogno di ben altro ed ora è giunto il tempo, anche per gli organizzatori del Giro, di ‘cambiare verso’.

martedì 30 giugno 2015


Retrocessione per il Catania calcio e radiazione per Pulvirenti sono le probabili conseguenze dell’indagine denominata ‘I treni del gol’

Retrocessione in Lega Pro e radiazione per i responsabili sono le probabili conseguenze dell’inchiesta sulle partite comprate dai dirigenti del Catania calcio
Antonino Pulvirenti

“La giustizia sportiva prevede per la responsabilità diretta la radiazione per le persone e la retrocessione per la società”.Questo è quanto ha affermato il Presidente della Lega di Serie B, Andrea Abodi, sulle possibili conseguenze dell’inchiesta sulle partite comprate da alcuni dirigenti del Catania calcio. Come risulta dalle intercettazioni dell’indagine denominata ‘I treni del gol’ gli indagati per comunicare utilizzavano un linguaggio in codice. I ‘treni in arrivo’ erano i calciatori e gli ‘orari di arrivo’ il numero di maglia di quelli che sarebbero scesi in campo. Le partite sarebbero state comprate per evitare la retrocessione del Catania in Lega Pro.
L’era Pulvirenti alla guida della società etnea non poteva finire peggio. La sua storia calcistica ha avuto inizio qualche anno fa quando diventa presidente del Belpasso, squadra di calcio di una piccola cittadina in provincia di Catania che allora militava in interregionale. Nella stagione 1998/1999 l’imprenditore etneo acquista l’Acireale in Serie C1. Dopo una stagione difficile con la retrocessione in Serie C2 inizia la risalita fino agli spareggi play-off per la promozione in Serie B. L’ascesa continua nel 2004 quando, dopo la gestione fallimentare dei Gaucci, acquisisce la proprietà del Catania. Il piano di rilancio è ambizioso e per realizzarlo porta con sé la dirigenza che gli aveva consentito i fasti ad Acireale, tra questi c’è Pietro Lo Monaco che è chiamato a ricoprire la carica di Amministratore delegato. Al termine della stagione 2005/2006 il Catania conquista la Serie A, dove vi rimane fino al campionato 2013-2014.
E’ un periodo pieno di successi e di riconoscimenti. La rivista Capital lo elegge imprenditore dell’anno in Sicilia nel 2006 e il 14 maggio 2013 gli vengono consegnate le chiavi della città di Catania per i traguardi raggiunti in ambito sportivo. E’ sicuramente questo il punto più alto della parabola ascendente di Antonino Pulvirenti. La stagione successiva inizia il declino.
Il campionato di Serie B si rivela un calvario e per evitare la retrocessione in Lega Pro la dirigenza dei rossoazzurri decide di spendere 500 mila euro per ‘comprare’ cinque gare. Adesso è il tempo delle ammissioni e delle recriminazioni.
“Nel calcio i soldi non bastano: è necessario avere passione, altrimenti l’arida realtà dei numeri può vanificare il lavoro di anni.” Questo è quanto affermò Antonino Pulvirenti a La Sicilia il 22 maggio del 2000. Un impegno non mantenuto ed a pagarne le conseguenze, come al solito, saranno i tifosi. 





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